APIONE ('Απίων, Apion)
Grammatico e poligrafo alessandrino, figlio di Posidonio (Eusebio, Praepar. Evang., X, 10, 16; Pseudo-Giustino, Cohort. ad Graecos, 9). Diede a sé stesso il nome di Πλειστονίκης, che veniva volentieri assunto dagli atleti vincitori, e lo scrisse o fece scrivere sul piede sinistro del colosso di Memnone (cfr. Dittenberger, Orientis Gr. inscr. sel., n. 662). Da altri invece ebbe il soprannome di Μόχϑος (fatica). Nacque nella grande oasi d'Egitto, sembra circa il 23 d. C. sicché Plinio il Vecchio poté ricordarsi di averlo visto, quando egli era ancora adulescens (Nat. hist., XXX, 2, 6). Deve essersi da giovine recato in Alessandria, dove fu scolaro di grandi maestri, Apollonio di Archibio, Eufranore, Didimo il grande, che lo adottò, e successe a Teone nella carica di capo della scuola alessandrina. Ma, non contento d'Alessandria, secondo lo stile dei letterati d'allora, viaggiò tutta la Grecia, intrattenendo i suoi uditori su Omero, e fu fatto cittadino di molte illustri città. Fu anche a Roma sotto Tiberio, che per la sua ampollosità dové chiamarlo cymbalus mundi (Seneca, Epist. 88). Ma la sua celebrità egli deve essenzialmente all'antisemitismo alessandrino, nel quale egli, Egizio, sembra, d'origine, ottenuta la cittadinanza di Alessandria, si gettò a corpo morto. Sotto Caligola, scoppiati sanguinosi torbidi nella città durante la presenza del re Agrippa I, i Giudei mandarono un'ambasceria a Roma, alla testa della quale era Filone: della controambasceria alessandrina troviamo a capo A. (Flavio Giuseppe, Antiq. Iud., XVIII, 257). L'incontro con Plinio è da porsi ancora a Roma sotto Claudio. La morte di quest'irrisore della circoncisione sarebbe poi avvenuta per cancrena, in maniera da poter sembrare, come è narrata da Giuseppe, una pena del contrappasso (Contra Apionem, II, 13).
Le sue opere paiono ridursi a sei: Αἰγυπτιακά (L'Egitto) in cinque libri (citata dagli scrittori cristiani anche con l'indicazione di κατὰ 'Ιουδαίων "contro i Giudei"), Περὶ τῆς ' Απικίου τρυϕῆς, sul noto ghiottone Apicio, dell'età di Tiberio, citata da Ateneo, VII, 249f; Περὶ μάγου citata da Suida, a proposito del mago Pases; Περὶ ‛Ρωμαίων διαλεκτου (Sul linguaggio dei Romani), citata pur da Ateneo, XV, 680 d; De metallica disciplina citata da Plinio il Vecchio nell'indice delle sue fonti pel libro XXXV; Γλῶσσαι ‛Ομηρικαί (Glosse omeriche). Si aggiungano due (?) opere in collaborazione con un grammatico Diodoro; una su le lettere dell'alfabeto, Περὶ στοιχείων citata negli scolî alla Grammatica di Dionisio Trace (Bekker, Anecd. graeca, II, p. 704) e un'altra di carattere, sembra, lessicale (Ateneo, XI, 501 d e XIV 642 e). La sua critica omerica era assai degenere dalle sane tradizioni della scuola alessandrina (cfr. Ateneo, I, 16 f e Plinio, XXX, 2, 6). Seneca (Epist. 88) ci dà notizia di una sottigliezza riguardante la prima parola dell'Iliade Μῆνιν. Il proemio dell'Iliade sarebbe stato scritto da Omero a Iliade e Odissea compiute e incominciato con le lettere μη (= 48) a significare precisamente il numero dei libri, di cui i due poemi insieme constavano. Da tal maniera di critica letteraria si può arguire quale dovesse essere la sua critica politica e la base del suo antisemitismo. Egli si fece divulgatore di tutte le assurdità che correvano il mondo sul conto dei Giudei: ch'essi nel tempio di Gerusalemme adorassero una testa d'asino, che ogni anno vi ingrassassero un Greco per sacrificarlo poi e gustar delle sue viscere, giurando eterna inimicizia ai Greci, e così via. Accuse che in processo di tempo furono dall'odio dei volghi e dalla propaganda avversaria estese ai Cristiani.
Bibl.: La vita è nel lessico di Suida; una fiera polemica contro di lui nei due libri Contra Apionem di Flavio Giuseppe. Le reliquie di carattere storico sono raccolte nel vol. I dei Fragmenta histor. graec. del Müller, Parigi 1849, pp. 506-519. Le glosse omeriche sono state stampate da A. Ludwich, in Philologus, LXXIV (1917), p. 205 segg.; LXXV (1919), p. 95 segg. Notizie sommarie, ma ben raccolte e vagliate, e una buona bibliografia in Schürer, Geschichte des Jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, III, 4ª ed., Lipsia 1909, pp. 538-544. Cfr. B. Motzo, Il κατὰ 'Ιουδαίων di Apione, in Atti dell'Accad. di Torino, XLVIII (1912-13), p. 459 segg. Vedi anche J. Gutmann, in Encycl. Judaica, VI, Berlino 1927 segg., II, s. v.