MOLINO, Antonio
MOLINO (Molin, da Molin), Antonio (Manoli Blessi, Burchiella). – La data di nascita del M. si può collocare approssimativamente al 1498, come si evince da due versi di un sonetto in greghesco nella raccolta I dilettevoli madrigali a quattro voci (Venezia, C. Merulo, 1568), nel quale egli dichiara di avere compiuto settanta anni. Ignoto resta il luogo di nascita, ma Ludovico Dolce lo definisce «honoratissimo cittadino di questa città», cioè Venezia, nella dedica del poema I fatti e le prodezze di Manoli Blessi strathioto dello stesso M. (Venezia, G. Giolito, 1561).
La documentazione archivistica sul M. è pressoché inesistente: G.A. Quarti sosteneva di avere individuato «una lettera autografa, che egli inviava ad un suo protettore, patrizio veneto, ma non vale la pena di riportarla» (Quarti, 1941, I, p. 63). Uno dei rarissimi documenti d’archivio relativi al M. è la concessione del privilegio richiesto da lui (non dal tipografo) per I fatti il 23 ott. 1561 (in Nuovo - Coppers, p. 420; cfr. Rossi, Introduzione a Calmo, cit., pp. XXXII s. nota). Della maggior parte delle informazioni siamo debitori a Dolce, che era in rapporto di amicizia con il M. e lo ricorda in più occasioni nelle dediche di opere dello stesso Molino. Compatibilmente con i dati cronologici ricordati, un «m. Antonio da Molin» è indicato tra i conservatori (dodici membri di estrazione nobile) della veneziana Accademia degli Uniti, fondata nel 1551: tra i nomi compare anche Andrea Gabrieli, ma sia per il M. sia per Gabrieli non sono stati rinvenuti documenti per comprovare origini aristocratiche.
Dopo una giovinezza segnata dall’apprendimento del ballo, della musica e del canto, il M. si cimentò nella mercatura, viaggiando in Oriente, come sostiene Dolce (dedica de I fatti, pp. 3 s.). Fu a Corfù e a Creta, dove entrò in contatto con la lingua greca e dove forse iniziò a praticare la recitazione: secondo una recente ipotesi di N. Panaytakis, si sarebbe trovato a Corfù tra il 1526 e il 1527, quando Alvise d’Armer (ricordato nella dedica a Fabio Canal dell’opuscolo del M. Sopra la presa de Margaritin, Venezia, A. Muschio, 1571) ricopriva la carica di provveditore generale da Mar nell’isola. La presenza a Creta sarebbe successiva. A detta di Zilioli, il M. avrebbe preso «moglie onorevole», ma anche di questa informazione non si hanno altri riscontri.
Al ritorno dell’esperienza mercantile, in seguito alla quale doveva aver raggiunto una certa agiatezza, fondò a Venezia, insieme con Giovanni Armonio Marso, un’accademia musicale, della cui attività però sembrano essersi perse le tracce. Il M., che sembra suonasse la viola e il liuto, entrò in rapporti, oltre che con A. Gabrieli, con altri importanti musicisti: Vincenzo Bellaver, Giuseppe Guani, Claudio Merulo, Cipriano Rore e Adriano Willaert, i quali misero in musica le greghesche moliniane. Il riconoscimento e la stima in campo musicale gli sono tributati da A. Gabrieli nel Secondo libro di madrigali (Venezia 1570) e da Leandro Mira, il quale, dedicandogli il Terzo libro delli madrigali di Filippo da Monte (Venezia 1570), lo apostrofa come «Padre della musica».
Nel 1538 si registra la prima prova ufficiale da versificatore con il madrigale Perché, Madonna, io vivo sol di vostro amore, incluso nel Primo libro dei madrigale di Costanzo Festa (Venezia, A. Gardane).
Una parte consistente dell’attività del M. sembra essere stata dedicata al teatro. Pare che egli brillasse per le sue doti di improvvisatore e che i suoi spettacoli attirassero con facilità gli spettatori. Dolce racconta come sia stato l’inventore della commedia plurilingue: al M. è infatti associato l’impiego del dialetto bergamasco ma soprattutto del greghesco, di cui, sotto lo pseudonimo di Manoli Blessi, fece uso nei componimenti in versi.
Si tratta di un misto di veneziano e di parole e locuzioni greche, utilizzato nei testi di natura comica e impiegato come satira nei confronti sia dei greci che si trovavano a Venezia sia degli stradiotti, i soldati della cavalleria leggera della Repubblica. Il M. deformò questa lingua per volgerla prevalentemente a fini comici, sfruttando soprattutto le possibilità dell’equivoco. Il soprannome Burchiella, indicato nel frontespizio de I fatti, deriva da quello del celebre Burchiello – poeta fiorentino quattrocentesco del ribobolo e dell’ambiguità semantica riscoperto in area veneta, nella prima metà del Cinquecento, grazie ad A. Doni e P. Aretino –, e allo stesso tempo si collega al contesto comico pescatorio caratteristico delle rime di A. Calmo (la burchiella è una piccola imbarcazione).
La competenza specifica nel greco, lingua sconosciuta a Calmo, così come ad altri autori comici veneziani degli stessi anni come Gigio Artemio Giancarli e a Marin Negro, lascia ipotizzare che fu il M., nella stesura o nella recitazione dei testi teatrali, a scrivere o a suggerire le parti in greghesco. Altrimenti, è ragionevole pensare che nel corso della recitazione il M. ricoprisse i ruoli dei personaggi che parlavano in greco o in altre lingue straniere. Tuttavia, più che inventore delle commedia plurilingue, il M. – il quale certamente aveva assorbito a pieno l’esperienza del celebre buffone veneziano Zuan Polo – ne fu il perfezionatore. Delle «comedie» scritte e recitate dal M., alle quali accenna Dolce, nulla ci è giunto: si è ipotizzato che fossero differenti dai testi teatrali regolari e si presentassero come dialoghi in greghesco (si pensi, per esempio, a Sopra la presa de Margaritin. Con un dialogo piacevole di un greco, et di un fachino, cit.), che facilmente potevano essere interpretati da due attori garantendo una certa parvenza di teatralità. Tuttavia l’impiego del greghesco non va percepito in una prospettiva esclusivamente comica: la scrittura di generi diversi conferma come il M. fu in grado di elaborare un linguaggio del tutto personale e duttile.
L’attività teatrale del M. si interruppe in una data che non è possibile indicare con sicurezza, probabilmente verso il 1565. Nel Prologo de La pace di Marin Negro (Venezia 1561) l’ombra del defunto Giancarli dichiara che il M., Calmo e Pietro d’Armano hanno ormai smesso di calcare le scene, ma dalla prefazione di Dolce a I fatti del M., che risale allo stesso anno, sembra che il M. fosse ancora in attività: «Ora, quantunque egli sia così raro nel recitare, non è, che altretanto e più non si sia dimostro nello scrivere» (p. 4). Comunque, nel 1565, o poco prima, allestì a Venezia, nel palazzo di Sebastiano Erizzo, la rappresentazione della Marianna, tragedia di Dolce, nella quale fu anche attore, mentre nel 1566, si occupò della rappresentazione di un’altra tragedia di Dolce, le Troiane.
Gli anni dell’abbandono del palcoscenico sembrano coincidere con un’intensa attività poetica e musicale, che sfruttò l’esperienza e la fortuna acquisite nel teatro. Il nome del M. è legato in particolare al citato poema I fatti, e le prodezze di Manoli Blessi strathioto, opera dedicata a Giacomo Contarini e curata da Dolce. Si tratta di un poema di dieci canti in ottave, che si ispira all’Orlando furioso e al Morgante pulciano (citato a VII, 3, 7), oltre alla più recente tradizione del poema comico-burlesco. Anche se l’impianto del poema è apertamente comico, il Dolce dichiarava di scorgere «sotto la piacevolezza, che move a ridere […] sensi gravi et allegorici». M. Cortelazzo, in tempi recenti, ha suggerito di leggere nel titolo un richiamo al poema di Giovanni da Corone (Venezia 1519), i Fatti eroici di Mercurio Bua , scritto a Venezia e dedicato alla celebrazione dell’omonimo stradiotto.
Il poema del M., scritto in veneziano con inserti in greghesco, racconta le vicende e le imprese del greco Manoli Blessi, originario di Nauplion in Romania, arruolatosi tra gli stradiotti. Cristiano, Blessi viene inviato ad affrontare gli infedeli, ma nel corso della sua missione viene distolto da tentazioni amorose. Riesce a uccidere il sultano dei Turchi; si dà a una vita errabonda, stringe amicizia con un tale Cacicchi (una sorta di Margutte) ed è coinvolto in una serie di avventure nelle quali viene esibito tutto l’armamentario del meraviglioso cavalleresco, fino a sposare la regina d’Islanda.
I Fatti sono un’opera di indubbia qualità letteraria, che andrebbe riscoperta proprio in virtù dello sperimentalismo della lingua impiegata, che doveva costituire un punto di forza e che invece si rivelò presto un limite alla diffusione del poema (considerazione che va estesa a tutta la produzione in greghesco del M.).
Come si può constatare dalla produzione data alle stampe, negli anni Sessanta si concentra anche la produzione musicale. Nel 1564, a Venezia per A. Gardane, vide la luce Il primo libro delle greghesche (cfr. ora Manoli Blessi, Grechesche, libro I, 1564, a cura di S. Cisilino, Padova 1974); qualche anno più tardi vengono pubblicati i citati I dilettevoli madrigali a quattro voci … dedicati a Maddalena Casulana, e Il secondo libro de madrigali a quatro voci, con uno dialogo a otto … (ibid., A. Gardane, 1569), dedicati a Francesco Pesaro. L’identificazione del Manoli Blessi autore di opere musicali con il M. è stata dimostrata soltanto di recente (Fabbri) grazie a un passo della dedicatoria di A. Gabrieli delle Greghesche et iustiniane a tre voci (Venezia 1571). Sotto il medesimo pseudonimo il M. pubblicò anche versi in greghesco di contenuto propagandistico antiturco, allineandosi a un gusto letterario largamente diffuso: Dialogo de Selin, con Giosuf ebreo de Manoli Blessi. Et una barzelletta contra Mustafà Bassà …, (Venezia, [G. Griffio, 1571]); Nella rotta dell’armata de Sultan Selin, ultimo re de turchi [Venezia, D. e G.B. Guerra, 1571]; Il vero successo della presa di Nicosia in Cipro di Manoli Blessi Strathiotto (ibid., [P. Farri], 1572); Sopra la presa de Margaritin. Con un Dialogo piacevole di un greco, et di un fachino, già ricordato.
La pubblicazione di opere firmate con pseudonimo cessò nel 1572 (ma due anni dopo la greghesca Come viver mi posso, chiara, zentil signora fu inclusa nel Primo libro di madrigali a quattro voci di P.A. Spalenza, Venezia, A. Gardane, 1574). È presumibile che poco dopo questa data sia da collocare la scomparsa del Molin.
Del M. si conserva memoria in vari testi, soprattutto di natura teatrale, a conferma di un’attività che già doveva apparire memorabile ai coevi: nella Zingana (atto I, scena 1) di Gigio Artemio Giancarli, (ed. a cura di L. Lazzerini, Padova 1991, p. 209; 1a ed. 1546); nelle Lettere di A. Calmo ed. a cura di V. Rossi, I, pp. 33 s.; II, p. 151; I ed. 1548 e 1550); ne La Spagnolas di Calmo (a. III, s. 7, ed. a cura di L. Lazzerini, Milano 1979, p. 60; 1a ed. 1549); a più riprese, come personaggio, nelle Piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola (1a ed. 1550 e 1553).
Opere: un elenco analitico delle opere del M., con le ristampe moderne, è in M.L. Uberti, Un «conzontao in openion» di Andrea Calmo: A. M. il Burchiella, in Quaderni veneti, XVI (1992), pp. 92-98; si devono aggiungere i Sonetti di Manoli Blessi Strathiotto, Venezia, [D. Farri], 1572, di cui per ora è noto un esemplare presso la Biblioteca arcivescovile di Udine (segn. KK.V.8.35) e il rarissimo opuscolo Un sonetto di Manoli Blessi strathiotto. Con un insonio del medesimo sopra Modon, Venezia 1572 (segnalato nel Catalogue de la bibliothèque de feu M. le Comte Riant …, a cura di L. de Germon - L. Polain, II, 2, Paris 1899, p. 311 n. 3451.34). Dei Fatti si può leggere una trascrizione, peraltro fitta di svarioni, in C.N. Sathas, Documents inédits relatifs à l’histoire de la Grèce au Moyen Âge, VIII, Paris 1890, pp. 471-539; l’edizione critica, promessa da M.L. Uberti, è rimasta ferma allo stato di tesi di dottorato (Università degli Studi di Venezia, 1987). Altre opere sono state pubblicate da Sathas, cit., VII, Paris 1888, pp. 236-261; VIII, ibid. 1888, pp. 460-470; IX, ibid. 1990, pp. 262-280, e, corredate da note, in G.A. Quarti, La battaglia di Lepanto nei canti popolari dell’epoca, Milano 1930, pp. 149-172, 282-284, e Id., Quattro secoli di vita veneziana nella storia nell’arte e nella poesia, I, Milano 1941, pp. 63-65. Recentemente S. Mammana (cit., p. 223) ha attribuito al M. il Pianto et lamento de Selin, Drian imperador de Turchi, Venezia, A. Muschio, 1571. Tra le opere manoscritte si registrano due sonetti e sei endecasillabi in Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Marc. It., cl. IX, 173 (=6282), cc. 244r-245r, mentre testi in versi e in prosa sotto il nome del M. in ibid, cl. IX, 271 (=6096), cc. 114v-116v, 119r (cfr. E. Lippi, Contributi di filologia veneta, Treviso 2003, pp. 221 s.). Come ha dimostrato G. Padoan, il Dialogo, over contrasto d’Amore di Messer A. M. cognominato Burchiella (Venezia, Comin da Trino, 1548) è invece opera da attribuire a Giovanni Andrea Garisendi (poeta bolognese morto nel 1525), già stampata a suo nome nel 1518, 1520 e 1522, e quindi assegnata al M. per motivi ignoti.
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