ROSTAGNI, Antonio
– Nacque a Novara il 14 luglio 1903, da Luigi e da Eugenia Gabinio, ultimo di quattro figli.
La famiglia si stabilì definitivamente a Torino poco dopo la sua nascita, seguendo il lavoro del padre, funzionario della Finanza. Fu a Torino che Antonio compì i propri studi e si iscrisse alla facoltà di fisica, laureandosi nel 1925. Tra il 1925 e il 1935 fu assistente presso l’istituto di fisica torinese, assumendo nel 1931 l’incarico di libero docente in fisica sperimentale. In quegli anni conobbe una giovane studentessa in fisica, Matilde Lignana, che divenne successivamente sua moglie e sua compagna per tutta la vita.
Le attività dei primi anni di ricerca di Rostagni riguardarono principalmente l’ottica classica, la geofisica e le oscillazioni elettriche d’alta frequenza (108 Hz - 109 Hz; Electron oscillations, in Nature, 1932, vol. 130, pp. 509 s.; On the electrical oscillations of very short wave-length, in Philosophical magazine, s. 7, 1932, vol. 13, pp. 733 s.). Di rilievo i suoi studi sperimentali sull’interazione della luce con la materia.
Realizzò un esperimento di elegante semplicità per analizzare il fenomeno della riflessione totale tra due mezzi trasparenti di diverso indice di rifrazione. Il secondo mezzo era costituito da una soluzione fluorescente: l’onda luminosa incideva sulla superficie di separazione tra i due mezzi e la fluorescenza evidenziava il grado di penetrazione dell’onda nel secondo, anche in condizioni di cosiddetta riflessione totale. Dall’intensità della luce di fluorescenza Rostagni stimava l’energia trasmessa nel secondo mezzo (Le manifestazioni luminose nel secondo mezzo nella riflessione totale, in Il Nuovo Cimento, n. s., 1927, n. 4, pp. 81-89; Sulla riflessione totale, ibid., pp. 218-228).
Si dedicò inoltre a misure e modelli dell’elettricità atmosferica e formulò un’interpretazione teorica delle oscillazioni elettroniche di Heinrich Barkhausen e Karl Kurz (Misure di elettricità atmosferica, in Atti dell’Accademia delle scienze di Torino, LXIII (1927-1928), pp. 277-286, con Giuseppina Aliverti; Per l’interpretazione delle oscillazioni elettroniche, Nota II e III, ibid., LXVI (1930-1931), pp. 217-223).
Il fratello Augusto (v. la voce in questo Dizionario), di undici anni maggiore, aveva anch’egli intrapreso la carriera universitaria, divenendo un noto professore di letteratura latina e greca all’Università di Torino. La famiglia d’origine fu colpita da due gravi lutti: la morte prematura del secondo fratello di Rostagni – a causa di un incendio scoppiato nella fabbrica di fiammiferi dove lavorava come chimico – e della giovane sorella.
Nel 1933 Rostagni si recò per un periodo di ricerca al Kaiser Wilhelm Institut für Physikalische Chemie, a Berlino, diretto da Fritz Haber. Alla giovane Matilde, da poco laureata, affidò il laboratorio in sua assenza. Durante il soggiorno berlinese collaborò con il gruppo di Hartmut Kallmann, lavorando nell’ambito della fisica atomica. Particolare importanza ebbero le sue ricerche sull’interazione tra atomi e ioni con energie comprese tra qualche eV e il keV: ionizzazione per urto di atomi e ioni, neutralizzazione di ioni per scambio di carica con atomi, interazione di ioni con superfici metalliche con conseguente emissione di elettroni (Ionisation of gases by atom beams, in Nature, 1934, vol. 134, p. 626; Ricerche sui raggi positivi e neutrali. I. Neutralizzazione dei raggi positivi, in Il Nuovo Cimento, n. s., 1934, n. 11, pp. 34-47).
L’anno successivo lavorò al Cavendish Laboratory di Cambridge, uno dei più importanti laboratori al mondo per la fisica nucleare, diretto da Ernest Rutherford. Qui si avvicinò alle tecniche sperimentali più aggiornate per lo studio della radioattività, delle proprietà dei neutroni e dei costituenti del nucleo. Le sue conoscenze si arricchirono ulteriormente durante un soggiorno, nel 1938, alla Columbia University di New York, dove collaborò con Isidor Rabi e con Norman Ramsey.
Al 1935 risale la nomina di Rostagni a professore di fisica sperimentale all’Università di Messina. A causa della promulgazione delle leggi razziali, nell’ottobre del 1938 molti professori universitari di origine ebrea persero il proprio lavoro. Tra questi il direttore dell’istituto di fisica di Padova, Bruno Rossi, che aveva progettato e da poco inaugurato il nuovo moderno edificio in via Marzolo. Rostagni fu chiamato a rivestire il ruolo di nuovo direttore, carica che mantenne fino al suo ritiro, nel 1973.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, nel giugno 1940, l’istituto di Padova si svuotò rapidamente di ricercatori e di studenti. In questo periodo Rostagni lavorò alla prima edizione del suo testo didattico di fisica sperimentale, che ebbe una notevole diffusione nelle università italiane negli anni a seguire (Corso di fisica sperimentale, I-III, Padova 1945-1946; Fisica generale, I-III, Torino, 1973-1978).
Nel dopoguerra s’impegnò su vari fronti per ridare impulso alla ricerca in fisica a Padova. Nel 1947 riuscì a ottenere dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) i finanziamenti per istituire il Centro di studio degli ioni veloci presso l’istituto patavino. Poterono così cominciare diverse attività di ricerca, come lo studio del decadimento beta e delle proprietà degli elettroni nei metalli. Riavviò inoltre con nuovo vigore le ricerche sui raggi cosmici iniziate a Padova già da Bruno Rossi. Gli apparati necessari allo studio dei raggi cosmici avevano costi contenuti e accessibili anche alle scarse risorse economiche a disposizione, al contrario dei dispendiosi acceleratori di particelle (Observation of a t-meson, in Nature, 1952, vol. 170, pp. 454-457, con M. Ceccarelli et al.).
Per iniziativa di Rostagni, la Società adriatica di elettricità (SADE) costruì nel 1950 un capanno per le misure d’alta quota ai piedi della Marmolada, al Pian della Fedaia (circa 2000 m di altitudine): qui venivano esposte ai raggi cosmici le emulsioni nucleari, in grado di catturare gli eventi da radiazione cosmica. Il gruppo prese parte alla prima collaborazione scientifica europea, nata nel 1951 per opera del fisico britannico Cecil Powell, per lo studio dei raggi cosmici e in particolare delle cosiddette particelle strane.
I pacchi di emulsioni venivano sollevati ad altissima quota per mezzo di palloni aerostatici che decollavano dall’aeroporto di Elmas, vicino a Cagliari, e venivano recuperati in mare con l’aiuto della Marina militare italiana. I dati ottenuti furono discussi durante una conferenza a Padova nell’aprile del 1954 e misero in evidenza diverse proprietà delle particelle strane, aprendo la strada a una seconda cooperazione internazionale, G-stack.
Grazie all’impegno di personalità scientifiche come Gilberto Bernardini ed Edoardo Amaldi, si era fatta strada l’esigenza di fondare un ente nazionale per la ricerca in fisica nucleare. Nel 1951 i tre centri di studio costituiti in Italia in seno al CNR – a Padova da Rostagni, a Roma da Amaldi e Bernardini, a Torino da Gleb Wataghin – si fusero a formare, insieme all’istituto di fisica di Milano, le prime quattro sezioni del nuovo Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN).
Negli anni successivi, Rostagni dedicò molti sforzi al rilancio della ricerca nucleare a Padova, nell’intento di costruire un moderno laboratorio di fisica nucleare di bassa energia. Tra il 1958 e il 1959 ricoprì la carica di direttore della divisione ricerca e laboratori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), appena costituita nell’ambito dell’Organizzazione delle nazioni unite e avente sede a Vienna. Qui si adoperò per la creazione di un laboratorio di misure nucleari, esperienza di cui fece tesoro per i suoi progetti in Italia.
Alla fine degli anni Cinquanta ottenne dal ministero della Pubblica Istruzione un contributo straordinario per l’acquisto di un acceleratore Van der Graaf da 5.5 MeV. Perseguendo un progetto di grande lungimiranza, riuscì a far destinare un vasto terreno nei pressi di Legnaro alla costruzione di un nuovo laboratorio che ospitasse la macchina e fosse adatto a ulteriori futuri sviluppi. Il laboratorio venne inaugurato nel 1961 come Centro di ricerche nucleari della Regione Veneto, ma sotto la spinta di Rostagni e dei suoi primi direttori Claudio Villi e Renato Ricci divenne presto un luogo di ricerca per gruppi provenienti da tutta Italia. Nel 1968 i laboratori di Legnaro si trasformarono in un centro di ricerca nazionale dell’INFN, venendo a costituire così il secondo laboratorio nazionale dopo quello di Frascati (fondato nel 1955) e il più importante in Italia per la ricerca in fisica nucleare, con l’installazione dell’acceleratore Tandem nel 1982. Particolare impegno Rostagni dedicò alla progettazione di una grande e moderna officina meccanica, che presto costituì un fiore all’occhiello dei laboratori di Legnaro.
Sostenitore convinto dell’uso pacifico dell’energia atomica, fondò a Padova assieme a Giovanni Someda il gruppo di fisica dei plasmi, per lo studio della fusione nucleare. Dal 1965 al 1972 fece parte, inoltre, della commissione direttiva del Comitato nazionale per l’energia nucleare (attuale Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA).
Tra i maggiori riconoscimenti conferitigli si ricordano il premio Augusto Righi dell’Accademia delle Scienze di Bologna (1938), il premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei (1956), la medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte del ministero della Pubblica Istruzione. Fu corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino e membro nazionale dell’Accademia nazionale dei Lincei, dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti – di cui fu presidente dal 1973 al 1977 – e dell’Accademia Patavina di scienze, lettere e arti.
Accanto alla passione per la fisica, Rostagni coltivò per tutta la vita la passione per la montagna, come molti altri fisici suoi contemporanei. Tra i compagni di arrampicata in gioventù anche il coetaneo Enrico Fermi.
Morì a Padova il 5 dicembre 1988, a breve distanza dalla perdita della sua compagna di vita Matilde.
Fonti e Bibl.: A. R., in Biografie e bibliografie degli Accademici Lincei, Roma 1976, pp. 577-580; A. Rostagni, La fisica a Padova, in Notiziario INFN, 1988, vol. 4, nn. 1-2, pp. 1-5; M. Baldo Ceolin, A. R., in Atti e memorie. Accademia Patavina di scienze, lettere ed arti. Parte I. Atti, 1989-1990, vol. 102, pp. 76-86; N. Dallaporta, Commemorazione di A. R., in Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Parte generale e atti ufficiali., a.a. 1989-1990, t. 148, pp. 48-58; M. Baldo Ceolin, A. R., in La facoltà di scienze matematiche fisiche naturali di Torino 1848-1998, II, I docenti, a cura di C. S. Roero, Torino 1999, pp. 303-307; R.A. Ricci, I 50 anni dei Laboratori di Legnaro: un pezzo di storia della fisica dei nuclei in Italia, in Il Nuovo Saggiatore, 2012, vol. 28, nn. 3-4, pp. 45-60.