RIDOLFI, Antonio
– Nacque a Firenze il 16 novembre 1409, figlio di Lorenzo (1362-1442), il personaggio più influente espresso dal casato nel XV secolo, famoso canonista, lettore nello Studio fiorentino e uomo politico.
Ridolfi iniziò ben presto il suo percorso pubblico in una città ormai saldamente controllata dalla famiglia Medici, alla quale rimase fedele per tutta la vita e della cui politica fu sino alla morte uno dei più fidati interpreti. Alternò incarichi politici di grande prestigio in città a uffici sul territorio, impegni di carattere economico e di organizzatore dell’esercito, a innumerevoli partecipazioni ai consigli dei Richiesti, nei quali si trattavano le principali materie di politica interna ed estera, missioni diplomatiche presso i vari stati e signori che si dividevano la penisola, a commissioni in zone di guerra.
A Firenze fu, nel 1437, tra i Dieci ufficiali per la guerra che la città aveva ingaggiato contro Filippo Maria Visconti, e nel 1438 dei Dodici buonuomini. Fu priore nel 1445, gonfaloniere di Giustizia nel 1463, 1473 e 1483. A più riprese ricoprì l’ufficio degli Otto di pratica e balìa (1454, 1458, 1467, 1469, 1476), la commissione che soprintendeva agli affari criminali e di polizia, uno degli incarichi riservati ai personaggi di maggiore fiducia del regime. Per questa sua caratteristica di uomo fidato dell’entourage mediceo fu accoppiatore negli scrutini elettorali del 1466, del 1478 e del 1484. Nel 1463 fu eletto nel Consiglio del cento e nel 1480 fu chiamato a far parte del Consiglio dei settanta appena istituito da Lorenzo de’ Medici per restringere il numero dei cittadini che deliberavano sulla cosa pubblica e l’anno seguente fu degli Otto di pratica, ufficio istituito nel 1480 per la politica estera e militare. Quanto al territorio fiorentino, fu estratto podestà di Castelfranco di Sotto nel 1440 e successivamente capitano di Castrocaro nel 1451, vicario del Valdarno di Sopra nel 1452, podestà a Carmignano nel 1453, capitano di Pistoia nel 1456 e 1465, vicario della Valdinievole nel 1460, podestà di Pisa nel 1464, vicario di Lari nel 1468, vicario del Mugello nel 1469, podestà di Pratovecchio nel 1471, capitano di Pisa nel 1480-81.
Tra le attività più congeniali a Ridolfi vanno segnalate quelle commissariali e diplomatiche, nelle quali fu spesso impiegato, sì da diventare intelligente e apprezzato portavoce della politica estera fiorentina (e particolarmente vicino alla dinastia aragonese di Napoli). Il primo incarico diplomatico lo ebbe nel 1451, quando fu inviato ambasciatore a Giannantonio Orsini, conte di Tagliacozzo, per esortarlo a restituire a Caterina d’Appiano, vedova di Rinaldo Orsini suo fratello, le fortezze di Piombino che aveva usurpato nel tentativo di impadronirsi dello stato del fratello defunto. Nel 1455 fu inviato a Roma per trattare con Niccolò V la progettata spedizione contro i turchi, fissare l’impegno militare fiorentino e prendere accordi con Niccolò Piccinino. Alla morte del papa (24 marzo 1455) rimase a Roma per il conclave che elesse Callisto III, presso il quale tornò, nel 1456, col duplice mandato di intercedere per i mercanti fiorentini colpiti da rappresaglie concesse agli Orsini (per presunte violazioni di loro diritti), e di chiedere l’innalzamento al cardinalato dell’arcivescovo fiorentino. Nel 1457 fu inviato di nuovo a Roma per protestare contro la sentenza papale emessa in favore di Gherardo Gambacorti ribelle, espulso dal territorio fiorentino, e di seguito a Napoli, dove pure notificò il disappunto della Repubblica fiorentina per il lodo papale a vantaggio dei Gambacorti, protetti anche da re Alfonso, e il diniego alla richiesta da parte del re di revocare i bandi di ribellione contro gli Albizi e gli Strozzi. Nel 1459 fu a Mantova, alla dieta convocata dal nuovo papa, Pio II, per la progettata spedizione contro i turchi.
I fiorentini erano contrari a una partecipazione diretta alla spedizione: Ridolfi fu incaricato di essere largo in promesse e impegni generici ma molto prudente nel caso si cercasse di arrivare a misure concrete, e di mandare a monte la firma di un trattato.
La serie di incarichi non cessò negli anni seguenti. Nel 1461 fu a Genova per dolersi col doge per il ricetto concesso in quel porto a un corsaro che aveva depredato navi fiorentine e che in città stava vendendo, indisturbato, la mercanzia derubata. Nel 1464 fu a Roma per l’incoronazione di papa Paolo II e fu armato cavaliere (col privilegio di apporre all’arme il triregno papale con le sante chiavi e l’autorità di legittimare bastardi, creare notai, conferire il dottorato). Nel 1465 tornò a Roma, dove l’impresa contro il Turco stava prendendo corpo, e iniziò le contrattazioni per definire il contingente fiorentino di uomini e denaro; Ridolfi aveva ottenuto, da una Repubblica recalcitrante alla partecipazione e al pagamento, una somma di denaro non trascurabile, ma l’idea di una crociata fu poi lasciata cadere per la morte del papa.
La Signoria di Firenze, al suo ritorno, lo fece cavaliere del Popolo fiorentino.
Dopo la congiura antimedicea del 1466, che lo vide tra i primi ad accorrere, pronto a prestare aiuto a Piero de’ Medici, fu inviato presso il papa per chiedere un nuovo arcivescovo per la città al posto di Giovanni Neroni, coinvolto nella cospirazione ed esiliato, e per trattare col papa stesso e subito dopo col sovrano aragonese di Napoli un'alleanza nel caso che i fuorusciti prendessero le armi contro Firenze. Fu inviato anche a Milano per allontanare il duca dal partito filoveneziano. La successiva guerra vide Ridolfi tra i dieci ufficiali incaricati di gestirla; rimase sempre in carica sino alla fine e ratificò la pace coi veneziani.
Dati i suoi rapporti con gli aragonesi, rimasti sempre eccellenti, nel 1469 fu di nuovo inviato a Napoli per cercare di prevenire le mosse papali in Romagna. In particolare, Ridolfi chiese a nome della signoria fiorentina un intervento regio per far recedere il papa dalle mire su Rimini. Fu poi incaricato di ricevere la dedizione di Fivizzano che si era ribellata ai milanesi, il 6 marzo 1478. Dopo la congiura dei Pazzi (1478), fu tra i Dieci della guerra per organizzare la difesa contro le azioni militari del papa e di Alfonso contro Firenze e fu anche tra i cittadini incaricati di imporre nuove tasse. Alla conclusione delle operazioni militari (1482), Ridolfi fu inviato a Roma per ringraziare il pontefice della pace concessa, e rimase in città per trattare l’alleanza con Sisto IV, ciò che significò anche la crisi dell’interdetto.
Gli ultimi anni di vita lo videro ancora attivo su tutti e tre gli scenari: la politica cittadina, il governo del territorio, l’attività diplomatica extra moenia.
Fece infatti parte del Consiglio dei settanta di nuova istituzione e nel 1480 fu eletto Capitano di Pisa. Nel 1482 fu di nuovo tra gli ufficiali della guerra contro i veneziani, nel quadro della guerra di Ferrara, e il suo gonfalonierato del 1483 coincise proprio con la sconfitta veneta ad Argenta. Nel 1484, dopo essere stato ancora tra i Dieci della guerra, seguì Lorenzo, in qualità di commissario, nell’impresa di Pietrasanta ma, impossibilitato per l’età a sostenere i disagi del campo, fu costretto a rientrare a Firenze.
Morì l’11 aprile 1486.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 57, 779, 780, 786; Manoscritti, 408; Raccolta Sebregondi, 4474; Lorenzo de’ Medici, Lettere, I-II, V-VIII, ad indices; Piero di Marco Parenti, Storia fiorentina, a cura di A. Matucci, I, Firenze 1994, pp 9, 12.
G. Carocci, La famiglia dei Ridolfi di Piazza: notizie storiche e genealogiche, Firenze 1889; L. Martines, Lawyers and Statecraft in Renaissance Florence, Princeton 1968, pp. 190, 282; A. Brown, Bartolomeo Scala (1430-1497), Chancellor of Florence. The Humanist as Bureaucrat, Princeton 1979, pp. 84, 200; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici, 1434-1494, Firenze 1999, pp. 199, 237, 264.