ROTTA, Antonio
ROTTA, Antonio. – Nacque a Gorizia il 28 febbraio 1828 da Antonio Lodovico e da Gioseffa Stubel, caffettieri in contrada del Corno.
Dopo aver appreso in città i primi rudimenti del disegno da Vincenzo Cristofoletti («scrivano magistratuale» e dilettante acquerellista), si iscrisse tredicenne all’Accademia di belle arti di Venezia nel 1841 per interessamento e sostegno del goriziano Carlo de Catinelli, mecenate ed ex ufficiale dell’esercito. Nel capoluogo lagunare fu allievo di Odorico Politi e Ludovico Lipparini – inizialmente ai corsi di figura e a partire dal 1848 a quelli di pittura – e praticò la casa di Lattanzio Querena, sposandone la figlia Angiolina. Dal matrimonio nacque il 15 agosto 1853 Silvio, che divenne pittore dopo un iniziale alunnato con il padre.
Dal 1843 conseguì all’Accademia vari premi, per la copia dalla stampa, dalla testa in gesso e dalla statua, esponendo nel contempo degli Studi di macchiette dal vero, uniti a composizioni di carattere storico come l’Incontro di Giacobbe e Rachele.
Lungo la via incoraggiata da Pietro Selvatico (come nel discorso Sulla convenienza di trattare in pittura soggetti tolti alla vita contemporanea), e portata nella direzione dell’osservazione della realtà e del vero, l’artista si dedicò al quadro di genere, indugiando nei temi popolareschi e lagunari e affiancandoli però sporadicamente ai sacri, a qualche natura morta e ad altri di storia, quali Il samaritano che medica il ferito e S. Paolo sulla strada di Damasco affascinato dall’apparizione di Cristo o Tiziano che istruisce Irene di Spilimbergo nella pittura e Francesco I di Francia con la di lui sorella, richiesto da Giacomo Treves.
Seguace di Eugenio Bosa, tra gli anni Cinquanta e Sessanta il pittore figurò alle rassegne espositive veneziane – nell’agosto del 1863 vi mandò un Baccanale al Lido nel 1700 e un Episodio della guerra in Sicilia nel 1860 commissionato dai conti Papadopoli, appaiabile a un altro soggetto patriottico come Il garibaldino morente – e non mancò di segnalarsi a quelle veronesi, a Milano e alle Promotrici torinesi. In queste ultime riportò un deciso successo, contribuendo a importare quelle scene di vita di genere che con la loro minuta attenzione ai particolari e il tono pietoso incontravano buone possibilità di vendita e il gusto degli amatori sabaudi e stranieri. Affiancato alla scuola lombarda rappresentata dai fratelli Domenico e Gerolamo Induno, da Angelo Inganni e da Giuseppe Molteni, e a quella veneta di Felice Schiavoni e Giuseppe Canella, Rotta suscitò a Torino nel 1860 la commozione del pubblico per il Cacciatore addolorato che presta le cure al suo cane moribondo, rimasto invenduto a causa del considerevole prezzo di 3000 lire e plausibilmente incluso nel biasimo delle cronache della Gazzetta piemontese, che recensendo la Promotrice immaginavano l’insieme di tale «magistero artistico» presto convertito in «roba da rigattiere» (Lamberti, 1980a, p. 702). D’altro canto, in La pagina noiosa, realizzato in pendant con La pagina profanata, vennero lette da un recensore allusioni politiche risorgimentali e antiaustriache e l’artista fu trattato da «pittore filosofo», capace di trasfondere nella fanciullezza nobili «idee superiori» (p. 716, n. 789). Due anni prima L’ultimo premio in regata (Torino, Palazzo Reale) aveva figurato a Venezia come il dipinto più costoso della rassegna, valutato 250 napoleoni d’oro; passato in seguito a Brera assieme ad altre quattro opere, meritò il plauso di Carlo Tenca, qualche ironia di Camillo Boito e l’acquisto per la raccolta di Casa Savoia.
Ampiamente diffusa e tradotta in litografia da Domenico Gandini e Guido Gonin (come accadde per La pagina noiosa), la produzione di Rotta venne positivamente commentata da Federico Odorici sulle Gemme d’arti italiane perché riusciva a disporre insieme e con colorito «succoso» «arte e verità» in un indirizzo risoluto e schietto (Odorici, 1860, p. 45). Narratore «fine e brioso», Rotta si cimentò volentieri in quei «leggiadri bozzetti» in cui parve riversare «mirabilmente la grazia dell’infanzia», opposta a «immagini della vecchiaia potentemente espressive» (Carnemolla, 1936, p. 174).
Tra i suoi lavori migliori si contano Prime illusioni, Il ciabattino e L’ubriaco, a cui si possono unire il Lion decaduto, L’elemosina, l’aneddotico Pronto soccorso e In sacrestia (Trieste, Museo Revoltella), oltre al tondo del Museo Bottacin di Padova con la Bambina in culla che gioca con una farfalla, tutti collocabili tra il sesto e il settimo decennio dell’Ottocento; ben successiva è invece La fidanzata in gondola (1880 circa), proveniente dalla collezione dell’amico pittore Roberto Ferruzzi e confrontabile con le tematiche delle stanze Venise di Alfred de Musset.
Nominato socio dell’Accademia di Venezia, dal principiare degli anni Settanta Rotta ebbe una certa visibilità internazionale, prima in Austria e poi in Francia, presenziando nel 1871 all’esibizione del Kunstverein di Vienna, nel 1873 all’Esposizione universale della stessa città (vi ricevette una medaglia al merito) e nel 1878 a quella di Parigi, e non tralasciando i contatti con l’area friulana, tanto che partecipò alle due mostre che si tennero a Gorizia nel 1887 e nel 1894, mentre nel 1898 il quadro Stella di mare fu alla rassegna di pittura e scultura italiana di San Pietroburgo.
Ampiamente sottolineate poi nell’esteso ricordo che Giulio Cantalamessa dedicò a Rotta su Emporium nel 1904, la notorietà e la rispettabilità acquisite nel contesto lagunare gli permisero di far parte nel 1887 della commissione di accettazione dell’Esposizione nazionale artistica di Venezia, accanto a Guglielmo Ciardi, Giacomo Favretto, Carlo Matscheg, Emilio Marsili e Luigi Nono.
Morì a Venezia il 10 settembre 1903.
Nonostante il sobrio necrologio apparso sulla Gazzetta di Venezia, due lavori di Rotta (Il pescatore con la nipote e La piccola ferita) e altrettanti del figlio vennero inclusi nel 1932 nella rievocazione celebrativa dei trent’anni d’arte veneziana (1870-1900) promossa alla XVIII Biennale e ordinata da Italico Brass, Elio Zorzi e Domenico Varagnolo con l’intento di commemorare il carattere intimo della pittura veneta di fine Ottocento, vista come momento non inglorioso della storia dell’arte.
Fonti e Bibl.: Atti della imp. regia Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione de’ premi [...] 6 agosto 1843, Venezia 1843, p. 32; Atti della imp. regia Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione de’ premi [...] 6 agosto 1844, Venezia 1844, p. 54; Atti dell’imp. regia Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione dei premii [...] 2 agosto 1846, Venezia 1846, p. 51; Atti dell’imp. reg. Accademia di belle arti in Venezia per la distribuzione dei premii [...] 7 agosto 1847, Venezia 1847, pp. 23, 27; F. Odorici, L’ultimo premio in regata, in Gemme d’arti italiane, XIII (1860), pp. 41-46; Elenco degli oggetti d’arte ammessi alla Esposizione nelle sale dell’I.R. Accademia Veneta di belle arti nell’agosto 1863, Venezia 1863, p. 4, nn. 18a-18b; G. Cantalamessa, Artisti contemporanei: A. R., in Emporium, XIX (1904), 110, pp. 91-100; XVIIIa Esposizione Biennale internazionale d’arte 1932. Catalogo, Venezia 19322, p. 46, nn. 68-68a; J. Carnemolla, R., A., in Enciclopedia Italiana, XXX, Roma 1936, p. 174; U. Galetti - E. Camesasca, Enciclopedia della pittura italiana, II, Milano 1950, p. 2178; A.M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, IV, Milano 19623, pp. 1658 s.; M.M. Lamberti, I generi alle Promotrici. La pittura, in Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna, 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castelnuovo - M. Rosci, II, Torino 1980a, pp. 701 s., p. 716, n. 789; Id., A. R., ibid., III, 1980b, p. 1482; G. Pavanello, in Venezia nell’Ottocento. Immagini e mito (catal., Venezia), a cura di G. Pavanello - G. Romanelli, Milano 1983, p. 93, n. 96; B. Cinelli, in Il Veneto e l’Austria. Vita e cultura artistica nelle città venete 1814-1866 (catal., Verona), a cura di S. Marinelli - G. Mazzariol - F. Mazzocca, Milano 1989, pp. 225 s., n. 153; A. Tiddia, R., A., in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1991 (edizione accresciuta e aggiornata), p. 1000 (con bibliografia); I. Reale, in Dipinti dell’Ottocento e del Novecento dei Musei Civici di Padova (catal.), a cura di D. Banzato - F. Pellegrini - M. Pietrogiovanna, Padova 1999, p. 200, n. 213; F. Castellani, in Camillo Boito. Un’architettura per l’Italia unita (catal., Padova), a cura di G. Zucconi - F. Castellani, Venezia 2000, p. 157, n. V.4; G. Pavanello, Venezia: dall’età neoclassica alla ‘scuola del vero’, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, I, Milano 2002, pp. 59, 65, figg. 95-98; V. Gransinigh, R. A., ibid., II, 2003, p. 808 (con bibliografia); N. Stringa, A. R., in L’Ottocento Veneto. Il trionfo del colore (catal.), a cura di G. Pavanello - N. Stringa, Treviso 2004, pp. 416 s. (con bibliografia).