PUCCI, Antonio
PUCCI, Antonio. – Nacque a Firenze l’8 ottobre 1485 da Alessandro di Antonio e da Sibilla Sassetti.
La sua famiglia si caratterizzava per il costante sostegno assicurato ai Medici, tanto che il padre (1454-1525) subì un periodo di eclisse dopo il crollo del regime mediceo nel 1494. La madre, figlia di Francesco Sassetti, direttore generale del banco Medici, è raffigurata negli affreschi della cappella Sassetti nella chiesa fiorentina di S. Trinita, opera di Domenico del Ghirlandaio.
Benché figlio primogenito, Pucci fu precocemente avviato allo status ecclesiastico, dato che nel 1497 divenne canonico della chiesa cattedrale di Firenze, per rinunzia a suo favore dello zio Lorenzo Pucci. Molti autori (sulla scorta di Rosati, 1766, p. 152) affermano che frequentasse lo Studio di Pisa, ma non è emersa alcuna testimonianza documentaria. L’ipotesi più probabile, fondata su un documento del 1499 (Archivio di Stato di Firenze, Venturi Ginori Lisci, 256, c. 13) è che Pucci abbia invece portato a termine la sua formazione culturale a Roma, presso lo Studium Romanae Curiae. Intraprese poi la carriera curiale sotto l’egida dello zio Lorenzo, che rinunciò in suo favore a uffici di Curia e a benefici ecclesiastici: nel 1509 il subdecanato della chiesa cattedrale fiorentina; nel 1513 l’ufficio di chierico di Camera; nel 1515 quello di summator litterarum apostolicarum; il 5 novembre 1518 il vescovato di Pistoia che nel 1541 Pucci avrebbe ceduto a sua volta allo zio Roberto; dal 23 agosto 1527 l’ufficio di sollecitatore delle lettere apostoliche; dal 1° ottobre 1529 la carica di penitenziere maggiore. Innumerevoli i benefici da lui cumulati, fra i quali la pieve di S. Andrea a Empoli, che nel 1531 fece elevare a propositura.
In quanto membro di una famiglia tradizionalmente alleata con i Medici, Pucci fu molto valorizzato durante il pontificato di papa Leone X: partecipò ad alcune sessioni del quinto Concilio Lateranense, nell’ambito del quale, nella sua qualifica di chierico di Camera, pronunciò, il 5 maggio 1514, il discorso di apertura della nona sessione; il testo di questa orazione fu stampato (Roma, M. Silber, 1514). Con la bolla Cum nos hodie del 29 maggio di quello stesso anno Pucci fu nominato nunzio apostolico in Portogallo, dove ancora non esisteva una rappresentanza permanente della S. Sede. Lo scopo della missione era quello di sollecitare il re Manuele I alla crociata contro i turchi e permettergli di utilizzare parte delle entrate del patrimonio di chiese e monasteri per organizzare una spedizione in Marocco contro i mori. La missione si protrasse fino al mese di maggio del 1515. Durante il soggiorno in Portogallo Pucci entrò in rapporti con il mercante-esploratore Giovanni da Empoli che, alla vigilia del suo secondo viaggio verso le Indie, gli lasciò il compito di liberare un suo schiavetto.
Nel dicembre del 1515 partecipò a Bologna all’incontro tra Francesco I di Valois e Leone X, successivo alla battaglia di Marignano. Fu durante il soggiorno bolognese che Pucci entrò in rapporti con la nobildonna, poi beata, Elena Duglioli Dall’Olio, legami in seguito rinsaldati attraverso un matrimonio fra nipoti; in questa occasione fu commissionata a Raffaello, attraverso lo zio Lorenzo Pucci, la tavola dedicata all’Estasi di santa Cecilia, per l’omonima cappella nella chiesa bolognese di S. Giovanni in Monte. Nel maggio del 1517 Pucci fu inviato come commissario pontificio a Perugia, allora teatro degli scontri fra membri della famiglia Baglioni.
Il 9 agosto 1517 fu designato nunzio nei Cantoni svizzeri. Lo scopo principale di questa missione era risolvere una situazione conflittuale tra Papato e Confederazione elvetica per il mancato pagamento di paghe arretrate ai mercenari svizzeri. Pucci partì fornito di cospicue somme di denaro e poté appianare la situazione. Il 5 novembre 1518, per rinunzia a suo favore del cardinale Lorenzo Pucci, divenne vescovo di Pistoia, dignità di cui prese possesso il successivo 17 gennaio 1519; nel periodo febbraio-aprile 1519 iniziò una visita pastorale della diocesi, continuata nel giugno-agosto 1520, ma poi condotta a termine dal suo vicario. Nell’intervallo fra le due sessioni, a partire dal 21 settembre 1519, aveva effettuato una seconda missione presso gli svizzeri in tutto analoga alla precedente. Il 21 novembre 1521 Pucci, che si trovava già da qualche tempo in Emilia come commissario del papa presso i mercenari svizzeri, prese possesso a nome di Leone X di Piacenza, recentemente tornata sotto il dominio della S. Sede insieme con Parma.
Il 12 marzo 1525, quando già si trovava a Milano per osservare i movimenti degli eserciti francese e imperiale, fu inviato a visitare il re Francesco I, tenuto prigioniero nella rocca di Pizzighettone, dopo essere stato sconfitto nella battaglia di Pavia (24 febbraio 1525), per esprimere al sovrano la vicinanza spirituale del pontefice. Pucci si trovava a Roma durante il saccheggio della città da parte dei lanzichenecchi, nel maggio del 1527. Clemente VII, dopo essersi rinchiuso in Castel Sant’Angelo, dovette accettare il 5 giugno il pagamento di un forte riscatto. In attesa che potesse mettere insieme la somma, Filiberto di Chalons principe di Orange, comandante delle truppe di occupazione, pretese la consegna di alcuni ostaggi, scelti fra i prelati e i personaggi più vicini al pontefice, uno dei quali fu Pucci. Riuscito a liberarsi con una fuga rocambolesca, si riunì al papa a Orvieto.
L’anno 1528 fu quasi interamente trascorso da Pucci in missioni diplomatiche: Clemente VII, una volta recuperata la libertà, condusse per qualche tempo una politica estera altalenante fra i due schieramenti facenti capo rispettivamente a Francesco I e all’imperatore Carlo V, in attesa di decidere quale fosse il partito più conveniente per la S. Sede, ma soprattutto al fine di ristabilire il potere mediceo su Firenze. In quel periodo l’incertezza e i continui ripensamenti portarono all’invio a ripetizione di nunzi straordinari alle diverse corti d’Europa; in particolare a quelle dei due principali contendenti, fra i quali Clemente VII mirava a porsi come mediatore e negoziatore di pace. Fu in questa veste che Pucci fu inviato, nel febbraio del 1528, in Francia, da dove avrebbe dovuto proseguire per la Spagna, alla corte di Carlo V.
Di nuovo a Roma, il 1° ottobre 1529 Pucci acquisì, per cessione a suo favore dello zio Lorenzo, l’importantissima carica di penitenziere maggiore, che tenne fino alla morte e per la quale erano stati a suo tempo sborsati alle casse pontificie 25.000 ducati.
La Penitenzieria, uno dei principali tribunali pontifici, aveva poteri vastissimi in materia di concessione di grazie, dispense e indulgenze, e impiegava un cospicuo numero di collaboratori. Questo dicastero fu pertanto uno degli obiettivi principali della commissione nominata da papa Paolo III nel novembre del 1536 per una riforma dei costumi del clero e delle istituzioni curiali. Pucci si batté strenuamente contro la riforma, soprattutto in difesa degli ufficiali che avevano acquistato la carica con esborso di denaro, situazione che egli stesso aveva sperimentato. A causa di quest’opposizione, condivisa anche da altri prelati, la riforma rimase sostanzialmente inapplicata per diversi anni.
Il 27 settembre 1531 Pucci fu creato cardinale con il titolo presbiteriale dei Quattro Santi Coronati (lo stesso attribuito a suo tempo a suo zio Lorenzo, con il quale, per questo motivo, è stato spesso confuso); il 14 novembre 1541 cambiò il titolo in quello di S. Maria in Trastevere; il 15 febbraio 1542 optò per il titolo di cardinale-vescovo di Albano e l’8 gennaio 1543 per quello di cardinale vescovo di Sabina. Fu amministratore della diocesi di Vannes dal 1529 al 1541.
Anche dopo la morte di Clemente VII rimase molto legato alla famiglia Medici, tanto che fu scelto per celebrare, il 16 giugno 1536, il matrimonio di Alessandro de’ Medici, primo duca di Firenze, con Margherita, figlia naturale di Carlo V. Ebbe anche un ruolo importante nelle finanze pontificie, subentrando allo zio Lorenzo come cardinale patrono del Monte della fede, l’istituto di credito creato da Clemente VII nel 1526 per finanziare la guerra contro i turchi.
Dal 1538 fu governatore di Bagnoregio, dove morì il 12 ottobre 1544.
Fu sepolto nella basilica romana di S. Maria sopra Minerva, presso il sepolcro di Leone X. Fu noto anche come teologo e uomo di cultura, come testimoniano alcune sue opere stampate nel corso del XVI secolo.
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