ROSELLI, Antonio
– Nacque nel 1381 ad Arezzo, in antica e nobile famiglia di giuristi e filosofi definiti «molto dotti» (Cronica dei fatti d’Arezzo, a cura di G. Grazzini, 1917, p. 18, v. 218), il cui stemma raffigurava «tre rose in campo rosso, tagliato per mezzo da fascia ondeggiante» (degli Agostini, 1754, p. 194). Il capostipite, Rosello, fu allievo di Accursio (metà del XIII secolo); il padre di Antonio, anch’egli di nome Rosello, fu discepolo di Bartolo da Sassoferrato, ebbe una certa fama e incarichi di prestigio; nulla si sa invece della madre. Giuristi furono anche gli zii Guido, Francesco e Battista, il cugino Giovanni Battista, altrettanto celebre, docente a sua volta nell’Ateneo patavino, e due dei suoi cinque fratelli maschi, Francesco e Giovanni. Una sorella andò in moglie a Guido Lamberti e un’altra, Margherita, sposò Michele Accolti e fu madre di Benedetto e Francesco.
Compì gli studi giuridici a Bologna, avendo per maestri Antonio da Budrio, Bartolomeo da Saliceto e Floriano da San Pietro, che lo presentarono all’esame privato, sostenuto il 13 ottobre 1406. La laurea giunse il 16 maggio 1407 e il conferimento delle insegne, in forma modesta per la non florida situazione economica, il 31 dello stesso mese.
Ancora studente, Roselli lesse il Volumen, nel 1406-07 e, appena laureato, l’Infortiatum (dello stesso periodo è il primo scritto di rilievo, il trattato De legitimatione), ma lasciò di lì a poco la città di Bologna e la carriera accademica. Nel 1410 diede alla luce il De ieiuniis, sulle diverse figure di digiuno, studiate sotto il profilo teologico-canonistico che dedicò al conte Guidantonio da Montefeltro, esprimendogli sincera gratitudine e devozione per averlo accolto tra i suoi «familiares» (Tractatus de ieiuniis, Caesaraugustae, Paulus Horus et Johannes Planck, 1480-1484 circa, c. 1v).
È probabile traccia di questo legame la notizia, riferita dai più antichi biografi, di un suo ruolo di vicario del conte a Gubbio nel 1384, che pure non trova corrispondenza, neppure cronologica. Lo stesso Guidantonio gli conferì invece certamente, tra il 1415 e il 1416, l’incarico di podestà di Assisi.
Nello stesso periodo fallì la trattativa, condotta per lui dai fratelli Rainaldo e Battista, per un incarico all’Università di Siena, mentre giunse in porto l’intesa con le autorità fiorentine. Nello Studium, di recente riattivato, Roselli insegnò varie parti del diritto civile dagli anni 1416-17. L’iniziale stipendio, di 250 fiorini, ridotto a 150 l’anno seguente, fu riportato a 180 tra il 1418-19 e il 1419-20, quando venne incaricato di insegnare l’Infortiatum; scese a soli 100 fiorini per la lectura de sero nel 1420-21 e tornò all’ammontare più adeguato di 175 fiorini nel 1421-22.
Nel 1420 circa sposò Angela di Guidaccio Pecori, madre di almeno sei figli. Da questa, e dalla seconda unione, contratta dopo la morte di Angela, intorno al 1442, con Valenziana, vedova del collega patavino Prosdocimo Conti, nacquero diverse femmine (Marietta sposò l’aretino Andrea Burali nel 1451 con la cospicua dote di 400 fiorini d’oro) e quattro maschi: Giovanni, ecclesiastico e poeta, Guidantonio, giurista, Francesco e Prospero.
Nel 1423 si trasferì a Siena, dove insegnò per diversi anni. Tra i suoi più celebri allievi vi furono Enea Silvio Piccolomini, che lo menzionò nel De viris illustribus e curò la raccolta di sue lezioni su vari titoli del Digesto, pervenute manoscritte, e Mariano Socini senior.
Quest’ultimo accenna a una delicata quaestio in tema di lucro dotale, che si trovò ad affrontare «sub famosissimo doctore meo in legibus, domino Antonio de Rosellis», il quale sottoscrisse poi, con altri, un consilium sul tema (Mariano Socini senior, comm. Ad X.4.1, De sponsalibus. Rubrica, in Aurea ac pene divina commentaria in nonnullos Libri Quarti Decretalium titulos, apud Iuntas, Venetiis 1593, p. 4, n. 12).
Roselli affiancò all’insegnamento una rilevante attività di consulenza, che, pur non tradottasi in una raccolta, è però documentata da numerosi consilia conservatisi in forma edita o manoscritta, in collezioni miscellanee e, in qualche caso, in autografi.
Sotto il pontificato di Martino V, probabilmente dal 1430, divenne avvocato concistoriale. In tale veste redasse un parere per il re di Polonia Ladislao, nella controversia che lo vedeva opposto all’imperatore Sigismondo. Conservò il proprio ruolo nella corte papale anche dopo l’elezione di Eugenio IV, per conto del quale svolse, tra il 1432 e il 1433, importanti missioni presso la corte di Sigismondo e gestendo le delicate trattative che portarono a riavvicinare papa e imperatore. Ottenne così la stima anche di quest’ultimo, che gli concesse tra l’altro il titolo di conte palatino (un’ambasceria presso il re di Francia gli fruttò invece l’Ordine equestre): a Sigismondo Roselli dedicò la prima versione, scritta tra il 1433 e il 1437, del suo discusso Monarchia, sive de potestate imperatori et pape, edito più volte già nel XV secolo e riproposto nei Tractatus ex variis iuris interpretibus (t. XIV, Thomas Bertellus, Lugduni 1549, cc. 307r-346v).
Lo scritto, pur giudicato talora di «carattere sostanzialmente accademico» (Maffei, 1964, p. 310), ebbe una stesura lunga e travagliata, con molti rimaneggiamenti, ma vasta diffusione anche dopo la condanna ecclesiastica emessa nel 1491. Vi si argomentava a favore dei diritti imperiali e nel senso di una limitazione della sovranità ecclesiastica, tanto da suscitare forti reazioni, e in specie la confutazione del domenicano Heinrich Krämer, ‘Institor’ (Tractatulus adversus errores d. Antonii Roselli de plenaria potestate pontificis ac monarchie, impr. Iacobi de Leucho exp. Petri Liechtensteyn, Venetiis 1499). Il tema della sovranità e del rapporto tra le massime autorità politiche ricorre anche nel De conciliis ac synodis generalibus, completato il 18 dicembre 1444 (edito in Tractatus ex variis iuris interpretibus, II, Thomas Bertellus, Lugduni 1549, cc. 14v-70v).
Inviato da Eugenio IV, prese parte al Concilio di Basilea: a lui si deve il testo della bolla Deus novit, promulgata il 13 settembre 1433, con la quale si tentava di sospendere il Concilio stesso e di vanificarne le possibili decisioni.
Nel medesimo periodo riprese la carriera universitaria con un breve insegnamento a Roma e soprattutto grazie alla cattedra di Decretales attribuitagli dallo Studium fiorentino nel 1434-35 e nel 1435-36, con il compenso di 300 fiorini. Nel 1438 venne inviato dal papa presso il neoeletto re dei romani, Alberto II, ma i rapporti con la Santa Sede subirono di lì a poco un improvviso raffreddamento, le cui cause sono incerte (forse la mancata nomina a cardinale e le posizioni critiche in tema di sovranità ecclesiastica, come ipotizza un allievo padovano, Giovanni Bertacchini). La partenza da Roma, peraltro, coincise con la lusinghiera offerta della cattedra de mane di ius pontificium, per il cospicuo onorario di 500 aurei, a Padova, dove Roselli giunse nel 1438 e rimase per 28 anni, tessendo durature relazioni professionali e familiari, quale quella con il celebre medico Michele Savonarola.
Nel 1444 intervenne con ampie Allegationes a favore del candidato imperiale nella causa per l’episcopato di Frisinga.
A Padova Roselli produsse altri trattati, trascritti dagli allievi: De ornatu mulierum (1447), De successionibus ab intestato e Super arbore consanguinitatis (1450), De indulgentiis, penitentiis et remissionibus (1451), De indiciis et tortura (1461), De usuris, molti dei quali editi a Venezia alla fine del Cinquecento nella raccoltaTractatus Universi Iuris. Restano inedite letture e repetitiones su vari titoli di Digesto, Codice, Decretum e Decretales orazioni ed epistole su diversi argomenti.
Dal 1460, per l’età ormai avanzata, ottenne dalle autorità veneziane (che pare avessero pensato anche a un suo allontanamento) la dispensa dal corso ordinario e la libertà di insegnare i temi a lui più congeniali. Morì a Padova il 16 dicembre 1466.
Il vescovo Pietro Barozzi ne tenne l’elogio funebre e la salma venne tumulata con grandi onori nella basilica di S. Antonio, dove gli eredi fecero erigere un imponente monumento marmoreo.
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