MINELLI, Antonio
– Nacque a Rovigo l’8 sett. 1798 da Luigi e da Maria Rondina. Le condizioni modeste della famiglia, un tempo agiata, si aggravarono con la morte del padre, inducendo il M., ancora adolescente, a trovare occupazione presso la tipografia di Domenico Miazzi, una ditta scarsamente attrezzata nella quale però Antonio si segnalò presto per spirito di iniziativa e straordinarie attitudini alla professione, tanto che, quando nel 1824 il nuovo gestore e tipografo veneziano Francesco Andreola rilevò lo stabilimento Miazzi, gliene affidò la direzione.
La sicurezza economica ormai garantita lo spinse nel 1826 a sposare Luisa Kiriaki, veneziana benestante, originaria di Corfù, fornita di buona cultura, abile disegnatrice e fine poetessa, che diverrà una preziosa collaboratrice nell’attività compositiva ed editoriale. Dal loro matrimonio nacquero cinque figli: Gustavo (1831), Isabella (1836), Sofia (1839), Arpalice (1842) e Tullio (1848).
Il salto di qualità per questo intraprendente direttore «compositore», «stampatore», avvenne dagli anni Trenta, allorché divenuto proprietario dello stabilimento, ottenne la licenza di esercitare l’arte tipografica e produrre in proprio. Nel 1844, nella nuova sede di palazzo Paoli a Rovigo lavoravano 32 operai e, oltre a nove torchi, erano in funzione ben undici macchine, acquistate in Italia e all’estero, compresi i «pettini meccanici» che, inventati dal titolare, permettevano di stampare qualunque tipo di rigatura, sia i fogli per atti ufficiali sia i fogli pentagrammati di musica. Tra i dipendenti nel 1849 si rileva la presenza del giovane lendinarese Luigi Buffetti, il futuro fondatore della nota casa editrice, tuttora attiva.
«Pel pregio con cui sono tenuti i suoi lavori» Antonio riuscì ad allargare la sua clientela oltre il Lombardo-Veneto, sia in Italia sia in Europa. La sua produzione si contraddistingueva – come rileva D. Tebaldi – per il costante «rigorismo compositivo» in cui Antonio era abile a «dispiegare la propria vocazione figurativa e un raffinato colorismo romantico», mai ripetitivo o standardizzato (Cavriani - Tebaldi, p. 11).
Forte dei suoi successi e delle capacità imprenditoriali, Antonio ricoprì incarichi pubblici e ricevette vari riconoscimenti, i più vistosi dei quali furono le visite di alcune alte cariche dell’epoca, a cominciare dall’imperatore austriaco Francesco Giuseppe, che nel 1856 visitò il suo stabilimento trasferito nella contrada S. Rocco (ora via Angeli), seguito nel 1858 dal cardinale Pietro de Silvestri; onorificenze e medaglie gli furono conferite dai monarchi dell’Italia unita, Vittorio Emanuele II nel 1868 e Umberto I nel 1878, che gli concesse la croce di cavaliere della Corona.
Antonio morì a Rovigo il 17 luglio 1883 e fu sepolto accanto alla tomba della moglie Luisa nel cimitero cittadino.
Il Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (IX, pp. 7703-7707) registra in oltre sessant’anni di attività una produzione di 358 titoli compresi quelli stampati dall’ultimo titolare, Tullio Minelli, ma è da ritenersi incompleto. Quelli presenti nel catalogo citato sono testi che raramente superano le 20-30 pagine. Importanti sono alcune firme di autori come Aleardo Aleardi, Pietro Giordani, Ippolito Nievo, Nicolò Tommaseo, Pietro Paleocapa, Arnaldo Fusinato e Giacomo Zanella.
Il figlio di Antonio, Gustavo, nato a Rovigo il 30 giugno 1831, dopo aver completato gli studi liceali a Padova si iscrisse alla facoltà di medicina. Sebbene l’8 febbr. 1848 fosse coinvolto nei tumulti studenteschi contro le truppe austriache, non è certa la sua partecipazione come volontario alla guerra d’indipendenza. La ripresa delle ostilità nel 1849 lo vide arruolato come volontario sergente nel X battaglione della IX compagnia al seguito di G. Garibaldi, con cui entrò a Roma il 27 aprile per essere poi impiegato nella difesa della Repubblica.
Sciolto il Corpo dei volontari preferì, per timore di ritorsioni, non rientrare in famiglia, dove nel frattempo era nato, il 6 giugno 1848, suo fratello Tullio e dove i genitori avevano subito arresti e noie dalla polizia per una poesia satirica antiaustriaca stampata nella loro tipografia. Perciò salpò semiclandestinamente per la Grecia, dove, dopo aver tentato prima a Patrasso e poi ad Atene alcuni mestieri di fortuna, tentò senza riuscirvi l’avventura nell’attività commerciale. Tornò in famiglia nel dicembre 1849, trascorse gli anni Cinquanta in un continuo peregrina;re da una città all’altra, tra la Lombardia, il Piemonte, la Svizzera e la Sardegna, affrontando le più svariate esperienze lavorative e sapendosi adattare, con una mescolanza di genialità e improntitudine, alle situazioni più strane e imprevedibili.
Scopertasi una vena di scrittore, nel 1855 pubblicò a Padova il racconto sardo La signora del Goceàno, e nel 1856 a Venezia il romanzo breve Le memorie di un delinquente. Trasferitosi a Milano con la moglie Carolina Furlan, chiamata Carlotta, che aveva conosciuto e sposato a Venezia, fu incaricato da Cesare Cantù di scrivere La storia della provincia di Rovigo per la rivista da lui diretta La Grande Illustrazione. Nel 1858 la morte della moglie lo fece cadere in un profondo stato depressivo di cui fu lo stesso Cantù a informare la madre, Luisa Kiriaki. Ai familiari le successive notizie su Gustavo giunsero dall’America Latina con una lettera in cui asseriva di essersi imbarcato facendosi passare per medico di bordo ed essersi preparato a tale compito studiando medicina e chirurgia e continuando tali studi nel corso della traversata durata tre mesi. Il fatto che non si fosse verificato alcun decesso tra i molti viaggiatori ammalati da lui curati o operati, contribuì a farlo ritenere «uno dei primi medici d’Europa». Accolto trionfalmente a Buenos Aires, Gustavo, temendo di essere smascherato, si ritirò verso l’interno, dove continuò la pratica medica tra gli Indios contemporaneamente a quella di farmacista e di veterinario.
Il 24 marzo 1860, dalla Patagonia, in;formò la madre di aver fondato un ospedale fortificato, che aveva chiamato Ospital - Forte Kiriaki-Minelli fornendolo di attrezzature chirurgiche, di medicine, ma anche di cannoni e fucili, dovendovi ricoprire il doppio ruolo di massima autorità sanitaria e militare.
Lì eseguì per la prima volta la vaccinazione contro il vaiolo tra gli Indios e conseguì numerosi successi in campo scientifico, riconosciuti anche dal mondo accademico, tanto da venir nominato «profesor catedrático» e da avere, su invito del rettore dell’Università di Buenos Aires, il privilegio di tenere una prolusione al corso di Historia universal y filosofìa de la historia, una prolusione animata da un ateismo così estremo che, oltre a suscitare la reazione di benpensanti e clericali, gli procurò anche una scomunica per eresia. La pubblicazione del suo intervento, dal titolo Introducion à la historia universal, provocò ondate di fanatismo e fu segnalata in tutti i giornali della Repubblica.
Dopo tale esperienza Gustavo credette bene di lasciare Buenos Aires intraprendendo un viaggio a scopo scientifico nelle province dell’Argentina, del Paraguay e del Cile; nel 1866 interruppe le sue escursioni e tornò in Italia per partecipare alla guerra per la liberazione del Veneto, arruolato agli ordini di G. Garibaldi come «dottore commissario di guerra» nel 9° reggimento volontari italiani.
A guerra finita riprese i suoi spostamenti, questa volta toccando l’Africa, l’Asia Centrale e Minore, l’India e l’Estremo Oriente alla ricerca di informazioni e documentazione di interesse etnoantropologico da utilizzare per la stesura di un trattato di geografia universale, mai portato a termine. Rientrò in famiglia nel febbraio del 1874 e restò fermo fino al tardo autunno dello stesso anno, contraendo nel frattempo un secondo matrimonio, con Anna Elisabetta Sbicego, giovane benestante rodigina. Prese poi a collaboratore al quotidiano rodigino La Voce del Polesine, nel quale pubblicò, oltre a vari interventi su problemi di attualità, un racconto lungo in 46 puntate dal titolo Isabel. Scene della vita spagnola. In vista delle elezioni politiche del 1874 ebbe anche la direzione di un foglio liberal-moderato, L’Elettore.
Nel decennio successivo Gustavo riprese la sua vita movimentata: dopo una breve parentesi romana come collaboratore del Fanfulla e dopo essersi separato nella seconda metà del 1881 dalla seconda moglie si rimise in viaggio, portandosi in Egitto dove restò qualche anno. Perso il padre nel 1883, nel 1884 tornò a Venezia, tra l’altro per redigere davanti al notaio un testamento in cui nominava suo erede universale il giovane nipote Antonio. Lasciata di nuovo l’Italia nel luglio del 1885, dopo aver visitato varie città spagnole agli inizi del 1886 si stabilì a Las Palmas, nelle Canarie, dove morì, dopo alcuni mesi di malattia, il 2 nov. 1886, ospite di un commerciante, tale Vincente Verdú y Romero, e di sua moglie donna Vincenta Balanguer, alla quale, nel suo ultimo testamento redatto in punto di morte, destinò inaspettatamente tutti i suoi averi. Vani risultarono i tentativi fatti dal fratello Tullio, allora parlamentare, di ottenere che il testamento fosse invalidato adducendo l’ipotesi di un plagio operato sul M. dai suoi ospiti spagnoli.
Tullio, ultimogenito di Antonio e Luisa Kiriaki, nacque a Rovigo il 6 giugno 1848. Fu lui più del fratello Gustavo a raccogliere su di sé le speranze e le aspettative del padre, che nel 1867 gli cedette la titolarità della tipografia. Nonostante tale responsabilità e appena diciottenne, riuscì, dopo gli studi liceali a Padova, a frequentare i corsi della facoltà di giurisprudenza e a laurearsi nel 1871.
Dopo aver assimilato e fatto proprio il gusto empirico per le ricerche di statistica e di economia applicata trasmessogli all’Università da Luigi Luzzatti, Tullio se ne valse sia negli studi che nelle ricerche di carattere sociologico e storico, nonché nelle esperienze pratiche che gli si proposero. La più interessante riguardò, nel triennio 1877-1879, quella di segretario particolare dell’ex ministro delle Finanze Quintino Sella a Roma.
Fallito il tentativo del Sella di costituire un nuovo ministero nel 1881, Tullio rientrò a Rovigo e nel giugno dello stesso anno sposò a Trieste Luigia Serravallo. Dal matrimonio nacquero due figli: Antonio (1882) ed Elena Isabella (1884). Il 1882 fu anche l’anno della rotta dell’Adige e dell’allagamento del Polesine: nell’occasione Tullio, tra ottobre e dicembre, promosse, diresse e stampò presso la sua tipografia Il Bollettino della inondazione destinando il ricavato agli alluvionati.
Fu questa esperienza a qualificare Tullio come un imprenditore attestato sul versante liberal-moderato, ma sempre attento, forse perché memore delle origini operaie del padre, alla tutela delle classi subalterne. Ne diede prova come membro della R. Commissione d’inchiesta sulle Opere pie, come direttore della Società operaia femminile di mutuo soccorso e, dal 1884 al 1898, come consigliere della Deputazione provinciale e, dal 1885 al 1895, del Comune di Rovigo.
Passato al gruppo liberale filocrispino, ebbe nuove cariche: presidente della Banca popolare cooperativa di Rovigo nel 1889; presidente della Camera di commercio nel 1891; deputato al Parlamento nella XVII e XIX legislatura (1890-92 e 1895-97), in rappresentanza prima di Rovigo e poi di Este. Nel frattempo, rimasto vedovo della prima moglie, nel 1890 si era risposato con Elena Piva, appartenente a una delle famiglie più note di Rovigo, dalla quale avrà altri due figli: Luisa nel 1891 e Carlo nel 1898.
La sua presenza in Parlamento non passò inosservata, sia per assiduità sia per il numero degli interventi, capaci di spaziare sui temi più vari: dall’istruzione femminile alle cooperative di consumo e del lavoro; dagli esposti, gli alluvionati e gli emigranti alle bonifiche e al vagabondaggio. Tra la prima e la seconda elezione si verificò l’avvicinamento di Tullio alla posizione progressista liberale del foglio L’Adriatico, accompagnato dall’assunzione di un incarico ai vertici della Lega generale delle cooperative.
La rottura con il gruppo conservatore locale, saldamente in pugno a G.B. Casalini, suo antico sostenitore, si accentuò dopo la rielezione del M. a consigliere provinciale, contestata direttamente dallo stesso Casalini, divenuto presidente della Deputazione provinciale, mediante tre consecutivi ricorsi. La partita si chiuse nel 1895 con la sentenza della corte d’appello di Venezia a favore di Tullio; una nuova vertenza gli toccò dopo la seconda elezione alla Camera, che si concluse con il verdetto pronunciato da un gran giurì di deputati e senatori che lo discolpò dall’accusa – rivoltagli da G.B. Casalini e da A. Bergamini, rispettivamente proprietario e segretario del Corriere del Polesine –, di avere ottenuto presunti guadagni illeciti rincarando i costi di stampa del quotidiano presso la sua tipografia.
Fallì invece il tentativo di Tullio di riprendere quota nelle elezioni politiche del 1897: oggetto di nuove polemiche, fu in particolare accusato di avere «da oltre un triennio» stretto legami con socialisti e repubblicani e di essersi esposto in denaro verso l’istituto di credito da lui presieduto. La conseguenza fu che Tullio dovette lasciare sia la presidenza della Camera di commercio sia quella della Banca popolare, e quindi mettere in vendita lo stabilimento tipografico. Costretto a trasferirsi con la famiglia a Roma, continuò l’attività di pubblicista ma non disdegnò, per mantenerla, di fare anche il piazzista rappresentante per il Maraschino di Zara.
Tullio morì improvvisamente di congestione cerebrale il 13 apr. 1904 lasciando la moglie e quattro figli.
Pur avendo carattere privato, si è ispirata all’attività della famiglia Minelli l’Associazione minelliana, fondata a Rovigo nel 1968 con l’obiettivo di riprendere quella tradizione editoriale per far conoscere il patrimonio artistico, storico e culturale del Polesine.
Scritti di Tullio Minelli: La statistica e il censimento, Firenze 1872; Sulla questione operaia, Rovig0 1872; Delle due scuole economiche, ibid. 1875; Le Casse di risparmio nelle scuole (con L. Luzzatti), ibid. 1876; La protezione legislativa nell’infanzia, ibid. 1876; Della vita e dei viaggi di Giovanni Miani, ibid. 1877; Relazione sugli studi fatti dalle associazioni costituzionali sulla riforma della legge comunale e provinciale, ibid. 1878; Asilo-giardino Principe Vittorio Emanuele di Napoli, ibid. 1881; Relazione sui provvedimenti intesi, combattendo la pellagra, a migliorare la salute pubblica, Rovigo 1884; Parole pronnunziate per l’inaugurazione della Banca Popolare Cooperativa, Lendinara 1885; Relazione sul bilancio preventivo 1886 della Deputazione provinciale di Rovigo, Rovigo 1886; Discorso del deputato Minelli nella tornata 26/01/1891, Roma 1891; Protezione legislativa dell’infanzia, ibid. 1896; Assistenza all’infanzia illegittima e abbandonata, Bologna 1899; Il paradiso dei lavoratori, Roma 1902.
Fonti e Bibl.: Per tutti gli esponenti della famiglia citati è fondamentale la consultazione dell’archivio privato degli Eredi Minelli di Padova (AEM), contenente i fondi principali riguardanti Antonio, Gustavo e Tullio Minelli, e quello di Luisa Kiriaki-Minelli, ordinati secondo le serie Lettere e Documenti. Per Antonio: Padova, AEM, Fondo Antonio Minelli, raccoglitore 1, cart. 1-4; raccoglitore 2, cart. 5-8; Archivio di Stato di Rovigo, Camera di commercio, bb. 3, f. 37; 67-68, f. 34; G. Fracassetti, Ricordo di A. M., Firenze 1883; D. Strada, Rovigo, Rovigo 1896, pp. 16, 83; Mostra di A. M., a cura di L. Stocco - L.Traniello, Rovigo 1968; 1883-1983, A. M. cento anni dopo, a cura di M. Cavriani - D. Tebaldi, Rovigo 1983; I. Ledda, I periodici di Rovigo e provincia 1866-1896, Padova 1971, ad ind.; I moti del 1848-49 nel Polesine e nell’area padano-veneta, a cura di L. Briguglio - P. Ginsborg, Rovigo 1999, ad ind.; E. Piva, Memorie intime, a cura di M.T. Pasqualini Canato, Rovigo 2008, ad ind.; Garibaldi e il Polesine tra Alberto Mario, Jessie White e Giosue Carducci, a cura di Z. Ciuffoletti, Rovigo 2009, ad ind.; Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento, 1801-1900, IX, ad nomen. Per Gustavo: Padova, AEM, Fondo Gustavo Minelli, Documenti scolastici, militari e civili; Ibid., Lettere; Fondo Luisa Kiriaki Minelli, Epistolario; Ibid., Lettere; Rovigo, Accademia dei Concordi, Arch. del Risorgimento, Associazione volontari 1848-49, b. 1, f. 10, 1879; E. Piva, La cacciata degli Austriaci da Rovigo, in Nuovo Arch. veneto, XXXII (1916), pp. 481-528; Id., Una pagina della vita di un avventuriero polesano in America, G. M., in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, III, Roma 1958, pp. 91-102; L. Barbirolli, Cronaca rodigina 1° giugno 1848 - 1° genn. 1853, a cura di L. Lugaresi, Rovigo 1983, pp. 58, 60, 112, 116, 151; N.T. Auza, Cristianismos y democracia. Un debate teológico-político a mediados del siglo XIX, in Teologia, revista de la facultad de Teología de la Pontificia universidad católica argentina, n. 64, 1994; Id., Racionalismo y tradicionalismo en el Río de la Plata, Gustavo Minelli-José Manuel Estrada, in Teologia, n. 73, 1999; M.T. Pasqualini Canato, I volontari polesani del 1848-49, in I moti del 1848/49 nel Polesine e nell’area padano veneta, Rovigo 1999, p. 131; L. Contegiacomo, La partecipazione polesana alle battaglie risorgimentali, in Garibaldi e il Polesine tra Alberto Mario, Jessie White e Giosue Carducci, Rovigo 2009. Per Tullio: Padova, AEM, Fondo Tullio Minelli, Mss., cartt. 1 - 3, e Lettere, racc. 1 -10. Atti parlamentari, Camera dei Deputati, Discussioni, legislatura XVII, tornate 2-11-19 giugno 1891; 6-15-24-25 febbraio 1892; 4-8 marzo 1892; M. Cavriani, Tullio Gaetano Minelli, in Il Parlamento italiano. Storia parlamentare e politica dell’Italia, V, 1877-87, Milano 1989, pp. 575 s., 616; Epistolario di Quintino Sella, V, (1875-1878), a cura di G. Quazza - M. Quazza, Roma 1999, ad indicem.
M. Cavriani