VERANZIO (Vrančić, Verancsics), Antonio (Antun, Antal)
Nacque, secondo recenti studi, a Sebenico il 30 maggio 1504, città dalmata nella repubblica di Venezia. Il padre Francesco (Frane) apparteneva a una famiglia patrizia, mentre la madre Margherita era una Statileo (Statilić), del patriziato di Traù.
A Traù Veranzio ebbe la sua prima formazione presso lo zio materno, Giovanni, mentre a Sebenico, dove tornò dopo qualche anno, apprese le lettere latine e greche dall'umanista Elio Tolimero (Tolimerić). Veranzio fu sostenuto negli studi dal cugino Pietro Berislavio (Berislavić), vescovo di Veszprém in Ungheria e bano di Croazia fino al 1520, quando morì in un agguato turco in seguito alla battaglia di Korenica. Della sua formazione si fece poi carico lo zio Statileo, vescovo di Transilvania. Veranzio studiò dal 1520 a Padova, Vienna e Cracovia. Nel 1527 ebbe modo di approdare, grazie all'intercessione dello zio Giovanni, alla corte di Giovanni Zapoglia, principe di Transilvania e pretendente al trono d'Ungheria, in netta contrapposizione con Ferdinando d'Asburgo. Per quanto giovane, gli furono assegnate missioni diplomatiche. Tra il 1530 e il 1540 fu a Cracovia presso il re Sigismondo, a Roma alla corte di Clemente VII, a Venezia, a Londra da Enrico VIII, a Parigi da Francesco I. Nel 1543 fu inviato in Boemia e in Polonia, dove partecipò alle nozze di Sigismondo II Augusto. Con la morte dello Zapoglia, reggente di Transilvania divenne la principessa Isabella, per la quale Veranzio compì altre missioni a Roma, Parigi e Londra. Alcuni screzi nell'ambiente di corte, con Giorgio Martinuzzi Utješinović, convinsero Veranzio ad abbandonare la Transilvania nel 1549, e a passare al servizio di Ferdinando d'Asburgo, che fece ricorso a lui per negoziati diplomatici. Nel 1553 fu incaricato di incontrare la massima autorità ottomana in Ungheria, Alì pascià visir di Buda, per definire un armistizio.
Lo stesso anno Veranzio fu inviato da Ferdinando a Istanbul per avviare le trattative in vista di una pace con gli Ottomani e per definire lo status della Transilvania. Nel 1554, su proposta imperiale e con l'assenso del papa Giulio III, Veranzio divenne vescovo di Pécs. Con alle spalle ormai due decenni di missioni diplomatiche e godendo la piena fiducia di Ferdinando, rimase, come agente speciale dell'imperatore, ben quattro anni in Turchia. Sul viaggio a Costantinopoli scrisse Iter Buda Hadrianopolim anno 1553, un testo pubblicato da Alberto Fortis come supplemento nel suo Viaggio in Dalmazia nel 1774. Sempre sul viaggio in terre ottomane, del 1558 è il Dialogus cum fratre suo Michaele de itinere et legatione sua Constantinopolitana.
Giunto a Istanbul, Veranzio redasse, assieme a Francesco Zay, militare e letterato della corte asburgica, un’ampia memoria sugli incontri e le questioni affrontate con il sultano Solimano il Magnifico e il gran visir Rustem pascià, suo genero. Le relazioni, da spedire alla corte asburgica, erano composte utilizzando codici criptati, che Veranzio applicò anche nelle lettere inviate al fratello Michele. La descrizione del viaggio nei Balcani, lungo la rotta danubiana Vienna, Buda, Belgrado, poi via terra da Belgrado per Niš e Adrianopoli, nonché le molte informazioni sullo stato dell’Impero ottomano, che Veranzio seppe ricavare da informatori, rimangono tanto una preziosa fonte diretta quanto una testimonianza di impressioni occidentali in merito al mondo turco. Nel 1555 giunse a Istanbul, quale ambasciatore stabile, Ogier Ghiselin de Busbecq, esperto diplomatico fiammingo, nonché studioso, botanico e scrittore.
L’impegno militare degli Ottomani contro i persiani costrinse la legazione asburgica a raggiungere la corte di Solimano il Magnifico ad Amasya, nell’Anatolia centrale. Lungo il viaggio, nel marzo del 1555, Veranzio, Busbecq e Zay visitarono Ankara e lì scopersero, tra le rovine del tempio di Augusto, l’epigrafe Res gestae divi Augusti, nota pure come Monumentum Ancyranum. Incisa su marmo in latino e greco, essa era la copia del testo che sormontava la tomba di Augusto a Roma, il cui originale andò perso. Per la lunghezza e l’importanza della composizione, quella di Ankara rimane una scoperta eccezionale. Durante il lungo soggiorno turco Veranzio fece altre ricerche su epigrafi, raccolse monete, visitò siti romani.
Al rientro da Istanbul, nel 1558 Veranzio pubblicò il poema De Turcarum tyranno emblema. Come ricompensa per la dedizione dimostrata, Ferdinando d’Asburgo si adoperò affinché Veranzio fosse nominato nel 1560 vescovo di Eger, nell’Ungheria settentrionale, dal papa Pio IV. Dopo la morte di Ferdinando nel 1564, Veranzio rimase nella cerchia ristretta dei consiglieri diplomatici dell’imperatore Massimiliano II, che accompagnò in diversi viaggi nei domini asburgici. Con l’improvvisa scomparsa di Solimano il Magnifico nel 1566, durante una spedizione militare in Ungheria, si aprirono nuove opportunità di pace con il sultano Selim II. Veranzio compì una seconda missione a Istanbul, a capo di una numerosa legazione asburgica che portò con sé doni e tributi in monete d’oro. Di questo importante viaggio rimane il racconto di Marco Antonio Pigafetta, nobile vicentino (Itinerario di Marc’Antonio Pigafetta gentil’huomo vicentino, Londra 1585). Il trattato di pace, con nuove clausole sui tributi asburgici e sui confini con la Transilvania, fu firmato nel marzo 1568, sotto l’occhio vigile del gran visir Mehmed pascià Sokolović. Fu un personale successo per Veranzio, che, come ricompensa da parte di Massimiliano II, divenne nel 1569 arcivescovo di Esztergom (Strigonia) e primate della chiesa cattolica in Ungheria.
Dalla Turchia Veranzio portò a Vienna preziose cronache ottomane, tra cui quella che sarebbe stata denominata Codex Verantius, una versione più ampia di Tarih-i Al-i Osman, la storia della dinastia ottomana, composta verso il 1550 da Muhyiddin Mehmed, noto anche come Molla Çelebi, sulla scorta di più antiche cronache e fonti varie. Un testo che rimane fondamentale per gli studi ottomanistici.
Negli ultimi anni di vita Veranzio si era dedicato al suo ruolo di arcivescovo e primate. Nello spirito postconciliare tridentino si era distinto a contrastare il luteranesimo e il calvinismo in Ungheria. Nel 1572, per qualche mese, fu nominato reggente d’Ungheria, concentrando potere secolare ed ecclesiastico. Esercitò questo ruolo fino a quando Rodolfo II d’Asburgo non divenne re di Ungheria . Fu l’apogeo di una lunga carriera. Benché anziano, fu proposto al cardinalato, ma non fece in tempo a essere nominato.
Veranzio morì a Prešov, nell'odierna Slovacchia, il 15 giugno 1573.
Il percorso di di Veranzio è emblematico della vicenda di diversi patrizi dalmati, nati sudditi veneziani in una terra al confine culturale tra Italia e Croazia (Schiavonia) e destinati a compiere carriere ecclesiastiche esemplari nell’Ungheria del Quattro-Cinquecento. Uomo di grande cultura, Veranzio seppe coniugare la missione di diplomatico con la passione per l’erudizione e la curiosità verso il nuovo. Rimane un riferimento per gli studi dell’Oriente ottomano. Poche delle sue opere, poesie e discorsi, videro luce nel Cinquecento. Assieme all’imponente epistolario, esse sono stati raccolte e pubblicate nei Monumenta Hungariae historica come Összesmunkái (Opere complete) di Verancsics Antal.
Veranzio scriveva quasi di regola in latino, anche nella corrispondenza con il fratello Michele ma diverse lettere sono scritte in italiano.Tra i suoi referenti furono Andrea Rapicio e Aonio Paleario. In tutto si sono conservate circa ottocento lettere, che solo di recente sono state oggetto di analisi sistematiche in quanto documenti di grande rilevanza per la storia politica dell'Ungheria, dei Balcani e dell'Impero ottomano. Memorie autobiografiche, come un testo sull'educazione sentimentale, sono state pubblicate a parte. Il lascito in manoscritti è custodito presso la Biblioteca Széchényi di Budapest. Due anni dopo la sua scomparsa una prima biografia del prelato fu scritta e pubblicata dal suo nipote, figlio del fratello Michele, Fausto Veranzio (Faust Vrančić), noto studioso e scienziato.
Összesmunkái (Opere complete), a cura di L. Közli Szalay, Pest 1857-75 (Monumenta Hungariae historica. Scriptores, II-VI, IX-X, XIX-XX, XXV-XXVI, XXXII; Wrancius (Antonius Wrancius Sibenicensis Dalmata - Antal Verancsics), Expeditionis Solymani in Moldaviam et Transsylvaniam libri duo et De situ Transsylvaniae, Moldaviae et Transalpinae liber tertius, Turnhout 2010 (I ed. Budapest 1944); A. e F. Vrančić, Sentimentalni odgoj (A. e Fausto Veranzio, Educazione sentimentale), a cura di D. Novaković, Šibenik 1996; Tri spisa (Tre scritti), a cura di Š. Demo, Šibenik 2003; Historiografski fragmenti (Frammenti storiografici), a cura di C. Manea-Grgin, Šibenik 2014; Epistolae ad familiares, a cura di D. Sorić - J. Teuta Serreqi, Zadar-Zagreb 2020
Fonti e bibliografia
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