APOFTEGMA (gr. ἀπόϕθεγμα, da ἀποϕθέγγομαι "pronuncio")
Con questo nome chiamarono i Greci un detto breve e sentenzioso, quali, ad esempio, le famose sentenze dei sette savî. Tale forma d'espressione fu molto in uso presso gli Spartani, noti per l'arguta brevità delle loro risposte. Gli apoftegmi di uomini illustri e saggi venivano naturalmente conservati nella tradizione orale, o da scrittori di memorie e biografie, o nelle scuole di filosofia e di retorica. Tale è il caso degli apoftegmi d'Isocrate (cfr. Sauppe, Orat. Att., II, p. 227), tra cui è la nota sentenza "dell'educazione è amara la radice, dolce il frutto". Talvolta anche furono dagli antichi riuniti in speciali raccolte, tra le quali rammentiamo i tre scritti pervenutici tra i Moralia di Plutarco (ed. Bernardakis, II, Lipsia 1889): Regum et imperatorum apophthegmata, Apophthegmata Laconica, Lacaenarum apophthegmata. Diogene Laerzio, nel comporre le sue Vite dei filosofi, dovette aver presenti analoghe raccolte, riferentisi ai maggiori filosofi dell'antichità.
Altrettanta, e forse anche maggiore risonanza hanno avuto i detti degli antichi asceti del deserto, i quali sono stati conservati e raccolti nei varî monasteri dell'alto Egitto, prima per tradizione e poi per iscritto, e alla fine hanno confluito in una grande collezione, detta μέγα λειμωνάριον o "paradiso patristico", che è stata l'oggetto della lettura devota dei chiostri fino al tardo Medioevo. Alla metà circa del sec. V rimonta la prima raccolta, che sta alla base delle varie redazioni successive; ma tracce di più piccole collezioni si trovano anche anteriormente, onde i primi inizî della fissazione in iscritto sono da riportare a circa la metà del sec. IV. Prima di questa età si ha la pura tradizione orale, che però è continuata anche posteriormente, prestando sempre nuovo materiale agli scritti, che così hanno potuto accrescersi di continuo. Il vasto materiale si compone di brani indipendenti l'uno dall'altro, che vanno da 1500 a 2000, tra sentenze, parabole, dialoghi e aneddoti; i quali, nelle diverse redazioni, sono stati raggruppati insieme con vario ordine e con un legame più o meno stretto, ordinariamente secondo la materia o la provenienza da questo o quel santo padre. La forma però è sempre la stessa, non letteraria, ma volgare, come si conviene a una tradizione proveniente e conservata da gente indigena dell'alto Egitto, ignara della lingua greca o per lo meno della sua letteratura.
Tutto ciò è molto interessante per la storia della religione, e più per la storia delle forme degli scritti religiosi. Una recente scuola critica insiste molto sui punti di contatto che la tradizione degli Apophthegmata Patrum avrebbe con la tradizione evangelica. Ma, mentre nei vangeli noi avremmo già delle composizioni letterarie, in cui più o meno apparisce l'opera personale - storica e teologica - dell'autore, negli Apophthegmata scritti, o almeno in quelli più vicini alla tradizione orale, è facile sceverare i singoli detti e aneddoti, quali la primitiva tradizione ha ricevuto dalla bocca degli stessi padri o dei loro discepoli, nella loro forma ingenua, non colorita da alcun interesse teologico o da altro; il che invece per i vangeli non può essere, secondo la stessa scuola, che il frutto di un lavorio critico, lungo, laborioso e spesso incerto.
Un'antica versione siriaca degli Apophthegmata Patrum fu pubblicata nel volume VII degli Acta Martyrum et Sanctorum di P. Bedjan (Parigi 1890-1897), il quale, non si sa perché, li dà come III parte dell'opera di Palladio e li intitola "Paradiso dei Padri".
Edizioni delle collezioni greche: Cotelier, Ecclesiae Graecae Monumenta, I, p. 338 segg.; Patrol. Graeca, LXV, col. 71 segg.; per il testo latino: Roswida, Vitae Patrum, in Patrol. Lat., LXXIII, col. 855 segg.; 933 segg.; per il testo siriaco, Bedjan, op. cit.; E. A. Wallis Budge, The Paradise of the Holy Fathers, Londra 1907; trad. ital. (di passi scelti), A. de Micco, La vita dei Padri del deserto, Lanciano 1928.
Bibl.: W. Bousset, Die Textüberlieferung der Apophthegmata Patrum, in Festgabe A. von Harnack, Tubinga 1921; id., Apophthegmata. Studien zur Geschichte des ältesten Mönchtums, Tubinga 1924; per il confronto con la letteratura evangelica: K. L. Schmidt, Die Stellung der Evangelien in der allgemeinen Literaturgeschichte, in Festschrift (Eucharisterion) für H. Gunkel, Gottinga 1923.