MISCOMINI, Antonio
MISCOMINI, Antonio (Antonio di Bartolommeo da Bologna, Antonio da Bologna). – Nacque a Modena intorno al 1450 da Bartolomeo, originario di Bologna.
Ben presto si trasferì a Venezia, dove apprese la tecnica tipografica lavorando con Giovanni Genovese e Cristoforo Bellapiera. Insieme pubblicarono nel 1472 l’opera di Giovanni Duns Scoto, Quaestiones in primum librum sententiarum Petri Lombardi (Indice generale degli incunaboli [=IGI], 3604), dove il nome del M. è associato a quello degli altri due come curatori della stampa del volume. L’attività di tipografo proseguì a Venezia, testimoniata dalle edizioni che stampò tra 1476 e 1478 e che contengono nel colophon la sua sottoscrizione come Antonio da Bologna. Si tratta delle Epistolae (IGI, 4737) e delle Vitae sanctorum patrum (IGI, 4761) di s. Girolamo, stampate nel 1476 insieme con un’edizione delle opere di Virgilio (IGI, 10194); del 1477 è l’edizione della Bibbia in italiano nella traduzione di Niccolò Malermi (IGI, 1699), e l’anno successivo la stampa delle Decadi di Tito Livio sempre in italiano (IGI, 5783).
Nel 1480 il M. fu protagonista di un episodio rimasto unico nella storia dell’editoria del Quattrocento: la stampa di un libro a Nonantola, il cui monastero benedettino era stato nel Medioevo operoso centro di studi, testimoniato dai numerosi codici pervenuti dal suo rinomato scriptorium. Il fratello Giorgio esercitava l’attività di notaio a Modena e risiedeva a Nonantola, dove il padre Bartolomeo era stato per lungo tempo factore dell’abbazia. Sotto gli auspici dell’abate Gurone Maria d’Este e con la collaborazione economica del fratello, il M. impiantò nell’abbazia un’officina tipografica e nel maggio stampò un Breviarium Romanum (IGI, 2119).
L’edizione rappresenta un punto d’arrivo nell’attività del M. per la cura della stampa, corredata da xilografie e tavole astronomiche che completano l’opera. Nella sottoscrizione compare il nome del fratello Giorgio, che conferma la partecipazione – si presume solo finanziaria – alla stampa del volume. Delle poche copie sopravvissute, tre sono in pergamena elegantemente miniate, certamente destinate alla limitata – ma socialmente rilevante – committenza: l’abate con il vicario o qualche altro ecclesiastico di rango.
È evidente che la piccola Nonantola non poteva offrire ulteriori opportunità di sviluppo alla stamperia e il M. decise di trasferire la sua attività a Firenze. In questa città svolse in modo stabile anche se discontinuo la professione di tipografo dal 1481 al 1485, e ancora dal 1489 al 1495, stampando più di 80 edizioni, cifra che lo colloca tra i più attivi e prolifici dell’arte della stampa nel Quattrocento a Firenze.
La sua produzione è equamente divisa tra testi umanistici e letteratura di carattere popolare; dei primi fanno parte testi classici e di patristica tradotti, classici latini con commento da parte di umanisti fiorentini, ma anche opere originali di questi ultimi, dato che lo fa appartenere più propriamente alla nuova professione emergente di tipografo-editore. All’altra categoria appartengono testi di carattere religioso, sacre rappresentazioni, narrativa popolare, tutti in volgare, con un’attenzione particolare a Girolamo Savonarola, del quale il M. fu uno dei principali promotori, tenuto conto delle otto edizioni che stampò durante gli anni della repentina ascesa del frate, dal 1492.
La prima opera stampata dal M. a Firenze è La giostra di Lorenzo de’ Medici di Luigi Pulci, nel marzo 1481 (IGI, 8225), alla quale seguirono in agosto i Sermones di Ephrem Syrus (IGI, 3679) nella traduzione latina di Ambrogio Traversari. Ma è l’anno seguente che lo pone all’attenzione della cerchia umanistica fiorentina con la pubblicazione delle Bucoliche di Virgilio nella traduzione di Bernardo Pulci (IGI, 10241), dell’editio princeps delle opere di Orazio con il commento di Cristoforo Landino (IGI, 4880), e con l’edizione della Theologia platonica de immortalitate animorum di Marsilio Ficino (IGI, 3867).
È soprattutto la stampa dell’Orazio, un raffinatissimo infolio, a segnare un punto di arrivo dell’arte tipografica del M.; il volume si apre con l’ode di Angelo Ambrogini, il Poliziano, a Orazio; il commento, disposto su 46 linee, contorna il testo. È dedicato a Guidubaldo da Montefeltro, figlio appena decenne di Federico, e non si può non vedere in questa dedica un tentativo – giustificato dal pregio tipografico dell’edizione – di rendere gradita l’iniziativa editoriale a Federico, il quale – come è noto – aveva escluso dalla sua biblioteca qualsiasi libro a stampa. Questa edizione fu stampata anche in pergamena, e impreziosita in alcuni esemplari da iniziali in oro e azzurro e da splendide miniature: un simbolo della matura editoria fiorentina negli anni dell’apogeo laurenziano, che proponeva la stampa di un Orazio commentato dal più prestigioso maestro dello Studio della città, il cui commento sanciva l’avvenuta assimilazione della poetica oraziana nel sistema retorico-stilistico dell’umanesimo.
La pubblicazione dell’opera di Marsilio Ficino è l’inizio di una collaborazione tra il M. e l’umanista che sarà confermata dalla pubblicazione di altre due sue opere: il De vita libri tres, nel 1489 (IGI, 3868), il De sole et De lumine, nel 1493 (IGI, 3866), ma in special modo dalla poderosa edizione dell’opera completa di Plotino del 1492 (IGI, 7906), dal Ficino tradotta e commentata. È da sottolineare come questa edizione, come molte tra quelle del M., sia dedicata a Lorenzo de’ Medici, sotto la cui egida la produzione di testi di autori contemporanei assunse carattere predominante nel lavoro tipografico del M. che stampò – tra le altre – opere di Bastiano Foresi, Matteo Bosso, Bartolomeo Benevolenti e Luca Pulci. Il primo periodo di attività del M. a Firenze terminò nel 1485 con il De componendo hexametro et pentametro (IGI, 6308) di Pacifico Massimi, con la data del 14 luglio.
Nulla si sa sulla tipografia del M. a Firenze negli anni immediatamente successivi. Tra il 1487 e il 1489 risulta di nuovo stampatore in Modena, dove in società con Domenico Rococciola, tipografo attivo in quella città dal 1481, il M. pubblicò gli Statuta civitatis Mutinae in due parti, la prima nell’aprile 1487 e la seconda nell’aprile 1488 (IGI, 6762).
È lecito supporre che il Rococciola abbia chiesto aiuto al più esperto conterraneo, che poté offrirgli anche le maestranze e l’investimento di un discreto capitale per un’opera di grande impegno che la sua officina di limitate risorse non poteva assicurare.
L’anno successivo uscì, sempre sotto il nome di entrambi, il De caritativo subsidio et decima beneficiorum di Bartolomeo Bellencini (IGI, 1445), con il quale finì la collaborazione e la breve parentesi modenese nella vita del M., che tornò a Firenze.
La seconda parte della sua attività fiorentina fu certamente più prospera e duratura della precedente; in quegli anni egli stampò più di 50 edizioni. Questa sua produzione conferma il preponderante interesse per le opere di carattere religioso, certo le più richieste nella Firenze savonaroliana; oltre ai citati opuscoli del domenicano, sono da ricordare le cinque diverse edizioni dell’Imitatio Christi, tutte in volgare, le due edizioni della Passione del nostro signore Gesù Cristo di Bernardo Pulci, insieme con la traduzione italiana dei Sermones ad heremitas di s. Agostino (IGI, 1041) e alle Meditationes vitae Christi di s. Bonaventura, sempre in italiano (IGI, 1922). Di pari passo però l’interesse del M. si volgeva anche agli scritti degli umanisti fiorentini e tra questi assumono particolare rilevanza le diverse edizioni delle opere di Angelo Poliziano. Durante il primo periodo fiorentino del M. erano uscite dai suoi torchi due diverse raccolte poetiche di Poliziano: Silva cui titulus Manto (1482; IGI, 7963) e Silva cui titulus Rusticus (1483; IGI, 7968). L’anno del rientro fiorentino del M. vede la pubblicazione di quella che è considerata l’opera più importante di Poliziano, la Miscellaneorum centuria prima (IGI, 7959) che porta la data del 19 sett. 1489.
Il fatto di lavorare direttamente a contatto con gli autori, e quindi di avere a disposizione gli «originali» dei lavori che venivano dati alle stampe, lo portava a ribadire questo suo modo di lavorare nei colophon delle stampe. Ed è quello che si trova anche nella sottoscrizione all’edizione del Poliziano, dove si legge: «Impressit ex archetypo Antonius Miscominus». Le copie sopravvissute consentono di fare luce in modo definitivo sul rapporto tra i due. Di questa tiratura vi fu una correzione, da presumere da parte dello stesso autore, in corso d’opera, o meglio quando il volume era già stato messo in vendita. In alcune copie è presente una carta – aggiunta in fine al volume, con le emendationes – che dalla collazione risulta essere fuori dalla segnatura riportata nel registro che segue, e che è da considerare, quindi, un ripensamento successivo alla stampa del volume. L’intervento dell’autore è ancora testimoniato dalla dedica, di mano del Poliziano, che appare in calce al colophon di una copia conservata nella Harvard University Library: «Ego Angelus Politianus: Quoniam vis archetypas habere nugas»; in questo esemplare appaiono appunto una ventina di correzioni, tutte di mano del Poliziano. L’aggiunta autografa dell’autore, oltre a mettere in discussione la fedeltà della stampa rispetto all’originale, è una prova tangibile dei possibili rapporti tra lui e il tipografo, improntati a uno scambio di ruoli riguardo alla stesura definitiva dell’opera. La collaborazione continuò negli anni successivi, e il M. stampò altre cinque edizioni del Poliziano.
Nelle opere di questi anni usò aggiungere alla sottoscrizione la sua marca tipografica, su fondo nero, costituita dalle iniziali «A M» congiunte e sormontate da una croce, inscritte in un quadrato e in un cerchio. Il M. utilizzò più serie di caratteri, che contraddistinguono i luoghi e i generi della sua produzione. A Venezia, oltre a due serie di caratteri romani – rispettivamente di 120 e 78 mm –, si riscontra un solo esempio di caratteri greci nel Virgilio del 1477, e gotici nel s. Girolamo dell’anno precedente, entrambi di 79 mm; fatta eccezione per le due parentesi di Nonantola e Modena – dove usò due serie ancora di caratteri gotici, di 63 e 91 mm – stampò per la maggior parte in caratteri romani anche a Firenze, fatto inevitabile, considerato il genere della sua produzione; qui utilizzò più serie di caratteri, che derivano da quelli precedentemente usati a Venezia: R 112, R 86 e R 79, ma anche un carattere gotico di 60 mm.
L’ultima opera con la sua sottoscrizione è una riedizione delle Bucoliche di Virgilio (IGI, 10242), con la data 19 apr. 1494. Non si hanno notizie circa la data della sua morte, da collocare presumibilmente nel 1495, posto che altre stampe uscite a Firenze in quella data sono state attribuite alla sua tipografia (The British Library, Incunabula Short-Title Catalogue).
Fonti e Bibl: P. Kristeller, Die italienischen Buchdrucker und Verlegerzeichen bis 1525, Strassburg 1893, p. 16, n. 47; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Florence 1905, pp. 138 s., 263, 585; G.I. Arneudo, Dizionario esegetico tecnico e storico per le arti grafiche … II, Torino 1925, p. 1490; K. Burger, The printers and publishers of the XV. century with list of their works, Berlin 1926, pp. 501 s.; P.E. Vicini, La stampa nella provincia di Modena, in Tesori delle biblioteche d’Italia, I, Milano 1932, pp. 494-498, 524 s.; D. Fava, Modena, Reggio Emilia, Scandiano, Modena 1943, pp. 42 s., 77 s.; Id., Manuale degli incunaboli, Milano 1953, pp. 71, 105 s., 109; T.E. Marston, An apparently unique, Venetian incunabulum, in The Yale University Library Gazette, XLVI (1971), 1, pp. 10 s.; F. Battera, L’edizione Miscomini delle Bucoliche elegantissimamente composte, in Studi e problemi di critica testuale, XL (1990), pp. 149-185; P.F. Gehl, Watermark evidence for the competitive practices of A. M., in The Library, s. 6, XV (1993), 4, pp. 281-305; A. Iurilli, Il «corpus» oraziano fra editoria e scuole umanistiche nei secoli XV e XVI, in International Journal of the classical tradition, III (1996), 2, pp. 147-158; J.A. Dane, «Si vis archetypas habere nugas»: Authorial subscriptions in the Houghton Library and Huntington Library copies of Politian, Miscellanea (Florence: M. 1489), in Harvard Library Bulletin, n.s., X (1999), 1, pp. 12-22; G. Marchesi, Nuovi documenti per la storia dell’incunabolo: Giorgio e A. Miscomini e la stampa del breviario di Nonantola del 1480, in Atti e memorie dell’Accademia nazionale di scienze, lettere ed arti di Modena. Memorie scientifiche, giuridiche, letterarie, s. 8, IX (2006), 1, pp. 225-267; Catalogue of books printed in the XVth century now in the British Museum, V, London 1924, pp. XVI-XVII, 212, 239-241; VI, ibid. 1930, pp. XV, 635-646; VII, ibid. 1935, pp. LXIX, LXXV-LXXVI, 1060 s., 1084; Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d’Italia, ad indicem.