SARTI, Antonio
‒ Nacque a Budrio (Bologna) il 18 ottobre 1797 da Agostino e da Geltrude Alberoni, primo di sette figli.
Appresi i rudimenti del disegno dallo scenografo Francesco Cocchi e dal pittore Faustino Trebbi, nel 1813 fu inviato all’Accademia di belle arti di Bologna, dove frequentò i corsi di disegno di figura, ornato, prospettiva e architettura; in quegli anni si dedicò alla copia di opere pittoriche, di disegni tratti da pubblicazioni inglesi e francesi e di dettagli architettonici dei principali monumenti dell’antichità romana, questi ultimi raccolti nel volume Lucidi di architettura e di ornato, fatti da Antonio Sarti quando, essendo studente in Bologna, mancava di mezzi per fare acquisto degli originali, s.l. né data.
Nel 1819 si aggiudicò l’alunnato di Roma per la classe di architettura, che forniva l’opportunità a un giovane allievo dell’istituto bolognese di risiedere nella città per un periodo di quattro anni al fine di perfezionare la conoscenza dell’arte classica.
Tra i saggi inviati da Sarti a testimonianza dell’attività svolta sono una «porzione del così detto Frontone di Nerone in Roma disegnato in tre tavole, le due prime a soli contorni, e la terza il cornicione, freggio ed architrave, con ogni suo ornato acquerellato» (Discorso letto nella grande aula..., s.l. [1821], p. 37), il restauro del tempio di Venere e Roma (1823), i progetti per un tribunale criminale (1824) e un bagno pubblico (1825; Giumanini, 1998, p. 36), quest’ultimo connotato da due esedre semicircolari e da un ampio percorso porticato di ordine corinzio con capitelli a foglie d’acqua (ibid.).
Nella capitale pontificia il cardinal Ercole Consalvi, divenuto suo protettore, lo introdusse presso gli architetti e i pittori più noti del tempo. In quegli anni Sarti frequentò i corsi di architettura e di disegno presso l’Accademia di S. Luca; allievo di Raffaele Stern, alla morte del maestro volle curare la pubblicazione delle sue lezioni: il solo primo volume fu edito nel 1822 per i tipi di Giuseppe Salviucci. Dedicatosi alla pratica dell’incisione, dal 1825 intraprese la realizzazione all’acquaforte di tavole di soggetto architettonico che suscitarono l’apprezzamento di Vincenzo Camuccini; per la Calcografia camerale realizzò il volume Parte interna delle basiliche di Roma e veduta di edifici antichi e moderni disegnate e incise all’acqua forte (Roma 1825-1829; A. Cavallini, Uomini illustri romani del secolo XIX..., 1879, p. 12).
Le fonti dell’epoca ne fanno risalire l’esordio professionale alla seconda metà degli anni Venti: opere di una certa rilevanza e oggetto di apprezzamento da parte dei contemporanei furono il palazzo Lozzano al Corso e l’edificio (1828) sulla piazza di S. Claudio commissionatogli dal conte Francesco Saverio Parisani, cugino del cardinale Consalvi.
La nuova tipologia della casa da pigione conobbe grande diffusione in Roma nei primi decenni del XIX secolo: «a differenza del palazzo, per la cui progettazione valgono gli ordini e le proporzioni degli esempi classici, essa sembra non avere alcun modello che ne possa fissare il carattere» (Giovannetti - Pasquali, 1984, p. 69). Sui «difetti di convenienza» riscontrati nei progetti si erano espressi Giulio Camporese e Gaspare Servi; nel parere richiestogli nel 1826 dal cardinale camerlengo Pietro Francesco Galeffi (per il quale realizzò nel 1827 alcuni lavori di sistemazione nel seminario di Subiaco e nel palazzo apostolico al Quirinale) in merito a «qual mezzo si dovrebbe conseguire per ottenere che le fabbriche rieschino solide e venghino dirette dietro le buone regole dell’arte, onde risultino belle ed accrescano ornamento alla città» (Archivio di Stato di Roma, Camerlengato II, b. 168/440, pos. 31; Giovanetti - Pasquali, 1984, p. 82), Sarti condannava «quello sfarzo di ornato nelle piccole e private abitazioni, sia di colonne ove non hanno luogo, sia di tante altre decorazioni, veggendosi vestire oggidì tanti privati edifici cogl’ornamenti che convengono a palazzi pubblici ed a chiese» (ibid.).
Esemplificativo del nuovo codice figurativo elaborato da Sarti, e ben riuscito tanto da costituire un vero e proprio modello per gli architetti dell’epoca, è il progetto del palazzo ricostruito (1828) sulla via del Corso per conto del banchiere Antonio Lozzano. Nell’impaginato del prospetto le partiture rendono leggibile la gradazione dell’altezza conferita ai piani, cui corrisponde il differente trattamento dei bugnati e della lavorazione delle mostre delle finestre. Il livello di dettaglio della rappresentazione grafica costituisce un importante elemento di novità: i disegni di progetto includono l’abaco delle cornici e degli ornati.
Elementi connotativi delle architetture di Sarti furono, fin dagli esordi, la cura scrupolosa dei dettagli, giammai lasciati «all’arbitrio del capo mastro», e la ricerca di «un equilibrio tra borghese volontà di decorazione e rispetto di un ordine classico» (Giovannetti - Pasquali, 1984, p. 72): nel più tardo intervento di completamento del cinquecentesco palazzo Alberini Cicciaporci in Banchi, commissionatogli dal conte Leonardo Calderari, e ultimato nel 1868 (p. 83), Sarti conferì unità stilistica al prospetto rifacendosi alla ricostruzione di Paul Marie Letarouilly contenuta nel primo volume degli Edifices de Rome moderne (1840), scegliendo di uniformare a mezzo di opportuni interventi di patinatura i toni cromatici dei paramenti lapidei vecchi e nuovi.
Fonti dell’epoca riferiscono che per gli apparati decorativi Sarti si avvalse della collaborazione del fratello Giuseppe, forse da identificarsi con il partecipante di tal nome al concorso Clementino per la seconda classe di architettura bandito nel 1824 (Le ‘scuole mute’ e le ‘scuole parlanti’, 2002, pp. 385, 388), «che vivendo seco lavora per professione in plastica e gesso i vari ornamenti, che servono alla architettonica decorazione» (G. Giordani, Indicazione delle cose notabili di Budrio..., 1835, p. 46).
Nel 1830, per volontà del prefetto della congregazione del Buon Governo cardinal Ercole Dandini, Sarti intraprese la redazione del progetto della chiesa del Borgo Pio in Terracina.
L’edificio ha pianta basilicale a tre navate con cappelle laterali e cupola in corrispondenza dell’intersezione con il transetto; dal pronao esastilo, con colonne ioniche di gusto neoclassico, si accede a un endonartece con cappelle sui lati brevi. Il presbiterio con deambulatorio colonnato richiama schemi neopalladiani (Carbonara Pompei, 2014); la navata centrale, coperta da una volta a botte cassettonata, evoca la spazialità delle strutture termali romane cui Sarti conferisce una nuova suggestione attraverso marcati contrasti chiaroscurali.
Il tempio venne consacrato nel 1843; i lavori, compiuti sotto la direzione del marchigiano Luigi Mollari, si protrassero fino al 1847 (ibid.); è attribuito a Sarti l’intervento di sistemazione degli edifici delimitanti l’emiciclo della piazza Garibaldi.
A Frosinone l’architetto pose mano, nei primi anni Trenta, al nuovo palazzo del delegato apostolico, delineato «con stile puramente greco» (L. Sereni, Cenno necrologico, 1881, p. 122).
Dal 1836 fu docente di architettura elementare e ornato presso le scuole dell’Accademia di S. Luca, della quale era stato eletto membro nel 1831; l’insegnamento contribuì a diffondere la «linea moderata» che caratterizza il suo linguaggio architettonico (Neri, 1997, p. 313). A partire dagli anni Trenta divenne «l’architetto della nuova aristocrazia, [...] della ricca borghesia e delle congregazioni religiose» (Spagnesi, 2000, p. 89). Si citano qui gli interventi più significativi: i restauri intrapresi al palazzo Lavaggi e le opere di ampliamento e abbellimento eseguite per il duca Marino Torlonia nel casino già degli Andosilla presso Porta Pia (1839); la costruzione, ancora per suo incarico, di un complesso edilizio comprendente l’attuale Hotel d’Inghilterra e «redditizie case d’affitto con negozi al piano terra» (Neri, 1997, p. 312); e la risistemazione del seicentesco palazzo Nuñez poi Bonaparte, da adibirsi a residenza della famiglia Torlonia (1839-68).
L’intervento determinò l’allargamento di un tratto della via Bocca di Leone per consentire la realizzazione di una piccola piazza di rappresentanza. L’edificio fu ampliato verso via Borgognona e il prospetto su via Bocca di Leone ridisegnato; la fontana all’ingresso fu eretta analogamente su disegno di Sarti reimpiegando un antico sarcofago romano (1842). Per i Torlonia l’architetto eseguì inoltre il radicale intervento di trasformazione della cappella della Vergine in S. Andrea delle Fratte (1842-49).
Agli anni Quaranta risalgono il discusso intervento sull’altare maggiore della chiesa del Gesù (1841-43) e i lavori nella chiesa della Ss. Trinità dei Pellegrini (1847-53). Negli anni Cinquanta Sarti lavorò al palazzo camerale di via di Ripetta, sede delle scuole accademiche, eretto da Pietro Camporese il Giovane; realizzò quindi la biblioteca Piana al servizio dei seminari Pio e Romano annessi alla chiesa di S. Apollinare. A uso del primo curò anche la risistemazione della villa già Santucci Fabietti a Monteverde (1858). Eseguì inoltre alcuni lavori nei palazzi Grazioli (1863-74) e Marescotti Antonelli; tra gli anni Cinquanta e Sessanta realizzò per il duca Pio Grazioli la generale risistemazione del complesso edilizio della tenuta di Castel Porziano.
Al 1862 risale il secondo intervento sul palazzo Nainer-Bussoni (già Lozzano), a seguito del quale l’edificio, ampliato e sopraelevato mantenendo la precedente impostazione, divenne l’Albergo Roma (oggi Grand Hotel Plaza; Lotti, 1992).
Dal 1860 al 1863 fu presidente dell’Accademia di S. Luca; tra il 1859 e il 1866 lavorò all’unica opera pubblica commissionatagli da Pio IX, l’opificio della Manifattura dei tabacchi. Il fabbricato, per il quale scelse di rifarsi a modelli aulici anziché a quelli più propri e attuali della ‘fabbrica’ (Spagnesi, 2000, p. 94), costituì il «fulcro dell’intervento urbanistico di Busiri Vici che, attraverso l’apertura di via cardinal Merry del Val, unì il quartiere operaio di Trastevere a piazza Mastai» (Muratore, 2007, p. 178).
Nel 1877, poco prima della morte, Sarti fece dono al Comune di Roma della sua biblioteca, oggi stabilita nei locali di palazzo Carpegna. Morì a Roma il 24 settembre 1880.
Fonti e Bibl.: Discorso letto nella grande aula della pontificia Accademia delle belle arti in Bologna il dì 22 novembre 1821, in occasione della solenne distribuzione de’ premj..., s.l. [1821], p. 37; Diario di Roma, 1830, n. 4, p. 4; G. Giordani, Indicazione delle cose notabili di Budrio..., Bologna 1835, pp. 45-47; A.F.G.A. [F. Gasparoni], Il palazzo di villa di Sua Eccellenza il sig. Duca di Bracciano a Porta Pia, rimodernato ed aggrandito con architettura del sig. prof. A.S., in La Pallade, I (1839), 30, pp. 235-238; F. Gasparoni, L’architetto girovago, opera piacevole ed instruttiva, I, Roma 1841 (in partic. Di un’architettura del sig. prof. A.S., ossia la casa del sig. Camillo Polverosi, posta nel vicolo d’Ascanio, pp. 29 s.; Si ciancia di quattro fabbriche che son su per la via del Corso, pp. 66 s.; Quattro sgraffi dell’architetto girovago, p. 199); II, quaderno 1, 1842 (in partic. Raffaello Stern architetto, p. 7); quaderno 2, 1843 (in partic. Rubricelle di aforismi architettonici, pp. 63 s., 66); Il Buonarroti. Scritti sopra le arti e le lettere..., I, 1866, pp. 75 s., 89; A. Cavallini, Uomini illustri romani del secolo XIX: S. prof. comm. A., Roma 1879; L. Sereni, Cenno necrologico, in Il Politecnico. Giornale del’ingegnere architetto..., XXIX (1881), pp. 121-124.
F. Giovanetti - S. Pasquali, Ornato pubblico e rinnovo delle fabbriche, 1826-1870, in Architettura e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, coordinamento di G. Ciucci - V. Fraticelli, Venezia 1984, pp. 69-73, 75, 82 s.; P. Lotti, Palazzo Lozzano al Corso, in Strenna dei Romanisti, LIII (1992), pp. 343-358; M.L. Neri, Il nuovo e l’antico: un codice figurativo per le case romane di A.S., in Palladio, n.s., VII (1994), pp. 233-244; Ead., Abitare a Roma. Intervento statale e iniziativa privata nell’edilizia residenziale (1826-1846), in Roma fra la Restaurazione e l’elezione di Pio IX. Amministrazione, economia, società e cultura, a cura di A.L. Bonella - A. Pompeo - M.I. Venzo, Roma-Freiburg-Wien 1997, pp. 312-316; M.L. Giumanini, L’Alunnato di Roma in architettura nell’Accademia di Bologna (1804-1831), in Grafica d’arte, IX (1998), 35, pp. 34, 36 s.; G. Spagnesi, L’architettura a Roma al tempo di Pio IX (1830-1870), Roma 2000, pp. 88-96, 173; Le ‘scuole mute’ e le ‘scuole parlanti’. Studi e documenti sull’Accademia di San Luca nell’Ottocento, a cura di P. Picardi - P.P. Racioppi, Roma 2002, pp. 102 s., 110, 120, 174, 204, 385, 388, 419, 428; G.P. Consoli - S. Pasquali, Roma: l’architettura della capitale, in Storia dell’architettura italiana. L’Ottocento, a cura di A. Restucci, I, Milano 2005, pp. 236, 245, 248, 250, 267; G. Muratore, Roma. Guida all’architettura, Roma 2007, pp. 99, 178; S. Carbonara Pompei, Dalle carte dell’Archivio di Stato di Roma: notizie sulla vita e l’attività professionale di Luigi Mollari, in Antonio Mollari (1768-1843). Un architetto e ingegnere marchigiano. Atti del Convegno nazionale, in Il capitale culturale. Supplementi, 2014, n. 1, p. 410.