MEZZANOTTE, Antonio
– Nacque a Perugia il 15 maggio 1786, quarto figlio di Giuseppe, perugino, e di Colomba Antolini, viterbese. Frequentò le scuole pubbliche cittadine dimostrando una spiccata propensione per le lingue classiche e perciò, sedicenne, fu affidato agli insegnamenti di N. Brucalassi. Alla scuola di musica di L. Caruso, ove apprese a suonare il pianoforte, conobbe Francesco Morlacchi, al quale resterà per sempre legato da profonda amicizia. Tuttavia per assecondare la volontà paterna il M. rinunciò al conservatorio per volgersi allo studio della medicina. Laureatosi all’ateneo perugino nel 1805, l’anno seguente entrò nel Collegio dei filosofi e medici, ottenendo poi, nel 1807, la cattedra di anatomia e fisiologia nella stessa università. Poco incline agli aspetti pratici della professione, passò, forse nel 1810 e certo prima del 1812, a insegnare letteratura greca. La passione per le lettere non gli impedì però di coltivare ancora la scienza medica, come dimostra l’iniziativa di dar vita, assieme con D. Bruschi e a C. Massari, al Repertorio medico-chirurgico (1824-25).
Alla morte di Brucalassi, il M. ottenne nel 1829 anche la cattedra di eloquenza sublime. Due anni prima gli era stata offerta la docenza di letteratura classica ed estetica all’Università di Pavia, ma, stando a G. Moroni, aveva rifiutato per fedeltà verso lo Stato pontificio, più probabilmente per obbedire alla volontà del governo.
Fin da giovane il M. si dedicò con grande costanza alla poesia, con una produzione abbondante ma che non si distinse mai per altezza di esiti, restando nel solco di un classicismo aulico e poco originale. Si cimentò altresì nella ricerca di strade nuove dal punto di vista dei contenuti, tentando la via del poema ispirato a temi della religione cattolica con Il Cristo Redentore glorificato nella sua religione per l’eroismo dei martiri e pe’ trionfi di Costantino (Perugia 1851), dedicato al prefetto della congregazione dell’Indice, oppure affrontando l’arduo compito di descrivere in versi capolavori della pittura (tra gli altri La Deposizione dalla croce quadro di Federigo Barocci di Urbino nella cattedrale di Perugia, Perugia 1818; Il Cenacolo di Leonardo da Vinci descritto in ottava rima, ibid. 1820; Le pitture a fresco di Pietro Perugino nella Sala del Cambio di Perugia, ibid. 1822; Il Finale giudizio dipinto nella Cappella Sistina da Michelangelo Buonarroti, ibid. 1824), fatiche che gli procurarono sia lodi sia critiche, a causa dell’artificiosità dell’assunto. Nel 1842 pubblicò a Bologna Eliofila, ossia La innamorata del Sole, raccolta di liriche ispirate al caso di Ninetta Delille, colpita da delirio mistico-amoroso per il sole e morta in manicomio.
Vastissima la sua produzione nel campo dei componimenti d’occasione per nozze, voti e monacazioni, celebrazioni di principi e persone illustri: documenti, tutti, della vicinanza del M. ai circoli della Perugia aristocratica e papalina dell’età della Restaurazione. Nemico delle novità in letteratura – aborriva i romantici, anche se perorava un rinnovamento dell’Arcadia –, si dimostrò costantemente teso alla ricerca di riconoscimenti da parte delle corti, che fossero quella di Roma, della Russia zarista (vedi i canti composti per La inondazione di Pietroburgo avvenuta nel dì 19 nov. 1824, Perugia 1825), o del regno di Grecia, com’è attestato dalla scelta degli argomenti e confermato dall’epistolario (si vedano le lettere di G. Moroni da Roma), ricevendo talora in cambio premi e medaglie. Nel mondo delle lettere fu in contatto fra gli altri con I. Pindemonte, C. Lucchesini, G.G. Belli – in quanto docente del figlio Ciro –, P.E. Visconti, C. Montalti, A.M. Ricci e, nella sua città, con il marchese G. Antinori e l’archeologo G.B. Vermiglioli.
Tra le opere di maggior impegno, che ottennero ampi consensi tra i contemporanei, si segnalano le edizioni delle Poesie (Siena 1823) e i Fasti della Grecia nel XIX secolo (Pisa 1832), in cui cantò gli eroi dell’indipendenza esaltando, al di là dell’ovvia rievocazione dell’eroismo degli antichi Elleni contro i Persiani, il trionfo della religione cristiana. Tra le prose, meno numerose, si ricorda Della vita e delle opere di Pietro Vannucci da Castello della Pieve cognominato il Perugino (Perugia 1836), oggetto di critiche per il lavoro di ricerca negli archivi giudicato insufficiente.
La fama del M. resta però legata soprattutto alle traduzioni di classici greci e in particolare a quella de Le Odi di Pindaro, corredata di commento (Pisa 1819-20, in 4 voll., poi ripubblicata con il titolo Le Odi olimpiche di Pindaro, I-II, Perugia 1835), a cui attese per nove anni. Tra le versioni di classici date alle stampe ricordiamo Il rapimento di Elena di Colluto di Licopoli (Perugia 1826) – dedicata a Frederic North, conte di Guilford, direttore della Ionian Academy di Corfù –, l’Ifigenia in Aulide di Euripide (1835), e opere di altri autori (Omero, Sofocle, Luciano, Epitteto, Cebete Tebano, Tirteo, Trifiodoro), in parte raccolte nella citata edizione delle Poesie assieme con descrizioni poetiche di pitture italiane, in parte nelle Nuove traduzioni dal greco, edite a Perugia nel 1850. A queste opere sono da aggiungere la traduzione dell’Apocalisse di s. Giovanni (Perugia 1810) e una Grammatica della lingua greca (Perugia 1844) a uso delle scuole.
Sulla traduzione di Pindaro il mondo letterario dell’epoca si divise: da una parte ricevette recensioni positive (per esempio sul Nuovo Giornale dei letterati di Pisa, 1822, t. 1), dall’altra, messa a confronto con quella di G. Borghi (1824), venne con grande rammarico dell’autore ritenuta ad essa inferiore (severi i giudizi della Biblioteca Italiana, 1820, t. 18 e più ancora dell’Antologia di Firenze, t. 15, n. 43). Di sicuro l’opera del M., dai detrattori tacciata di ampollosità e scarsa fedeltà all’originale, fu un lavoro di grande impegno ma appesantito dall’abitudine, iniziata da M. Cesarotti, di creare due versioni differenti, una letterale, l’altra poetica, in cui l’ispirazione non si sposa al rigore filologico. Quella del M. ebbe però il merito d’esser la prima traduzione completa del lirico greco – e come tale parzialmente riportata, in subordine rispetto a quella del Borghi, nel VI volume della nota collana Parnaso straniero (1842) edita a Venezia da Antonelli.
Il M. appare una figura di letterato puro simile a quella di altri classicisti perugini del primo Ottocento, come Brucalassi e Antinori. La sua solida conoscenza della cultura classica, frutto di una formazione esclusivamente libresca, si riflette in poesia in uno stile sciolto ed eloquente che padroneggia le forme metriche tradizionali, ma si rivela carente di autentica ispirazione. Avulso dalla politica e tutto compreso nel ruolo di docente e uomo di lettere, fu arcade con il nome di Doralco Enipeio e membro di varie accademie, come quella dei Filedoni a Perugia, di belle arti di Bologna, Tiberina di Roma, Filarmonica di Borgo San Sepolcro. La rivista letteraria da lui creata nel 1833, la Oniologia scientifico letteraria di Perugia, ebbe vita stentata, e l’anno dopo si trasformò nel Giornale scientifico letterario di Perugia.
Secondo A. Rossi, che ne scrisse una breve biografia, il M. fu «eccessivamente lodato» in vita e perciò «non stimolato a migliorarsi ma compiaciuto dei traguardi raggiunti». Di certo la sua fama, eccetto che per la traduzione di Pindaro, non fu duratura, malgrado si facesse apprezzare anche come conoscitore di musica e suonatore di arpa (diede un saggio delle sue capacità durante la messa in scena della sua versione dell’Ifigenia in Aulide, rappresentata al teatro Minerva di Perugia nell’aprile del 1836). Scrisse inoltre un commento al XXXIII canto dell’Inferno posto in musica da Morlacchi il quale, prima di morire, lo nominò erede di tutte le sue partiture autografe; di lui il M. fece stampare nel 1843 un Catalogo delle opere musicali del celebre maestro cav. Francesco Morlacchi perugino [Perugia], dichiarando nell’introduzione il proposito di diffondere la memoria dell’amico nella patria da cui era rimasto per lunghi anni lontano, mentre di fatto ne metteva in vendita gli originali. L’operazione non riuscì e i manoscritti, ereditati dal figlio Icilio, verranno acquistati nel 1860 dal conte G.B. Rossi Scotti che li donerà a teatri e conservatori italiani e stranieri.
Dalla moglie, Anna Lucatelli, il M. ebbe quattro figli: Adolfo, Romilda, Icilio e Penelope, il primo dei quali morì nel 1834 quando aveva da poco intrapreso la carriera letteraria.
In pensione dal 1854, il M. morì a Perugia il 10 sett. 1857.
Fonti e Bibl.: Perugia, Arch. capitolare, Battesimi, L, c. 88r, n. 215 (atto di nascita); il carteggio, formato quasi interamente da lettere ricevute, abbraccia il periodo che va dal 1824 al 1855 ed è conservato presso la Biblioteca Augusta di Perugia, Mss., 1567-1576; Arch. di Stato di Perugia, Comune, Università, b. 20 e b. 24, f. 2; Perugia, Università degli studi, Archivio storico, P.II, A.I, B1, D.IV, D.V.; G.B. Vermiglioli, Lettera al… cav. F. Gherardi Dragomanni estensore della biografia del prof. M. data nell’Utile-Dulci che si pubblica in Imola…, Perugia 1843 (in Perugia, Biblioteca Augusta, Mss., 3189, II, 10); V. Salvagnoli, Cantica del professore A. M. sopra il finale giudizio, in Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, XXV (1825), pp. 331-337; F. Federici, Degli scrittori greci e delle italiane versioni delle loro opere, Padova 1828, p. 363; G.B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini e notizie delle opere loro, II, Perugia 1829, pp. 126 s.; F. Gherardi Dragomanni, Biografia di A. M., Imola 1843 (ripubblicata con annotazioni di G. Bianconi e catalogo delle opere a stampa del M., in Giornale scientifico agrario letterario artistico di Perugia, n.s., V [1860], pp. 171-196); G. Maffei, Storia della letteratura italiana, II, Firenze 1853, pp. 309-315; A. Rossi, Cenno sulla vita e sulle opere del professore A. M., Perugia 1857; F. Bartoli, Elogio funebre del professore A. M. letto nelle esequie nella chiesa dell’Università di Perugia il 12 settembre 1857, Perugia 1857; G.B. Rossi Scotti, Della vita e delle opere del cav. Francesco Morlacchi di Perugia, Perugia 1860; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, II, Perugia 1879, p. 647; A. Sacchetti Sassetti, Giuseppe Gioacchino Belli a Perugia, Rieti 1919; G. Cecchini, Saggio sulla cultura artistica e letteraria in Perugia nel sec. XIX, Foligno 1921, pp. 104-138; U. Bernardini Mazzolla, C. Lucchesini, A. M. e G. Borghi traduttori di Pindaro al principio del secolo XIX, Ravenna 1924; G. Ermini, Storia dell’Università di Perugia, Firenze 1971, II, pp. 967 s.; G. Mazzoni, L’Ottocento, I, Milano 1973, pp. 383 s.; A. Lupattelli, I salotti perugini del sec. XIX e l’Accademia dei Filedoni nel primo secolo di sua vita (1816-1916), Foligno 1976, pp. 15, 33, 107 s.; B. Brumana - G. Ciliberti - N. Guidobaldi, Catalogo delle composizioni musicali di F. Morlacchi (1784-1841), Firenze 1987, pp. 6-9; F. Danelon, Scheda su un’edizione poco nota di un’ode di A. M. dedicata a F. Morlacchi, in Perusia, 2006, n. 2, pp. 39-44; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica…, LII, pp. 140, 158, 171, 173, 175; LXXXV, pp. 243, 247; XCIII, p. 290; Enc. Italiana, XXIII, p. 148 (E. Bellorini).