APOCATASTASI (dal gr. ἀποκατάστασις "restaurazione finale")
Tra le dottrine di Origene, poi ripudiate come errori dalla Chiesa, una delle più notevoli è questa della restaurazione finale, cioè del perdono per tutti indistintamente i peccatori. Essa si ricollega a tutto il sistema filosofico-teologico origeniano, derivato da correnti ben note del pensiero ellenico, soprattutto dal neoplatonismo (v. origene). Dalla nozione che Dio è, prima e più di tutto, bontà (la quale si manifesta già nell'Incarnazione); che l'opera redentrice del Cristo è stata compiuta per tutti (e che l'unione dell'elemento divino con l'umano, realizzata in maniera assoluta nella persona del Cristo, si può tuttavia compiere - salve le debite proporzioni - in ogni uomo); che il Cristo è morto volontariamente, compiendo un particolare sacrificio espiatorio per tutta l'umanità, Origene trae come conseguenza (interpretando in maniera allegorica numerosi passi del Nuovo Testamento) che anche per ogni uomo la morte è una penitenza, e che ogni penitenza è solo disciplinare. Perciò, nella restaurazione finale di tutte le cose, peccatori e santi saranno redenti allo stesso modo, perché gli "spiriti immortali" non possono essere dannati eternamente; quelli che hanno smarrito la loro perfezione iniziale possono riacquistarla, sopportando la prova del fuoco che li purificherà; e così tutti in fine saranno glorificati, e si ricostituirà l'unità originaria voluta da Dio. Origene si riaccosta così, anche per questo verso, alla nota concezione dell'"eterno ritorno" di tutte le cose. Anche il diavolo, in quanto spirito fatto a somiglianza di Dio, potrebbe salvarsi, pur essendo votato alla distruzione in quanto diavolo. Dio sarà tutto in tutti, cioè tutto in ciascun uomo: quindi, allorché tutti avranno raggiunto il più alto grado di perfezione, tutte le differenze saranno annullate. Va tuttavia osservato che Origene esprime queste opinioni (De Princ., II, 3; V, 6, ecc.; In Rom., V, 3) più come una speranza, che come una certezza.
Per la larga diffusione che ebbero le dottrine di Origene, anche questa fu accettata e propugnata persino da dottori ortodossi. Fra questi è S. Gregorio di Nissa, il quale, sebbene in molti luoghi parli delle pene eterne dell'inferno, pure dice una volta che "il fuoco dopo lungo spazio di tempo eliminerà dalla natura il male, e lo stesso inventore del male unirà la sua voce all'inno di ringraziamento a Dio" (Orat. catech., 26). Didimo il cieco compose più tardi, essendo a capo della scuola alessandrina, un'opera in difesa di Origene, sostenendo la preesistenza delle anime e l'apocatastasi finale. Per queste difese, per le critiche di S. Epifanio, S. Girolamo, ecc., come per la condanna dei suoi errori, v. origene.
Si avvicinano a questa dell'apocatastasi alcune dottrine propugnate dalla inglese Jane Leade e da altri protestanti entusiastici del sec. XVI, i quali, interpretando a modo loro un passo evangelico (Matteo, XII, 32), e fondandosi anche su rivelazioni soggettive, dissero che l'inferno finirà una volta, e anche le anime dei malvagi, dopo purgazioni più o meno lunghe, saranno in fine degne del paradiso. Nei secoli XVIII e XIX parecchi altri scrittori non cattolici negarono l'eternità delle pene dell'inferno, e furono fondate alcune sètte professanti, più o meno apertamente, la dottrina di una restaurazione finale: notevole fra esse quella degli Universalisti e Restoratoristi, sorta negli Stati Uniti d'America verso la fine del sec. XVIII.
Bibl.: F. Prat, Origène, Parigi 1907; O. Bardenhewer, Patrologia (traduzione ital.), Roma 1905, I, 189, II, 87-88, 92, 95, ecc.; E. De Faye, Origène, sa vie et son oeuvre, Parigi 1923-1928, 3 voll.; J. Köstlin, in Realencyklopädie für Protest. Theologie und Kirche, I, s. v.