AOSTA
(lat. Augusta Praetoria Salassorum; franc. Aoste)
Città dell'Italia nordoccidentale e capoluogo della regione Valle d'Aosta. Colonia romana dal 25 a.C., A. fu fondata su un ampio conoide alluvionale alla confluenza della Dora Baltea e del Buthier per controllare le comunicazioni tra la pianura Padana occidentale e l'Europa centrosettentrionale attraverso i passi del Grande e Piccolo San Bernardo. La pianta romana era rettangolare: una cinta fortificata con torri quadrate e strade secondarie interne, a distanze regolari, delimitavano isolati rettangolari. L'incrocio del cardo maximus e del decumanus maximus non era centrale, ma spostato verso O; l'ampio quadrante nordorientale comprendeva gli edifici pubblici principali: il foro, i criptoportici, il teatro, l'anfiteatro, le terme. Le case più ampie e ricche (sono state ritrovate domus del sec. 1° a.C. con pavimenti a mosaico) erano allineate lungo il decumanus, mentre l'area meridionale, forse un quartiere commerciale, presentava abitazioni più semplici. Nel sec. 4° la città assunse nuova importanza militare nel quadro della trasformazione profonda dell'organizzazione padana in età tardoantica, senza subire rilevanti modifiche nell'assetto urbano e in quello difensivo: le mura, allora certamente funzionanti, non mostrano rifacimenti. Gli scavi attestano continuità di vita e di attività economica nella città e nel suburbio e continuità demografica almeno fino alla fine del 4° secolo. Dagli inizi del sec. 5° cominciò invece l'abbandono dei principali siti extraurbani, sia del suburbio sia del territorio, e, nell'area urbana, la distruzione e successiva riutilizzazione degli edifici romani. Si svilupparono invece in questo periodo strutture ecclesiastiche funerarie nelle aree degli antichi cimiteri allineati fuori le mura, lungo le vie principali. In età romana lo sviluppo suburbano non era stato uniforme, ma, piuttosto, concentrato nella zona collinare e in quella pianeggiante lungo il lato meridionale, probabilmente anche per la presenza estesa delle aree cimiteriali (Mollo Mezzena, 1982, pp. 312-313, n. 47). In età medievale A. si sviluppò oltre le mura, soprattutto in direzione N ed E: nella Carta delle Franchigie del 1191, l'area urbana si estendeva infatti verso E fino al Buthier (Zanotto, 1982, p. 432, n. 5). La struttura urbanistica rimase però caratterizzata dal preesistente impianto romano mentre la situazione medievale appare ancora cristallizzata in piante del 17° e 18° secolo. Restarono in uso come assi viari principali il decumanus maximus e il cardo maximus e lungo di essi si concentrarono prevalentemente le abitazioni. Nel Medioevo acquistò però maggior peso il traffico verso N, diretto al Gran San Bernardo (Mons Iovis), rispetto al traffico verso O, diretto al Piccolo San Bernardo (Columna Iovis), che aveva dominato l'età romana, organizzato come corso pubblico con stazioni di sosta e di pernottamento attestate in un itinerario romano di età tardoantica (Itinerarium Antoninianum, sec. 3°-4°) e in testi altomedievali come la Cosmographia dell'Anonimo Ravennate e la Geographia di Guido Pisano (Miller, 1916, coll. 136-138; Donnet, 1942, p. 130; Zanotto, 1982, p. 432, n. 4). Nel Medioevo le porte urbane mutarono nome: la porta Praetoria divenne porta S. Ursi o anche porta Trinitatis, la porta Decumana mutò nome in porta Frioris, la porta principalis dextera fu chiamata porta Beatricis e la principalis sinistra venne indicata con nomi diversi: d'Aoste, de la Rive, de Saint Laurent; altre vennero aperte allora nelle mura: le porte Ferrière, Pertuise, Poterne. All'interno della città venne creata una porta di S. Grato, formata da due archi accostati, sormontati da ambienti di abitazione; all'esterno si ebbe una porta S. Ursi vulgo Chaffa nel nuovo quartiere medievale fuori le mura. La cinta romana non mantenne più carattere difensivo: il paramento fu spogliato e reimpiegato; le case si addossarono fittamente ai lati ovest, nord ed est, creando nuove fronti e nuove vie parallele alle mura, non però sul lato sud, forse perché su questo avevano giurisdizione i visconti di A., signori di Challant. L'insediamento si organizzò in terzieri, parte dentro e parte fuori le mura (terziere di porta S. Orso, di Bicaria e di Malo Consilio), che non corrispondevano a istituzioni ecclesiastiche o feudali e che potrebbero risalire ad aggregazioni altomedievali precedenti la riorganizzazione civile, da datare forse agli inizi del sec. 11°, contemporaneamente all'intensa attività di rinnovamento degli edifici di culto attribuita al vescovo Anselmo (994-1025). Nell'Alto e nel Tardo Medioevo dovettero rimanere all'interno dell'area urbana zone non edificate: le case che fiancheggiavano, addossate l'una all'altra, soprattutto le due vie principali presentavano facciate di larghezza diversa, proporzionale ai tributi che venivano pagati, per un terzo al vescovo e per due terzi al conte di Savoia (Duc, 1897, p. 35; Zanotto, 1982, p. 433, n. 6). Non sono conosciuti interventi costruttivi del conte di Savoia, eccetto l'acquisto e la destinazione ad abitazione del balivo della torre angolare di N-E. Le vie interne mantennero fondamentalmente la struttura romana, però con tipico allentamento della maglia geometrica, assumendo così un andamento più irregolare. I bastioni lungo le mura vennero ricostruiti come torri per lo più rotonde; parte della porta Praetoria fu utilizzata come torre, i suoi fornici centrale e meridionale ostruiti e riutilizzati, tra l'altro, per un forno, mentre il passaggio, soggetto al pagamento di un pedaggio al vescovo, fu limitato al fornice settentrionale. Al di sopra della porta venne inoltre elevata una cappella dedicata alla SS. Trinità, con abside sporgente, ancora raffigurata nel 1738 e demolita all'epoca del ripristino della fase romana. Nel Medioevo si perse il ricordo degli edifici pubblici romani. L'anfiteatro aveva preso il nome di Pallatium Rotundum, ancora attestato nel 1738, e dopo il 1247 era appartenuto a una comunità monastica femminile. Il teatro era stato riutilizzato come zona di insediamento; riportato in disegni del sec. 17° senza identificazione, è definito nel 1738 Palais de l'Empereur des Romains soit de son Preteur (Zanotto, 1982, p. 434, n. 10). Analogamente erano scomparse le terme, riconosciute solo in scavi del 1898, a N del municipio (Barocelli, 1948, coll. 156-157; Zanotto, 1982, p. 434, n. 11).L'impianto urbanistico medievale si mantenne sostanzialmente fino a età premoderna, come indicano le coincidenze tra le fonti scritte medievali e le raffigurazioni citate del 17°-18° secolo. Solo verso la fine del Settecento la piazza Chanoux divenne il centro della vita cittadina (Colliard, 1971, p. 107; Mollo Mezzena, 1982, p. 242, n. 63) e nella prima metà dell'Ottocento i terzieri, già ridotti a città e borgo, furono unificati e la topografia cittadina modificata in modo rilevante con la creazione della piazza S. Francesco.Nell'area del foro era sorto un complesso episcopale formato da due chiese allineate secondo l'asse maggiore, S. Giovanni Battista, demolita nel Tardo Medioevo, e S. Maria, l'attuale cattedrale, costruita forse alla fine del sec. 4° sopra un complesso con sale intorno a uno spazio centrale, nel quale una comunità cristiana aveva installato tra la fine del sec. 3° e il 4° il suo santuario, in situazione analoga ai gruppi episcopali di Ginevra e Lione. La cattedrale aveva un'unica navata lunga oltre m. 40, annessi laterali e il battistero dietro l'abside, al quale si aggiunse un secondo battistero in uno degli annessi settentrionali; la zona del presbiterio fu rinnovata nel 5°-6° secolo. Dopo possibili rimaneggiamenti di età carolingia tutta la chiesa fu ampiamente rifatta intorno al Mille, all'epoca del vescovo Anselmo. Nell'attuale edificio, ampiamente rimodellato dal sec. 15° in poi (con aggiunta di un deambulatorio e di un sistema voltato), è tuttavia ben riconoscibile la costruzione anselmiana a tre navi spartite da pilastri e blocco orientale sporgente con cinque absidi, di cui sono superstiti le due minori estreme, collegate a due torri scalari adiacenti, che tuttora caratterizzano i volumi esterni e rendevano accessibili quattro cappelle superiori incluse nelle absidi minori: un assetto che ha fatto richiamare le chiese 'bernulfiane' del Nord, al quale si collega anche la soluzione esterna della testata con torri (Grodecki, 1958; Magni, 1974, pp. 99-103; 1975); la cripta a tre navatelle spartite da colonne con rozzi capitelli risale pure alla prima fase, mentre si è chiarita come rifacimento seguito a un crollo una parte ritenuta più antica (Bonnet, Perinetti, 1977). L'interno della basilica anselmiana era decorato da pitture (Autenrieth, 1987-1988). Nel presbiterio si conserva parte di un importante mosaico pavimentale figurato (i Mesi, i Quattro fiumi del paradiso tra animali fantastici, ecc.) datato al sec. 13° (Aosta, 1911). Della chiesa di S. Francesco, sorta nel cuore della città nella seconda metà del sec. 14°, si sono prodotte ricostruzioni grafiche che coinvolgono il contesto urbanistico dal Trecento a oggi (La chiesa di S. Francesco, 1986).Oltre a un importante Mus. Archeologico (che si segnala tra l'altro per il busto di Giove Dolicheno, del sec. 3°, di sorprendente affinità tecnico-tipologica con i busti-reliquiario medievali), ad A. si trova il Mus. del Tesoro della Cattedrale con numerosi capolavori di età medievale: fibula montata entro filigrana, sec. 13°; cammeo antico munito di custodia in cuoio decorata, sec. 13°; dittico consolare d'avorio con replicata figura dell'imperatore Onorio, 395-423; coppa di s. Grato, sec. 13°-14°; capsella per reliquie, sec. 6°-7°; reliquiari dipinti di s. Grato e di s. Giocondo, sec. 13°; due reliquiari in forma di braccio, secc. 13°-14°; due vetrate circolari con scene della Dormitio Virginis di arte francese, fine sec. 12°. Va ricordato inoltre il Tesoro di S. Orso, il cui nucleo più antico (dal sec. 13° al sec. 15°) comprende: reliquiario del braccio di s. Orso, sec. 13°-14° con cammei più antichi; calice del sec. 14° con cammei e nielli; cassa reliquiario di s. Orso, seconda metà sec. 14°; croce processionale, sec. 14° con rielaborazione del sec. 15° (Aosta, 1911; Aosta, 1974).All'uscita della città, presso la porta Praetoria, venne costruita S. Lorenzo, probabilmente nella prima metà del sec. 5°, sull'area di una necropoli preromana e romana. La grande chiesa cruciforme aveva un'abside all'estremità di ciascun braccio e vi si accedeva attraverso un piccolo portico. Il presbiterio sopraelevato si prolungava in un'area rettangolare rialzata, cinta da transenne, con sepolture di reimpiego, riservate ai primi vescovi di A. e alle loro famiglie. La chiesa si ricollegava per tipologia di pianta al grandioso modello milanese della Basilica Apostolorum (S. Nazaro), riflettendo la simbologia 'ambrosiana' della vittoria sull'arianesimo. In età carolingia venne ricostruita la sola parte orientale in forma di cappella con nartece; una seconda ricostruzione, a cappella più allungata con portico laterale, è databile ai secc. 11°-12°, dopo un periodo di gravi inondazioni ricordate nella Vita Beati Ursi (Le fonti, 1966, p. 164).Scavi recenti dietro le absidi della collegiata di S. Orso hanno rivelato tracce di una chiesa paleocristiana e le fondazioni di una chiesa triabsidata a navata unica, con muro intermedio N-S che rende la pianta quasi quadrata, databile intorno all'800. All'epoca del vescovo Anselmo la chiesa venne ricostruita più ampia, a tre navate, con campanile interno alla facciata, sostituito nel sec. 12° dal campanile attuale. Il complesso del sec. 11°, con il vicino chiostro, è tra gli esempi più notevoli dell'area alpina. L'interno coperto da volte come il coro e la facciata sono segnati, nelle forme attuali, da un rimaneggiamento tardogotico della fine del 15° secolo. Al di sopra delle volte, nel sottotetto, è in buona parte conservato e accessibile un ciclo dipinto pertinente alla basilica dell'11° secolo. Dei cinquantadue capitelli del chiostro ne restano in sito una quarantina (altri tre sono conservati presso i Mus. Civ. di Torino); quasi tutti figurati con storie dell'Antico e Nuovo Testamento, santi e profeti, sono databili dopo l'insediamento dei canonici regolari di S. Agostino in coincidenza con l'avvio dei lavori di rinnovamento del complesso monastico. Un capitello reca la data del 1132 - riferibile a tale rinnovamento - e insieme le effigi del primo priore agostiniano di S. Orso, Arnolfo, e del vescovo Erberto (notizie dal 1132 al 1139). Questi capitelli sono stati di volta in volta messi in relazione con la produzione plastica dell'area francese meridionale o piuttosto con quella più prossima lombarda e datati sino al terzo quarto del secolo (Aosta, 1974, pp. 22-27; Magni, 1974, pp. 104-108). All'esterno il massiccio campanile, iniziato, secondo la tradizione, nel 1153, fu costruito in sostituzione di quello precedente, incorporato entro la porzione nord-ovest della chiesa (Magni, 1974, pp. 88, 91).
Bibl.: J.A. Duc, Le livre des censes de l'évêché d'Aoste (1305), Torino 1897; Aosta, a cura di P. Toesca, I (Catalogo delle cose d'arte e d'antichità d'Italia, 1), Roma 1911; K. Miller, Itineraria Romana, Stuttgart 1916 (rist. anast. Roma 1964); A. K. Porter, Lombard Architecture, II, New Haven-London-Oxford 1916, pp. 48-52; L'insigne Collégiale d'Aoste, Ivrea 1929; A. Donnet, Saint Bernard et les origines de l'Hospice du Mont-Joux (Grand-Saint Bernard), St. Maurice 1942; P. Barocelli, Forma Italiae, Regio XI, Transpadana, I, Augusta Praetoria, Roma 1948; R. Berton, I capitelli del chiostro di S. Orso, Novara 1956; L. Grodecki, L'architecture ottonienne. Au seuil de l'art roman, Paris 1958; Le fonti per la storia della Valle d'Aosta, a cura di A.P. Frutaz (Thesaurus ecclesiarum Italiae, I, 1), Roma 1966; J.B. De Tillier, Historique de la vallée d'Aoste, a cura di A. Zanotto, Aosta 1966; V. Viale, M. Viale Ferrero, Aosta romana e medioevale, Torino 1967; Arte Sacra in Valle d'Aosta, cat., Aosta 1969; L. Colliard, La vieille Aoste, I, Aosta 1971; Immagini della valle d'Aosta nei secoli, a cura di A. Peyrot, cat. (Aosta 1971), Torino 1971; G. Lange, Ricostruzione del tracciato della strada romana da Aosta al Piccolo San Bernardo. Colloque d'archéologie alpine, Bulletin de la Société académique religieuse et scientifique du duché d'Aoste 46, 1972-1973, pp. 365-370; Aosta. Museo archeologico. Tesoro della collegiata dei SS. Pietro e Orso. Tesoro della cattedrale, a cura di G.C. Sciolla, Bologna 1974; M.C. Magni, Architettura religiosa e scultura romanica nella Valle d'Aosta, Aosta 1974; id., Un remarquable témoignage du premier art roman en Italie du Nord: la cathédrale d'Aoste, CahA 24, 1975, pp. 163-182; C. Bonnet, R. Perinetti, Remarques sur la crypte de la cathédrale d'Aoste (Soprintendenza ai Beni Culturali della Valle d'Aosta, 1), Aosta 1977; A.P. Frutaz, I monumenti paleocristiani di Aosta nel contesto storico urbanistico della città, Bulletin de la Société académique religieuse et scientifique du duché d'Aoste 49, 1979, pp. 3-38; C. Bonnet, L'église cruciforme de Saint-Laurent d'Aoste, Etude archéologique (Les fouilles de 1972 à 1979) (Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d'Aosta, n.s., 1), Roma 1981, pp. 11-46; id., Aosta à l'époque paléochrétiénne. Quelques réflexions après les fouilles de Saint-Laurent (1973-1975), "Atti del Congresso sul Bimillenario della città di Aosta, Aosta 1975", Bordighera-Aosta 1982, pp. 389-404; R. Mollo Mezzena, Augusta Praetoria. Aggiornamento sulle conoscenze archeologiche della città e del suo territorio (risultati e prospettive), ivi, pp. 205-315; J. Rougier, Sur la voie antique d'Augusta Praetoria à Vienne (Aoste, en Dauphine), ivi, pp. 353-364; A. Zanotto, Note sull'assetto urbanistico medievale della città di Aosta, ivi, pp. 431-436; C. Bonnet, R. Perinetti, Les premiers édifices chrétiens d'Augusta Praetoria (Aoste, Italie), CRAI, 1986, pp. 477-496; La chiesa di S. Francesco in Aosta, a cura di B. Orlandoni, Torino 1986; Aosta, progetto per una storia della città, a cura di M. Cuaz, Aosta 1987; H.P. Autenrieth, Gli angeli della cattedrale. Un prezioso ritrovamento archeologico nel sottotetto della cattedrale di Aosta, Quaderni d'arte della Valle d'Aosta 1, 1987-1988; S. Barberi, Il chiostro di S. Orso ad Aosta (Quaderni della Soprintendenza per i Beni Culturali delle Valli d'Aosta, n.s., 5), Roma 1988.M.N. Negro Ponzi Mancini
La più antica testimonianza pittorica conservata ad A. è costituita dal ciclo ottoniano, noto da tempo, del sottotetto della collegiata di S. Orso, e dal coevo ciclo, scoperto nel 1979 da Autenrieth e tuttora in fase di restauro, del sottotetto della cattedrale. I due complessi costituiscono un insieme di eccezionale interesse, legati come sono probabilmente allo stesso committente - il vescovo di origine borgognona Anselmo (994-1025), cui si deve anche la ricostruzione degli edifici - e allo stesso atelier, di deciso orientamento lombardo, che rielabora con originalità modelli carolingi e ottoniani sia locali sia d'Oltralpe, attivo contemporanemente o in rapida successione nelle due chiese. Il ciclo di S. Orso, caratterizzato da un acceso cromatismo e da un'accentuata espressività, soprattutto apprezzabile nelle scene del registro superiore (sottotetto), ha un programma iconografico complesso e non facilmente ricostruibile, visto che i restauri del 1965 non hanno portato alla luce, nella navata centrale, tutti i frammenti ancora esistenti sotto le volte quattrocentesche. Si tratta in ogni caso di storie di santi e di apostoli, di episodi della vita di Cristo e di una grande, deperitissima scena di Giudizio finale, eccezionalmente dislocata all'inizio della parete nord della navata anziché in controfacciata, appena oltre l'ingombro del campanile della chiesa preanselmiana, inglobato nella ricostruzione dell'inizio dell'11° secolo. Sul programma del ciclo della cattedrale è ancora presto per pronunciarsi, ma già quanto emerge dalla rimozione dello scialbo (la chiesa infatti venne completamente intonacata prima della costruzione delle volte), ne lascia intuire la complessità e singolarità. È evidente che, nonostante l'incompletezza, i due cicli verranno a costituire, a restauro ultimato, una delle testimonianze più importanti della pittura medievale non solo italiana ma europea. Ad A. non vi è nulla di simile nella produzione pittorica successiva: infatti, pur essendo attivo in cattedrale uno scriptorium forse già dall'epoca carolingia, non rimangono codici decorati anteriori alla fine del sec. 11° e anche il Messale di Brusson (Arch. Storico Regionale), scritto in questi stessi anni per la cattedrale, non va oltre una piacevole ma generica decorazione a intreccio. Invece nel sec. 12°, poco dopo i lavori di consolidamento nella cripta, la cattedrale di A. si arricchì di un prezioso mosaico pavimentale nel coro, con la personificazione dell'Anno, al centro di un grande medaglione circolare, attorniato dai Mesi, entro tondi minori, e dai Quattro fiumi del paradiso. Il mosaico aostano, legato, sembrerebbe, per il soggetto e l'impaginazione a modelli ottoniani oltralpini piuttosto che padani, si impone per l'immediatezza di presentazione delle immagini e per la delicata sensibilità cromatica. Dell'inizio del sec. 13° è invece l'altro, purtroppo mutilo, mosaico del coro, con animali reali e fantastici, evocati con divertita ironia, e due fiumi del paradiso, precocemente danneggiato già verso la fine del secolo per i lavori di costruzione del deambulatorio. Durante tutto il Medioevo, i rapporti politici e diplomatici con l'Oltralpe e il grande traffico sulle frequentate strade del Piccolo e Gran San Bernardo favorirono l'arrivo ad A. di manufatti preziosi, in parte ancora conservati, e il passaggio di ateliers itineranti, il che segnò fortemente la produzione artistica locale. Ne sono esempio, alla fine del sec. 12°, i due tondi vitrei (Mus. del Tesoro della Cattedrale), raffiguranti la Morte e l'Assunzione della Vergine, unico resto, di eccezionale conservazione, dell'arredo vetrario romanico dell'edificio e in assoluto la più antica testimonianza italiana: posti a confronto con una serie di vetrate, si è discusso a lungo se la loro esecuzione fosse direttamente francese o locale. Anche gli scriptoria aostani (uno doveva essersi intanto aperto presso la collegiata) mantennero per tutto il sec. 12° e per tutto il 13° l'orientamento verso forme oltralpine, in particolare francesi, come testimonia l'Antifonario di S. Orso (Bibl. del Seminario, 6), dall'estrosa e ricca decorazione, riferibile alla fine del 12° secolo. Lo stesso avvenne nella pittura monumentale, ma lo si riscontra ormai soltanto fuori di A., per es. a Saint-Pierre, nella cappella del castello Sarriod de la Tour, dove i resti di un notevole ciclo duecentesco con l'Adorazione dei Magi, l'Entrata in Gerusalemme, la Crocifissione, il Giudizio finale e varie altre figure isolate di santi e di mostri, rivelano indubbi legami con la cultura oltremontana. Non dovevano mancare ad A. altri esempi del genere, ma non sono pervenuti, mentre qualcosa di più si è conservato nella miniatura: alcuni manoscritti appena decorati, eseguiti nel corso del Duecento per S. Orso, e pochi altri decorati e miniati, spesso di committenza importante, prodotti verso la fine del Trecento. Tra questi meritano di essere ricordati i due messali (Bibl. del Seminario, 4 e 144) commissionati da Pierre di Pré-Saint-Didier e donati (uno nel 1391) alla cappella dei Ss. Michele e Giorgio della collegiata, dove due crocifissioni, non prive di finezza e della stessa mano, documentano una cultura ormai aggiornata su modelli lombardi, non lontana da quella che si affermò, sul finire del secolo, in area torinese e canavesana.
Bibl.: N. Gabrielli, Repertorio delle cose d'arte del Piemonte, I, Pitture romaniche, Torino 1944, pp. 4-8, 82, 86-87, 89; G. de Francovich, Problemi della pittura e della scultura preromanica, in I problemi comuni dell'Europa post-carolingia, "II Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1954", Spoleto 1955, pp. 355-519: 421-435; N. Gabrielli, L'arte della Valle d'Aosta. Lineamenti dal sec. XI al sec. XIV, in La Valle d'Aosta, "Relazioni e comunicazioni presentate al XXXI Congresso Storico Subalpino, Aosta 1956", Aosta 1958, pp. 391-421; F. Bologna, La pittura italiana delle origini, Roma 1962, pp. 31-32; Le fonti per la storia della Valle d'Aosta, a cura di A. P. Frutaz (Thesaurus ecclesiarum Italiae, I, 1), Roma 1966; V. Viale, M. Viale Ferrero, Aosta romana e medioevale, Torino 1967; O. Demus, Romanische Wandmalerei, München 1968; L. Mallè, Le arti figurative in Piemonte. Dalla preistoria al Cinquecento, Torino [1973], pp. 51, 58, 61; M. C. Magni, Architettura religiosa e scultura romanica nella Valle d'Aosta, Aosta 1974, pp. 11-46; E. Rossetti Brezzi, La pittura in Valle d'Aosta tra la fine del 1300 e il primo quarto del 1500, Firenze 1989, pp. 7-9.C. Segre Montel