SIGLIENTI, Antonio
(Nino). – Nacque a Sassari il 13 ottobre 1903, da una famiglia della buona borghesia: il padre Alberto era avvocato, così come il fratello Stefano (1898-1971), futuro primo ministro delle Finanze dell’Italia postfascista. Nel 1922 conseguì la licenza fisico-matematica all’Istituto tecnico Lamarmora di Sassari. S’iscrisse poi alla Scuola superiore di agricoltura a Milano, ma non portò a termine gli studi; coinvolto dal fermento artistico che animava Sassari nel primo dopoguerra, cominciò a dedicarsi alla caricatura e all’illustrazione.
L’esempio del pittore Giuseppe Biasi aveva alimentato in Sardegna la tendenza verso una figurazione di timbro déco e di tema regionalista, che una generazione di artisti più giovani, quali Eugenio Tavolara, Tosino Anfossi, Edina Altara e Loris Riccio, si accingeva a trasferire nelle arti applicate. Siglienti era partecipe di questo clima. Le sue prime prove, tra il 1922 e il 1925, furono piccole tempere e piatti in terracotta dipinti a freddo raffiguranti personaggi in costume popolare e scene religiose, resi con un linguaggio volutamente ingenuo e ricco di dettagli ornamentali. Nel 1925 disegnò con Tavolara scene e costumi per lo spettacolo goliardico The frenetic universitary jazz band orchestra, e in vista dell’Expo di Parigi eseguì una serie di mattonelle in ceramica con scene paesane. Nel 1926, distintosi in un concorso nazionale per figurini di scena, entrò nell’atelier di Caramba (Luigi Sapelli), dal 1922 direttore degli allestimenti alla Scala di Milano. I figurini che disegnò per varie rappresentazioni scaligere (Aida, La cena delle beffe, Arianna e Barbablù, Il diavolo nel campanile) sono lontani dal naturalismo venato di echi liberty di Caramba: per quanto attentamente studiati nel dettaglio (per l’Aida l’artista si documentò per mesi al Museo Egizio di Torino e nelle biblioteche milanesi), si caratterizzano per la sintesi grafica, il senso del colore e la minuta eleganza dei motivi ornamentali, di tono ormai compiutamente déco.
Stabilitosi a Milano, Siglienti aprì un laboratorio di arti applicate, il cui marchio – allusivo alla tisi da cui si sapeva condannato – era una candela che si spegne. Iniziò un’intensa attività creativa rivolta a campi diversi, dall’illustrazione al disegno pubblicitario, dalla ceramica all’oggettistica in legno, dal mobile alla moda, ricorrendo a ditte esterne per la realizzazione dei modelli. L’eclettismo déco si riflette in una produzione vasta e sfaccettata, che accoglie spunti dal Medioevo e dall’orientalismo, dal Settecento e dal folklore.
Di una rapida affermazione nell’ambiente milanese è indizio, nel 1927, la presenza di Siglienti alla III Biennale delle arti decorative di Monza, con una sala personale accolta positivamente dalla critica. Al centro dell’allestimento – scandito da arcate di sapore metafisico, coronate però da motivi déco di bouquet e cerbiatti – erano degli scialli di seta con fantasie floreali, drappeggiati su manichini stilizzati. Ricamati dalla COSARIVE (Cooperativa Sarte e Ricamatrici Veneziane), gli scialli sono oggi documentati da bozzetti rimasti nell’archivio dell’artista. Alle pareti della sala, su mensole, erano esposte le piccole sculture in legno policromo delle serie Maschere della commedia dell’arte e Personaggi del teatro antico e moderno, che, fissate in pose echeggianti la gestualità della drammaturgia espressionista, ricordavano nella schematizzazione geometrica delle forme i pupazzi di Fortunato Depero e quelli dell’amico Tavolara, ma con un sovrappiù di ornamentazione dipinta ad accentuarne l’antinaturalismo. In mostra figuravano anche una serie di carte stampate dalle Arti grafiche Berardi, Le sorti di Nostradamus, ispirate a un Medioevo favoloso e fantastico, oltre a ceramiche, a tappeti, a cuscini, a pannelli ricamati e a mobili – eseguiti come le sculture dai Fratelli Marelli di Cantù – di cui non resta documentazione.
Ai primi del 1928, l’aggravarsi della malattia costrinse Siglienti a far ritorno a Sassari, dove entrò a far parte del consiglio della locale Federazione artigiana e progettò di creare una scuola di ricamo nel paese di Osilo. Continuò intanto a lavorare per far fronte alle commesse procurategli dalla mostra di Monza. A questo momento risalgono una raccolta incompiuta di tavole illustrate, La moda attraverso i secoli, e alcuni bozzetti pubblicitari che mostrano il passaggio dell’artista da un déco vezzoso e ornamentale verso forme più asciuttamente moderniste.
Nel dicembre 1928 Siglienti espose alla I Biennale d’arte sarda di Sassari. Tornato a Milano, si gettò di nuovo nel lavoro, ma la sua salute era ormai irrimediabilmente compromessa.
Si spense a Sassari il 15 ottobre 1929.
Fonti e Bibl.: Il “The Frenetic” al Civico, in La Nuova Sardegna, 16-17 gennaio 1925; A. Lancellotti, La III Mostra delle arti decorative a Monza, in Il Corriere d’Italia, 3 settembre 1927; L. C., M. Melis e Nino Siglienti, in L’Isola, 14 luglio 1927; A. Maraini, L’esposizione di Monza, in Corriere della Sera, 5 giugno 1927; C. Pavolini, La III Mostra delle Arti decorative, in Il Tevere, 7 giugno 1927; E. Scaravelli, Italiani e stranieri a Monza, in Il Torchio, 16 giugno 1927; La varia attività di un giovane artista, in La Donna, luglio 1927; S. Prunas de Quesada, Primo sguardo alla mostra, in L’Isola, 12 dicembre 1928; TAC, Visitando la Biennale di Sassari, in Il Giornale d'Italia, 28 dicembre 1928; M. Riccio, Nino Siglienti, in La Tribuna, 18 ottobre 1929; C. Tarasconi, Nino Siglienti, in Lunedì dell’Unione, 21 ottobre 1929; La morte di Nino Siglienti, in L’Unione Sarda, 21 ottobre 1929; F. Spano Satta, Ricordando Nino Siglienti, in L’Isola, 22 ottobre 1931; E. Tavolara, Omaggio a Nino Siglienti, ibid., 1° aprile 1945; Mostra retrospettiva del pittore Nino Siglienti (catal.), Sassari 1945; E. Tavolara, Pittori sassaresi del primo Novecento, Milano 1962, s.i.p.; Nino Siglienti, Un artista déco e la sua bottega, a cura di G. Altea - M. Magnani, Sassari 1989; G. Altea - M. Magnani, Le matite di un popolo barbaro, Milano 1990, pp. 107-110, 183; G. Altea - M. Magnani - G. Murtas, Figure in musica (catal.), Cagliari 1990, pp. 57-83; G. Altea - M.Magnani, Storia dell’arte in Sardegna. Pittura e scultura del primo ’900, Nuoro 1995, pp. 234-240; A. Cuccu, Cento anni di ceramica, Nuoro 2000, pp. 92-95.