PRACANICA, Antonio
PRACANICA, Antonino. – Nacque a Catania nel 1814 da Giovanni e da Rosaria Raffa, entrambi di origine messinese.
Poco incline agli studi, «amabile, generoso, ardito, ma quasi illetterato» (L’eco del Faro, 25 agosto 1863), fin da giovanissimo esercitò la fortunata attività del padre, prima operaio-artigiano, poi commerciante e proprietario di una grande conceria di pelli. Nel corso dei lunghi viaggi intrapresi per motivi legati al suo lavoro ebbe modo di entrare in contatto, specialmente a Malta, «focolaio delle rivoluzioni siciliane» (Finocchiaro, 1906, p. 314), con diversi esuli, con i quali condivise le idee liberali e più tardi la cospirazione contro il dispotismo borbonico. Nel 1837 partecipò attivamente alle rivolte di Catania e di Messina. Arrestato e sfuggito alla ghigliottina, nel 1839 fu scarcerato grazie alle suppliche e alle petizioni del padre, ma rimase sotto stretta sorveglianza della polizia borbonica. Nel 1841 l’intendente di Messina Giuseppe De Liguoro vietò espressamente agli operai della fabbrica di Pracanica l’uso sospetto del berretto rosso «non già perché si scorge alcun di criminoso», ma a «prevenire che altre fabbriche ad imitazione di quella, avessero indossato alcun oggetto» (Nota dell’intendente di Messina al Luogotenente generale in Sicilia, 30 novembre 1841, Archivio di Stato di Palermo, Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente generale in Sicilia, Ripartimento polizia, filza 339, f. 37).
Da lì a qualche anno Pracanica si accostò a quegli ambienti rivoluzionari che, sotto la spinta delle nuove idee di patria e di libertà dibattute nei circoli letterari e su giornali come La Sentinella del Faro e Lo Spettatore Zancleo, alimentarono una nuova stagione cospirativa. Fu lo stesso Pracanica, inoltre, a tenere i contatti con i maggiori rappresentanti del comitato reggino (fra i quali Casimiro De Lieto, Paolo Pellicano, Antonio ed Agostino Plutino) allo scopo di preparare un movimento insurrezionale che partisse simultaneamente da Messina e da Reggio.
Prese parte, così, ai moti messinesi del 1° settembre 1847, organizzando insieme a Giovanni Krymi e Paolo Restuccia, le squadre armate che mossero concordemente da due punti estremi della città, alla stessa ora, le quattro e trenta del pomeriggio. Pracanica guidava il gruppo Sud, costituito dal borgo Zaera e dal borgo Portalegni, insieme ai fratelli Vincenzo e Girolamo Di Mari, ad Antonio Miloro e ad Andrea Nesci. Fallita la rivolta, il suo nome, insieme ad altri nove, venne inserito nella ‘Lista di fuorbando preparatoria’. In essa era specificato che nella successiva ‘Lista definitiva’ gli iscritti «potranno essere impunemente uccisi non solamente dalla forza pubblica, ma da qualunque altro» (Archivio di Stato di Messina, Magistrato Straordinario, Processi criminali, 1821-1847, b. 6, f. 68). Sottrattosi alla cattura, Pracanica fu condannato a morte in contumacia. Rifugiatosi a Londra, fece ritorno a Messina allo scoppio della rivoluzione del 1848. Durante il periodo dell’assedio, nominato comandante generale le armi, fece parte di una commissione straordinaria istituita dal Comitato generale cittadino con funzioni di corte penale ordinaria, a difesa della pubblica tranquillità e per la repressione dei crimini. Fu altresì nominato componente di una seconda commissione creata dal Comitato generale cittadino con il compito di assumere i patrioti, in possesso dei necessari requisiti, in sostituzione degli impiegati dell’amministrazione borbonica epurati dal nuovo governo.
Sul suo conto i contemporanei espressero giudizi contrastanti. Ambizioso e privo di salde convinzioni politiche, secondo Giuseppe La Farina e Pasquale Calvi, dai quali fu criticato aspramente per la scelta disinvolta di schierarsi ora con l’una ora con l’altra fazione circa il modo più appropriato di difendere la città dello Stretto: nel marzo 1848, vicino al gruppo repubblicano di Messina rappresentato fra gli altri da Giovanni Interdonato, Emanuele Pancaldo, Luigi Pellegrino, non esitò ad appoggiare il colonnello d’artiglieria del governo provvisorio Vincenzo Giordano Orsini, ex tenente borbonico, appena giunto in città per assumere il comando della divisione. Dall’altra parte, i giornali di quegli stessi anni lo rappresentavano come «vero amante e non negoziatore della libertà», pronto all’occorrenza a dilapidare il proprio patrimonio per la «santa causa» (La Costituente italiana, 30 marzo 1849).
Nella primavera del 1849 Pracanica partecipò alla sfortunata campagna in difesa di Taormina e Catania, diretta dal generale polacco, repubblicano e mazziniano, Ludwik Mieroslawski, arruolato dal ministro della Guerra del governo provvisorio La Farina, allo scopo di potenziare l’azione delle esigue forze armate siciliane.
Esule a Malta per circa un anno, più tardi da Marsiglia, rintuzzò le accuse del militare polacco, che aveva imputato pubblicamente la sconfitta ai soli siciliani.
Sotto il nome del suo aiutante di campo, Mieroslawski aveva, infatti, dato alle stampe una relazione in cui accusava Pracanica di vigliaccheria (J. Jerzmanowski, Rélation de la campagne de Sicile en 1849 par un aide de camp du général Mieroslawski, Paris 1849). Nella Risposta documentata a Luigi Mieroslawski, comandante la 1ª divisione militare dell’Esercito nazionale in Sicilia nel 1849 (Italia 1850), dettata al segretario Giuseppe Monasta, Pracanica definì a sua volta Mieroslawski «improvvido e sinistro conduttore di armate rivoluzionarie» (p. V), attribuendogli numerosi errori di strategia militare compiuti sul campo, a Taormina e a Catania. In particolare, egli addebitò al polacco l’imprecisione degli ordini impartiti agli ufficiali, nonché l’incapacità di predisporre un adeguato piano offensivo contro le forze borboniche superiori di numero rispetto a quelle siciliane.
Espulso dal territorio francese per la sua attività cospirativa, riparò ad Algeri.
Pracanica non si sposò e non risulta aver avuto figli. Morì a Odessa il 24 agosto 1854.
Fonti e Bibl.: Archivio di famiglia del dottor Giuseppe Pracanica; Archivio di Stato di Palermo, Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente generale in Sicilia, Ripartimento polizia, 1842, filza 339, f. 37; Archivio di Stato di Messina, Magistrato Straordinario, Processi criminali (1821-1847), bb. 4, ff. 23, 68 s., 82; 6, ff. 68, 73, 82. La Risposta documentata a Luigi Mieroslawski…, cit., si può leggere, priva dell’Appendice, in G. La Masa, Aggiunta ai documenti della rivoluzione siciliana del 1847-49 in rapporto all'Italia, Torino 1851, pp. 147-168; A. Pracanica, Cenno necrologico per il IX anniversario della morte di A. P., in L’Eco del Faro, 25 agosto 1863.
J. Jerzamanowski, Rélation de la Campagne de Sicile en 1849, cit., pp. 3, 21-24, 27 s., 30, 45; P. Calvi, Memorie storiche e critiche della rivoluzione siciliana del 1848, Londra 1851, pp. 45, 265 s., 268, 270 s.; G. La Masa, Documenti illustrati della rivoluzione siciliana dal 1847 al 1849 in rapporto all'Italia, I, Torino 1850, pp. 69 s.; G. La Farina, Storia della rivoluzione siciliana e delle sue relazioni coi governi italiani e stranieri 1848-49, I, Milano 1860, pp. 9,117, 317,326; II, pp. 11 s., 254, 256, 258 s., 269, 273, 282; C. Gemelli, Storia della rivoluzione siciliana del 1848-49, Bologna 1867, pp. 149, 242; A. Caglià-Ferro, Monografia sui fatti del 1° settembre 1847 in Messina, Messina 1890, pp. 27, 31, 35, 43; F. Guardione, Il primo settembre 1847 in Messina, Palermo 1893, pp. 40, 44, 46, 69; V. Finocchiaro, La rivoluzione siciliana del 1848-49 e la spedizione del general Filangieri, Catania 1906, ad ind.; Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 378; M. Canto, Dizionario degli uomini illustri messinesi, p. 293; E. Casanova, Il comitato centrale di Palermo (1849-1852), in Rassegna storica del Risorgimento, XIII (1926), 3, p. 816; G. Falzone, Un nome troppo discusso: il generale Mieroslawski e la storiografia polacca, in Archivio storico siciliano, III (1961), pp. 305 s.; L. Tomeucci, Messina nel Risorgimento. Contributo agli studi sull’Unità d’Italia, Milano 1963, ad ind.; P. Preitano, Biografie cittadine, Messina 1881 (ristampa anastatica, Messina 1994), ad ind.; K. Zaboklicki, Il generale Ludwik Mieroslawski, difensore di Catania nel 1849, in Archivio storico per la Sicilia orientale, XCIII (1997), 1-3, pp. 63 s.