MORO, Antonio
– Nacque intorno al 1350 in una nobile famiglia veneziana da Giacomo di Marino, dal 1369 procuratore di S. Marco, morto nel febbraio 1378.
Il 5 settembre 1374 Giacomo menzionava nel suo testamento la moglie Lucia (di cui si ignora il casato), le figlie e i loro mariti: Orsa con Bartolomeo Querini, Lucia con Vittore Diedo, Cateruzza con Lorenzo Priuli, Elena con Fantino Zorzi (cavaliere, figlio di Marco), lo stesso Antonio e i suoi fratelli maggiori Alvise (o Ludovico) e «Nicoletus». Alvise aveva sposato Maria, figlia di Leonardo e Cateruzza Morosini, Nicoletus era sposato con una Lucia di origini sconosciute. Nel 1374 Giacomo Moro viveva nella parrocchia di S. Zeminian, in una delle case dei Procuratori, sul lato ovest di piazza S. Marco, ma nei ruoli delle tasse del 1379-80 risulta trasferito nella parrocchia di S. Simeon, dove si trovava la maggior parte delle proprietà fondiarie della famiglia da lui lasciate in eredità. Il suo patrimonio, tassato per 13.200 ducati, lo colloca nel 5% dei più facoltosi cittadini veneziani.
Il primo incarico noto di Moro al servizio della Repubblica risale al maggio 1376: era uno dei tre executores e dovette occuparsi della difesa del territorio di Ceneda e Treviso contro i soprusi del duca Leopoldo III d’Austria. Nel 1380 fece parte del Consiglio dei cento insediato per la conduzione della guerra di Chioggia. Nel marzo 1383 fu eletto ufficiale al Cattaver, nell’ottobre successivo entrò nel Consiglio dei dieci (carica annuale). Nel 1384, in ottobre, iniziò l’attività annuale di ufficiale alle cazude e partecipò nuovamente al Consiglio dei dieci. Nel 1387 fece parte di un consiglio di 60 membri costituito in occasione della contesa a proposito del trono ungherese. In agosto fu eletto ufficiale alle Rason vecchie. Nel 1388 entrò per la prima volta nel Maggior Consiglio, direttamente nel ruolo più alto di consigliere, cioè nel Minor Consiglio, composto da sei membri, nel quale fu attivo da luglio a dicembre. Nel 1392 e 1395 si susseguirono periodi di attività in questo consiglio. Ebbe poi incarichi amministrativi fuori Venezia: fu podestà di Serravalle nel 1395-96, di Chioggia nel 1397-98, di Conegliano nel 1400. Nel 1401, grazie a un’elezione suppletiva, realizzò l’ascesa all’alto rango di savio del Consiglio nel quale è attestato in agosto e in settembre. Successivamente fu confermato per il Consiglio dei dieci, ma già pochi giorni dopo, il 9 ottobre, cadde su di lui la scelta come avocado di Comun, carica che ricoprì per due anni. All’inizio del 1404 entrò in una commissione per il riordinamento del bilancio pubblico e del prestito forzoso per il suo finanziamento. Questo incarico si concluse con la nuova elezione al Consiglio dei dieci, nel quale rimase formalmente, nonostante l’assenza, sino al 9 luglio. Alla fine di aprile 1404, quando iniziò la guerra tra Venezia e Francesco Novello Carrara, signore di Ferrara, fu inviato a Serravalle e poi come provisor a Belluno, dove il 18 maggio ricevette la resa della città e del territorio, che appartenevano a Milano, poiché la cittadinanza, paventando un attacco dei padovani, preferì piuttosto sottomettersi al dominio dei veneziani. Successivamente rimase a Belluno a capo dell’amministrazione, da metà luglio col titolo di rector et gubernator e in agosto nel consueto ufficio di podestà e capitano. Immediatamente dopo il ritorno da Belluno, il 3 maggio 1406, fece ingresso come savio del Consiglio nel Minor Consiglio ed entrò contemporaneamente nel Consiglio dei dieci. Come savio fu confermato per il successivo semestre, ma già nel novembre fu eletto avocado di Comun, carica che rivestì solo sino al giugno 1407, perché il 5 di quel mese fu eletto procuratore di S. Marco de ultra, seconda carica della Repubblica dopo il doge, compatibile con quella di savio del Consiglio, che ricoprì da metà giugno a fine settembre. In quel periodo Moro, all’inizio di agosto, fu uno dei rappresentanti della Repubblica nella conclusione di una lega con il marchese Niccolò III d’Este. Nel 1408-09 fu attivo nei comitati che prepararono la cessione di Zara alla Repubblica di Venezia. Nel successivo semestre invernale fu nuovamente savio del Consiglio.
Dal febbraio all’aprile 1411 fu a Bologna, insieme con Marino Caravello, come ambasciatore presso il papa Giovanni XXIII, con la mediazione del quale fu cercata, senza successo, la composizione del conflitto con Sigismondo re di Germania e di Ungheria. Ancor meno si ottenne sul contrasto relativo al Patriarcato di Aquileia, conteso tra il titolare Antonio Panciera e Ludwig von Teck, partigiano di Sigismondo. Nella guerra, divenuta inevitabile, Moro, nell’agosto 1412, fu inviato insieme con Rosso Marin presso il capitano veneziano Carlo Malatesta per indurlo a una condotta più energica contro le truppe ungheresi. Dall’ottobre si susseguirono tre semestri come savio del Consiglio; poco prima della fine di questo periodo, il 10 marzo 1414, fu a Venezia uno dei rappresentanti della Repubblica che strinsero l’importante alleanza politica quinquennale col duca di Milano Filippo Maria Visconti.
Da quel momento Moro non esercitò più incarichi pubblici per Venezia. Nell’ottobre 1414, quando fu destinato dal Senato a condurre trattati di pace col re Sigismondo insieme con altri ambasciatori, dichiarò di essere ammalato o di salute malferma. Una sola volta ancora ricoprì una funzione di rilievo: nell’aprile 1423 fu tra i 41 elettori del doge Francesco Foscari.
Accanto alla sua partecipazione alla vita pubblica, Moro fu attivo come mercante, ma i documenti al riguardo sono estremamente scarsi. Fece parte di una «fraterna compagnia» con il fratello Alvise (morto tra il 1388 e il 1394). È attestato che nel 1391 e nel 1392 commerciò in tessuti giunti in parte per nave dalla Tunisia. Nel 1397 fu coinvolto in una controversia giudiziaria sulla cessazione di una compagnia con Antonio di Marino Contarini (futuro procuratore di S. Marco) che tra l’altro aveva sbrigato affari ad Alessandria d’Egitto. Inizialmente sembrò che anche Alvise fosse implicato in questa vicenda.
Nel 1383 o 1384 aveva sposato Maria, una delle numerose figlie di Giovanni Miani e Fiordelise Barbarigo, della parrocchia di S. Cassan, sorella di Pietro Miani, futuro vescovo di Vicenza; Maria portò in dote 1000 ducati. Il 15 agosto 1398, ammalata, fece testamento e poco dopo morì. Trascorso breve tempo, come si deduce dalle presumibili date di nascita dei figli, Moro sposò Barbarella, figlia di un non meglio identificabile Giovanni Moro.
Dal primo matrimonio era nata Lucia, che sposò Baldassarre Moro della parrocchia di S. Zuan Degolà. Nel 1421 Moro presentò alla Balla d’oro i figli avuti con Barbarella: Fantino, Giacomo (nato al più tardi nel 1401) e Giovanni (nato al più tardi nel 1402, sposato con Marcolina di Giovanni Loredan); lo stesso fece nel dicembre 1422 con Marino, che nel frattempo aveva compiuto 18 anni. Subito prima di Marino, ma dopo Giovanni, è da collocare Lorenzo (sposato prima con una figlia di Antonio Venier, poi con Fresca Contarini). Più giovane era Francesco (nato al più tardi nel 1407, sposato con Soradamor). Delle figlie sono noti luogo e data di nascita di Maria Giuliana (Belluno, 16 febbraio 1406), nata tra Marino e Francesco. Non è chiaro l’ordine di nascita di Elena (ricordata nubile nel 1347 come figlia di Barbarella), Polissena (moglie di Alvise Barozzi) e Mora (moglie di Domenico Erizzo). Come annota Francesco nel suo testamento del 1465 i figli di Moro sino al 1441 avevano amministrato il loro patrimonio in modo indiviso sino alla morte. Come abitazioni sono attestate le parrocchie di S. Anzolo (1380), S. Simeon Grando (1383) e S. Zuan Degolà (1394-1405).
Dal settembre 1407 Moro visse in una delle case dei procuratori in piazza S. Marco; il Maggior Consiglio, quando vi si trasferì, deliberò di far allestire un piccolo edificio adiacente e di metterlo a disposizione di Moro, che a causa della sua numerosa famiglia aveva bisogno di maggiore spazio. Dopo la sua ultima partecipazione alla vita pubblica di Venezia, visse ancora alcuni anni.
Morì a Venezia poco prima del 23 giugno 1426, data di elezione del suo successore come procuratore di S. Marco.
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