RESTORI, Antonio
RESTORI, Antonio. – Nacque a Pontremoli, il 10 dicembre 1859, da Francesco, direttore delle poste di Pontremoli, e da Corinne Coulliaux, che ebbero altri tre figli: Maria, Vittoria e Francesco (1870-1928).
Alla morte del padre la famiglia si trasferì a Parma, dove Restori frequentò il regio liceo classico Maria Luigia. Completati gli studi liceali si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Bologna, dove conobbe Giovanni Pascoli, di qualche anno più vecchio, instaurando con lui un legame di sincera amicizia che mantenne fino alla morte del poeta nel 1912. A Bologna si pose sotto il magistero di Giosue Carducci, con cui si laureò il 18 giugno 1881 discutendo una tesi sul Cid Campeador (poi pubblicata in un corposo articolo, diviso in più parti: v. Il Propugnatore, XIV (1881), 2, pp. 3-52, 394-402; XV (1882), 2, pp. 350-365; XVI (1883), 1, pp. 97-131, 327-351; 2, pp. 93-137).
Subito dopo la laurea ottenne un posto alla Scuola di perfezionamento di Firenze cui tuttavia rinunciò, preferendo intraprendere la carriera dell’insegnamento sotto la protezione di Carducci. Fra il 1881 e il 1887 fu costretto a spostarsi di continuo da un liceo all’altro: nell’anno scolastico 1881-82 fu insegnante ginnasiale a Sansevero (Foggia); l’anno seguente (1882-83) fu assegnato al ginnasio di Matera, dove fu collega dell’amico Pascoli, con cui condivise un piccolo alloggio; fu quindi a Cagliari (1883-85), Modica (1885-86) e Siracusa (1886-87). Nel giugno del 1887 chiese il trasferimento a Parma, o a un liceo prossimo a Bologna, con l’intenzione di avvicinarsi alla famiglia e collaborare con Carducci; nello stesso anno iniziò a insegnare al liceo di Cremona, dove rimase fino all’anno scolastico 1891-92.
Nel 1890 ottenne la libera docenza (nella commissione figuravano Carducci e il giovane Rodolfo Renier) in lingue e letterature neolatine (l’attuale filologia romanza) presso la facoltà di lettere dell’Università di Pavia, dove tenne alcuni corsi liberi fino al 1893. Nel 1892 fu assegnato, secondo i suoi desideri, al regio liceo di Parma e l’anno dopo trasferì la libera docenza a Bologna, dove sostituì più volte Carducci fino al 1897, tenendo corsi sulla letteratura provenzale, francese antica e su aspetti pertinenti all’intonazione dei testi, conciliando in tal modo la ricerca accademica con la sua passione per la musica.
In questo periodo produsse un discreto numero di pubblicazioni, in cui emerge soprattutto un pionieristico approccio interdisciplinare musicale-letterario nello studio della poesia provenzale e francese, anche tardo medievale: si vedano, in particolare, Per la storia musicale dei trovatori: appunti e note, in Rivista musicale italiana, II (1895), pp. 1-22; III (1896), pp. 231-260, 407-451, senza tralasciare la letteratura spagnola e in particolare le opere di Lope de Vega, di cui Restori divenne uno fra i massimi esperti: Le gesta del Cid raccolte ed ordinate dal prof. Antonio Restori (Milano 1890); Una collezione di commedie di Lope de Vega Carpio: CC. 5. 28032 della Palatina parmense (Livorno 1891). Sempre in questo periodo diede alle stampe un fortunato manuale di letteratura provenzale dal Medioevo fino al XIX secolo (Letteratura provenzale, Milano 1891), poi tradotto in francese (Histoire de la littérature provençale depuis les temps le plus reculés jusqu’a nos jour, Montpellier 1894), nonché uno studio sul dialetto dell’Alta Val di Magra (Note fonetiche sui parlari dell’Alta Valle di Magra, Livorno 1891).
Nel 1896 partecipò al concorso per la cattedra di letterature neolatine all’Università di Pavia, dove ottenne l’idoneità pur classificandosi terzo. Lo stesso anno fu chiamato a Messina come professore straordinario in lingue e letterature neolatine, insediandosi ufficialmente il 31 gennaio 1898 con una prolusione dedicata agli autos di Lope de Vega (stampata nello stesso anno a Parma), dove insegnò fino al 1908 con Pascoli, Michele Barbi, Gaetano Salvemini e Vittorio Cian. Furono anni felici per Restori, nonostante la morte della madre nel 1902 e qualche delusione legata a una difficoltosa promozione a professore ordinario (ottenuta, dopo molte traversie, solo nel 1904, grazie anche all’interessamento di Pascoli). Dal 1900 al 1902 fu direttore del convitto Dante Alighieri di Messina e, nel 1905, fu nominato preside di facoltà.
Frattanto, nel 1902, si era unito in matrimonio con Antonietta Allgeier, da cui ebbe due figli: Stella, nata nello stesso anno delle nozze, e Pierfrancesco nel 1904.
In questi anni si dedicò soprattutto al teatro spagnolo del Seicento, in particolare all’opera di Lope de Vega (Los Guzamanes de Toral, o Como ha de usarse del bien y ha de prevenirse el mal. Commedie spagnuole del secolo XVII…, a cura di A. Restori, Halle a.S. 1899; Piezas de titulos de comedias: saggi e documenti inediti o rari del teatro spagnuolo dei secoli XVII e XVIII, Messina 1903), senza però tralasciare la letteratura dialettale, in particolare parmense (La Fodriga da Panocia, in Per l’arte, XIX (1901), pp. 4-16), e la lirica romanza medievale, sempre prediligendo un approccio interdisciplinare (Il canto dei soldati di Modena: «O tu qui servas armis ista moenia», in Rivista musicale italiana, VI (1899), 4, pp. 742-761, e La gaite de la tor, Messina 1904).
Sopravvissuto con la famiglia al terribile terremoto del 28 dicembre 1908 e chiuso l’Ateneo messinese, a Restori venne affidato un comando in letterature neolatine presso la facoltà di lettere dell’Università di Genova, dove venne nominato ordinario il 16 ottobre 1910.
Negli anni 1910-14 si adoperò in prima persona per convincere l’amico Barbi (che chiese più volte a Restori consulenze musicali per le trascrizioni della sua raccolta di canti popolari) ad accettare la chiamata per la cattedra di letteratura italiana presso la stessa facoltà, ma senza successo. Il posto fu quindi assegnato ad Abdelkader Salza, cui subentrò nel 1919 lo stesso Restori, che in seguito ricoprì anche la cattedra di letteratura spagnola e venne nominato preside di facoltà nel 1922.
In questi anni pubblicò quasi esclusivamente articoli e monografie sul teatro spagnolo: Genova nel teatro classico di Spagna (Genova 1912); Saggi di bibliografia teatrale spagnuola (Genève 1927) e in particolare sulle opere di Lope de Vega, partecipando all’edizione completa delle opere per la Real Academia Española (si vedano, in partic., i tomi II, III, IV e V delle Obras de Lope de Vega Carpio publicadas por la R. Academia Española, Nueva Edición, Madrid 1916-1918).
Dall’aprile del 1927 una salute sempre più precaria e minata dalla malattia lo costrinse a rinunciare alla maggior parte degli impegni accademici.
Morì nella casa di campagna di San Lazzaro Parmense (oggi comune di Parma) il 30 giugno 1928, all’età di 68 anni.
Fonti e Bibl.: La biblioteca di Restori, ereditata dalla figlia Stella, fu venduta dalla libreria antiquaria Prandi di Parma (cfr. Biblioteca A. R.: ed altra provenienza, Reggio nell’Emilia 1959; ma v. anche le missive a Oreste Macrì di Stella Restori conservate in Firenze, Gabinetto G.P. Viesseux, Archivio contemporaneo «Alessandro Bonsanti», fondo Oreste Macrì, O.M.1a.1892.1-7; 10/06/1956 - 30/12/1958). L’archivio di Restori risulta in possesso di Stella Restori fino al 1967 (cfr. la lettera di Stella a Michele Barbi: Pisa, Centro archivistico della Scuola Normale Superiore, Fondo Barbi, 37.959; nonché L. Gambara, in Gazzetta di Parma, 20 marzo 1967); tuttavia, dopo tale data, se ne perdono le tracce. Fra le fonti, particolarmente significative risultano le lettere di Restori a Pascoli (Barga, Archivio Pascoli, Giovanni Pascoli, G.43.12, 54 unità, 11/12/1883 - 23/06/1910), Giulio Bertoni (Modena, Biblioteca Estense universitaria, Bertoni, Carteggio, f. Restori, 34 unità, 1912-28) e Michele Barbi (Pisa, Centro archivistico della Scuola Normale Superiore, Fondo Barbi, 37.959, 55 unità, 19/08/1901 - 28/08/1927), insieme con le lettere edite a Carducci (M. Boni, Lettere inedite di A. R. a G. Carducci, in Memorie della Accademia delle scienze di Bologna, classe di scienze morali, s. 5, XI (1963), pp. 114-147) e a don Marcelino Menéndez y Pelayo (G.C. Rossi, Correspondencia de A. R. a don Marcelino Menéndez y Pelayo, in Revista de bibliografia nacional, VI (1945), pp. 129-179).
Si vedano, inoltre, i necrologi di G. Bertoni, in Giornale storico della letteratura italiana, XCII (1928), pp. 415 s.; A. Mancini, in Aurea Parma, XII (1928), 4, pp. 121-125; G. Revelli, in Colombo, III (1928), pp. 457-466 (con bibl. a cura di A. Gasparetti); L. Sorrento, in Aevum, II (1928), 3, pp. 495-506 (con bibl.); J. Bocchialini, in Archivio storico per le provincie parmensi, n.s., XXIX (1929), pp. XLIII s.; A. Schiaffini, in Atti della Società linguistica di scienze e lettere di Genova, III (1929), 1-2, pp. 90-92; nonché gli articoli di L. Gambara, in Gazzetta di Parma (cit.) e di L. Farinelli, ibid., 12 giugno 1968. Altri cenni biografici sono presenti in: C. Cantimori, Popolani e studenti in Parma fine Ottocento, in Aurea Parma, XLIII (1959), pp. 208-226 (in partic. pp. 217 s.); M. Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, memorie curate e integrate da A. Vicinelli, Milano 1961, pp. 141, 150, 157, 161, 176, 193, 599, 609, 708-711, 890.