COLLALTO, Antonio Rambaldo
Appartenente al ramo di San Salvatore della nota famiglia comitale, la cui giurisdizione si estendeva su numerosi castelli della Marca Trevigiana, e che ancora nel Settecento godeva di una posizione economica di primo piano nella nobiltà veneta, il C. nacque nel castello avito a San Salvatore di Collalto il 9 marzo 1681 da Vinciguerra [V] (1647-1719), figlio di Piero Orlando (1617-1665), e da Eleonora Teresa Taxis, il cui padre conte Ottavio era capo delle poste di Fiandra nello Stato veneto.
Fu il primogenito di sei figli: dei suoi fratelli, Pierorlando [I] e Pierorlando [II] morirono l'uno in fasce e l'altro ventenne, Rambaldo [XV] ed Enrico abbracciarono lo stato ecclesiastico, mentre l'unica sorella Anna Maria andò in sposa a un altro Collalto, Odoardo.
Membro di una famiglia da antica data ascritta al patriziato veneziano, ma propensa a sostenere incarichi militari piuttosto che politici nella Repubblica - il padre rifiutò l'elezione a capitano di Vicenza - anche il C. fece il suo ingresso, il 9 luglio 1704, in Maggior Consiglio, ma non fece in tempo ad assumere alcun ufficio poiché solo tre anni dopo, estintosi con la morte di Leopoldo Annibale il ramo della famiglia che si era trasferito in Germania con Rambaldo [XIII], ne ereditò il maggiorascato coi feudi moravi di Pirnitz, Rudoletz e Cerna, andando così a stabilirsi definitivamente negli Stati austriaci. Sposatosi nel 1708 in Vienna con la contessa Eleonora Starhemberg, figlia di Francesco ambasciatore imperiale in Svezia, e sorella di Corrado Sigismondo ambasciatore in Inghilterra, ne ebbe cinque figli: Vinciguerra Tommaso, che sposò la contessa Maria Antoniade Silva e fu gentiluomo di camera dell'imperatore, Francesco, Cecilia Eleonora, Giuliana e Rambaldo Giuseppe. La morte prematura dei due figli maschi di Vinciguerra portò all'estinzione del ramo, né valse a salvarlo il matrimonio di Francesco con la nipote Cecilia.
Nonostante l'assidua partecipazione alla vita delle corti di Giuseppe I e Carlo VI che seguiva nei periodici spostamenti tra Vienna e Praga, ed i titoli onorifici di cui poté fregiarsi - fu cavaliere della Chiave d'oro, ciambellano imperiale, consigliere intimo di Stato, cavaliere di Boemia, assessore ereditario di Boemia, Slesia e Moravia - il C. non ebbe però alcun peso effettivo nelle vicende politiche dell'Impero, tant'è vero che la stessa nomina a consigliere intimo, di cui andava particolarmente fiero, gli venne conferita solo in virtù di un memorabile pranzo a base di pesce fatto venire da Venezia (per il tramite di Apostolo Zeno e di Andrea Corner) e offerto alla corte in occasione di una sosta a Pirnitz (Brtnice). Ma neppure di persona del tutto ininfluente doveva trattarsi, se nel 1730, come testimonia Girolamo Lioni, dapifero del cardinale Porzia, negli ambienti diplomatici romani poteva circolare la voce, benché generalmente riconosciuta priva di fondamento, di una sua possibile nomina a viceré di Napoli o a governatore della Lombardia.
Per certo, comunque, il C. non ebbe a sostenere che un solo incarico politico di un certo rilievo, quello di ambasciatore straordinario di Carlo VI al conclave del 1730, che si concluse con l'elezione di Clemente XII.
Era peraltro un incarico di grande delicatezza: la morte di Benedetto XIII veniva infatti a porsi in un momento di grave tensione per tutta la diplomazia europea, quando il contrasto sulla questione della successione ai ducati di Toscana e di Parma e Piacenza, tra la Spagna e le potenze marittime sue alleate da una parte, e l'imperatore dall'altra, sembrava sul punto di degenerare da un momento all'altro in una nuova guerra. Nella prospettiva di uno scontro imminente e con gli eserciti tedeschi già addossati nei domini italiani ciascuna delle parti cercava di promuovere l'elezione d'un pontefice ben disposto ai propri disegni politici. A riprova dell'importanza attribuita all'elezione, giungevano a Roma anche gli inviati straordinari della Spagna, Monteleone, e del Piemonte, Ormea, preoccupato quest'ultimo di evitare ad ogni costo l'elezione di un membro delle fazioni degli zelanti o dei clementini, che avrebbe immediatamente annullato i privilegi giurisdizionali concessi da Benedetto XIII al Regno di Sardegna. Compito fondamentale del C. era di agire parallelamente al cardinale Cienfuegos per impedire la promozione di un toscano, prevedibilmente contrario alle pretese imperiali nella questione delle successioni: un'esclusiva che poneva le basi di un'alleanza tra imperiali e piemontesi, essendo i toscani pressoché tutti zelanti o clementini. Ma poi, nei quattro mesi e mezzo di durata del conclave, lo stallo che era venuto determinandosi per il groviglio di interessi e di opposizioni pregiudiziali e per l'incapacità di ciascun partito di prevalere sugli altri non poté risolversi se non con un completo rovesciamento delle parti, che vide il toscano Corsini, già appoggiato da francesi, spagnoli e zelanti e avversato da imperiali e sabaudi, recuperato alla fine e vittoriosamente sostenuto proprio da questi ultimi ed osteggiato invano dagli antichi amici.
Benché negli ambienti romani taluno gli avesse attribuito una funzione puramente esornativa, anche il C. contribuì a quest'abile manovra, elaborata in gran parte al di fuori del conclave, raccogliendo le pressioni dei Medici per il Corsini quando questi era considerato ormai fuori gioco, e quindi, mutata l'opinione di Vienna, svolgendo assieme al Cienfuegos un'attiva opera di convincimento tra i cardinali del gruppo benedettino. Il C. poté quindi allontanarsi da Roma sul finire dell'anno, carico di doni che manifestavano l'apprezzamento del papa per la sua opera; della sua ambasceria egli tenne un minuzioso diario, raccolto in tre grossi volumi manoscritti conservati nell'archivio di famiglia a Brno.
Più interessanti furono i suoi rapporti, per certi tratti emblematici di tutto un ambiente e una mentalità, con il mondo culturale del suo tempo. Proiettato casualmente dalla sonnacchiosa campagna veneta alla ben altrimenti impegnativa corte asburgica, il C. appare tutto preso dal dovere di mantenere alta la tradizione di una stirpe, quale la sua, di così antica nobiltà, onusta di ancor recenti glorie militari. Da una parte, egli si dedica perciò con fervore alla raccolta di ogni testimonianza sul proprio casato, mobilita amici e parenti alla ricerca di codici e libri, mette insieme una galleria di ritratti degli antenati, redige una genealogia della famiglia e medita di scriverne la storia. Ma non può contentarsi di celebrare i fasti passati. Conscio com'è del "non essere una lode molto sostanziale quella dell'antica nobiltà", ansioso di "vivere colla sua, non coll'altrui gloria", messe da parte la guerra e la politica, il C. individua nel mondo dei letterati il campo d'elezione dove mietere le glorie confacenti al suo nome. In quest'ottica vanno visti dunque il suo ricercare l'amicizia dei letterati e degli eruditi di maggior fama, come il poeta di corte P.A. Bernardoni, L.A. Muratori, A. Zeno, l'iscrizione alle accademie della Crusca e d'Arcadia, l'ostentato mecenatismo, l'assunzione di costose imprese editoriali; ma di qui vengono anche i limiti di un rapporto che da entrambe le parti raramente appare di genuina adesione e confidenza, ma suona piuttosto artificioso e superficiale, e talvolta patetico e meschino.
Particolarmente denso fu il carteggio tra il C. e il Muratori. Inviatogli nel 1707 un sonetto in lode della sua opera sulla Perfetta poesia, il C. ne ricevette una risposta che lo lusingava a continuare a sottoporgli le sue composizioni. Dopo un primo periodo di scambio particolarmente intenso e piuttosto complimentoso, culminato con la dedica al C. dell'edizione delle Rime petrarchesche curata dal Muratori, il rapporto epistolare diviene più rado, ma si fissa anche su argomenti meno peregrini: al C., che di tanto in tanto gli manda le sue poesie, Muratori risponde ora con maggior dimestichezza, senza risparmiare critiche puntuali, e se del caso esplicite dissuasioni dall'intraprenderne la pubblicazione, e cerca di canalizzarne piuttosto l'interesse nella ricerca erudita, esortandolo a rendere "un servigio mirabile agli eruditi" col pubblicare i documenti dell'archivio di famiglia; per parte sua, egli approfitta del C. per ottenere copie e collazioni di codici conservati nella Biblioteca cesarea, promettendo beninteso in cambio solenni e pubblici riconoscimenti. In due occasioni, nel 1721 e nel 1730, al ritorno del C. da Roma, i due si incontrtrono a Modena; poi i loro rapporti si interruppero, tanto che il Muratori non seppe della sua morte che tre anni dopo che era avvenuta, dal trevisano Luigi Scotti.
Piuttosto intensa fu anche l'amicizia di C. con Apostolo Zeno. Anche allo Zeno egli presentava le sue opere, ricevendone un giudizio più benevolo di quello del Muratori; il letterato veneziano era del resto in quotidiano contatto col C., se ne serviva per le sue raccomandazioni a corte, e molto spesso si trovava ospite alla sua tavola, in compagnia di altri italiani più o meno illustri di cui il C. amava circondarsi. Fu appunto lo Zeno a mettere in contatto con il C. la sua discepola Luisa Bergalli, esortandola a coltivare una corrispondenza che poteva soddisfare la vanità dell'uno ed il bisogno di appoggi e aiuti dell'altra. La Bergalli dedicava appunto al C. il suo primo dramma, l'Agide, e gli inviava sonetti pieni di adulazioni (questi "insuperbisce di vedersi celebrato e cantato con sì bei versi", le scrive lo Zeno), finché il C. decise di affidarle il progetto in cui maggiormente riponeva le sue ambizioni celebrative: la riedizione delle Rime di Gaspara Stampa, che cantavano l'infelice amore della celebre poetessa per Collatino di Collalto. L'opera usciva a Venezia nel 1738, e comprendeva anche le rime di Collatino e Vinciguerra Collalto, oltre ai componimenti di diversi autori contemporanei, tra cui Carlo e Gaspare Gozzi. Ma a spadroneggiarvi era il C. stesso che, oltre che come promotore e dedicatario della raccolta, vi compariva con una biografia della Stampa, con una canzone e con quarantaquattro sonetti, che, intrecciandosi come in un dialogo con quelli della Bergalli, pretendevano emulare poeticamente la vicenda di Gaspara e Collatino, circostanza questa che alla malignità di taluno parve indicare l'esistenza di una reale passione d'amore tra i due.
Ma non furono queste per il C. le uniche occasioni di vedere il proprio nome stampato sui frontespizi. Se vana era stata la sua insistente pretesa di farsi dedicare un tomo del Rerum Italicarum Scriptores, che fu forse la causa del raffreddamento dei suoi rapporti col Muratori, non mancarono di offrirglisi altre opportunità, grazie alla fama ormai acquisita di essere un buon contraente nel "mercato delle dediche" del primo Settecento.
Erano difatti dedicati tutti a lui i diversi tomi dell'intera opera poetica del gesuita napoletano Nicolò Partenio Giannettasio, per la cui edizione presso Raillard a Napoli il C. aveva sostenuto interamente la spesa; nel 1723 Scipione Maffei gli dedicava la sua raccolta del Teatro italiano, e due anni dopo Giannantonio Volpi, che aveva bisogno dell'appoggio del C. presso Andrea Corner, da poco ambasciatore veneziano a Vienna, per ottenere una cattedra all'università di Padova, gli offriva i suoi tre libri di carmi latini. Così ancora al C. pensava Filippo Argelati che, avendo pubblicato nel 1729 le cronache di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, intendeva dedicarle "a qualcheduno che donasse qualcosa", e persino il gesuita siciliano Michele Romeo che, avendo letto il nome del C. nelle opere del Giannettasio, si offriva di dedicargli un suo "tometto", "promettendo una dedica pingue" in cambio dei 25 scudi necessari alla stampa.Il C. morì a Pirnitz (od. Brtnice, presso Jihlava) il 26 dic. 1740.
Le Rime del C. nonché le sue Memorie... intorno alla vita di Gaspara Stampa e intorno a Collaltino,e Vinciguerra II conti di Collalto sono pubbl. in Rime di madonna Gaspara Stampa..., Venezia 1738; a nome del C. è la Genealogia rectae,imperturbataeque lineae..., s.n.t. [ma probabilmente Vienna 1730].
Fonti e Bibl.: Il ricchissimo arch. privato della famiglia Collalto si trova allo Státni Oblastní Archiv di Brno: in particol. la corrispondenza del C. è raccolta nelle buste 2160, 2240, 2241, 2243, 2244, 2245, 2246, 2253, 2254, 2255, 2280; i suoidispacci dal conclave sono a Vienna, Haus-, Hof- und Staatsarchiv, Staatenabteilungen,Rom-Korresp., cart. 113; minute dei dispacci sono conservati Ibid., Botschaftsarchiv Rom-Vatikan, serie I, filze non numerate; venti lettere del C. al Muratori sono alla Biblioteca Estense di Modena, Archivio muratoriano, filza 60, fasc. 7. Vedi inoltre Arch. di Stato di Venezia, Miscell. codici,Storia veneta, 18: M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, p. 401; Ibid., Avogaria di Comun,Libro d'oro nascite, reg. 61, c. 103; Ibid., Avogaria di Comun,Matrimoni, reg. 94, c. 65, e, per le nozze dei genitori, reg. 93, c. 77v; Ibid., Provveditori sopra feudi,Libro d'oro de' vari titolati, b. 1147, c. 440; notizie sulla missione del C. a Roma: Ibid., Senato Secreta,Dispacci ambasciatori,Germania, filza 224, cc. 23-24; Ibid., Senato Secreta,Dispacci ambasciatori,Roma filza 251, cc. 56v, 105v, 116-117, 123, 139; Venezia, Biblioteca naz. Marciana, ms. It., cl. VII, 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, c. 272v; Ibid., ibid. 205 (= 7463): R. Curti, Serie delle famiglie nobili venete, II, cc. 86v, 87, 92; Ibid., Bibl. del CivicoMuseo Correr, ms. P.D., c. 113: Raccolta de' fatti e memorie... della casa... Collalto...; Ibid., Arch. Morosini-Grimani, b. 415. Genealogia... principis A. R. Collalti...; Ibid., ibid. b. 54: A. Scarselini, Libro de novizzi,che à mettuto vesta… che principia l'anno 1694…, c. 32; Ibid., cod. Cicogna, b. 306: Ristretto della vita di Rambaldo conte di Collalto tradotta... per ordine del conte A.R. di C. 18 maggio 1710 in Vienna. Lettere del C. dal conclave al conte Carlo Borromeo plenipotenziario imperiale sopra i feudi sono state pubblicate da F. Calvi, Curiosità stor. e diplomatiche del sec. decimottavo, Milano 1878, pp. XIII-XVII, 1-27; sull'azione del C. a Roma vedi anche G. Lioni, Storia di un conclave. Lettere di mons. Girolamo conte Lioni, Venezia 1878, pp. 23, 25, 31, 33-35, 39, 49; vedi inoltre A. Zeno, Lettere... Venezia 1785, III, pp. 300, 306, 340, 348, 378, 386, 387 s., 395, 406 s., 410, 421, 447, 454 s.; IV, pp. 11, 15, 23, 40, 57, 63, 66, 124, 174, 179 s., 191, 275, 308, 424; V, p. 150; L.A. Muratori, Epistolario, a cura di M. Campori, III, Modena 1902, pp. 927, 944 s., 991, 997, 1003 s., 1014 s., 1022, 1039, 1068 s., 1080 s., 1160 s., 1167 s., 1177 s., 1185, 1221; IV, ibid. 1902, pp. 1262, 1264 s., 1272, 1321, 1346-1359, 1361, 1372-1374, 1398 s., 1423, 1462, 1483, 1488, 1624 s.; V, ibid. 1903, pp. 2108, 2116 s., 2155; VI, ibid. 1903, pp. 2219, 2344 s., 2358, 2419, 2421, 2460 s., 2475 s., 2481, 2497 s., 2541, 2551, 2573; VII, ibid. 1904, pp. XIII, 2856 s., 2879, 2897, 2939, 2959, 3016; VIII, ibid. 1905, p. 3398; X, ibid. 1906, p. 4431; Edizione naz. del carteggio di L.A. Muratori, III, Carteggio con F. Argelati, a cura di C. Vianello, Firenze 1976, pp. 254, 310 s., 353; XLIV, Carteggi con Ubaldini... Vannoni, a cura di M.L. Nichetti Spanio, ibid. 1978, p. 373; XLVI, Carteggi con Zacagni…Zurlini, a cura di A. Burlini Calapai, ibid. 1975, pp. 356, 361, 363, 370, 405; S. Maffei, Epistolario (1700-1755) a cura di C. Garibotto, Milano 1955, I, p. 457. Per le opere dedicate al C. vedi: Le rime di F. Petrarca..., a cura di L.A. Muratori, Modena 1711; N.P. Giannettasio, Opera omnia poetica, I, Neapoli 1715; Id., Naumachia,seu De Bello Navali libri V, Neapoli 1715 (di cui dà notizia il Giornale de' letter. d'Italia, XXIII [1715], p. 463); Id., Xaverius viator,seu Saberidos, Neapoli 1721; S. Maffei, Teatro ital., o sia Scelta di tragedie per uso della scena, Verona 1723; L. Bergalli, Agide re di Sparta. Drammaper musica, Venezia s.d. [ma 1725]; G.A. Volpi, Carminum libri tres, Patavii 1725; un ringraziamento di Muratori al C. in Rerum Italicarum Scriptores, XIX, Mediolani 1731, p. 741; un cenno alla ristampa delle Rime della Stampa in C. Gozzi, Mem. inutili, a cura di G. Prezzolini, I, Bari 1910, p. 40; vedi infine Serie cronol. di tutti i privilegi concessi e riconfermati alla fam. dei conti di Collalto, Venezia 1798, pp. 34 ss.; Statuta Collalti cura Francisci Ferro edita, Tarvisii 1859, pp. 75 s.; G. Fontanini, Bibl. dell'eloquenza italiana…, note di A. 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