PALLOTTA, Antonio
PALLOTTA, Antonio. – Nacque a Ferrara il 23 febbraio 1770 dal conte Giovanni Mario – appartenente a una famiglia del patriziato di Ferrara, originaria di Caldarola nel Piceno, colonnello e vicecastellano della Fortezza di Ferrara – e dalla contessa Cinzia Maffei, vedova del conte Beccari.
Tra i suoi familiari si contano diversi ecclesiastici di alto livello, quali il cardinale Giovanni Evangelista Pallotta (1548-1620), arcivescovo di Cosenza, Giovanni Battista Pallotta, nipote del precedente, Guglielmo Pallotta, quest’ultimo zio paterno di Antonio.
Formatosi al seminario di Frascati, successivamente si trasferì al Collegio Nazareno di Roma per poi compiere gli studi giuridici sotto la direzione dello zio cardinale.
Assai giovane ricevette un beneficio del Capitolo di S. Pietro in Vaticano (25 gennaio 1792). Entrò in prelatura il 17 marzo 1796, quale referendario di Segnatura; venne nominato prelato della Fabbrica di S. Pietro (prima del 23 aprile), della congregazione del Concilio (prima del 18 giugno 1796) e beneficiato di S. Pietro (25 gennaio 1797).
Con la prima Restaurazione pontificia, divenne canonico di S. Pietro (27 aprile 1800), ricoprendo il ruolo di sagrestano maggiore, protonotario apostolico non partecipante, ponente del Buon Governo (30 ottobre 1800), essendo annoverato tra i prelati aggiunti delle congregazioni del Concilio e della Fabbrica, e uditore della Segnatura di giustizia (1° maggio 1802).
Con l’avvio della seconda Restaurazione, venne nominato sovrintendente del Monte di Pietà (19 maggio 1814), commendatore dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia (24 ottobre 1814) e uditore generale della Camera apostolica (9 marzo 1816), essendo artefice del nuovo Regolamento di Disciplina per i Tribunali Civili (27 gennaio 1818).
Venne creato cardinale prete da Pio VII il 10 marzo 1823, ricevendo il cappello nel concistoro pubblico del 13 marzo e il titolo di S. Silvestro in Capite nel concistoro segreto del 16 maggio. Di conseguenza fu aggregato alle congregazioni della Visita apostolica, dei Riti, della Fabbrica di S. Pietro e del Buon Governo.
Nel conclave del 1823, l’ambasciatore di Napoli giunse a considerarlo il capo degli ultras. Favorevole al rilancio religioso del Papato e contrario all’ingerenza dell’Austria, ebbe dapprima il suo candidato in Antonio Gabriele Severoli, che rappresentava «la tendenza rigorista ad oltranza, con inclinazioni autoritarie, d’ispirazione strettamente ecclesiastica» (Colapietra, 1962 o 1963?, p. 82). A seguito del fallimento dell’elezione, sostenne dapprima il cardinale Francesco Cavalchini e poi il cardinale Annibale della Genga, papa con il nome di Leone XII.
Pallotta venne quindi nominato da Leone XII legato a latere della provincia di Marittima e Campagna (4 maggio 1824), titolo insolito per quei territori, impiegato proprio per sottolineare l’eccezionalità della missione finalizzata all’estirpazione del brigantaggio.
Si lanciò di conseguenza nella lotta contro di esso, godendo di pieni poteri, anche riguardo agli ecclesiastici. La sua autorità andava oltre i confini della provincia, essendogli confidata anche la giurisdizione di Sonnino (fino a quel momento sotto il distretto di Terracina). Le autorità confinanti del Regno di Napoli (colonnello Francesco De Franchis) cercarono una collaborazione con Pallotta, che però non si mostrò tanto disponibile.
Stabilitosi a Ferentino (cittadina da lui destinata a capoluogo di Legazione), il cardinale emanò un decreto (15 maggio 1824), che però si manifestò inefficace e che attirò numerose critiche a Roma, tanto in Curia, quanto nell’ambiente diplomatico.
Grazie a quel decreto vennero liberati dalle carceri di Frosinone (19 maggio) 49 individui che vi si trovavano per semplice parentela con i malviventi, ma allo stesso tempo vennero distribuiti sul territorio i carabinieri pontifici (in tutto 251), per colmare le lacune di forze pubbliche permanenti nella maggior parte dei paesi. Alcune norme apparirono contraddittorie alla segreteria di Stato: i carabinieri dovevano, ad esempio, presidiare le strade corriere, ma non potevano lasciare incustoditi i loro posti per inseguire gli eventuali briganti, che in tal modo si sentivano sicuri nelle loro scorribande. Nello stesso decreto, si prevedeva e si incoraggiava che le singole Comunità locali si armassero contro tali delinquenti. Dopo la pubblicazione del decreto, però, i malviventi si prestarono ad azioni più eclatanti.
Il fallimento dell’azione di Pallotta fu però così evidente che nel giro di appena due mesi fu sostituito da mons. Giovanni Antonio Benvenuti (2 luglio), che ebbe la qualifica di delegato straordinario e di visitatore apostolico.
La perdita dell’incarico va individuata in più ragioni. Dapprima nell’inefficacia delle misure prese contro i briganti, che anzi, come già scritto, imperversarono maggiormente; negli atti arbitrari di governo, quali il controllo della corrispondenza dei sudditi o l’amministrazione iniqua della giustizia, come nel caso di Pietro Stampa; nell’invadenza nelle competenze altrui (contro i diritti della congregazione del Buon Governo) o in scelte opinabili e incomprensibili (quale la concessione dei passaporti del confine di Cisterna a Ferentino e non più a Terracina, ritardando notevolmente le pratiche dei viaggiatori). Infine, vanno sottolineati i difficili rapporti con il segretario di Stato, cardinale Giulio Maria della Somaglia. Infatti, Pallotta avviò un carteggio diretto con Leone XII sia per l’emanazione del decreto del 15 maggio, sia per la successiva attuazione, non interloquendo affatto con la segreteria di Stato. Il 17 giugno ricevette per tali motivi un richiamo formale del cardinale della Somaglia, che lo accusava di voler erigere «uno Stato isolato ed indipendente dentro lo Stato Pontificio», senza renderne conto «al Sovrano per mezzo dei regolari canali di tutte le sue operazioni» (Archivio segreto Vaticano, poi ASV, Segreteria di Stato, Spogli di Curia, Card. P.). Inoltre, avrebbe dovuto non solo ascoltare i consigli della segreteria di Stato, ma anche obbedire ai suoi comandi. Il problema riguardava sia l’aggiramento dell’autorità del segretario di Stato, sia l’inadeguatezza delle misure prese, che indebolivano l’autorità di Pallotta. Questi, infatti, agiva ignorando conoscenze basilari di organizzazione del controllo territoriale, creando tensioni con il confinante Regno di Napoli e, in qualche modo, abusando della benevolenza papale. Il cardinale si sentì fuori posto e soprattutto incompreso. Il 4 giugno offrì al papa le dimissioni per non concordanza di politica locale, dimostrandosi pure disponibile a rassegnare il cappello cardinalizio. A causa di tali incomprensioni, Leone XII si trovò costretto a sconfessare il suo legato. Il 20 giugno, infatti, si tenne una congregazione cardinalizia dinanzi al papa: volendo dare un nuovo indirizzo politico nella zona di Frosinone, si chiesero le dimissioni di Pallotta. Questi, non volendo cambiare la sua politica, il 22 giugno rinnovò per iscritto ciò che aveva già manifestato il 4 giugno al papa: le dimissioni vennero accettate lo stesso giorno. Tutta la vicenda lasciò abbastanza provato il cardinale e segnò il fallimento dello 'zelantismo' sul piano della politica di governo. Colpisce il fatto che durante i due mesi Pallotta ebbe contatti continui con il papa, tramite canali riservati (ad es. per mezzo di mons. Giovanni Soglia, elemosiniere pontificio).
Tornato a Roma, Pallotta venne nominato membro delle congregazioni dei Vescovi e Regolari (28 dicembre 1824), Concistoriale (21 aprile 1825) e di Loreto (29 gennaio 1828). A causa dell’infelice esito della legazione non assurse mai alla prefettura di nessuna congregazione, né ricoprì ruoli di spicco nella Curia e nel governo temporale al tempo di Leone XII.
In quel periodo è riscontrabile il suo legame con altri cardinali considerati conservatori del vecchio sistema statale. È, ad esempio, conservata una sua corrispondenza con il cardinale Bonaventura Gazzola, in cui si tratta degli affari di Stato (ASV, Segreteria di Stato, Spogli di Curia, Card. Pallotta, b. 1A).
Nella corrispondenza i due concordano sulla volontà di riforma dell’ordine giuridico, all’interno di quel processo generale di organizzazione dei tribunali civili e delle disposizioni legislative, per cui il papa Leone XII volle mantenere in vigore l’esercizio dell’autorità vescovile, facendo così arretrate le riforme di Pio VII del 6 luglio 1816. Emerge dalla corrispondenza un mondo curiale non monolitico, comunque diviso in fazioni, tra cui quella dei due cardinali Pallotta e Gazola, che tendono a contrastare altri gruppi, secondo una visione d’insieme, a sostegno della sovranità pontificia, resa «dispotica nel sistema consalviano» (minuta di lettera di Pallotta a Gazola, 20 gennaio 1826, ivi).
Nel Conclave del 1829 Pallotta sostenne i cardinali Bartolomeo Pacca ed Emanuele De Gregorio, ma venne eletto Francesco Saverio Castiglioni (Pio VIII). Ciononostante, il 5 aprile del 1830 Pio VIII lo nominò prefetto della congregazione dei Riti, ma la decisione non fu mai resa pubblica e Pallotta rimase nei secondi ranghi dei cardinali di Curia.
Partecipò pure al Conclave del 1830-31 che elesse Gregorio XVI, il quale ultimo non lo coinvolse in ruoli di governo. Vi furono interventi del cardinale presso il nuovo papa volti a impedire le riforme nelle procedure dei giudizi civili, indirizzate primariamente al ripristino delle leggi promulgate in passato sotto Pio VII con inevitabili innovazioni sancite dai nuovi tempi. Pallotta, sin dai primi mesi, ebbe difficoltà di rapporti con il nuovo segretario di Stato, cardinale Tommaso Bernetti, in questa come in altre materie.
Morì nelle Marche a Monte Cassiano (Macerata) il 19 luglio 1834.
Il suo corpo venne portato a Roma per essere sepolto nella chiesa di cui era titolare, dopo il funerale avvenuto il 26 luglio.
Opere: De gloriosa Christi ad cælum ascensione oratio, Roma 1787; Notificazione per il metodo da tenersi dai confessori coi moribondi nell’Archiospedale di S. Spirito in Sassia, Roma 1815; Notificazione sopra il canonico direttore nello spirituale dell’apostolico Archiospedale di S. Spirito in Sassia, Roma 1815; Notificazione sopra li 10 capitoli di avvertimenti di monsignor Spada per i novizi del canonico direttore nello Ordine de’ canonici regolari di S. Spirito in Sassia, Roma 1815; Editto contro li Crassatori, Facinorosi, e Malviventi di Marittima, e Campagna, Ferentino 1824.
Fonti e Bibli.: Città del Vaticano, Arch. segreto Vaticano [ASV], Segreteria di Stato, Spogli di Curia, Card. P., buste 1A, 1B, 2A, 2B, 2C; Ibid., Segreteria di Stato, Interni, rub. 558; Diario di Roma, 19 maggio 1824, pp. 3-10; Notizie per l’anno… 1824-1835, pp.?; F. Cancellieri, Lettera al cardinal A. P., Pesaro 1826; S. Bargagnati, Gratulationes et vota e A. P. in amplissimum patrum cardinalium collegium a Pio VII P.O.M. Urbe plaudente cooptato Cajetanus Profilius romanus obsequii et grati animi causa gratulatur, Romæ 1823; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica..., XXVII, Venezia 1844, pp. 267, 313 (sub voce Frosinone); XXXVII, ibid. 1846, p. 273 (sub voce Legato Apostolico); LI, ibid. 1851, pp. 66 s.; F. Petruccelli della Gattina, Histoire diplomatique des Conclaves, Bruxelles 1866, pp. 328, 337, 340; A. Boyer d’Agen, La prelature de Léon XIII d'après sa correspondance inédite, de Bénévent à Pérouse (l838-l845), Paris 1900, pp. 412 s.; M. de Camillis, P. A., in Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, col. 647; G. M. Cacciamani, Storia del Conclave di papa Gregorio XVI (15 dicembre 1830-2 febbraio 1831), s.l. [ma Fano] 1960, p. 25; R. Colapietra, Il diario Brunelli del conclave del 1823, in Archivio storico Italiano, CXX (1962), pp. 76-146; R. Colapietra, La Chiesa tra Lammennais e Metternich. Il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, passim; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, VII, Padova 1968, pp. 4, 14 s., 17, 22, 24, 44; C. Weber, Genealogien zur Papstgeschichte, unter Mitwirkung von Michael Becker vol. II, Stuttgart 1999, p. 707; P. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la Curie romaine à l’âge de la Restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 68, 443 s.; C. Weber, Die Päpstlichen Referendare 1566-1809. Chronologie und Prosopographie, vol. III, Stuttgart 2004, p. 789; J. Le Blanc, Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle. Contribution à l’histoire du Sacré Collège sous les pontificats de Pie VII, Léon XII, Pie VIII, Grégoire XVI, Pie IX et Léon XIII, 1800-1903, Montréal 2007, pp. 708-710; D. Rezza - M. Stocchi, Il capitolo di S. Pietro in Vaticano dalle origini al XX secolo, I, La storia e le persone, Padova 2008, p. 377.