ROSSARO, Antonio
– Nacque a Rovereto l’8 giugno 1883 da Giuseppe, maestro di scuola elementare, e da Giovannina Marini.
Frequentate nella città natale le scuole elementari, nel 1897 decise di diventare sacerdote. Suddito austriaco, compì gli studi medi in Italia, a Volvera (Torino), presso i padri giuseppini, studiò poi teologia a Rovigo dove fu consacrato sacerdote il 1° aprile 1911. Fu un seminarista dalle propensioni culturali e politiche non comuni negli ambienti della sua formazione, ammiratore entusiastico dell’Italia risorgimentale, emulo appassionato di Giosue Carducci e di Gabriele D’Annunzio nelle sue giovanili prove poetiche. Quando si scatenò il grande conflitto europeo, parteggiò per l’intervento e dopo l’entrata in guerra dell’Italia fu impegnato nella propaganda patriottica e nella promozione di iniziative celebrative. Lo strumento principale di questa attività fu la rivista Alba trentina, da lui fondata e diretta, che uscì a Rovigo con periodicità mensile dal gennaio 1917. Si trattava della prima pubblicazione periodica dedicata al Trentino in quella fase storica cruciale. Nelle sue pagine, ricche di testimonianze sulle esperienze degli ‘irredenti’ nella guerra in corso, Rossaro manifestò una spiccata vocazione all’ideazione di monumenti e ritualità civili, che è il tratto caratterizzante della sua figura.
Dal giugno 1918 al febbraio 1920 operò come bibliotecario dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, della quale divenne anche socio. Trasferitosi a Milano, a novembre 1921 fu incaricato dal Comune di Rovereto di dirigere la Biblioteca civica, che le vicende belliche e il trasferimento di sede avevano messo in grave disordine.
Nei tre decenni della sua direzione il patrimonio librario e archivistico della Biblioteca si sviluppò grandemente, sia attraverso una serie di importanti donazioni accuratamente coltivate, sia in virtù della sensibilità collezionistica del colto sacerdote, che anche in quest’ambito mostrò un singolare talento di organizzatore delle memorie.
Tra i lavori eruditi connessi alla sua attività di bibliotecario, molte energie assorbì un grande Dizionario degli uomini illustri del Trentino, rimasto incompiuto.
La sua azione fu instancabile nella promozione dei segni memoriali che costellano Rovereto, contrassegnandone il volto simbolico: una fitta mappa di monumenti, lapidi, opere d’arte, in massima parte ispirati alla volontà di ribadire il carattere nazionale della città ‘redenta’. Ma la creatura prediletta, la «figlia del suo cuore», fu la Campana dei Caduti, l’originale monumento «voce viva» che doveva distinguersi dalle «solite fredde allegorie in bronzo o in marmo», come scriveva presentando il progetto in Alba trentina (aprile-maggio 1922, pp. 149-150). La Campana fu inaugurata il 4 ottobre 1925 alla presenza di Vittorio Emanuele III, al culmine di una serie di solennità che intendevano rimarcarne il rango nazionale: la posa della prima pietra affidata al principe Umberto (27 aprile 1924), il battesimo con la regina madre Margherita a svolgere il ruolo di madrina (24 maggio 1925), a comporre una ‘trilogia sabauda’ accompagnata da esuberanti liturgie civili. Ma don Rossaro puntava ancora più in alto: il suono quotidiano in onore dei caduti di ogni Paese belligerante, vincitori e vinti; l’ambizione sovranazionale coltivata attraverso iniziative di contatto diplomatico assunte personalmente; la stessa autonomia ostentata nei confronti del regime fascista contribuivano a fare della Campana un veicolo di messaggi intonati alla fratellanza, all’universalità, alla pace.
Non si possono ignorare, tuttavia, i limiti di questa diversità e le contraddizioni interne alle concezioni dell’uomo che di questa complessa costruzione culturale fu l’unico artefice. Rossaro era nazionalista e fascista, nel senso di un’adesione piena e militante. A Mussolini fu fedele fino alla fine del regime, pur registrando in qualche pagina autobiografica la sua contrarietà all’alleanza con la Germania nazista. Evitò tuttavia con lucida determinazione di omologare la sua creatura monumentale alle retoriche e alle ritualità del fascismo, ottenendo un formale rispetto della sua peculiare fisionomia. Ma di fronte agli sviluppi della storia europea e italiana quella sorta di compromesso mostrò tutta la sua ambiguità. La nuova, solenne inaugurazione della Campana dopo la rifusione (26 maggio 1940) fu contrassegnata fatalmente da discorsi ufficiali che inneggiavano all’imminente intervento italiano nel secondo conflitto mondiale. In quell’occasione Rossaro scelse di non leggere il messaggio inviato dalla segreteria di Stato a nome di Pio XII, che esortava a pregare «perché altre tombe non si schiudano ed altri ossari non si erigano»: un episodio che rappresenta in modo esemplare le contraddizioni presenti fin dall’origine nell’ispirazione del monumento, universale e pacifica ma solo nei limiti definiti dalla compatibilità con gli orizzonti della nuova Roma imperiale mussoliniana (Rasera, 1990, pp. 29 s.).
Degli anni 1943-45, vissuti nella sua città inglobata nell’Alpenvorland germanico e terrorizzata dai bombardamenti, don Rossaro ha scritto frammentarie quanto incisive note di diario (Rossaro, 1993). Continuò a occuparsi della Biblioteca civica e, con la tenace operosità che gli era propria, della Campana dei Caduti, che tornò a essere nel dopoguerra al centro di iniziative memoriali di largo successo, anche grazie alla diffusione radiofonica già iniziata negli anni Trenta.
Morì a Rovereto il 4 gennaio 1952.
Fonti e Bibl.: A. Rossaro, La Campana dei Caduti, Milano 1953; V. Chiocchetti, Don A. R., in Atti dell’Accademia roveretana degli Agiati, 1960, f. A, pp. 13-32; F. Rasera, Il prete della Campana. Per un profilo politico di don A. R., in Archivio trentino di storia contemporanea, 1990, n. 2, pp. 45-59; Id., Don R. e la memoria della sua città, in Annali del Museo storico italiano della guerra, 1992-1993, pp. 259-268; A. Rossaro, Diario 1943-45. Il tempo delle bombe, Rovereto 1993 (in partic. M.B. Marzani - F. Rasera, Introduzione, pp. 7-29); A. Mazzetti, Don A. R. e l’Accademia dei Concordi di Rovigo, in Atti dell’Accademia roveretana degli Agiati, 1997, f. A, pp. 115-126; R. Trinco - M. Scudiero, La Campana dei Caduti. Maria Dolens: cento rintocchi per la pace, Mori 1998; A. Nave, Irredentisti in Polesine. A. R., Giorgio Wenter Marini e l’Alba Trentina, in Studi trentini di scienze storiche, LXXXIII (2004), pp. 497-515.