MONTANARI, Antonio
(Antonio Maria). – Nacque il 29 nov. 1676 probabilmente a Modena, come riportato nel frontespizio della raccolta del M. pubblicata da M.-Ch. Le Cène nel 1730 ca., VIII Concerti, quatro a violino principale e quatro a doi violini di concerto con suoi ripieni, in cui è menzionato come «modenese».
La data di nascita si ricava da una fonte coeva, assai preziosa anche per lo studio della prassi violinistica dell’epoca: la dettagliata didascalia apposta a un ritratto a penna del M., opera di Pier Leone Ghezzi (Biblioteca apostolica Vaticana). Il padre, Giacomo, aveva origini bolognesi, come testimonia la notizia della morte del M. in cui egli viene descritto come «filius q[uonda]m Iacobi bononiensis» (Roma, Archivio storico del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Dodici Apostoli, Libri dei defunti, 8 c. 50v).
Un'accurata ricostruzione biografica del M. è stata spesso ostacolata dalla confusione che nei principali lessici bio-bibliografici (a partire dal Musikalisches Lexicon di J.G. Walther, Leipzig 1732) avviene tra il M. e il violinista e compositore Francesco Montanaro, anch’egli attivo a Roma, autore di una raccolta di sei sonate per violino edite da Le Cène nel 1725, unica opera a lui attribuita. Alcuni studiosi sostengono che si tratti della stessa persona ritenendo corretto il nome di battesimo Francesco, altri sono propensi a pensare che si tratti di due compositori distinti. A rendere più probabile quest’ultima ipotesi sta il fatto che le sei sonate di Francesco Montanaro presentano tratti stilistici assai diversi da quelli ravvisabili nei lavori strumentali del Montanari. Non è da escludere che Francesco Montanaro possa essere stato un parente di Antonio, probabilmente uno dei suoi figli (Talbot, pp. 245 s.).
Del M. non si conoscono dettagli circa la sua formazione, avvenuta probabilmente in ambito bolognese. Esordì giovanissimo come violinista e compositore: già attorno al 1690 una sua sonata per violino e violoncello fu edita nella raccolta stampata da Carlo Buffagnotti a Bologna che raccoglieva composizioni di altri autori, tutti legati all’ambiente musicale bolognese (tra gli altri, A. Corelli, G. Torelli, G.M. Jacchini, L.A. Predieri). Alla scuola violinistica bolognese rimanda anche un’altra composizione giovanile del M., ovvero il concerto erroneamente intitolato Sonata a tre, che proviene dall’Archivio Ottoboni e oggi conservato a Manchester (Talbot, p. 214).
La prima notizia circa la sua presenza a Roma risale al 1690, anno in cui il M., appena quattordicenne, viene citato nel Libro dei congregati dei musici di S. Cecilia compilato nel 1853 da Luigi Rossi, segretario della congregazione (Talbot, p. 213). In realtà il primo documento che attesta l’effettiva aggregazione del M. al sodalizio ceciliano risale al 25 sett. 1702, anno in cui il suo nome compare nel Verbale della congregazione generale segreta nella sezione dedicata agli strumentisti (ibid.). È dubbio se il M., una volta arrivato a Roma, sia stato allievo di Corelli. Talvolta menzionato nelle liste di pagamento con il diminutivo di «Antoniuccio», il M. era attivo come violinista presso le corti delle più importanti famiglie romane (Ottoboni, Pamphili, Borghese, Ruspoli). Resta ancora da chiarire il legame con il cardinale Carlo Colonna, che probabilmente fu uno dei suoi primi mecenati: il M. appare infatti in un elenco di violinisti della Congregazione dei musici di S. Cecilia risalente al 1694 con il nome di «Antoniuccio di Colonna», così come un simile appellativo («Antonio del sig.r Card.le Colonna») si ritrova nella lista di pagamento risalente al 1709 e relativa all’esecuzione dell’oratorio Chi s’arma di virtù vince ogni affetto di A. Caldara (Talbot, p. 216).
Dal febbraio 1693, e fino al 1701, il M. prese parte regolarmente alle esecuzioni musicali patrocinate dal cardinale Pietro Ottoboni per le celebrazioni delle Quarant’ore a S. Lorenzo in Damaso. Dopo il 1701, il M. fu presente in queste occasioni solo saltuariamente e fino al 1737 in qualità di «capo d’istromenti». Sempre per il cardinale Ottoboni il M. prestò servizio come strumentista per le celebrazioni della vigilia di Natale nel 1699 e successivamente in occasione di riunioni accademiche (1694, 1695, 1700, 1701) e di esecuzioni di serenate e oratori (Talbot, p. 215). È probabile che sia proprio da identificare nel M. il «lacchè» presente nelle liste di pagamento relative alla corte ottoboniana tra il giugno 1709 e il giugno 1715 (La Via, pp. 54 s.). Nel 1694 il M. partecipò all’esecuzione di una «cantata in giardino» patrocinata dal marchese Francesco Maria Ruspoli, presso la cui corte sarà impiegato occasionalmente anche negli anni successivi. Nelle liste di pagamento del cardinale Benedetto Pamphili – il più importante mecenate del M. – il suo nome compare per la prima volta nel marzo 1695, in occasione dell’esecuzione a S. Marcello dell’oratorio Ismaele soccorso dall’angelo di Carlo Francesco Cesarini (Marx, 1983, p. 163). Al 1699 risale la prima presenza del M. – indicato nelle fonti come «Antoniuccio» – in un’orchestra diretta da Corelli in occasione dell’esecuzione di musiche patrocinate dai Borghese (Talbot, pp. 215 s.). Il legame con il cardinale Pamphili si consolidò negli anni successivi: il M. tornò a suonare a S. Marcello tra il 1701 e il 1703, finché nell’ottobre del 1705 entrò a far parte dei «provigionati di musica» della corte del cardinale, mantenendo tale incarico fino al 1708, anno in cui la sua presenza è attestata, insieme con il violinista «Andreuccio [Veneziano]» e con il violoncellista Giuseppe Maria Peroni in occasione dell’esecuzione presso la chiesa Nuova dell’oratorio Il figliuol prodigo di Cesarini. La frequenza con cui i tre musicisti compaiono insieme nelle liste di pagamento del cardinale Pamphili lascia supporre che essi formassero una sorta di «concertino» stabile simile a quello formato da Corelli, Matteo Fornari e Giovanni Lorenzo Lulier per la corte del cardinale Ottoboni (ibid., p. 217).
Dopo il 1708 non si registrano incarichi stabili del M. presso altre corti romane, benché la sua presenza sulla scena musicale rimanesse assidua: dal 1702 al 1711 partecipò alle esecuzioni annuali per l’Accademia del disegno di S. Luca; tra il 1708 e il 1710 è registrato tra i violinisti impiegati da Ruspoli a palazzo Bonelli in occasione dell’esecuzione dell’oratorio La Resurrezione di G.Fr. Händel (1708) e di due lavori di Caldara, la serenata Chi s’ama di virtù vince ogni affetto (1709) e l’oratorio S. Francesca Romana (1710). Negli anni 1711 e 1713, inoltre, il M. fu presente come strumentista in un’orchestra diretta da Fornari alle celebrazioni per la festività di s. Idelfonso a S. Giacomo degli Spagnoli, dove ritornò anche negli anni 1723, 1725 e 1726 in qualità di capo degli strumentisti. La sua presenza è attestata anche presso il collegio Clementino nel 1725 e presso il collegio Nazareno nel 1733. Il legame con il cardinale Pamphili sembra in ogni caso rimanere saldo, tanto che il M. prese parte alle esecuzioni che si tennero nel 1711, 1716-1718, 1725, 1731 e 1734 presso due chiese legate all’influenza della famiglia Pamphili: S. Agnese in Agone e S. Nicola da Tolentino.
Il M. morì a Roma, nella sua casa di piazza della Pilotta, il 2 apr. 1737, lasciando cinque figli e la moglie «Antonia Maddalena Simonart figlia [del] quondam Sebastiano, romana, consorte d’anni 47» (Roma, Archivio storico del Vicariato, Parrocchia dei Ss. Dodici Apostoli, Status animarum, 1737).
Notizie più dettagliate circa la sua morte si ricavano dalla già menzionata didascalia apposta al ritratto fatto da Ghezzi, in cui si precisa che «Antonio Montanari, virtuosissimo sonator di violino […] morì alli due di aprile 1737 alle ore 23 e la sua morte è stata compianta da tutta Roma […] morì in 3 giorni di pontura in età di anni 62 e fu esposto nella chiesa di S. Apostoli dove gli fu cantata messa solenne da tutti i professori di musica tanto cantanti, che sonatori». Ch. Burney menziona il M. in A general history of music riportando una notizia non altrimenti documentata, secondo la quale la grande bravura del violinista Pasquale Bini, allievo di Tartini arrivato a Roma attorno al 1730, avrebbe gettato il M. nella disperazione tanto da provocarne la morte (Talbot, p. 222).
Pur avendo mandato alle stampe pochissime composizioni, il M. fu circondato da una fama ragguardevole, tanto da poter ipotizzare che dopo la morte di Corelli, avvenuta nel 1713, fosse probabilmente proprio il M. a ereditarne il prestigio nell’ambiente musicale romano. Uno dei suoi più fervidi estimatori fu il violinista e compositore Giuseppe Valentini, con il quale il M. strinse amicizia probabilmente durante il periodo in cui entrambi furono impiegati presso la corte di Benedetto Pamphili. Poeta e artista, oltre che musicista, Valentini dedicò al M. un madrigale incluso nella raccolta intitolata Rime pubblicata a Roma nel 1708, in cui il M. viene apostrofato come «nuovo Achille sonoro» e ricordato soprattutto per la qualità espressiva delle sue interpretazioni. Omaggiano la fama del M. due sonate composte da Valentini, entrambe con il titolo La Montanari: la prima, la n. 10, inclusa nella raccolta di sonate a tre dal titolo Villeggiature armoniche a tre, op. 5, pubblicate nel 1707, la seconda – una sonata per violino solo – inclusa negli Allettamenti per camera, op. 8, pubblicati nel 1714. Una copia manoscritta di questa sonata – attualmente conservata a Dresda – fu acquistata dal violinista tedesco Johann Georg Pisendel nel 1717 in occasione del suo soggiorno romano, durante il quale prese anche lezioni di violino dal M. (Talbot, pp. 220 s.). A ricordare il nome del M. anche J.J. Quantz che, pur esprimendo alcune riserve sulle sue composizioni, lo rammenta come violinista di vaglia e «capo d’istromenti» nell’orchestra Ottoboni insieme con Giovan Battista Costanzi (ibid.). Una testimonianza interessante sulla prassi violinistica del M. si deve all’erudito francese Charles Hébert, che nel suo trattato teorico Traité de l’harmonie des sons (Bologna 1733) ricorda l’uso degli intervalli enarmonici cui solitamente il M. ricorreva quando eseguiva le sonate di Corelli.
Il lascito compositivo del M. ammonta complessivamente a tredici concerti e sette sonate, di cui una, per due violini e basso, incompleta, è conservata a Londra (British Library, Add., 64965, cc. 31v-32r, 37r). Otto concerti sono stati pubblicati ad Amsterdam da Le Cène nel 1731 e raccolti dallo stesso editore; un concerto «per flautino», due violini e basso in si bemolle maggiore è conservato a Rostock (Universitätsbibliothek, Mus. Saec. XVIII, 33, 10) ed è stato erroneamente attribuito a Händel; due concerti, rispettivamente in do maggiore e in fa diesis minore, sono conservati a Dresda (Sächsische Landesbibliothek - Staats- und Universitätsbibliothek, Mus., 2767-0-1 e 2767-0-3), insieme con altri due concerti gia contenuti nella stampa di Le Cène (nn. 6 e 8); un altro concerto per violino, in si bemolle maggiore, si trova a Lund (Universitetsbibliotek, Samling Engelhart, 382). Dubbi sulla effettiva attribuzione di quest'ultimo concerto al M. sono stati espressi da Hirschberg - McVeigh (p. 162). Al genere del concerto, come denota la presenza di una parte per «violino ripieno», è ascrivibile anche la sonata a tre conservata a Manchester (Henry Watson Music Library, Mss., 580, c. 51). A questi si devono aggiungere altri concerti di cui si ha notizia grazie all’inventario dell’editore Le Cène, ma di cui non è rimasta alcuna traccia. Tra le sonate, quelle che più di altre mostrano i tratti peculiari dello stile del M. sono le tre sonate per violino conservate a Dresda (Sächsische Landesbibliothek - Staats- und Universitätsbibliothek, Mus., 2767-R-1/3) e la sonata a tre per due oboi e basso in do minore conservata a Lund (Universitetsbibliotek, Samling Engelhart, 235), che probabilmente risale agli ultimi anni di vita del Montanari. Un esame approfondito di queste musiche ha permesso in tempi recenti una più accurata valutazione del suo stile. Tra le principali caratteristiche della sua scrittura strumentale si possono annoverare l’uso di corde doppie e triple, l’impiego di posizioni molto alte per il violino (fino all’ottava), oltre a una spiccata coerenza motivica riscontrabile in modo particolare nelle sonate. Nei concerti – di matrice stilistica tipicamente romana – assume particolare rilievo la grande maestria della scrittura fugata, la bellezza dell’invenzione melodica nella parte del violino solista, la flessibilità degli schemi tonali adottati e il trattamento originale della forma-ritornello (Hirschberg - McVeigh, pp. 163 s.).
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Ott. lat., 3116, c. 165v; H.J. Marx, Die Musik am Hofe Pietro Kardinal Ottobonis unter A. Corelli, in Studien zur italienisch-deutschen Musikgeschichte, V, a cura di Fr. Lippmann, Bonn 1968, pp. 104-177; H.J. Marx, Die «Giustificazioni della casa Pamphilj» als musikgeschichtliche Quelle, in Studi musicali, XII (1983), pp. 121-187; O. Michiati, Una statistica della musica a Roma nel 1694, in Note d’archivio per la storia musicale, n.s., I (1983), p. 222; P. Petrobelli, Violin technique in Rome during the first half of the 18th century as documented by the caricatures of Pierleone Ghezzi, in Jakob Steiner und seine Zeit. Tagungsbericht… 1983, a cura di W. Salmen, Innsbruck 1984, pp. 175-185; P. Barbieri, Conflitti di intonazione tra cembalo, liuto e archi nel «concerto» italiano del Seicento, in Studi corelliani IV. Atti del IV congresso internazionale, Fusignano… 1986, a cura di P. Petrobelli - G. Staffieri, Firenze 1990, p. 150; S. La Via, Il cardinale Ottoboni e la musica: nuovi documenti (1700–1740), nuove letture e ipotesi, in Intorno a Locatelli: studi in occasione nel tricentenario della nascita di Pietro Antonio Locatelli (1695-1764), a cura di A. Dunning, I, Lucca 1995, pp. 319-526; Il «mondo novo» musicale di Pier Leone Ghezzi, a cura di G. Rostirolla, Roma 2001, pp. 53-75; J. Hirschberg - S. McVeigh, The Italian solo concerto 1700-1760: rhetorical strategies and style history, Woodbridge 2004, pp. 162, 164; R. Maunder, The scoring of baroque concertos, Woodbridge 2004, p. 146; M. Talbot, A successor of Corelli: A. M. and his sonatas, in Recercare, XVII (2005), pp. 211-247; The New Grove Dict. of music and musicians, XVII, p. 14.