ANTRUSTIONI (antrustiones)
Il comitatus dei principes, del quale parla Tacito (Germ., 13, 14), si conservò presso le popolazioni germaniche anche dopo il loro stabilirsi sulle terre dell'Occidente. Lo troviamo bensì designato allora con parole diverse, ma la sostanza, almeno nelle linee generali, rimane sempre quella. Così, mentre i Longobardi dicevano gasindii tanto i comites del re, quanto quelli dei duces e dei iudices in generale, i Franchi invece chiamavano antrustiones quelli che facevano parte del comitatus, o seguito del re o della regina, e usavano la parola gasindii per quelli che facevano parte del seguito di altre persone. Gli antrustiones franchi però non s'incontrano se non nel periodo merovingio; e dapprima sono a preferenza indicati con la perifrasi illi, qui in truste dominica, o in truste regia sunt. La parola franca trust, latinizzata in trustis, significava protectio, tuitio, e quindi schiera destinata appunto alla protezione del signore. Antrustiones, ossia protectores, si diventava facendone richiesta al sovrano e prestandogli uno speciale giuramento. Proprio quello che dei comites scrive Tacito (Germ., 14) - principem defendere, tueri, sua quoque fortia facta gloriae eius assignare, praecipuum sacramentum est - si ripete in una formola di Marculfo (1, 18): "Rectium est - è il re che parla - ut qui nobis fidem pollicentur inlaesam nostro tueantur auxilio; et quia ille fidelis noster veniens ibi in palatio nostro una cum arma sua in manu nostra trustem et fidelitatem nobis visus est coniurasse, propterea per praesens praeceptum decernimus et iubemus, ut deinceps memoratus ille in numero antrustionum computetur". Il giuramento pare fosse preceduto da un atto formale di sottomissione da parte dell'antrustione, accompagnato da un dono fattogli dal signore, consistente, come già riferiva Tacito, in un cavallo o in una lancia; giacché gli antrustioni costituivano nell'età merovingia uno speciale gruppo del seguito regio, una guardia del corpo ordinata militarmente, destinata a proteggere non solo la persona, ma anche la casa del re, nella quale vivevano e ricevevano il necessario mantenimento. Nel sec. VII erano comandati dal maiordomus; e nella loro schiera poterono da prima essere ammessi tanto i liberi quanto i liti e anche i servi. Ma dopo, diventata la loro posizione più importante, non ne fecero parte se non i liberi; e vi furono ammessi anche i Romani, in origine esclusi. Espressione del loro elevamento fu il triplice guidrigildo dell'uomo libero, a tutti essi riconosciuto; mentre prima a ciascuno di essi era attribuito il triplice guidrigildo proprio della classe alla quale apparteneva. Oltre di ciò, per tutte le questioni che potevano nascere fra loro, erano fissate speciali norme di procedura. Servivano il re in guerra, proteggendone la persona e combattendo accanto a lui; in pace lo servivano anche in affari pubblici importanti, come ambascerie, deliberazioni, ecc. Agli obblighi loro corrispondeva l'obbligo nel signore di proteggerli e difenderli, e punire in modo speciale le offese e le ingiurie ad essi arrecate. Il vincolo reciprocamente contratto non era obbligatorio per tutta la vita, ma poteva essere risoluto. Se era il subordinato che se ne scioglieva, era tenuto a rendere al signore ciò che aveva ricevuto, specialmente se erano terre. Queste concessioni di terre avevano anzi indotto spesso l'antrustione concessionario ad allontanarsi dalla corte per andare a stabilirsi sulle terre medesime. Il ricordo di antrustioni ammogliati preposti a una propria azienda domestica si collega appunto col fatto accennato. Però questo mutamento non importava per sé scioglimento del rapporto; il quale continuava, imponendo all'antrustione l'obbligo non solo di seguire il signore in guerra, ma anche di recarsi in corte quando vi era invitato. Sembra tuttavia che, per essersi nel corso del sec. VII moltiplicati questi casi, la schiera degli antrustioni conviventi nella casa del sovrano si fosse di tanto assottigliata da non poter più bastare al servizio cortigiano a essa assegnato; e che un'altra schiera del seguito, quella dei vassi o vassalli, ossia dei servi ministeriales, ne venisse a mano a mano prendendo il posto. Quando infatti si giunge al sec. VIII, non si parla più di antrustiones dominici, ma soltanto di vassi o vassalli regii; e questi, nel corso del secolo stesso, vennero per tal modo prendendo il sopravvento, da far dare il loro nome, destinato ad alti destini, anche ai tuttora superstiti antrustiones e perfino ai componenti di altri comitatus, o seguiti, diversi da quello del re, che prima, tanto in Francia quanto in Italia, erano stati gasindii.
Con l'antrustionato i sovrani franchi della prima razza avevano cercato di elevare una parte speciale del loro seguito e distinguerla non pure dal seguito dei capi locali, ma anche dal seguito che ogni uomo libero poteva costituirsi purché ne avesse la possibilità economica. Ma fu un tentativo che dovette fallire di fronte alla salda vitalità dimostrata dall'originario istituto germanico, che riconosceva a ognuno, e specialmente al nobile, al principe, e quindi a chi ne aveva preso il posto, la facoltà di costituirsi e mantenere un seguito giurato e armato, farsene capo e guidarlo nelle spedizioni guerresche. Il vassallaggio, generalizzatosi con straordinaria rapidità nel corso del sec. VIII, rappresentò appunto una tale vittoria.
Bibl.: M. Deloche, La Trustis et l'antrustion royal sous les deux premières races, Parigi 1873; J. Grimm, Deutsche Rechtsalterthümer, 4ª ed., Lipsia 1899, I, pp. 375, 379, 382; G. Waitz, Deutsche Verfassungsgeschichte, Berlino 1874-75, I, p. 204; II, ii, p. 101; H. Brunner, Deutsche Rechtsgeschichte, 2ª ed., Lipsia 1906, I, p. 186; II, pp. 134 e 351; P. Guilhiermoz, Essai sur l'origine de la noblesse en France au Moyen-âge, Parigi 1902, n. 61 segg.