PESSAGNO, Antonio
PESSAGNO, Antonio. – Membro di una delle famiglie di ceppo vicecomitale che costituivano il nucleo più antico dell’aristocrazia mercantile genovese: è ignoto il nome dei genitori. La prima attestazione relativa alla sua attività ce lo presenta già impegnato sul mercato inglese, solo da poco aperto alla presenza dei mercanti genovesi.
A partire dal 1278, le galee genovesi avevano riaperto il collegamento diretto fra il Mediterraneo e l’Europa nord-occidentale raggiungendo i porti inglesi e fiamminghi. Con l’inizio del XIV secolo questi rapporti andarono consolidandosi, parallelamente all’intensificarsi della navigazione genovese verso il Nord, e l’Inghilterra, luogo di produzione di lane di prima qualità assai richieste sui mercati internazionali, divenne un importante campo di azione per gli esponenti dell’aristocrazia mercantile ligure.
Nel 1310 su questo mercato apparve dunque il giovane Pessagno (che nel 1313 risulta non avere ancora 25 anni) e da subito stabilì stretti rapporti con la corte e con il sovrano, Edoardo II, al quale iniziò a fornire prodotti di lusso e, soprattutto, consistenti prestiti: insignito nel 1312 della qualifica di mercator regis, già nel 1311 – primo straniero a ottenere una tale garanzia per i propri crediti – ricevette in consegna i gioielli della Corona, compresa la cosiddetta Eagle crown, che riconsegnò alla Tesoreria il 10 ottobre 1312, e nel 1313 il suo credito ammontava a ben 7380 sterline. A partire da questo momento, nel giro di pochi anni Pessagno prestò alla Corona cifre enormi, che risultarono praticamente impossibili da restituire, a tal punto che il re fu costretto a ricorrere a espedienti sempre più drastici nel tentativo di riuscire a saldare un debito che cresceva tuttavia vertiginosamente sia per l’accumularsi degli interessi, sia per i nuovi prestiti che il sovrano era continuamente costretto a chiedere proprio al mercante genovese dalla ricchezza apparentemente inesauribile.
In una progressione inarrestabile, furono impegnati a Pessagno – le cui proprietà personali erano già state esentate da ogni forma di tassazione – i proventi delle miniere di stagno della Cornovaglia, le entrate doganali di alcuni dei porti principali per l’esportazione della lana, gli introiti della decima percepita in Irlanda e, successivamente, tutte le rendite del Regno d’Irlanda e infine, quando ormai i suoi crediti avevano raggiunto l’astronomica somma di 15.000 sterline e il rimborso delle cifre a lui dovute era considerato prioritario persino rispetto al rimborso dei crediti vantati dagli agenti della Compagnia dei Bardi, tutti gli introiti delle dogane del Regno, nonché le rendite della sede arcivescovile di Canterbury, all’epoca vacante.
Tale potenza economica non poteva essere disgiunta da una crescente influenza politica, chiaramente attestata dall’ascesa di Pessagno nella gerarchia di corte: nel 1314 era qualificato come yeoman del re e nello stesso anno, oltre a condurre un’ambasceria riservata presso la curia pontificia e quella francese per conto del sovrano, ricoprì per un certo tempo la carica di tesoriere ricevendo in custodia i gioielli della Corona, a garanzia delle cifre prestate; nel 1315 gli vennero concessi, a conferma del suo nuovo status sociale, gli speroni d’oro di cavaliere (e una rendita di 3000 sterline). In tale veste Pessagno prestò fideiussione, insieme ad alcuni membri della più alta aristocrazia del Regno, per la concessione al re da parte delle gerarchie ecclesiastiche di prestiti destinati a finanziare le operazioni militari contro la Scozia; nel 1317 ottenne infine in dono il manor di Kennington, presso Lambeth, sulla riva sud del Tamigi.
Pessagno era divenuto ormai così influente da poter raccomandare all’attenzione del re anche membri delle casate nobiliari genovesi (la moglie, Leona, apparteneva alla casata dei Fieschi), e ciò disturbava molti influenti personaggi della corte, i quali decisero di far cadere il potente parvenu in una ‘trappola’ politica rivolgendo contro di lui la sua stessa ambizione. L’offerta della carica di siniscalco del ducato di Aquitania, accompagnata dalla concessione della signoria di Créon e dell’isola di Oléron, era infatti troppo allettante perché il genovese potesse rifiutarla (anche perché attraverso il controllo dei porti guasconi la sua famiglia, che tramite il fratello Emanuele disponeva degli scali portoghesi, avrebbe di fatto avuto nelle proprie mani buona parte della tratta atlantica della rotta che congiungeva il Mediterraneo all’Europa del Nord). Tuttavia, la situazione politica, amministrativa e militare dei possessi inglesi in Francia era così compromessa in quel momento, che la sua attività in questo ruolo era destinata al fallimento e si verificò ciò che i suoi avversari avevano previsto: la caduta del Ponthieu in mani francesi, i disordini in Guascogna e l’anarchia dei reggitori di Bayonne travolsero gli sforzi di Pessagno, il quale cadde conseguentemente in disgrazia, scomparendo da ogni registrazione della Cancelleria dopo il 1320.
Non abbiamo indicazioni certe sulla sua attività negli anni successivi, ma è probabile che si sia trasferito in Francia o in Portogallo, come proverebbe il fatto che nel 1325 Edoardo II temeva che fosse in procinto di organizzare con l’appoggio del fratello Emanuele una squadra di galee con la quale attaccare le navi inglesi. Pessagno ricompare nella documentazione inglese nel 1330-31 quando si presentò a rivendicare i crediti ancora non saldati da parte della Corona davanti al nuovo re, Edoardo III, che lo impiegò in seguito quale ambasciatore in Francia e ad Avignone e lo insignì del titolo di chevalier banneret, che gli consentiva di essere invitato a partecipare al Parlamento.
Considerato nuovamente uno degli uomini di fiducia del re, Pessagno ebbe incarichi di alta responsabilità, quale quello di sovrintendere al trasferimento del Gran Sigillo del Regno dal vecchio cancelliere d’Inghilterra al suo successore, che attestano come egli fosse integrato nell’ambiente aristocratico inglese, tanto che gli ultimi documenti fino a ora reperiti lo presentano, come «Sir Anthony Pessayne», mentre si apprestava a accompagnare il re con un seguito di armati nella spedizione di Fiandra del 1338 che avrebbe dato il via alla guerra dei Cent’anni.
Dopo quest’ultima menzione egli scompare dalla documentazione, ed è probabile che la sua morte sia anteriore al 1340.
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