SPAGNOL, Antonio Mario
(detto Mario). – Nacque a Lerici (La Spezia) il 12 agosto 1930, da Luigi, impiegato, e da Isa Ciapetti, sarta. Ebbe un fratello, Renzo.
Studiò al liceo classico «Lorenzo Costa» di La Spezia conseguendo la maturità nel 1947. Quindi s’iscrisse alla facoltà di filosofia di Pisa, frequentata da giovani ch'ebbero un non secondario ruolo nella vita culturale, fra i quali Silvano Ambrogi, Pietro Citati, Ivos Margoni, Giovanni Salvi, Carlo Sgorlon, Paolo Taviani e Guglielmo Tognetti. Vinse una borsa di studio per un soggiorno a Colonia in Germania, ma a due esami dalla laurea, nel 1954, interruppe gli studi per andare a lavorare come consulente per la letteratura tedesca presso la casa editrice Bompiani. In questa veste, dimostrò subito ottima preparazione, intuito e fiuto editoriale facendo pubblicare nella rivista teatrale Sipario una commedia di Robert Musil, fino ad allora poco conosciuto dal pubblico italiano.
Alla Bompiani entrò subito a far parte di una squadra di prim’ordine, nella quale figuravano Celestino Capasso, Paolo De Benedetti e Silvana Ottieri: redazione cui, tra l’altro, si deve la pubblicazione del fondamentale Dizionario letterario Bompiani delle opere e dei personaggi di tutti i tempi e di tutte le letterature. E qui entrò in contatto con Umberto Eco. Alla Bompiani incontrò altresì Elena Vaccari che divenne sua moglie e dalla quale ebbe due figli, Giorgio e Luigi Augusto.
Esperta traduttrice e intelligente autrice, Vaccari ha pubblicato, con il nome di Elena Spagnol, numerosi e noti libri di cucina, tra cui: Il contaminuti: libro di cucina per la donna che lavora (Milano 1967), La pentola a pressione (ibid. 1976), 200 ricette in 10 minuti (ibid. 1986), precorrendo così temi destinati a divenire genere letterario particolarmente fortunato.
Appreso dalla Bompiani il mestiere dell’editore a tutto campo, inteso come artigianato (per Valentino Bompiani il libro era «un oggetto fatto a mano»), Spagnol volle allargare i propri orizzonti. Dal 1957 al 1967, passò a un editore emergente, sotto molti aspetti 'alternativo' qual era Giangiacomo Feltrinelli che, pure in pochi anni, con Il dottor Živago e Il Gattopardo, aveva raggiunto una posizione di primo piano e pareva offrire grande spazio a innovazioni e nuove progettualità. Alla Feltrinelli Spagnol non solo entrò in contatto con un’altra pattuglia di intellettuali, letterati e uomini di editoria di grande spessore (Luciano Bianciardi, Giampiero Brega, Giampaolo Dossena, Enrico Filippini, Danilo Montaldi, Valerio Riva), ma ebbe anche l’occasione di occuparsi dell'attività editoriale a tutto campo: dagli aspetti culturali a quelli economici, dalle esigenze manageriali a quelle del marketing, affrontando così tutte le funzioni imprescindibili in una grande impresa.
Nel 1964, Giangiacomo Feltrinelli, nonostante nutrisse qualche riserva su di lui («mi fido del suo fiuto come editore, non delle sue idee politiche», sosteneva), nominò Spagnol responsabile unico della collana «Universale Economica» che egli riorganizzò insieme con Alba Morino, collaboratrice storica della casa editrice. Della collana curò il catalogo che divenne anche una Guida alla lettura.
Nel 1967 il rapporto con la Feltrinelli si chiuse. L’esperienza acquisita consentiva di affrontare nuove e più difficili sfide passando alla più grande azienda del settore: la Mondadori. Qui, come direttore editoriale sotto la guida dello stesso Arnoldo Mondadori – che, a suo dire, gli aveva insegnato a tenere il bilancio e che era stato il primo a introdurre, nel settore dei libri, precisi criteri di gestione –, di Guglielmo Tognetti, direttore commerciale, e di Sergio Polillo, uomo di punta della casa, affinò le sue qualità di moderno manager.
In Mondadori, coniugando l’esperienza manageriale con un forte profilo culturale ed editoriale, Spagnol assunse la responsabilità della collana degli «Omnibus Gialli», che ebbe grande successo grazie anche alle copertine di Ferenc Pinter, e degli «Oscar». Forte del lavoro svolto alla Feltrinelli con l’«Universale Economica», ristrutturò e rilanciò anche la collana dei tascabili Mondadori – gli «Oscar» appunto – nata nel 1965, suddividendola in varie sottocollane. Convinto che le opere pubblicate negli «Oscar» avrebbero trovato un interessante mercato nella domanda parascolastica di quegli anni, dedicò particolare attenzione alla grafica.
Curatore egli stesso di libri, Spagnol, nel periodo mondadoriano osò un’audace operazione editoriale, quasi di sfida al generale conformismo letterario, per rendere giustizia a un autore fino ad allora poco valorizzato, ma da lui molto amato. Curò infatti la pubblicazione dell’opera integrale e filologicamente corretta dei romanzi di Emilio Salgari, corredata dalla prefazione di Pietro Citati. Il faticosissimo lavoro di ricostruzione dei testi integrali produsse un’opera assai sofisticata e cólta, tanto da destare l’ammirazione di Dino Buzzati che giudicò l’editore non indegno di far parte dell’Accademia della Crusca.
L’edizione editata, annotata e illustrata delle opere di Salgari non fu il solo impegno letterario di quel periodo. Insieme con Giovenale Santi (Giampaolo Dossena) egli curò, questa volta per l’editore Sugar, la Guida ai mestieri e ai segreti di Milano, il cui scopo era quello di scoprire il lato meno noto, del tutto inatteso, della città. L’opera, suddivisa in varie sezioni corrispondenti ad altrettante peculiarità locali, portava, di volta in volta, le introduzioni di autori del calibro di Buzzati, Luigi Santucci, Oreste del Buono.
Nel 1973 Spagnol cambiò di nuovo 'casa': entrato infatti in Rizzoli, vi restò fino al 1979 come responsabile della Divisione libri e dove riuscì a dimostrare ben presto la sua capacità di contemperare qualità e successo. In Rizzoli portò iniziativa e dinamismo, così come era già avvenuto nelle sue precedenti esperienze.
Ebbe l’intuizione di pubblicare Il dono di Humboldt di Saul Bellow, lo scrittore americano che di lì a poco fu insignito con il premio Nobel, così come portò V.S. Naipaul e John Le Carré (per lanciare La talpa inondò le vetrine delle librerie con lo slogan «Il più grande giallo del secolo», creando così l’evento), Kurt Vonnegut e Carlos Castaneda. Lanciò dei “mega-seller” come Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach e Radici di Alex Haley, rilanciò Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Anna Maria Ortese e pubblicò un folto gruppo di scrittori italiani di qualità (Tommaso Landolfi, Romano Bilenchi, Lucio Mastronardi, Luigi Meneghello, Giovanni Testori, Achille Campanile, ma anche giovani come Franco Cordelli e Giorgio Montefoschi); aprì alla divulgazione storica con Denis Mack Smith e Silvio Bertoldi e accolse autori di grande impegno quali Michel Foucault ed Elias Canetti. A lui si dovette infine la pubblicazione di molte opere di Oriana Fallaci (Un uomo uscì, ad esempio, nel 1979 con una prima tiratura di 350.000 copie).
Clamorosa fu la “invenzione” di Berlinguer e il Professore (1975), felicissima satira politica: uscito anonimo (solo tre persone conoscevano all’inizio l’autore, Gianfranco Piazzesi: Rizzoli, l’autore stesso e Spagnol), il libro suscitò una tale curiosità e fece parlare tanto a lungo gli italiani da riuscire a vendere in pochi giorni 120.000 copie. Questa ennesima idea editoriale di sfida segnò una svolta nella vita professionale dell’editore. Spagnol, fino ad allora ben conosciuto soprattutto nell’ambito del mondo editoriale, di colpo diventò un personaggio noto al grande pubblico.
Come già aveva fatto alla Feltrinelli e alla Mondadori, anche in Rizzoli Spagnol continuò a dedicarsi al settore dell’attività editoriale che più lo interessava: il libro economico, motore, a suo avviso, della diffusione della lettura e quindi della cultura. Rilanciò così la BUR (Biblioteca universale Rizzoli), creando sottosezioni dedicate alla narrativa (il primo numero è La vita agra di Bianciardi), alla poesia, alla saggistica, alla storia.
Aprì un filone di manualistica e uno spazio dedicato a novità che pubblicava direttamente nell’edizione economica. Sottolineò la distinzione tra testi contemporanei e classici affidandosi alla consulenza editoriale di Evaldo Violo e di Edmondo Aroldi, pubblicati con testo originale a fronte e cura accademica degli apparati. Anche per la «BUR» giocò un ruolo fondamentale il restyling grafico delle copertine, affidato alla “ariosa fantasia” di John Alcorn, maestro nel coniugare raffinatezza e impatto popolare.
Nel 1979, dopo aver attraversato le vicende di alcune tra le più importanti aziende editoriali italiane, spesso in posizione apicale, Spagnol affrontò l’impresa più audace della sua vita accettando la proposta di Luciano Mauri di guidare la casa editrice Longanesi, che, acquistata nel 1977 da Messaggerie italiane, versava in una difficile situazione. Se fosse riuscito nell’intento di salvare la Longanesi, egli ne sarebbe diventato anche socio. Chiamato al suo fianco Guglielmo Tognetti, il suo più stretto collaboratore per trent’anni, Spagnol riuscì nell’impresa: risanò il bilancio e cominciò a reclutare nuovi autori dando vita a un catalogo quanto mai eclettico.
Lanciò, tra gli altri, maestri dell’avventura come Wilbur Smith e Clive Cussler, o libri di successo quali Il profumo di Patrick Süskind (anche grazie alla pubblicazione a puntate in anteprima, apparsa nel Corriere della sera) e Amore mio uccidi Garibaldi di Isabella Bossi Fedrigotti. Avviò una lunga collaborazione con Tiziano Terzani, scoprì e lanciò Michael Ende con La Storia infinita e Jostein Gaarder con Il mondo di Sofia. Nel 1986 Spagnol entrò nella compagine azionaria di Longanesi con il 30% del capitale, come prevedevano gli accordi del 1979, di cui restò per sempre anima e guida.
La Longanesi, raggiunto il pareggio di bilancio, negli anni Ottanta dette inizio a una serie di acquisizioni che in seguito condussero alla formazione dell’attuale Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS), uno dei tre principali gruppi editoriali italiani.
Spagnol acquisì e rilanciò infatti nel 1985 Guanda, nel 1986 Salani, nel 1988 in partnership con la Utet, Tea (Tascabili Editori Associati), nel 1991 Corbaccio, nel 1993 Ponte alle Grazie e Neri Pozza. Si aggiunse infine il marchio Garzanti della cui omonima società Spagnol nel 1996 divenne amministratore.
Le acquisizioni non comportarono la scomparsa dei diversi marchi. Spagnol, convinto che l’editoria fosse fatta di grandi numeri come dimostravano i best seller che si vendevano in milioni di copie, era anche sostenitore della necessità di rivolgersi in modo differenziato a un pubblico che coltivava molteplici interessi e passioni. E quindi i singoli marchi e le singole direzioni editoriali dovevano mantenere una loro identità e libertà di scelta, sostenuti da servizi condivisi e da un metodo collaudato che accompagnava il libro in tutto il suo percorso, fino nelle mani del lettore, con puntigliosa attenzione a ogni dettaglio a cominciare dall’aspetto economico.
Personalità poliedrica e versatile, anticonformista, insofferente alle convenzioni intellettuali, originale anche se “tributario” dei suoi maestri, Spagnol nutrì numerose passioni e interessi: amava innanzitutto il libro in quanto capace di offrire un’oasi di ristoro alla fretta e al frastuono dell’epoca contemporanea, e non credeva nella fine della pagina scritta. Raffinato conoscitore d’arte (il gusto artistico emergeva anche nella cura per la grafica e le copertine), collezionista e consulente di una casa d’aste, fu egli stesso autore di articoli in tema di arte e di antiquariato, spesso venati da spirito critico, se non sarcastico, nelle pagine de La Stampa. Amore per il libro e per l’arte si intrecciavano.
Pubblicò come editore in proprio alcuni libri. Con Longanesi fece uscire l’importante opera sulle arti decorative di Alvar Gonzáles-Palacios, così come i repertori fotografici della pittura italiana, divenuti indispensabili strumenti di lavoro. Anche in questo settore non perse il gusto per le sfide editoriali, pubblicando per Longanesi Sembrare e non essere (Milano 1993), un libro sui falsi artistici, destinato a suscitare ampie discussioni. Tornò sull’argomento, questa volta con l’editore Neri Pozza, con Il manuale del falsario (Vicenza 1995) di Eric Hebborn. Le polemiche suscitate da un libro che voleva rivelare i segreti per creare opere d’arte perfette, ma false, sfiorarono le aule dei tribunali.
Appassionato di teatro, Spagnol fu pure in gioventù critico teatrale dell’Avanti!. Grande conoscitore di musica, fece parte come vicepresidente del consiglio di amministrazione del teatro alla Scala e fu tra i fondatori dell’orchestra Cantelli. Partecipò attivamente per qualche tempo all’attività dell’Associazione italiana editori (AIE) e, dal 1984 al 1991, fu consigliere del Touring Club italiano (TCI). Avvicinatosi occasionalmente alla politica, manifestò una certa simpatia per la Lega di Umberto Bossi, quando la nuova formazione nel 1993, col sindaco Marco Formentini, guidò l’amministrazione comunale di Milano, sua città d’adozione, che nel 1991 gli aveva conferito l’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza cittadina.
Tra i grandi amori della sua vita la preminenza l’ebbe probabilmente il mare, tante volte solcato con la sua barca a vela. E al mare, appunto, dedicò un’antologia di scritti curata assieme a Giampaolo Dossena: Avventure e viaggi di mare. La storia del mare narrata dai suoi protagonisti (1ª ed., Milano 1959).
Colpito da incurabile malattia si ritirò nel paese natale, ove continuò un’intensa attività editoriale. In questo ultimo scorcio di vita Spagnol, in collaborazione con l’amico poeta Paolo Bertolani, pubblicò per Salani una favola dedicata ai nipoti, uscita postuma (La grande settimana, con illustrazioni di A. Gon, Milano 1999 e 2004). Lucidamente scrisse che con la favola, da vecchio giocatore di poker qual era stato, da uomo di tante avventure, voleva «ingannare un po’ la sua malattia».
Morì a Lerici il 29 settembre 1999.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. Gruppo editoriale Mauri Spagnol (GeMS), materiale a stampa non pubblicato (appunti, curricula e schede per conferenze stampa, ecc.); Rassegna stampa, articoli e interviste pubblicati nei maggiori quotidiani dell’epoca; F. Gambaro, Dalla parte degli editori. Interviste sul lavoro editoriale, Milano 2001, pp. 25-33.