SAVONA, Antonio Virgilio
SAVONA, Antonio Virgilio. – Nacque il 21 dicembre 1919 a Palermo, unico figlio di Franco (1879-1964) e di Emilia Rizzo (1888-1967), dattilografa. Secondo un uso allora non raro per i nati alla fine dell’anno, nella dichiarazione all’anagrafe il padre ne posticipò la nascita al primo gennaio, in modo da ritardarne di un anno gli obblighi di leva. Ufficialmente, dunque, Virgilio Savona sarebbe nato il 1° gennaio 1920.
Nel corso di quell’anno la famiglia traslocò a Trieste, dove il padre, laureato in giurisprudenza e dipendente del ministero delle Poste e Telegrafi, era stato assegnato all’ufficio telegrafico nel ruolo di direttore: vi si trattenne fino al 1923, quando ottenne il trasferimento a Roma. Nella capitale il piccolo Virgilio crebbe in un contesto culturalmente stimolante, che ne incoraggiò l’interesse e la passione per la musica (il padre era collaboratore del Tempo e di Scena illustrata, frequentatore di circoli culturali, musicista dilettante e appassionato di ballo e di musica classica; dal canto suo la madre trasmise al figlio l’abilità nella dattilografia). Nel 1926 iniziò privatamente lo studio del pianoforte con Renata Paroni e a otto anni entrò nel coro Adelaide Cairoli. Nel 1929 partecipò alla trasmissione radiofonica dell’EIAR Il giornalino del fanciullo: vi improvvisò un brano al pianoforte. Nel 1933 iniziò gli studi classici al liceo Tasso, li proseguì in altri istituti, ma li interruppe quando nel 1938 venne ammesso al sesto anno di pianoforte al conservatorio di Santa Cecilia nella classe di Renzo Silvestri. Nello stesso anno sperimentò alcuni effetti delle leggi razziali: dovette dimostrare formalmente di non essere ebreo (per via del cognome coincidente con un nome di città).
Come studente di conservatorio si distinse per le doti d’improvvisatore e per lo spiccato interesse per il jazz, genere che godeva in Italia di un discreto seguito. A esso dedicò anche alcuni contributi di critica musicale: vi si coglie tanto l’apprezzamento per quello ch’egli individuava come «il vessillo della musicalità contemporanea», e di cui diceva «è arte, vera arte» (Poche parole sulla musica jazz, in Giornale dello spettacolo, 15 maggio 1939), quanto il tentativo di sottrarsi agli addebiti di esterofilia che tale interesse gli poteva attirare da parte di lettori o colleghi (Chiarificazioni, ibid., 15 agosto 1939; Musica leggera: tralignamento del jazz, ibid., 15 agosto 1940; che in Italia il jazz, magari avversato da alcuni settori del mondo culturale e politico, fosse bandito dal regime e fruito quasi clandestinamente è un luogo comune tenace ma da ridiscutere: cfr. L. Izzo, Da «yazz» a «gezz»: una ricezione intermittente con interferenze di regime, in La musica alla radio: 1924-1954, a cura di A.I. De Benedictis, Roma 2015, pp. 207-223).
Nel 1940, dopo un’improvvisazione tra amici nei locali del conservatorio, fu invitato a partecipare a uno spettacolo goliardico in programma al teatro Valle il 27 maggio. Entrò così in contatto con l’organizzatore e autore teatrale Agenore Incrocci (poi famoso come Age) e con il Quartetto EGIE, un gruppo vocale formato da Enrico De Angelis, Giovanni (Tata) Giacobetti, Iacopo Jacomelli ed Enrico Gentile a immagine degli statunitensi Mills Brothers e versato nell’esecuzione in versione italiana dei loro successi copiati attraverso l’ascolto. I quattro, sprovvisti di competenze musicali formali, chiesero a Savona di assisterli nell’elaborare le parti dai dischi dei Mills Brothers e nel preparare i nuovi brani. Visto il successo dello spettacolo al Valle, l’imprenditore musicale Ettore Fecchi contattò Savona come autore di canzoni.
Nel marzo del 1941, staccatosi Jacomelli dagli EGIE, gli altri tre proposero a Savona di subentrargli: conosceva a menadito il repertorio e avrebbe garantito dall’interno quella competenza musicale che loro difettava. Dopo un tentativo a vuoto (e un altro precedente con ancora Jacomelli), in agosto la formazione superò con successo l’audizione all’EIAR: vi aveva partecipato senza ancora darsi un nuovo nome ufficiale. L’acronimo EGIE, evidentemente, non aveva più senso, e Savona propose di chiamare Cetra il gruppo. Nelle sue intenzioni il nome doveva riferirsi all’antico strumento musicale e alle sue quattro corde: ma esso risultò tanto più azzeccato in quanto la Cetra era la casa fonografica consorziata con l’EIAR.
Nei primi mesi di lavoro alla radio conobbe la cantante Lucia Mannucci. Nata a Bologna il 18 maggio 1920 e cresciuta a Milano, aveva una predilezione per la canzone melodica e francese ma – anche su impulso dello stesso Savona – non disdegnò la musica swing: cantò, tra l’altro, Un sassolino nella scarpa, versione italiana di I’ve got a pebble in my shoe di Van Alexander e Charles Tobias, 1938 (il brano, che conferma la permeabilità italiana alla musica d’Oltreoceano, fu registrato in disco da Natalino Otto nel 1943; dell’interpretazione di Mannucci esiste un documento sonoro non ufficiale).
Negli anni della guerra Savona e il quartetto continuarono a tenere spettacoli e trasmissioni. Nel 1942 Gentile, chiamato alle armi, dovette lasciare la formazione; gli subentrò Felice Chiusano. Nell’estate di quell’anno lo stesso Savona fu arruolato, e il gruppo di fatto si sciolse. In seguito a una serie di congedi poté tuttavia riprendere l’attività artistica e avviare, nel 1943, una tournée nel Nord Italia con il quartetto in una formazione temporanea (Age al posto di De Angelis, coscritto anch’egli), ma pur sempre fedele al proprio stile (il fatto, nel luglio del 1943, con le truppe anglo-americane sbarcate in Sicilia, provocò una durissima recensione sul Popolo d’Italia). L’8 settembre lo colse a Roma. Un ingaggio da parte di Remigio Paone portò il gruppo, assieme alla Mannucci, al Nord; a Milano, bloccato dalla guerra, fu attivo fino al termine del conflitto, pur evitando di partecipare a spettacoli di propaganda diretta per la Repubblica sociale italiana: un’accusa in tal senso mossagli dopo la Liberazione si dimostrò infondata. Il 19 agosto 1944 Savona e Mannucci si sposarono; dal matrimonio nacque, il 1° novembre 1946, Carlo.
Nel 1947 De Angelis lasciò definitivamente il quartetto. Gli subentrò Lucia Mannucci, che già da anni cantava assieme alla compagine. Il Quartetto Cetra divenne dunque una formazione mista, a differenza dei modelli su cui si era costituito. L’inserimento di una voce femminile comportò una mutazione stilistica: se infatti nella formazione maschile spicca l’intreccio polifonico (si pensi a Crapa pelada, registrato nel 1945), nella formazione mista la voce femminile si connota spesso come parte melodica principale rispetto alle altre tre (per esempio Vecchia America, del 1951, per lo spettacolo di Garinei e Giovannini Gran baldoria, oppure Un bacio a mezzanotte, realizzato nel 1952 per Gran baraonda, sempre di Garinei e Giovannini, e registrato nel 1953).
Il nuovo organico consentì peraltro, già dal 1948, di sviluppare le canzoni del gruppo come piccole scenette, con Lucia che interagisce da prima donna con i tre colleghi (si pensi alla versione di Ba-ba-baciami piccina, portata al successo da Alberto Rabagliati nel 1940, e ripresa nel 1953 dai Cetra non senza un pizzico di malizia), fino a connotarle come brani da teatro di rivista nei quali il canto s’intreccia con la recitazione (un esempio celebre è In un palco della Scala, 1952, nato come scena per Gran baraonda e poi registrato in disco nel 1953). Con il Quartetto Cetra nella formazione definitiva, Savona fu artefice della parte musicale di molte delle canzoni del gruppo (alcuni esempi celebri: La vera storia del jazz, testo di Mannucci, del 1954; oppure Se il jazz fosse nato a Roma e Troppi affari, Cavaliere, sempre del 1954 e destinato a un imprevisto revival negli anni Novanta, o anche Ricordate Marcellino, del 1956, e Un disco dei Platters, del 1958, tutte, come molte altre canzoni dei Cetra, su testi di Giacobetti).
Nel 1948 la formazione fu invitata a Londra, dove comparve per la prima volta in televisione. Nel 1949 registrò Nella vecchia fattoria, ricavandola dalla versione di Nat King Cole del tradizionale Old MacDonald had a farm: nella versione preparata principalmente da Savona e nell’interpretazione del Quartetto finì con l’imporsi come successo in tutto il mondo, ben oltre il suo stesso modello. Nel 1954 partecipò al Festival della canzone italiana di Sanremo, dando un contributo ironico (si pensi ad Arriva il direttore) che fece da preludio alle parodie successive (per esempio di Musetto di Domenico Modugno, 1956); lo stesso anno il gruppo fu scritturato per una tournée in Argentina. Nel 1958 ne compì un’altra a Cuba e in Venezuela. L’attività per la Radio Televisione Italiana rimase intensa per tutti gli anni Cinquanta e Sessanta e proseguì fino ancora agli anni Ottanta; tra i programmi va ricordata la Biblioteca di Studio Uno (1964), che seguì l’esperienza e il successo di Studio Uno (1961-63). Si trattò di una serie di rivisitazioni e parodie di celebri lavori letterari (come l’Odissea, I tre moschettieri, Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde; la parodia dei Promessi sposi fu fermata già in corso d’opera per evitare interferenze con lo sceneggiato di Sandro Bolchi che doveva andare in onda di lì a breve: fu recuperata vent’anni dopo, nel 1985, per Al Paradise di Antonello Falqui su Rai 1); il ruolo di Savona nell’ideare le sceneggiature è documentato dagli appunti manoscritti in margine alle fonti letterarie conservate nel suo archivio.
La seconda metà degli anni Sessanta rappresentò un momento di svolta per Savona: cominciò ad avvertire l’esigenza di superare lo spirito giocoso e di intrattenimento che, assieme al Quartetto Cetra, ne aveva caratterizzato l’attività fino ad allora, per orientarsi verso un più spiccato impegno sociale. Tale riflessione fu acuita da un avvenimento familiare: l’8 giugno 1968 il figlio Carlo, attivista del movimento di contestazione, fu arrestato per il presunto contributo logistico dato ad alcune manifestazioni studentesche a Milano, culminate in violenti scontri. Il giovane fu ben presto prosciolto, ma la riflessione del padre proseguì e si tradusse in una nuova attività musicale e culturale, che s’affiancò a quella nel Quartetto. Nel 1969 costituì, per la Vedette Records, l’etichetta dei Dischi dello Zodiaco, mirata a diffondere nel pubblico la conoscenza della musica popolare, pur in versioni riarrangiate e dunque con modalità diverse dai preesistenti Dischi del Sole, che coltivavano un approccio più spiccatamente documentaristico; nel medesimo anno fu autore del suo primo album di carattere impegnato, Pianeta pericoloso (per Corrado Pani e Odìs Lévy). Seguì, nel 1970, Sexus et politica per la voce di Giorgio Gaber, su testi da autori latini, finché nel 1972 debuttò come vero e proprio cantautore egli stesso con È lunga la strada.
Il lavoro ai Dischi dello Zodiaco e ad album come Le canzoni degli emigranti (1 e 2; 1970-71) o Canti della Resistenza (1979) ebbe un’ulteriore ricaduta culturale ed editoriale: assieme a Michele L. Straniero, Savona curò le prime corpose raccolte di canti popolari e sociali pubblicate in Italia in edizioni commerciali (Canti dell’emigrazione, 1976; Canti dell’Italia fascista, 1979; Canti della grande guerra, 1981, tutti per l’editore Garzanti; I canti del mare nella tradizione italiana, 1980, per Mursia; Canti della Resistenza italiana, 1985, per Rizzoli). L’attenzione al canto di tradizione lo portò anche a spingersi a ritroso nel tempo: lo testimonia per esempio l’album Canzoni da battello del Settecento veneziano, orchestrato e arrangiato da Savona in stile antico per la voce di Mannucci (1977; edizioni Divergo). Dagli anni Settanta manifestò infine una predilezione per gli strumenti elettronici, documentata nei CD Una storia infinita (Ricordi, 1996) e La trappola dei suoni (Carosello, 1998).
Accanto a queste attività si fece promotore di iniziative rivolte all’infanzia. La produzione degli stessi Cetra aveva trovato nei bambini un destinatario privilegiato fin dai tempi della Vecchia fattoria (i quattro avevano anche doppiato film di Walt Disney). Ma negli anni Settanta Savona volle imprimere a tale aspetto una connotazione più educativa e culturale che di intrattenimento: per fare alcuni esempi, nell’ambito di quest’attività realizzò con Mannucci, nel 1973, l’album Filastrocche in cielo e in terra, su poesie di Gianni Rodari e, tra il 1977 e il 1980, tre album dalle Fiabe italiane di Italo Calvino. Nel 1983, su richiesta di Luciano Berio, compose per l’infanzia L’opera delle filastrocche per il XLVI Maggio Musicale Fiorentino, sempre su rime di Rodari e ne ricavò poi una pubblicazione a scopo dichiaratamente didattico, Filastrocche da cantare (Milano 1984).
La morte di Giacobetti il 2 dicembre 1988 e di Chiusano il 3 febbraio 1990 pose fine all’esperienza dei Cetra. Questo non comportò tuttavia la cessazione dell’attività culturale e musicale per Savona, che continuò a scrivere saggi e interventi, a comporre e, con la consorte, a comparire in televisione e a registrare nuove canzoni. Nel 1994 ricevette il premio Tenco per la sua attività di promozione culturale. Lo stesso ente gli dedicò l’intera rassegna e un convegno nel 2004: già colpito da una malattia degenerativa, non vi poté partecipare e inviò un messaggio di saluti. L’evento segnò una riscoperta dei vari aspetti della sua produzione e di canzoni da lui scritte per gli stessi Cetra (per esempio Il cammello e il dromedario, del 1964: suo anche il testo). Nel 2007 pubblicò con l’editore Ala Bianca un ultimo album, il CD Capricci, assieme alla moglie.
Morì a Milano il 27 agosto 2009. Lucia Mannucci morì, nella stessa città, il 7 marzo 2012. Assieme ai colleghi del Quartetto, erano stati nominati cavalieri al merito dal presidente della Repubblica Sandro Pertini (1985) e commendatori dal presidente Francesco Cossiga (1988).
Opere. Tra le pubblicazioni di Savona, autore fecondo, occorre menzionare la monografia Gli indimenticabili Cetra (Milano 1992), nonché articoli e interventi dagli anni Quaranta in poi: particolarmente significativi Cantare in americano, in Musica e Jazz, II (1946), 2, pp. 8 s. (cfr. anche http://www.sienajazz.it/fileadmin/ FB_CENTROSTUDI/46-02/index.html); Berlino est - Berlino ovest. C’è il muro: guardiamo oltre, in Ciao 2001, 14 ottobre 1970, pp. 16-18; Perché i canti dell’emigrazione, in La musica popolare, I, (1975), 2, pp. 21-25; L’opera delle filastrocche (programma per il XLVI Maggio Musicale Fiorentino), Firenze 1983. Per il quartetto si vedano in particolare il doppio DVD Quartetto Cetra. Antologia di canzoni, sketch e parodie, a cura di E. De Angelis - C. Savona (Roma 2008), e la serie dei Fratelli Fabbri Quartetto Cetra. Grandi classici in TV (Milano 2010).
Fonti e Bibl.: I materiali e documenti raccolti e ordinati con cura e acribia estreme da Savona, la biblioteca e la discoteca sono attualmente custoditi nell’archivio Savona-Mannucci dal figlio Carlo, che qui si ringrazia per la generosa collaborazione; di tale archivio è in corso la procedura per il riconoscimento dell’interesse culturale da parte del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.
M. Ternavasio, Il Quartetto Cetra, ovvero Piccola storia dello spettacolo leggero italiano, Torino 2002; Seguendo Virgilio, a cura di E. De Angelis - S.S. Sacchi, Arezzo 2005; M. Pennazio, Per allegri sentieri... e oltre. Il mondo musicale del Quartetto Cetra per i bambini, Torino 2010.