MARTINELLI, Antonio
Figlio di Giulio Asioli, nacque a Modena intorno al 1704 e fu battezzato con il nome di Dario.
Dalla metà degli anni Venti del Settecento fu attivo a Venezia come compositore e didatta, conosciuto sempre come Antonio Martinelli. Al riconoscimento della sua vera identità si è pervenuti solamente in anni recenti.
Il motivo per il quale egli occultò le proprie generalità e, intorno al 1725, assunse tale nome fu per ottenere un ingaggio teatrale a Venezia, spacciandosi per un suonatore già colà operante, di nome Martinelli, con il quale si era evidentemente accordato (Pio, p. 285).
A Venezia erano negli stessi anni attivi almeno due suonatori di strumenti ad arco di cognome Martinelli. Fonti d’archivio riferiscono che tale David di Bondi Todesco del ghetto di Venezia era accolto nel 1718 presso l’istituto dei catecumeni, ove riceveva il battesimo assumendo il nome del suo padrino, Antonio, e il cognome del suo protettore, Martinelli (Gillio, pp. 180 s.). Nel 1732 si rivolgeva all’istituto per disimpegnare i suoi abiti dal Monte dei pegni, onde «mantenersi colla professione di sonatore accompagnandosi colli comici di S. Samuel» (Venezia, Istituzioni di ricovero e di educazione, Arch. storico, CAT.B.21, c. 58v). In più, di un «certo Martinelli, ebreo fatto cristiano, e suonator di violino», attivo nel medesimo teatro e più anziano del precedente, scrive C. Goldoni nella prefazione al XVI tomo dell’edizione Pasquali delle sue opere.
Da allora il M. continuò a utilizzare questa identità fittizia. Soltanto nel 1743, intendendo sposare Caterina Fabri, dovette richiedere al futuro suocero e al liutaio D. Montagnana di produrre testimonianza giurata della sua vera identità. Pio ha recentemente ritrovato e divulgato la documentazione relativa alla vicenda e Paiano ha dimostrato che il M. compositore e didatta, contrariamente a quanto in precedenza supposto, è da identificare con Dario Asioli, anche se non è da escludere che alcune delle notizie di seguito riportate possano riferirsi ai suoi omonimi.
Fitto il curriculum del M., che fu suonatore di violoncello alla Cappella Marciana dal dicembre 1753 al maggio 1783 e collaborò come insegnante di strumenti ad arco con le cappelle musicali di tre ospedali veneziani. «Cori» a quel tempo rinomati in tutt’Europa per essere diretti da celebri compositori, nonché per essere composti da orfane pervenute a eccezionali traguardi di abilità nel canto e nel suono. Il M. fu infatti maestro di violino e violoncello ai Derelitti dall’agosto del 1733 al giugno del 1766; maestro di strumenti ai Mendicanti dal febbraio del 1730 al luglio del 1777; maestro di violoncello alla Pietà dal giugno del 1750 al giugno del 1782. Ottenne così entrate decisamente ragguardevoli per uno strumentista di quel tempo: nel 1766, cumulando gli stipendi di S. Marco, dei Derelitti, dei Mendicanti e della Pietà guadagnava infatti 340 ducati annui, ai quali si aggiungevano i proventi di attività straordinarie nelle istituzioni e di prestazioni esterne. Per avere un termine di paragone si ricorderà che a quel tempo il maestro della Cappella ducale percepiva 400 ducati.
Se costituisce un fatto piuttosto eccezionale la contemporanea collaborazione di un maestro con tre ospedali, ancor più lo è la regolarità di una seconda attività svolta presso le medesime istituzioni. Accanto all’offerta di musica liturgica e oratoriale, la cui produzione competeva esclusivamente al maestro di coro, le orfane erano infatti solite eseguire musica strumentale: in particolare concerti solistici che davano risalto all’abilità delle virtuose. Autori delle musiche erano compositori esterni agli istituti o maestri di strumento. Nel corso di tutto il Settecento sono noti solamente due nomi di compositori regolarmente e stabilmente incaricati di una tale produzione: A. Vivaldi, che compose musica strumentale per la Pietà dal 1723 al 1740, e il M., che nel medesimo ospedale fu assunto con la condizione «di comporre quei concerti, che annualmente occorrerà» (Paiano, p. 249), fatto che a buon diritto ci consente di considerarlo, in questa posizione, l’unico erede del «Prete rosso». A dimostrazione dell’apprezzamento ottenuto dalle sue composizioni è il fatto che anche ai Mendicanti sin dal 1744 il M. era incaricato di composizioni strumentali, e ancora nel 1771 otteneva un aumento di stipendio dovendo assistere le figlie «non solo coll’insegnamento, ma anco col provederle di quando in quando di qualche sua compositione, et concerto come sarà suo obligo particolare» (ibid., p. 241). Ai Derelitti gli era corrisposto un compenso straordinario a incentivo del suo magistero, nonché dell’impegno di «comporre due concerti almeno all’anno a maggior gloria d’Iddio, e a vantaggio del coro nostro» (ibid., p. 247). Una sua supplica offre notizia della composizione di 20 concerti composti per quest’ospedale prima del 1746 e libretti di mottetti, pubblicati tra il 1747 e il 1758, citano numerose esecuzioni strumentali, soprattutto concerti destinati alla violoncellista Nicolosa Fanello, virtuosa discepola del Martinelli.
Il M. morì a Venezia il 17 ag. 1782. Il 14 maggio 1783 gli succedette alla Cappella ducale il figlio Girolamo, anch’egli violoncellista.
Se le fonti d’archivio consentono di delineare i vasti contorni della produzione del M., poche sono le composizioni a noi pervenute. Tra di esse le Six simphonies en quatre parties, Paris s.d. [ma 1749], nonché tre Sonates en trio violons: 1er livre, di cui non sono oggi noti esemplari superstiti (ibid., p. 115). Le composizioni destinate ai Derelitti e ai Mendicanti sono interamente disperse; per contro se ne conservano decine e decine, manoscritte, nell’antico fondo musicale della Pietà, oggi allocato presso il conservatorio B. Marcello di Venezia. Purtroppo si tratta quasi interamente di composizioni mutile, consistendo delle sole parti strumentali separate. Tra di esse sinfonie, fondamentalmente per archi e basso continuo, ma in qualche caso anche con flauti e corni obbligati, qualche sonata e soprattutto concerti: per violino, viola d’amore, violoncello, flauto traverso. L’opera è generalmente gradevole all’ascolto e in qualche tempo lento di accattivante espressività; tuttavia la scrittura è convenzionale e ben distante per genialità ed estro compositivi da quella del predecessore Vivaldi.
Fonti e Bibl.: Arte e musica all’ospedaletto…, Venezia 1978, ad ind.; C. Goldoni, Memorie, a cura di P. Bosisio, Milano 1993, pp. 897 s.; St. Pio, Violin and lute makers of Venice (1640-1760), Venezia 2004, pp. 284 s.; P.G. Gillio, L’attività musicale negli ospedali di Venezia nel Settecento. Quadro storico e materiali documentari, Firenze 2006, ad ind.; D. Paiano, A. M. (c. 1704-1782). A cellist-composer in eighteenth-century Venice, diss., University of Liverpool, 2006.