RICCOBONI, Antonio
RICCOBONI, Antonio. – Nacque a Rovigo nel 1541 da Andrea e da Marietta: nel testamento nomina quattro fratelli (due religiosi: Giovanni, rettore della chiesa di Mardimago, e Barnaba, abate di San Bartolomeo, autore, fra l’altro, dei Dialogi duo, alter de eo, quod est a materia seiunctum, alter de eo, quod est cum materia coiunctum, Padova 1576) e quattro sorelle. Compì i primi studi a Rovigo con Giovanni Mazzo; si trasferì quindi a Venezia e poi a Padova, per studiare con Paolo Manuzio, Marcantonio Mureto e Carlo Sigonio.
Rientrato a Rovigo, nel 1558 faceva parte del Collegio dei notai. Dal 1562 al 1571 subentrò a Ludovico Ricchieri (Celio Rodigino) nel ruolo di pubblico docente; partecipò all’Accademia degli Addormentati, cui aderirono Luigi Groto, Domenico Mazzarello, Giovanni Domenico Roncalli, i quali nutrivano simpatie eterodosse: nel 1561 l’Accademia venne perciò soppressa, e nel 1562 fu istituito un processo, dal quale Riccoboni uscì senza conseguenze. L’attività didattica gli procurò ampio consenso: fu aggregato al Consiglio dei nobili rodigini, e ricevette incarico nel 1570 di emendare, insieme ad Andrea Nicolio, gli statuti cittadini (pubblicò il lavoro solo vent’anni dopo a causa delle sue troppe occupazioni, come spiegò nella dedicatoria a Marino Falier).
Al 1568 risale il De historia commentarius, il cui scopo è definire la storia e discernerne le fonti, con attenzione ad altre discipline come la grammatica, la poetica, la retorica e la filosofia, che alla storia forniscono uno speciale contributo; è inoltre qui compresa una raccolta commentata di frammenti degli storici latini, giunti solo in tradizione indiretta.
Nel 1570 Giovanni Fasolo, lettore di retorica nello Studio padovano, era incorso in un serio incidente professionale (all’atto dell’inaugurale sua pubblica lezione era ammutolito); un incarico di lettore in concorrenza era stato allora proposto, ma senza esito, a Marco Antonio Mureto. Nel febbraio del 1571 Riccoboni si era addottorato presso lo Studio di Padova in diritto civile prima e poi in diritto canonico. Recatosi a Venezia per omaggiare i suoi patroni (come narra nel De Gymnasio Patavino, c. 53v), vi incontrò Lorenzo Massa, moderatore dello Studio, il quale gli propose l’incarico rifiutato da Mureto; Riccoboni accettò e avviò la pubblica docenza il 4 novembre 1571, prima affiancando Fasolo, e quindi sostituendolo alla di lui morte, avvenuta alla fine di dicembre dello stesso 1571, o, secondo Tomasini, il 1° gennaio 1572 (Piovan, 1995). Inaugurando il suo incarico Riccoboni pronunciò tre orazioni, dedicate allo studio delle arti liberali, degli studia humanitatis, dell’arte retorica, tutte pubblicate nel 1573 in una raccolta dedicata a Massa, comprendente anche il discorso del 31 agosto 1570 rivolto al doge Alvise Mocenigo, e due recitati nel 1573 presso l’Accademia degli Animosi, consesso fondato dall’abate Ascanio Martinengo, cui parteciparono Sperone Speroni, Bernardino Tomitano e Francesco Piccolomini.
Durante il trentennio padovano adibì la sua casa a collegio, ospitandovi fino a dodici studenti (tra essi, nel 1594, Guido Bentivoglio), e lavorò alacremente alla traduzione e al commento di alcune opere aristoteliche: nel 1577 uscì la traduzione del primo libro della Retorica e del primo libro dell’Etica a Nicomaco; nel 1579 la traduzione completa della Retorica (dedicata all’omonimo nipote dell’allora re di Polonia, Stephan Báthory), munita di un commento, cui seguirono un saggio sulle orazioni ciceroniane Pro Marcello e Pro Milone, la traduzione e il commento dell’orazione Contro la lettera di Filippo, che, in accordo con la tradizione, attribuiva a Demostene; in appendice, con dedica a Francesco Giustinian e ad Agostino Nani, sono la traduzione della Poetica aristotelica e una disputatio sulla poesia comica «ex Aristotelis doctrina» (Riccoboni intendeva così supplire alla perdita della trattazione aristotelica sulla commedia; il volume fu riedito a Francoforte nel 1588).
Opere specialmente notevoli sono la traduzione della Poetica (prima edizione è la citata del 1579, in appendice alla Retorica) e il suo commento, più volte ristampato: la prima edizione uscì a Venezia nel 1584; nel 1585 ne uscì una seconda a Vicenza; ci fu quindi un’edizione padovana nel 1587, che, nella dedica ad Hans Adam von Hofkirchen, viene definita «secunda editio» (rist. anast. München 1970).
La tematica centrale pertiene alla funzione della poesia: Riccoboni riconosce autorevolezza a Castelvetro, ma vuole superare le interpretazioni precedenti, raggruppabili in quattro fattispecie: 1. la poesia mira alla utilitas, e vi aggiunge la delectatio (Zabarella); 2. la poesia mira solo alla delectatio (è la opinio più diffusa); 3. la poesia unisce l’utile al dilettevole (secondo il principio oraziano); 4. la poesia deve saper docere cum delectatione (Scaligero). Riccoboni prospetta una quinta interpretazione: fine della poesia è la fabula, da intendere come «leggiadra invenzione» (Toffanin, 1920, pp. 136 s.), capace di procurare diletto: la poesia è utile in quanto è la fabula a esserlo; ma tale utilità è accidentale; la poesia non è congiunta di necessità all’utile. Durante il Seicento il commento di Riccoboni fu diffuso e citato: Francesco Fulvio Frugoni nel Discorso critico intorno alla poesia dramatica (1675) lo considera punto di riferimento imprescindibile, anche in casi di dissenso esplicito, come appunto a proposito della definizione di poesia.
Un’accesa controversia con Carlo Sigonio ebbe origine nel 1583, quando fu pubblicata a Venezia, priva di note editoriali e di commento, una Consolatio attribuita a Cicerone (M. Tullii Ciceronis Consolatio. Liber quo se ipsum de filiae morte consolatus est…). Subito Riccoboni pubblicò a Padova una lettera a Girolamo Mercuriale, in cui esprimeva dubbi sull’autenticità della novità editoriale, incongrua rispetto allo stile e ai temi dell’opera ciceroniana. Sigonio replicò pubblicando a Padova due orazioni a difesa dell’autenticità, cui erano premesse una lettera di Francesco Vianello, editore della Consolatio, e la risposta di Sigonio, che, professandosi convinto dell’autenticità, pregava Vianello di esplicitare i particolari del ritrovamento. Riccoboni replicò nel 1584 con il De consolatione edita sub nomine Ciceronis iudicium secundum, in cui a condanna della Consolatio adduceva dubbi anche sulla corrispondenza Vianello-Sigonio, la quale appariva preordinata e artificiosa; immediata la replica dell’avversario con l’Accusator del 1584 – ultima sua pubblicazione in vita –, cui Riccoboni rispose nello stesso 1584 con il Defensor. La moderna critica accredita la posizione di Riccoboni, avallando il sospetto che la contraffazione sia opera di Sigonio (McCuaig, 1989, V, pp. 307-326; e poi, con probante analisi statistica, Forsyth - Holmes - Tse, 1999, pp. 1-26).
Ebbe una seriore controversia (studiata da Bernard Frischer) con il sacerdote bergamasco Nicolò Cologno, che nel 1587 aveva edito il libello Q. Horatii Flacci methodus de arte poetica, dove sosteneva che l’Ars poetica di Orazio, a fronte di un certo superficiale disordine, possiede una consequenziale costruzione interna, e tratta in modo coerente quattro fondamentali generi di poesia indicati da Aristotele: epica, tragedia, commedia e dramma satiresco. Nel 1591 Cologno fu proposto da Giovanni Michiel quale docente alla cattedra di filosofia morale padovana, che era stata di Giason Denores e alla quale, in vista di maggiore prestigio e guadagno, aspirava anche Riccoboni. Questi era allora in una situazione difficile, poiché i gesuiti rivaleggiavano con lo Studio, dispensando nel proprio collegio corsi più confacenti ai dettami controriformistici. Di fronte alla designazione di Cologno, Riccoboni pubblicò, come appendice al Compendium Artis Poeticae Aristotelis ad usum conficiendorum poematum (Padova 1591), la Antonii Riccoboni a quodam viro docto dissensio de epistola Horatii ad Pisones…: vi affermava che l’Ars oraziana non ha consequenzialità; contestava che solo quattro fossero i generi poetici, e che Orazio li avesse trattati tutti; sosteneva che l’originale disordinata struttura dell’Ars – la quale dipenderebbe in toto dalla Poetica aristotelica – potrebbe essere ricondotta a ordine trasponendo alcuni versi. Tale assunto non era addotto solo per spirito di rivalità (già era in sintesi esplicitato in una lettera del 1587 a Belisario Bulgarini); è evidente però che accese la polemica in concomitanza della successione a Denores. Cologno ottenne il posto, ma per un anno solo: la cattedra rimase vacante fino al 1594, e venne assegnata al canonico padovano Giovanni Belloni – secondo Frischer la mancata promozione di Riccoboni dipenderebbe dal suo stato laicale: per fronteggiare le accuse rivolte allo Studium dai gesuiti, i Riformatori avrebbero da allora assegnato la docenza di morale a religiosi di specchiata autorità.
Sovente partecipava a eventi pubblici in qualità di oratore, e nuovamente raccolse i suoi discorsi in due volumi, entrambi editi a Padova: nel 1591 il volume secondo, contenente 20 orazioni, in maggioranza funebri; nel 1592 il volume primo, contenente 14 orazioni. La stima di cui godeva è provata dalla cittadinanza di Padova conferitagli nel 1581 (De Gymnasio Patavino, cc. 54r-57v); e dall’incarico conferito nel 1583 dall’Università artista di redigerne gli Statuti (De Gymnasio Patavino, c. 57v; peraltro nell’edizione del 1589 degli Statuta almae Universitatis d. artistarum et medicorum Patavini Gymnasii…, il nome di Riccoboni non compare).
Alla storia della sua Università Riccoboni diede nel 1599 un contributo fondante con la pubblicazione del De Gymnasio Patavino, ultima sua opera, primo tentativo di ricostruire le vicende dell’istituzione, a cominciare dai lontani e oscuri primordi, per delinearne quindi ubicazione, edifici, cariche accademiche e principali vicende sotto la dominazione dei Carraresi prima e di Venezia poi, e per fornire un ampio quadro biografico di professori che contribuirono alla sua crescita; nonostante comprensibili difetti – sottolineati in modo un po’ ingeneroso da Jacopo Facciolati – il lavoro è un punto di riferimento nelle indagini storiche sull’Università di Padova e sulla cultura veneta quattro e cinquecentesca.
Del carteggio soltanto una piccola parte è pubblicata: da segnalare una lettera a Galileo Galilei (11 marzo 1588, in Le opere di Galileo Galilei, X, Firenze 1965, p. 23); e una ad Ascanio Persio, docente di greco in Bologna (13 giugno 1597, in Dodici lettere d’illustri rodigini…, Rovigo 1845, pp. 15 s.).
Morì il 27 luglio 1599: i funerali furono celebrati a Rovigo, il corpo, prima collocato nella chiesa di San Bartolomeo, fu poi traslato nella chiesa di San Francesco.
Opere. De historia commentarius. Cum fragmentis […] summa diligentia collectis…, Venetiis 1568; Aristotelis Artis rhetoricae, Antonio Riccobono interprete, liber primus, Patavii 1577; Aristotelis Ethicorum ad Nicomachum liber primus, Antonio Riccobono interprete, Patavii 1577; Aristotelis Ars rhetorica ab Antonio Riccobono Rhodigino […] latine conversa. Eiusdem Riccoboni explicationum liber, […] et rhetorica praxis explicatur in orationib. Ciceronis pro Marcello et pro Milone, ac oratione Demosthenis ad epistolam Philippi ab eodem latina facta. Aristotelis Ars poetica ab eodem in latinam linguam versa, cum eiusdem de re comica disputatione, Venetiis 1579; De consolationis libro edito sub Ciceronis nomine Antonii Riccoboni iudicium…, Patavii 1583; Aristotelis Liber de poetica ab Antonio Riccobono […] Latine conversa, et clarissimis partitioni(bus) […] illustrata, Venetiis 1584; De consolatione edita sub nomine Ciceronis, iudicium secundum..., Vicetiae 1584; De consolatione edita sub nomine Ciceronis, Antonii Riccoboni defensor…, Venetiis 1584; Poetica Antonii Riccoboni […] Poeticam Aristotelis per paraphrasim explicans…, Vicetiae 1585; Poetica Aristotelis ab Antonio Riccobono latine conversa: eiusdem Riccoboni Paraphrasis in Poeticam Aristotelis…, Patavii 1587; Statuta peninsula Rhodigii…, Patavii 1591; De Gymnasio Patavino commentariorum libri sex, Patavii 1598; Storia di Salamina presa e di Marc’Antonio Bragadino comandante, scritta da Antonio Riccoboni di Rovigo…, Venezia 1843.
Fonti e Bibl.: Padova, Archivio antico dell’Università, 676 (c. 95r: nomina di Riccoboni); Padova, Archivio della curia vescovile, Dottorati 1570 usque 1579, 56A-56B, cc. 5v-6r (laurea in diritto civile); Archivio di Stato di Padova, AN 2336, Francesco Fabriano, cc. 421-422 (laurea comitale in diritto canonico); Rovigo, Accademia dei Concordi, ms. 128 (A. Scipioni, Notizie biografiche degli uomini illustri di Rovigo, 1572), c. 11; Archivio di Stato di Rovigo, Matricola dei notai, c. 80; AN b. 961, Lovato Lovati, reg. G., cc. 92-93 e 169-170 (testamento, Borsea, 13 luglio 1599); Rovigo, Parrocchia di San Francesco. Archivio Parrocchia di Santa Giustina, reg. morti, n° 2, c. 182.
J. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini, Patavii 1757, I, p. LIX; A. Favaro, Lo studio di Padova e la Compagnia di Gesù sul finire del sec. XVI, Venezia 1878; C. Cessi, La scuola pubblica di Rovigo sino a tutto il secolo XVI, Rovigo 1896, pp. 11, 23; G. Toffanin, La fine dell’Umanesimo, Milano-Torino-Roma 1920, pp. 136 s.; G. Mazzacurati, La crisi retorica umanistica nel Cinquecento, Napoli 1961, pp. 53-63; M. Pecoraro, A. R., in Dizionario critico della letteratura italiana, III, Torino 1973, pp. 187-189; L. Contegiacomo et al., Le iscrizioni di Rovigo delineate da Marco Antonio Campagnella…, Trieste 1986, p. 485; W. McCuaig, Carlo Sigonio: the changing world of the late Renaissance, Princeton 1989, cap. V; S. Malavasi, Cultura religiosa e cultura laica nel Polesine del Cinquecento…, in Archivio veneto, CXX (1989), pp. 61-69; P. Griguolo, Il testamento olografo di A. R., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXII-XXIII (1989-1990), pp. 305-310; F. Piovan, Fasolo Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, XLV, Roma 1995, pp. 260-263; B. Frischer, Rezeptionsgeschichte and Interpretation: The Quarrel of A. R. and Nicolò Cologno…, in Zeitgenosse Horaz: der Dichter und seine Leser…, a cura di H. Krasser - E.A. Schmidt, Tubingen 1996, pp. 68-116; R.S. Forsyth - D.I. Holmes - E.K. Tse, Cicero, Sigonio, and Burrows: investigating the authenticity of the “Consolatio”, in Literary & linguistic computing, XIV (1999), 3, pp. 1-26.