PASINETTI, Antonio
PASINETTI, Antonio. – Nacque a Montichiari (Brescia) il 2 agosto 1863 da Paolo e Laura Brisadola, commercianti di sete e filati di modeste condizioni economiche, lei proveniente da una famiglia di artigiani del rame di Calvisano che da diverse generazioni tramandava l’arte del metallo. Giovanissimo apprese i primi rudimenti di pittura dal concittadino Faustino Zanini, dipingendo all’età di dieci anni un S. Rocco ad affresco in una cappelletta sulla strada del cimitero del paese (A. P…, 1995, p. 10). La sua formazione artistica proseguì a Brescia, dove trascorse un anno presso la bottega del pittore monteclarense Luigi Campini, per poi iscriversi, nel 1876, alla Scuola comunale di disegno più tardi intitolata al Moretto, dove lo stesso Campini era maestro di figura.
Trasferitosi a Milano nel 1880, s’iscrisse alla Regia Accademia di Brera, dove fu allievo di Vespasiano Bignami, promotore del movimento della Scapigliatura, e conseguì in un solo anno il diploma per l’insegnamento del disegno. Bignami e Giuseppe Bertini insistettero affinché proseguisse i corsi, ma le ristrettezze economiche spinsero Pasinetti a tornare a Montichiari, dove fondò una Scuola d’arti e mestieri destinata a formare giovani artigiani dell’oreficeria, del ferro, della ceramica e delle arti applicate. Si trasferì poi a Verona, dove fra il 1882 e il 1883 frequentò la scuola del pittore Napoleone Nani, interprete delle nuove istanze naturaliste. Rappresentativa di questo periodo è l’opera Acqua ferma (1883, coll. priv.), che rivela, anche nella corposità materica, l’influenza del cosiddetto ‘impressionismo lombardo’ (A. P…, 1995, p. 8).
Specializzatosi nei generi del paesaggio e del ritratto, Pasinetti espose nel 1884 a Brera una Veduta del Garda che attirò notevole attenzione; da quell’anno fu presente con le proprie opere nelle principali manifestazioni artistiche nazionali e internazionali, da Milano (Triennali del 1894, 1897 e 1900, e Permanente per gli anni 1895-96, 1898-99, 1901, 1903, 1905, 1907, 1909-14, 1916-17, 1920, 1922-24, 1927-28 e 1930-40) a Torino (1898 e 1902), Brescia (1898), Como (1899), Pietroburgo (1902), San Francisco (1915), Brescia (1923), Venezia (1926), Roma (1928) e Firenze (1933).
Dal 1884 al 1886 insegnò disegno e calligrafia alla Scuola tecnica di disegno di Salò, collaborando alla creazione di una Scuola d’arti e mestieri sull’esempio monteclarense. Vinto il concorso per l’insegnamento statale, rinunciò alla cattedra in Sicilia e tornò a Montichiari nel 1886, riproponendo la Scuola e insegnandovi disegno per lavoro manuale. Soggiornò brevemente a Genova, Verona, Trento, Mantova, Venezia e sul Lago di garda, eseguendo ritratti (si ricorda quello del politico Agostino Bertani, del 1884, nel Museo del Risorgimento di Genova) e paesaggi dal vero. L’amicizia stretta con il letterato Giuseppe Guerzoni, illustre cattedratico dell’Università di Padova, da lui ritratto nel 1884 (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), portò Pasinetti a trasferirsi a Padova nel 1887.
Partecipò nel 1888 fra i pittori figuristi al concorso per una pensione triennale riservato agli artisti bresciani sui fondi del Legato Brozzoni, eseguendo come prove d’esame una «copia del nudo a disegno, nel primo giorno, ed esecuzione della medesima accademia a colori […] nei successivi tre giorni», seguite dallo «studio di una testa dal vero, a matita o colori […] negli ultimi due». Ottenne dalla giuria 28 punti su 50 (Gli artisti bresciani, 2009).
A Milano, dove si trasferì definitivamente nel 1889, aprì uno studio nel quartiere degli artisti, in via Solferino 43, che divise con lo scultore Paolo Troubetzkoy, stringendo amicizia con Mosè Bianchi, Orlando Grosso, Cesare Tallone, Leonardo Bazzaro, Giovanni Segantini, Antonio Mancini, Francesco Michetti, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Achille Secchi, Leonardo Bistolfi, Enrico Butti e Filippo Carcano. Frequentò anche le mostre della “Famiglia artistica”, l’associazione di artisti, letterati e musicisti nata da un’idea di Bignami come alternativa anticonvenzionale all’Accademia, dove transitarono gli elementi di spicco dei movimenti d’avanguardia sorti a cavallo dei due secoli, dalla Scapigliatura al Divisionismo, dal Futurismo a Novecento.
Nell’ultimo decennio del XIX secolo si affermò fra i ritrattisti prediletti dalla facoltosa borghesia lombarda, senza mai discostarsi dalla tradizione naturalista. La capacità di cogliere i tratti psicologici e fisiognomici lo rese stimato e richiesto da politici, banchieri, industriali e figure legate al mondo della musica. Fra questi Giuseppe Zanardelli, ministro di Grazia e Giustizia del governo Giolitti, che frequentò nella sua villa a Toscolano Maderno fra il 1890 e il 1894: il suo ritratto (1891, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo) fu selezionato tra le opere finaliste per il premio Principe Umberto alla Triennale di Milano del 1894. Ritrasse poi, fra gli altri, il musicista Ruggero Leoncavallo su commissione dell’editore Adolph Fürstner di Berlino (bozzetto a Milano, Museo teatrale alla Scala), il pianista Antonio Beltrami con la moglie Eloisa, e Giosuè Carducci. Nel 1900 fu invitato a Monza per ritrarre Umberto I, ma l’occasione sfumò per l’uccisione del re. Altri suoi celebri ritratti sono conservati, quando non altrimenti indicato, presso la Civica Pinacoteca Antonio e Laura Pasinetti di Montichiari che, istituita nel 2007, conserva circa cinquecento opere e materiali (libri, lettere, fotografie) provenienti dallo studio dell’artista; fra questi i ritratti della ballerina Leonilde Staccioni (1904), dell’ex sindaco di Montichiari Giovanni Antonio Poli (1913) e della signora Vitali (1916-20). Fanno eccezione i ritratti del banchiere Antonio Gelpi (1920 circa, già Milano, coll. Gelpi), quelli postumi dell’ingegnere Ernesto Pirola (1923), di Ambrogio Zonda e del maestro di canto e pianoforte Carlo Moretti per l’Ospedale Maggiore di Milano, del senatore Giovanni Treccani degli Alfieri (1924), dell’avvocato e senatore Giuseppe Marcora (1924, Milano, Fondazione Cassa di Risparmio delle provincie lombarde), dei coniugi Moneta (1925, già Milano, Casa dei Fatebenefratelli) e di padre Faustino Calvo, priore generale dei Fatebenefratelli.
L’affermata attività di ritrattista proseguì nel nuovo studio di via Carroccio 6 cedutogli dall’amico Tallone, parallelamente all’intensificarsi della produzione di paesaggi e di composizioni di carattere idilliaco influenzati dal simbolismo di Segantini. Audacemente pre-purista è la Figura alla finestra. Gravedona (1890, coll. priv.), mentre Visione di pace (1894, coll. priv.) è un quadro simbolista che dalla matrice segantiniana s’indirizza verso le più diafane smaterializzazioni previatesche, e Le Amiche (1900, nella Pinacoteca di Montichiari) fa già tesoro di quell’interpretazione di Segantini che porta diritto a Boccioni, ed è un quadro di robusta modernità (A. P…, 1995, p. 8).
Pasinetti realizzò paesaggi dal vero in occasione dei frequenti viaggi e soggiorni in Italia e all’estero, con una particolare predilezione per Venezia. Sin dalla metà degli anni Ottanta, infatti, soggiornò ogni anno presso l’Hotel Danieli, vendendo ai turisti le proprie vedute della città, una produzione oggi dispersa ma documentata da un gruppo di opere conservate nella Pinacoteca di Montichiari (San Giorgio, giornata di vento, 1924; Canal Grande, 1928 circa; Chiesa della Salute, 1928 circa; San Marco in festa, 1930; Rialto, 1930 circa) e in coll. priv. (Venezia-La Giudecca, 1925; Venezia-Riva degli Schiavoni [Piazzetta San Marco], 1928).
Al 1896 risale l’incontro con la giovane trevigiana Teresina Marchetto, che fece da modella per una serie di dipinti: tra questi L’Angoscia nella Pinacoteca di Montichiari, gli affreschi per una cappella funeraria a Senago (1902-03) e Ritornerà?, tela iniziata nel 1900 e rielaborata successivamente, ispirata al simbolismo patetico di Morbelli, del quale riprende anche la finissima tecnica divisionista, quasi “polverizzata” (La Civica Pinacoteca..., 2007, p. 39). Pasinetti e l’avvenente Teresina ebbero i figli Lauro (1899) e Leone (1901) e si sposarono nel 1901. Da una fotografia della donna col primogenito in braccio deriva la tela Maternità (1900, gia nella collezione Lauro Pasinetti), la cui iconografia fu poi ripresa ad affresco nella cappella funeraria della famiglia Bocconi nel Cimitero Monumentale di Milano (1905). La prematura morte per tifo di Teresina nel 1903 fu l’inizio di un periodo di progressivo isolamento per il pittore, acuito dalla cura dei figli e dalle difficoltà economiche. Vivendo di ritratti su commissione e dell’insegnamento nelle scuole serali, Pasinetti intensificò la sua produzione paesistica, dipingendo ‘impressioni’ dal vero, all’aperto, fedele ai precetti di Camille Corot. Le simboliche accensioni della tavolozza di Bratto di Val Seriana (1905, coll. priv.), una delle località predilette per trascorrervi periodi di vacanza (cfr. anche Bratto Val Seriana, 1903, coll. priv., e Casolari di Bratto, 1907, nella Pinacoteca di Montichiari), riconducono ai repertori divisionisti, mentre la tecnica divisionista adottata in Contadina bergamasca (1902-03; nella Pinacoteca di Montichiari) si unisce alla tematica sociale del lavoro nei campi ripresa da Jean-François Millet, affrontata in chiave simbolica in una serie di quadri conservati nella Pinacoteca di Montichiari, quali Pastore, Armonie, Angelus, Ave Maria, Riflessi a Spinone (1908), Coltura dei cavoli (1922), e in Contadina della Val Seriana (1910, Milano, Galleria d’arte moderna).
Nel 1910 Pasinetti si unì in seconde nozze con la marchigiana Concetta Cini (detta ‘Tina’; testimone di nozze fu l’ex allievo Arturo Tosi), dalla quale ebbe nel 1914 il figlio Ernesto. Gli anni Dieci si aprirono con alcune prove sperimentali che andavano dal pointillisme tardo-divisionista di Terrazza sull’Adriatico (1911, coll. priv.) e Magreglio (Lago di Como) nella Pinacoteca di Montichiari, alle soluzioni adottate nei quadri di figura, divenute poi caratteristiche della cultura déco italiana degli anni Venti.
L’intensificarsi della sua produzione paesistica si nutrì dei frequenti viaggi e soggiorni fuori Milano, sul Lago Maggiore, a Stresa, a Caprera, sulle Alpi, sul Monte Bianco e sullo Stelvio sulla scia di Segantini e Longoni, presso i laghi alpini di Ledro in Trentino, di Pusiano e Spinone in Brianza, presso il gruppo montuoso della Presolana, in Val Camonica (in particolare a Edolo), sull’Adriatico, in Sicilia e a Venezia. Nelle raffigurazioni dei laghi lombardi la sua pittura richiama gli studi degli scapigliati di seconda generazione, quali le impressioni sui Navigli di Emilio Gola o le vedute del lago Maggiore di Eugenio Gignous, stessi riferimenti delle sue prove a soggetto balneare, ad es. Marina-Adriatico (1911, coll. priv.) e un gruppo di opere nella Pinacoteca di Montichiari (Marina di Fano, 1911; Capanni a Fano, 1914; Ostia, 1909 circa; Santa Margherita Ligure, 1918; La Civica Pinacoteca..., 2007, p. 62).
Nel soggiorno a Caprera del 1911-12 Pasinetti dipinse una serie di paesaggi dell’isola, intensi e malinconici (ad es. Caprera, 1911, nella Pinacoteca di Montichiari), che poi rielaborò nel Trittico di Caprera: Il pino, La fiamma, La quercia (1915, Milano, Galleria d’arte moderna), opera che si schierava sul fronte del divisionismo simbolista di Previati e del primo dannunzianesimo (A. P…, 1995, p. 12). L’efficace raffigurazione di centri portuali in Porto di Genova (1916) e Porto di Copenaghen (1933, entrambe nella Pinacoteca di Montichiari) costituisce un’eccezione nella sua pittura di paesaggio, normalmente non interessata alla realtà urbana.
Intorno al 1925 l’amicizia con Gian Emilio Malerba, Margherita Sarfatti e Arturo Tosi lo avvicinò al gruppo del Novecento italiano, il movimento artistico nato a Milano nel 1922, innestando nuove suggestioni nella sua pittura di forte impronta naturalista, ora orientata in direzione di un nitore purista non lontano dagli esiti coevi di Funi e di Tosi e verso una maggiore solidità dei volumi. Lo si nota in dipinti quali Lavoro sulla spiaggia (1926 circa) o i paesaggi Isola d’Elba (1926 circa), Quiete (1926), Bragozzo (1930, coll. priv.) o Vacogno in Val Vigezzo (1939), sua ultima opera, conservati, quando non altrimenti indicato, nella Pinacoteca di Montichiari (La Civica Pinacoteca..., 2007). Alla XV Biennale di Venezia, tenutasi nel 1926, si presentò però con Fiume Oglio (Edolo) e Tranquillità, opere fedeli alla tradizione naturalistica, come del resto la gran parte della sua produzione paesistica, improntata a una tecnica post impressionista sulla quale si erano andati via via innestando diversificati stimoli e suggestioni. Lo dimostra lo Studio di tonalità dipinto a Edolo nel 1928, dove l’artista scrisse sul retro “questo studio di tonalità deve essere conservato agli studiosi”.
Nel 1933, per festeggiare i settant’anni, compì un viaggio nell’Europa settentrionale, soggiornando in Germania (a Monaco di Baviera, Norimberga e Berlino, dove si fece notare per l’assidua frequentazione dei musei; Pasinetti-Borgese, 1942, p. 44), Olanda, Danimarca e Svezia. Dipinse paesaggi di semplicità novecentista quali Capanni al mare o il menzionato Porto di Copenaghen e opere di piccole dimensioni nelle quali la tecnica divisionista è combinata al solido impianto disegnativo di tradizione naturalista, come avviene nella grande tela Copenaghen (coll. priv.; A. P…, 1995, p. 8). Intorno al 1936 ricorse all’amicizia con la Sarfatti per far uscire di prigione il figlio Ernesto incarcerato per istigazione allo spionaggio, dichiarandone l’infermità mentale.
Si spense improvvisamente a Milano il 13 maggio 1940, a due anni dalla morte della moglie Tina, nella casa-studio di via del Carroccio, mentre lavorava a Il Bacio, opera documentata da alcuni disegni preparatori. Il concittadino monteclarense Giovanni Treccani degli Alfieri ne celebrò la figura con una mostra postuma che si tenne a Milano nel 1942.
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