PACINOTTI, Antonio
Inventore del motore e della dinamo a corrente continua, nato il 17 giugno 1841 a Pisa, ivi morto il 25 marzo 1912. Allievo del Collegio S. Caterina, e inoltre del padre Luigi, professore di fisica tecnologica nello Studio pisano, il P. veniva nel 1856 iscritto nell'università di Pisa dove si addottorò, dopo breve interruzione di studî per partecipare alla guerra del 1859, in matematiche applicate (i luglio 1861). Dopo un anno di assistentato presso il padre, il P. fu nominato (maggio 1862) aiuto di G. B. Donati, astronomo a Firenze; indi, alla fine del '64, professore di fisica e chimica, poi di fisica all'Istituto tecnico di Bologna; nel marzo del '73 professore di fisica nell'università di Cagliari e infine, nell'81, successore del padre nella cattedra di fisica tecnologica a Pisa. Senatore dal 1906, fu socio delle più alte accademie italiane e di molte straniere, presidente onorario dell'Associazione elettrotecnica italiana (1905), ecc.
Le lezioni di R. Felici sull'elettrologia e magnetismo, la lettura del vol. III del Traité d'électricité théorique et appliquée di L. de la Rive spinsero il P., ancor giovinetto (1858), a occuparsi dei due grandi problemi elettrologici dell'epoca: quello della misura delle correnti elettriche e quello degli elettrogeneratori dinamici e dei motori elettrici a corrente continua. Lo studio della prima questione lo portò a cercarne la soluzione in una disposizione che, immediatamente da lui stesso riconosciuta inadatta allo scopo, gli si rivelò vantaggiosissima, salvo lieve adattamento, alla soluzione della seconda questione. Un filo di rame coperto di isolante è avvolto in elica torica, chiusa su sé stessa, a spire adiacenti, su un tondino di ferro ad anello; il filo è messo poi a nudo nelle varie spire lungo tutto il fianco esterno dell'elica. L'anello così preparato è sostenuto con l'asse di rotazione orizzontale; due spazzole appoggiate in punti diametralmente opposti, sul fianco esterno, servono a portare la corrente da misurare nell'elica, nella quale essa si bipartisce; in quadratura con le spazzole sono i poli eteronimi di una calamita fissa (o di solenoidi o di elettromagneti). Se la corrente è inviata nell'anello, questo è soggetto, per azione elettrodinamica, ad una coppia costante, alla quale si può fare equilibrio con un pendolo rigido con l'asse dell'anello; dall'angolo che il pendolo fa con la verticale si può calcolare il momento della c0ppia e trovar maniera di misurare la corrente inviata nell'elica. Se si abolisce il pendolo, lo strumento di misura si trasforma palesemente in motore: ecco il passaggio pacinottiano dalla soluzione della prima a quella della seconda questione. La disposizione è reversibile: facendo ruotare a forza l'anello si ricava, in un conduttore congiunto con le spazzole, corrente elettrica costante per la commutazione che, quasi con continuità, si effettua col passaggio, sotto le spazzole, delle successive spire.
L'esperimento è più agevole adoperando l'anello come generatore anziché come motore, e così appunto, cioè raccogliendo la corrente, P. sperimentò il suo anello la prima volta il 10 gennaio 1859. Egli pensò subito ai miglioramenti da introdurre tra i quali, efficacissimi, sostituire l'elica continua con una serie di rocchetti avvolti sull'anello, porre separato e calettato sul medesimo asse il commutatore, interporre, fra rocchetto e rocchetto contiguo un dente di ferro per aumentare il campo, sostituire le calamite fisse con elettrocalamite. Miglioramenti questi (ed altri minori) realizzati, dopo il ritorno dalla guerra del 1859, nel "piccolo modellino" di macchina magnetoelettrica ed elettromagnetica costruito, con l'aiuto del meccanico G. Poggiali, prima della fine di aprile 1860, e immediatamente sperimentato come motore e come dinamo. P. vide subito i vantaggi della sua invenzione: costanza della corrente, costanza della coppia motrice, diminuzione e quasi annullamento delle scintille al commutatore, possibilità di costruire maechine di grande potenza. Tra l'aprile del '60 e il maggio del '62, il P. si diede a studiare sperimentalmente il suo modellino, determinandone la potenza, il consumo, il rendimento e istituendo confronti con un apparecchio Froment-Bonijol e con la teoria matematiea di H. Jacobi. Alcune discrepanze con quest'ultima lo portarono a tentarne una generalizzazione con l'introdurre quattro parametri per caratterizzare la macchina. Il trasferimento a Firenze, come aiuto al Donati, col togliere al P. la possibilità di sperimentare e con l'imporgli nuovi doveri, lo arrestò nello studio intrapreso delle macchine elettriche a induzione; ma certo questo rimase suo costante pensiero, come costante e insoddisfatta sua aspirazione fu la costruzione di una macchina grande e potente. Nel 1863, scrivendo al padre, il P. parla dell'eventuale trasporto dell'energia, con macchine magnetoelettriche, dall'Africa all'Europa settentrionale, per la riduzione elettrolitica dei metalli e per l'illuminazione delle città. Nel 1869, appena poté disporre di un'altra macchina (tipo Ladd), più adatta dell'apparecchietto Froment-Bonijol, con cui confrontare il piccolo modellino, compié pubblicamente, all'esposizione di Bologna, una prova di trasporto dell'energia fra le due macchine. Alcune considerazioni sul valore economico del trasporto, da lui espresse in merito all'esperimento, non ne limitano l'importanza. Questi fatti, tutti documentati, mostrano come il P. vedesse e stimasse la possibilità e l'importanza dell'applicazione della sua invenzione. La quale fu da lui resa di pubblica ragione nel maggio 1865 pubblicando in Il Nuovo Cimento (s. 1ª, XIX, pagina 378) la descrizione del modellino, chiamato ora "macchinetta", e avvertendone la reversibilità e altri vantaggi. Il Nuovo Cimento era largamente diffuso anche all'estero; ma a Parigi la diffusione dell'invenzione pacinottiana avvenne specialmente per opera del P. stesso (colà recatosi nell'agosto 1865 in missione ministeriale per studî meteorologici) con la distruzione da lui compiuta, fra scienziati e costruttori, di estratti della descrizione. Anzi il P., nel 1905 e nel 1911, raccontò con molti particolari di avere avvicinato nell'officina Froment, durante il soggiorno parigino del '65, Z. Gramme e di avergli insegnato e spiegato il funzionamento e i pregi della macchina ad anello. Non è qui luogo di parlare del Gramme, ma non si deve tacere che nel primo brevetto preso da questo nel '69 in Francia e in quello del '71 in Italia, delle 5 (o 6) disposizioni presentate con il proposito di ottenere corrente indotta continua, 3 (o 4) sono fisicamente impossibili ed errate, le altre due sono identiche a quella ad anello del P. Per la prima volta il P. rivendicò a sé la sua invenzione, contro l'"usurpazione" (come la chiamò W. Siemens) del Gramme, nel 1871 scrivendo una lettera all'Accademia di Francia (pubblicata nei Comptes rendus, LXXIII, p. 543). Altri importanti scritti pacinottiani di rivendicazione sono la lettera del 1884 ai giurati dell'Esposizione di Torino e quella al direttore dell'Elettricista del 1905. I successivi studî del P. sulle macchine a induzione lo portarono ad alcune modificazioni ingegnose della primitiva macchina ad anello: sorsero cosi la macchina a gomitolo (1873-74), quella a volano (1875), quelle a viali (1899-1903) e infine i tentativi (1911) di macchine ad alta tensione.
L'attività del P. si svolse anche in altri campi della scienza: come astronomo osservò per il primo in Europa la cometa oggi indicata "1862 III" calcolandone gli elementi orbitali, ideò e costruì (1864) un cronografo elettromagnetico per fissare i tempi dei passaggi degli astri al micrometro; come fisico indagò i fenomeni fotoelettrolitici, i processi di ebullizione, di vaporizzazione, di calefazione, si occupò dell'utilizzazione del calore solare (indicando in particolare di approfittare della differenza di temperatura fra il fondo e la superficie del mare o di un lago o di una cisterna); come meteorologo cercò di risolvere la trasmissione automatica a distanza delle indicazioni strumentali; come meccanico-agrario e come agrario si occupò di problemi inerenti la coltratura, la vinificazione. Glì scritti inediti di P. rivelano un desiderio, purtroppo quasi sempre insoddisfatto, di tutto sperimentare e provare e contengono varie intuizioni fisiche, poi risultate vere, e progetti e lavori in sbozzo, poi svolti da altri. Il P. ebbe sostanzialmente come norma della sua vita scientifica l'applicazione della fisica a vantaggio dell'uomo. Gli autografi del P., eccetto due quinternucci (detti dei "Sogni") dove sono raccolti i primi appunti del 1858-60 sull'"anello" e sulla "macchinetta" (quinternucci conservati dagli eredi Pacinotti) sono quasi tutti raccolti, insieme con presso che tutte le macchine (compresi il primo "anello" e il "piccolo "modellino", cioè la "macchinetta" originale, del 1860), presso la R. Università e la R. Scuola d'Ingegneria di Pisa (ove sono costituiti il Museo e l'Archivio pacinottiani).
Bibl.: Scritti editi e inediti di P., notizie e documenti a lui relativi sono riportati nel libro A. P., la vita e l'opera, pubblicato dal Comitato nazionale onoranze ad A. P., Pisa 1934.