MONTORSOLI, Antonio
MONTORSOLI, Antonio (Angelo Maria). – Nacque a Firenze il 4 novembre 1547 da Giovanni e Margherita, entrambi appartenenti alla famiglia Montorsoli, che prendeva nome dalla località presso Firenze. Fu battezzato col nome di Antonio, cambiato in Angelo Maria quando entrò in religione.
Fu mandato a studiare nel convento della Ss. Annunziata di Firenze, dove viveva lo zio paterno fra Giovanni Angelo, celebre scultore e architetto. Uno dei primi biografi, Vincenzo Puccini, narra che lo zio «per diporto» lo vestì da «fratino dei servi di Maria» e che il padre tanto si adirò per questo fatto che «voleva stracciargli i panni di dosso» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., G.8.1483, cc. 59v-60r). Giovanni acconsentì poi che il figlio undicenne vestisse l’abito, il 23 dicembre 1558. La tenera età della vestizione fu ammessa non essendo ancora entrati in vigore i decreti tridentini sull’ordinazione dei religiosi regolari e secolari. Dalle notizie biografiche raccolte da Gregorio Alasia, discepolo di Montorsoli, risulta che nel 1560 andò a studiare grammatica e retorica nel noviziato di Bologna; qui nel 1563 fece la professione, di cui però, a detta di Alasia, non si conserva traccia nei «nostri libri» (Roma, Arch. generale dell’ Ordine dei servi di Maria, Annalistica, Collectanea Alasia, c. 121r).
Nel clima di rinnovamento culturale avviato dalle nuove costituzioni dei servi di Maria edite a Bologna nel 1556, Montorsoli compose nel 1567 alcune questioni di logica ispirate dalle lezioni sul secondo libro del Peri hermeneias di Aristotele tenute da fra Aurelio Menocchi, reggente dello Studio bolognese (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., H.9.1606, cc. 196 ss.). Nel 1568, ordinato sacerdote, disse la sua prima messa nella Ss. Annunziata. Dal 1570 si trasferì a Pisa, dove insegnava teologia il confratello Giacomo Tavanti, il quale, divenuto generale nel 1576, gli conferì a Firenze il titolo dottorale, cui seguì la nomina a reggente degli studi nel convento dell’Annunziata. Alasia attribuisce a Montorsoli anche la fondazione di un’Accademia dei Trasformati, creata «per dar maggior occasione ai suoi scolari d’esercitarsi nelle virtù» (Collectanea Alasia, c. 121r). Nel 1579 diede alle stampe (Firenze, B. Sermartelli) il commento al primo libro delle Sentenze di Pietro Lombardo. Il resto della sua produzione resta inedito (Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., H.9.1604: Quaestiones theologicae, in 5 volumi; H.9.1605: Commentarii in Sacram Scripturam, in 5 volumi; H.9.1606: Scripta logicalia). Per un decennio fu impegnato, oltre che nell’insegnamento, in una intensa attività di predicazione, a Firenze, Parma, Piacenza, Venezia, Verona, finché nel 1588 chiese al priore Basilio Olivi e ai padri discreti dell’Annunziata di ritirarsi a vita eremitica nella sua cella. Assistito nelle faccende materiali dal converso Diodato, Montorsoli condusse una vita di grande austerità, digiunando e indossando il cilicio, in continua preghiera nella cappellina vicino al suo romitorio, decorata, come pure la cella, con sentenze e immagini. Qui ricevette la visita di molti prelati, tra cui il cardinale Niccolò Sfondrati, futuro Gregorio XIV, mentre i principi Medici, in particolare la granduchessa Cristina di Lorena, impetrarono da lui la celebrazione di messe all’altare dell’Annunziata. Secondo la testimonianza di Puccini (1601, c. 70rv), nei primi cinque anni della sua «amata solitudine », compose varie opere ascetiche, tra le quali un «trattato della solitudine», che risulta però irreperibile come tutti gli altri scritti elencati da Puccini e in parte da Pandolfo Ricasoli (1623).
Il periodo di reclusione durò in tutto nove anni, nei quali Montorsoli scrisse numerose lettere a confratelli, secolari e monache. Ne restano una quarantina, comprese tra il 1588 e il 1600 (edite in B. Dominelli, Epistolario del venerabile p. A.M. M. [1547-1600], in Studi storici dell’Ordine dei servi di Maria, VIII [1957-58], pp. 71-133).
Destinatari sono i confratelli Tavanti, Olivi, Alessandro da Scandiano, Andrea Gorucci, Gabriele Boni, Serafino Lupi, il cardinale protettore Giulio Santoro, i terziari della compagnia dell’abito. Alcune lettere scritte a Boni, eremita di Montesenario, perirono in un incendio scoppiato nel 1614 in una cella dell’eremo. Ricasoli dice di averne viste solo otto, «quasi pulchro libello simul positas et conscriptas », prima dell’incendio; ne trascrisse soltanto una perché le altre erano troppo lunghe e perché i frati del Montesenario pensavano di stamparle insieme con le opere spirituali di Boni (1623, pp. 206 s.). Nella lettera del 23 dicembre 1593 a Tavanti Montorsoli chiede consiglio soprattutto «per cognizione della corrispondenza del Vangelo col Testamento vecchio », sul quale, «come gli hebrei nel deserto», aveva studiato intensamente negli ultimi due anni. Confessa al suo maestro di trovarsi «ogni dì più lieto nella sua solitudine», dimensione più vicina alla vera beatitudine (Epistolario, p. 88). Le altre missive sono brevi trattati di direzione spirituale incentrati sul valore dell’orazione mentale e dello studio dei testi sacri e dei Padri della Chiesa, di s. Dionigi Aeropagita e di s. Girolamo in particolare.
Dal dicembre 1596 l’epistolario di Montorsoli è incentrato sulla Lettera spirituale, che andò a stampa (Firenze, M. Sermartelli, 1597; ed. a cura di R.M. Taucci, Roma 1935). Frutto dell’esperienza contemplativa («il vedere spirituale dell’anima »), la Lettera fu scritta in un’intera quaresima «con sospiri, lacrime e digiuni». Concepita in preparazione del capitolo generale del 1597, affinché alla guida dell’Ordine «non per nuovi precetti pontificali, ma per illuminata e mortificata voluntà », fosse eletto un «buon pastore e non mercenario» (lettere a Tavanti, 28 dicembre 1596, e ad Alessandro da Scandiano, gennaio [?] 1597, in Epistolario, pp. 99, 102), la Lettera circolò manoscritta nei conventi dell’Ordine e Montorsoli la inviò a molti reggenti, tra i quali Paolo Sarpi a Venezia. Richiamava i confratelli alla santa povertà e alla pratica spirituale della contemplazione, in polemica con le mere riforme istituzionali che non andavano al cuore del problema: «Quando si restaurano le mura di un convento o d’una Chiesa par che si sia fatto qualche gran cosa, nondimeno quella è nulla, senza la restaurazione dell’anima» (lett. al padre provinciale di Romagna, 17 gennaio 1597, ibid., p. 107). La Lettera fu molto avversata e addirittura proibita dal priore generale Olivi; il 25 marzo 1599 Montorsoli scrisse una missiva accorata al cardinale Santoro difendendo i suoi buoni intenti riformatori e paragonandosi ad un «agnus mansuetus», pronto a sacrificarsi per il bene della religione (ibid., p. 129).
Nonostante queste avversità, col favore di Clemente VIII, Montorsoli fu convocato a Roma ed eletto generale nel maggio 1597 e vano fu il suo tentativo di declinare l’incarico. In occasione delle visite ai conventi della penisola attuò procedimenti disciplinari molto rigorosi e si adoperò con tenacia per la riforma dell’Ordine, poi suggellata dai decreti emanati nel 1599 da Clemente VIII. Si impegnò, tra l’altro, per l’addolcimento della regola degli eremiti di Montesenario e per la canonizzazione di Filippo Benizi. Fra il 1597 e il 1600 scrisse molte lettere a Serafino Lupi, maestro dei novizi all’Annunziata, contenenti consigli per la formazione dei religiosi e proponendo a modello gli esercizi spirituali della Compagnia di Gesù (lettere dell’11 aprile, 8 maggio e 23 giugno 1598, ibid., pp. 121, 124).
Nell’estate 1599 rispose all’invito dei cardinali della congregazione dell’Indice a mandare a Roma la lista dei libri proibiti posseduti dai conventi dell’Ordine e dai singoli frati. La lista dei suoi libri personali, 14 in tutto (Città del Vaticano, Arch. della congregazione della Dottrina per la fede, 11321, c. 305v), non risulta molto significativa e prova come egli fosse legato allo studio delle Sacre Scritture, il «pinguissimus sermo» di s. Girolamo, che soleva definire «spetieria» e «segreteria celeste » (Epistolario, p. 95).
Recatosi a Roma per il giubileo del 1600, morì la vigilia di s. Mattia apostolo, data che i biografi fanno oscillare tra il 23 e il 25 febbraio, essendo l’anno bisestile.
Nel 1622 Alasia, in vista di una causa di beatificazione, raccolse testimonianze sulla sua santa morte, avvenuta con concorso di popolo in cerca di guarigioni miracolose. Il corpo fu deposto davanti all’altare maggiore della chiesa di S. Marcello; da lì il 12 marzo 1620 Alasia lo spostò in un «deposito honorato che fra Deodato suo continuo compagno procurò che si facesse col parere et approvazione del gran convento di Fiorenza e sopra vi pose una bella inscrittione» (Panciroli, 1625, p. 365). Ricordato come venerabile, non fu mai canonizzato. Della trilogia pittorica a lui dedicata, si conserva nell’Annunziata il solo dipinto di Arsenio Mascagni che rappresenta il «transito» del frate. Lupi riferisce che «il padre Montorsoli in una certa operetta historiale scrisse d’esser simile nell’effigie estrinseca a san Paolo», ma che la sua «vera effigie» si poteva ammirare in un quadro nella nuova libreria del convento dell’Annunziata «che gli fece fare il suo fedele Diodato» (1632, p. 399).
Le personalità dei tre biografi (Puccini, Lupi, Ricasoli) finora non sono state mai prese in considerazione in rapporto alla figura e alla spiritualità del servita; tutte, invece, rappresentano le fila di un complesso clima religioso che presto sarebbe sfociato in manifestazioni di quietismo condannate dalla Chiesa. Puccini, scrivendo dei «favori celesti goduti da Montorsoli in humile silentio», suppone che «talvolta doveva essere tanto sopraffatto da celesti consolazioni e da gusti del paradiso, che quell’anima non havesse che fare a non dileguarsi tutta» (1601, cc. 71v-72r).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. generale dell’ Ordine dei servi di Maria, Annalistica, Collectanea Alasia, cc. 106 ss., 121r-141r; Ibid., F. Tozzi, Libro degli spogli segnato A; C. Palombella, Cathalogus scriptorum antiquorum Ordinis servorum B.M.V. ordine alphabetico descriptus, anno 1750; Arch. di Stato di Firenze, Conv. soppr., 119, cc. 53-54 passim; Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., G.8.1483: V. Puccini, Vita del p. maestro A.M. M. generale dei servi (1601), cc. 59r- 87r; A.6.1257, I: G. Alberti, Selva litteraria d’uomini illustri per dottrina della sacra religione de’ servi di M.V. (1688), c. 187r; M. Poccianti, Catalogus scriptorum Florentinorum, Firenze 1589, p. 12; A. Giani, Annalium sacri Ordinis fratrum servorum b. Mariae Virginis… pars secunda, Firenze 1622, pp. 177 s.; P. Ricasoli Baroni, Angeli Mariae Montursii Florentini generalis praefecti ordinis Servorum B.M.V. praeclara et religiosa gesta, Venezia 1623; O. Panciroli, Tesori nascosti dell’alma città di Roma, Roma 1625, pp. 364 s.; G. Bartolomei, In lode del rev.mo p. m. A.M. M., servita, canzone, Firenze 1631; S. Lupi, Osservazioni celesti... contenute nella vita del reverendissimo p. m. A.M. M. fiorentino... composta dal molt’illustre e rev. sig. Pandolfo Ricasoli Baroni... dal latino tradotta da fra Serafino Lupi da Fiorenza..., con un’aggiunta del medesimo autore..., Firenze 1632; L.G. Cerracchini, Fasti teologali, Firenze 1738, pp. 296-299; G.M. Brocchi, Vite de’ santi e beati fiorentini, I, Firenze 1742, p. 570; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, VIII, Firenze 1759, pp. 110-112; A.M. Dal Pino, La Lettera spirituale di A.M. M., in Studi storici dell’Ordine dei servi di Maria, VIII (1957-58), pp. 174-177; E. Casalini, Note iconografiche sul p. A.M. M., ibid., VIII (1958), pp. 174-177; L. Kinspergher, La Lettera spirituale di fra A.M. M., ibid., XX (1970), pp. 110-173; O.J. Dias, I registri dei priori generali O.S.M. dal 1285 al 1625, Roma 1970, pp. 243-265; G.M. Roschini, Galleria servitana, Roma 1976, pp. 231 s.; P. Di Domenico, Solitudine e comunione nell’esperienza di A.M. M., in I servi di Maria nel clima del concilio di Trento..., in Quaderni di Montesenario, n. 5, Firenze 1982, pp. 85-106; V. Benassi et al., I servi di Maria. Breve storia dell’Ordine, Roma 1984, pp. 112-118; M.C. Fabbri, Cella e cappella del «recluso» servita A.M. M. e gli affreschi inediti di Andrea Boscoli, in Da una «casupola» nella Firenze del secolo XIII… Celebrazioni giubilari dei servi di Maria, a cura di E. Casalini et al., Firenze 1990, pp. 269-332; Id., Cecco Bravo, Arsenio Mascagni e tre quadri dedicati al padre servita A.M. M.: alcune precisazioni alla luce dei documenti, ibid., pp. 369-375.