SCIALOJA, Antonio
Economista e finanziere, nato a S. Giovanni a Teduccio presso Napoli il 31 luglio 1817, morto nell'Isola di Procida nella notte dal 12 al 13 ottobre 1877. Apprese il diritto da Pasquale Borrelli e l'economia politica da Matteo De Augustinis con tale frutto, che nel 1840 pubblicò i Principii di economia sociale esposti in ordine ideologico, opera per quei tempi in Italia assai notevole. Nominato professore di economia politica nell'università di Torino (31 gennaio 1846), col suo lavoro Industria e protezione, ossia intorno alle riforme di R. Peel applicate alle condizioni dell'industria napolitana, caldeggiò la rottura delle rigide barriere doganali regionali. Quando Ferdinando II nel 1848 elargì lo statuto, lo S. ritornò nella sua terra e divenne ministro d'Agricoltura e Commercio, e uno dei capi del cosiddetto movimento albertista, che mirava all'alleanza con Carlo Alberto e alla partecipazione alla guerra contro l'Austria. Inviso, perciò, ai Borboni, fu costretto a dimettersi dopo il 15 maggio 1848, venne arrestato nella notte del 26 settembre 1849 e condannato, l'8 febbraio 1852, a nove anni di reclusione, che furono commutati nell'esilio perpetuo per intercessione di Napoleone III. Tornato a Torino, trovò la sua cattedra occupata da Francesco Ferrara e dovette contentarsi d'un modesto ufficio nell'amministrazione del catasto. Mentre, con il lavoro Carestia e governo e con la partecipazione al commento alle leggi di procedura civile degli stati sardi, collaborava all'opera grandiosa di rinnovamento del Piemonte compiuta dal Cavour, con le Note e confronti dei bilanci del Regno di Napoli e degli Stati Sardi (1857) avviava decisamente verso la monarchia sabauda le speranze degli emigrati moderati meridionali. Ministro delle Finanze durante la dittatura di Garibaldi e consigliere di luogotenenza per le Finanze col Farini, iniziò a Napoli la difficilissima fusione del Mezzogiorno nello stato nazionale. Nel 1863 negoziò con la Francia un vantaggioso trattato di commercio. Raggiunse il posto di ministro delle Finanze del regno in un momento criticissimo della vita nazionale: la vigilia della guerra del 1866. Pur di non dichiarare il fallimento finanziario dello stato, non indietreggiò dinnanzi ai provvedimenti che più dovevano ferire la sua coscienza di economista e di finanziere liberale: il corso forzoso dei biglietti di banca, il prestito forzoso. Dimessosi nel 1867, fu successivamente ministro dell'Istruzione pubblica (1872) e presidente del supremo consiglio del tesoro del kedivè d'Egitto: dal quale ultimo ufficio dovette ben presto dimettersi (novembre 1876) in seguito all'azione diplomatica inglese, coadiuvata dalla francese e non controbattuta dal governo italiano.
Bibl.: C. De Cesare, La vita, i tempi e le opere di A. S., Roma 1879; R. De Cesare, A. S., Memorie e documenti, Città di Castello 1893; G. Finali, Per la inaugurazione del monum. ad A. S. in Procida, Imola 1896; L. Luzzatti, in Per l'inaug. del. mon. ad A. S. in Procida, Città di Castello 1897.