NEGRI, Antonio
NEGRI, Antonio (detto Negrino o Negrinetto). – Figlio di Giovanni , nacque probabilmente nel 1683, a Milano.
In assenza di documentazione specifica, l’anno di nascita e il luogo di nascita si possono individuare con una certa precisione in base a un documento del 26 agosto 1713: Negri afferma di essere «cittadino milanese d’età d’anni trenta» in una supplica rivolta alle autorità reggenti del duomo di Milano per essere ammesso al concorso per la nomina di un nuovo organista, incarico lasciato vacante dalla morte di Carlo Ambrogio dall’Orto (Milano, Arch. storico della Veneranda Fabbrica del duomo, cart. 404bis, f. 32, n. 1).
Nel 1706 compose il suo primo oratorio (La contesa delle stagioni in qual debba nascere Gesù Bambino): come degli altri suoi lavori in questo genere – produsse oratori fino agli ultimi anni di vita – rimane il libretto, non la musica. Si hanno i titoli documentati (tutti per esecuzioni milanesi): L’innocenza giustificata nelle sue accuse sotto la protezione di s. Antonio da Padova (1713); Tre eccessi di crudeltà (1718); Maria compatita ne’ suoi dolori (1718), Oratorio ad onore di s. Pellegrino Laziosi (1727); L’Abramo (1755).
Proprio a partire dal 1706, nei frontespizi dei libretti degli oratori è presentato a volte come «virtuoso di violoncello», oltre che come «compositore». La sua presenza in qualità di violoncellista nell’elenco degli orchestrali riuniti nel 1750 per celebrare la festa del santo titolare nella chiesa milanese di S. Giuseppe a Porta Nuova (Sartori, 1960, p. 119) lascia supporre che abbia coltivato l’attività di strumentista anche su questo versante per tutto l’arco della carriera. Dalla lista si apprende tra l’altro il suo soprannome: Negrinetto.
Almeno dal 1707 fu confratello nella Congregazione dei musici di Milano, istituita dai musicisti milanesi in S. Fedele a scopo di mutua assistenza. L’adesione è comprovata dalla presenza del suo nome nella lista dei firmatari dell’«istrumento» con cui in quell’anno venne creata la «cassa funebre». Ciò attesta tra l’altro che il ventiquattrenne Negri era già un professionista, poiché alla confraternita potevano accedere soltanto i musicisti di mestiere.
Nel 1714 compose il secondo atto del dramma di Apostolo Zeno L’Atenaide, per l’onomastico dell’imperatrice Elisabetta Cristina.
L’opera andò in scena il 19 novembre a Vienna nel teatro di corte; col titolo Teodosio ed Eudossa fu ripresa nel teatro di Wolfenbüttel il 12 settembre 1716 per l’onomastico di Elisabetta Sofia Maria duchessa di Brunswick-Luneburgo, zia dell’imperatrice, indi col titolo Teodosio ad Amburgo, teatro del Gänsemarkt, il 14 novembre 1718.
Un indizio della reputazione in cui all’epoca dovette essere tenuto Negri è offerto dal fatto che il primo e il terzo atto dell’opera erano stati affidati, rispettivamente, al maestro di cappella imperiale Marc’Antonio Ziani e ad Antonio Caldara, allora maestro di cappella del principe Francesco Maria Ruspoli a Roma (sarebbe stato assunto alla corte imperiale di lì a due anni); gli intermezzi comici erano di Francesco Bartolomeo Conti, dal 1708 primo teorbista di corte a Vienna. Dell’Atenaide si conserva la partitura manoscritta completa di parti staccate (Vienna, Österreichische Nationalbibliothek, Mus. Hs. 17192-17193), mentre alcune arie sono a Berlino, Staatsbibliothek, Mus. mus. 1441: sono i primi testimoni noti di composizioni di Negri.
Qualche anno più tardi, nel foglio di contabilità che tramanda l’elenco dei musicisti riuniti per formare l’orchestra del teatro Ducale di Milano per la stagione di carnevale del 1720, è segnalato, come «secondo cembalo», un tal Antonio Negrino, che è possibile identificare con Negri, denominato Negrinetto nel citato elenco degli orchestrali milanesi del 1750 (cfr. anche Barblan, 1962).
Negrino e Negrinetto sono infatti varianti famigliari del cognome Negri, del tutto plausibili nella Milano dell’epoca, come provano i numerosi riscontri sui cognomi di altri musicisti milanesi coevi, modificati o trasformati in soprannomi mediante le stesse desinenze diminutive o vezzeggiative. Sulla lista di paga del 1720 Negrino, che è identificato inoltre come maestro di cappella, dato che coincide con lo stato professionale di Negri in quel periodo, è tra i musicisti che percepirono un compenso maggiore, assieme al «primo cembalo» Giuseppe Vignati (soltanto Giovanni Perroni, «primo violoncello assistente al primo cembalo» ebbe un salario più alto).
È probabile che la carriera di Negri come maestro di cappella si sia svolta per intero a Milano. Fu di sicuro tra i musicisti attivi attorno a Giovanni Battista Sammartini. Nel 1718 è segnalato come maestro di cappella dei Padri teatini in S. Antonio e in altre imprecisate chiese milanesi. Presso i teatini operò per almeno 10 anni: lo dimostra la sua firma, accompagnata dalla specificazione del ruolo ricoperto al momento, su un atto del 20 luglio 1728.
Si tratta del giudizio finale prodotto dalla commissione d'esame, di cui fece parte, convocata per valutare il cantore Antonio Grandati per un posto di soprano nella cappella del duomo (Arch. storico della Veneranda Fabbrica del duomo di Milano, cart. 414, f. 240, n. 7).
Per tutto quel decennio ricoprì più incarichi in simultanea. Dal frontespizio del libretto delle cantate La fede e l'ignoranza, inserite come intermezzo «alla disputa generale della dottrina cristiana tenutasi in S. Dalmazio dal sig. Giuseppe Criminale della Scuola de’ Giovani di S. Gio. in Era» il giorno 7 febbraio 1722, si apprende che era maestro di cappella in S. Antonio, in S. Barnaba e nel Collegio Elvetico; il frontespizio dell’Oratorio ad onore di s. Pellegrino Laziosi (1727) lo dà per maestro di cappella anche della chiesa dei Servi di Maria.
Forse in seguito a incarichi in altre chiese, tra il 1736 e il 1755 fu maestro di cappella in S. Maria dei Miracoli presso S. Celso. Grazie ai libretti si sa che nei primi due anni di attività in questa chiesa musicò cantate spirituali «a gloria» e «lode» del Ss. Sacramento per la quaresima.
Tra i riscontri documentari che accertano il suo servizio in S. Maria presso S. Celso c’è poi una sua firma, con specificazione di ruolo e istituzione ecclesiastica di appartenenza, apposta su un resoconto d’esame del tutto analogo a quello del 1728: di nuovo il 14 marzo 1739 era stato chiamato a valutare dei candidati per un incarico di cantore in duomo (ibid., cart. 421, f. 20, n. 1).
Agli anni di lavoro a S. Maria presso S. Celso risalgono anche tre cantate di soggetto devozionale per voce e basso continuo, delle quali si è conservata la musica (Cantata per il ss. Sacramento, Cantata per ogni tempo, Cantata spirituale, tutte contenute in una raccolta manoscritta del 1737 di proprietà di madre Clara Teresa Dati, del monastero di S. Giovanni Nuovo a Cremona; Roma, Biblioteca musicale governativa del Conservatorio di musica S. Cecilia, Governativo G. Mss.306).
È probabile che con l’incarico in S. Maria presso S. Celso concludesse la propria carriera. Dopo il 1755 non se ne hanno più notizie. In mancanza dell’atto di morte, si ipotizza che morisse in prossimità di quella data.
Fonti e Bibl.: C. Sartori, Giovanni Battista Sammartini e la sua corte, in Musica d’oggi, III (1960), pp. 106-121; G. Barblan, La musica strumentale e cameristica a Milano nel ’700, in Storia di Milano, XVI, Milano 1962, pp. 619-621, 632; La musica. Dizionario, II, Torino 1971, p. 443; M.G. Pensa, L’«Atenaide» di Apostolo Zeno adattata per la musica di Vivaldi, in Antonio Vivaldi. Teatro musicale, cultura e società, a cura di L. Bianconi - G. Morelli, II, Firenze 1982, pp. 331-344; T. Hochradner, Verwirrspiel der Zuschreibung: das Opernpasticcio «Teodosio», in Studien zur Musikwissenschaft, XLVIII (2002), pp. 239-268; R. Strohm, The Operas of Antonio Vivaldi, II, Firenze 2008, pp. 463-473; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, p. 166; Dizionario enciclopedico della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 342.