MARINI, Antonio
– Nacque a Prato il 27 maggio 1788 da Michele e Maria Domenica Lotti.
Ricevette i primi insegnamenti alla Scuola di disegno e di architettura di Prato da G. Magherini per l’architettura e da L. Nuti per l’ornato. Essendosi distinto per merito tra gli studenti, ottenne un sussidio del Comune di Prato che gli diede modo di frequentare l’Accademia di belle arti di Firenze, sotto il magistero di P. Ermini prima e, dal 1808, di P. Benvenuti. All’Accademia fiorentina conseguì, nel 1812, il premio per il disegno con la Magnanimità di Scipione in Spagna e quello, nel 1815, per il bozzetto a olio con Mercurio che addormenta Argo; ebbe qui altresì modo di conoscere G. Castagnoli, professore d’ornato e prospettiva, con il quale lavorò alla decorazione a fresco del casino Torrigiani (1818): collaborazione che, secondo C. Guasti (suo biografo e stretto amico, come testimoniato dal consistente carteggio), fu intensa a tal punto da non lasciar tempo al M. di realizzare opere proprie (Guasti, 1862, p. 11).
Tra il 1812 e il 1821 fu attivo a Pisa, Prato, Firenze, Colle di Val d’Elsa, ed ebbe anche l’occasione di lavorare, tra il 1819 e il 1820, per il principe Nicolas Esterházy, che gli affidò la decorazione della volta di una sala del suo palazzo alle porte di Vienna.
A Firenze, dove tra il 1817 e il 1818 decorò la carrozza granducale, fu presente nei cantieri di restauro di S. Croce, S. Felicita, S. Giuseppe, S. Ambrogio, S. Maria Novella, e fu impegnato come decoratore a fresco nella chiesa della Ss. Annunziata, nella villa di Poggio Imperiale e nei palazzi Alberti, Bartolommei, Fenzi, Torrigiani, Pucci, Cambray Digny, Martelli e Pitti. A Prato nel 1830 decorò il teatro Metastasio (volta, sipario, proscenio, parapetti del secondo ordine), così come la casa di G. Magnolfi e del canonico G. Benassai.
Alla fine del terzo decennio fu responsabile dell’intervento di restauro dei sei gruppi di Angeli musici e oranti di Domenico Ghirlandaio (Domenico Bigordi), nell’arcone della tribuna del duomo di Pisa.
Di questi lavori diede notizia un anonimo autore in una lettera da Genova a G.P. Vieusseux, datata 10 sett. 1828, nella quale lo scrivente, che era salito sui ponteggi con il M., riportava come questi gli avesse mostrato il disegno del dipinto «quale era prima ch’ei vi ponesse mano, e tutti gli studi tratti dal vero, da lui fatti per supplire a ciò che non esisteva. In quel tempo non gli rimaneva da dipingere che l’estremità inferiori e una testa del gruppo più basso a destra, delle quali pure mi fece vedere gli studiî» (in Gli scritti d’arte dell’Antologia…): notizia che, seppur breve, risulta quanto mai utile perché permette di conoscere da presso le modalità messe in atto dal M. nelle fasi preliminari dei suoi interventi.
Nel 1831 il M. fu a Prato per il restauro dei dipinti di Agnolo Gaddi nella cappella del S. Cingolo nel duomo. Vi sarebbe tornato nel 1835 per restaurare, sotto la supervisione di A. Ramirez di Montalvo (presidente dell’Accademia di belle arti di Firenze e direttore della R. Galleria degli Uffizi) i dipinti di Filippo Lippi nella cappella maggiore (Storie di s. Stefano, Storie di s. Giovanni Battista, gli Evangelisti).
Tra il 1832-34 fu impegnato a Bagni di Montecatini (chiesa di S. Maria Assunta) e a Livorno (chiesa dei Ss. Pietro e Paolo), dove realizzò, su commissione dell’architetto L. de Cambray Digny, l’affresco per l’altare raffigurante S. Guglielmo ricevuto alla badia di Grandmont; nel 1833, si recò a Pisa per restaurare nella cappella dell’arcivescovo C.A. Dal Pozzo, nel Camposanto pisano, un Dottore della Chiesa di S. Maruscelli. Rientrato a Firenze, nel 1833-35 decorò il soffitto della sala dell’Udienza della granduchessa nella palazzina della Meridiana a palazzo Pitti (Cornelia nell’atto di mostrare i suoi figlioli a una matrona capuana).
Al 1837 risale l’intervento di restauro sui dipinti di Benozzo Gozzoli (Benozzo di Lese) nella cappella di palazzo Medici Riccardi. Da quel momento in poi la sua attività di restauratore andò progressivamente aumentando (da ricordare, ancora, i lavori nella cappella del Bargello e quelli nelle cappelle Bardi e Peruzzi in S. Croce a Firenze), tanto da essere considerato, all’epoca, «capofila della schiera di buoni restauratori» (Guasti, 1895).
Nel 1839 intervenne come restauratore a palazzo Vecchio, tanto nel salone dei Duecento (dipinti di F. De Rossi detto il Salviati) quanto nella cappella dei Priori (opere di Ridolfo del Ghirlandaio), oltre a fare perizie su richiesta di Ramirez di Montalvo (teatro Mediceo agli Uffizi). Questi si sarebbe rivolto a più riprese al M., affiancandogli gli operatori ufficiali delle Rr. Gallerie fiorentine, quali F. Acciai e U. Forni. Fu proprio con quest’ultimo che nel 1840 il M. lavorò nel fiorentino palazzo del Podestà, anno in cui scoprì il ritratto di Dante nella omonima cappella.
Dopo un lungo periodo dedicato quasi esclusivamente al restauro, il M. riprese a dipingere e produsse soprattutto Madonne (cfr. Guasti, 1862, pp. 23-40).
Di queste si ricordano la Madonna del Giglio del 1843 (Museo civico di Prato) e quella detta «del bacio» (collezione privata), realizzata nel 1845 per un committente francese, tale Froger, opera di cui parlò in termini non proprio lusinghieri P. Selvatico in una lettera a G. Cittadella il 19 ott. 1845 (Selvatico).
Nel quinto decennio lavorò nei cantieri di restauro a Firenze (S. Maria del Fiore, casa del Bigallo, spedale degli Innocenti), Prato e Fiesole. Del 1847 è la commissione della pala d’altare, raffigurante Le grandezze di Maria, per la chiesa di S. Maria delle Carceri a Prato, decantata da Guasti con un sonetto dedicato al M. (Guasti, 1847). Pochi anni prima (1843) era stato riconosciuto il suo merito artistico con l’elezione a professore per la classe di pittura nella fiorentina Accademia di belle arti, alla cui direzione era Ramirez di Montalvo.
Nel suo ultimo decennio il M. fu impegnato a Firenze nella decorazione a fresco di dimore (Gerini, Pucci, Guicciardini, Gherardesca, Poniatowski, Giuntini) e cappelle (cappella Giuntini in S. Giuseppe e oratorio della Gherardesca a Careggi). Non mancò intanto di realizzare nuove Madonne, che gli procurarono ulteriore notorietà e la lusinghiera recensione di H. Delaborde nella Revue des deux mondes (1853).
Nel 1858-59, oltre che di affrescare la chiesa di S. Pier Fiorelli a Prato, Ramirez di Montalvo lo incaricò di valutare, insieme con Forni, l’intervento di restauro condotto da P. Gherardi sulle pitture di Filippino Lippi nella cappella Strozzi in S. Maria Novella. Nel 1859, venne collocata, nel palazzo della Crocetta, a Firenze, la Madonna con Gesù Bambino, commissionatagli da Leopoldo II granduca di Toscana. Al principio degli anni Sessanta fu nuovamente aperto il cantiere della palazzina della Meridiana di palazzo Pitti e, per la decorazione delle altre stanze sul retro dell’edificio, furono incaricati dai Savoia i pittori A. Gatti, C. Mussini, G. Berti, A. Puccinelli e il M., che realizzò le Storie della vita del Tasso.
Apprezzato come pittore dal granduca, il M. non lo fu da Ramirez di Montalvo, che però lo teneva in altissima considerazione come restauratore. Nuova conferma del suo valore in questo ruolo è ravvisabile, dopo la fine del Granducato, nella sua nomina (r.d. 12 marzo 1860) a membro della commissione per la Conservazione degli oggetti d’arte e dei monumenti storici della Toscana insieme con Mussini, E. Pollastrini, E. Santarelli, G. Dupré, U. Cambi, G. Martelli, E. De Fabris e F. Mazzi (Firenze, Arch. delle Gallerie fiorentine, R. Commissione conservatrice dei monumenti storici etc., 1861-62-63, f. 1).
Il M. morì a Firenze il 10 sett. 1861.
Nel testamento ricordò il suo unico allievo, P. Pezzati (Guasti, 1862, pp. 18-20). Le sue spoglie furono deposte nel chiostro di S. Domenico a Prato. P. Gavazzi, discepolo di L. Bartolini, realizzò il busto funerario per volere della moglie, la pittrice Giulia Nuti che il M. aveva sposato nel 1821 e dalla quale non aveva avuto figli.
Fonti e Bibl.: Firenze, Accademia di belle arti, Arch. storico, filza anno 1839, n. 44; Atti dell’Accademia dal 1840 al 1858, Verbali, 2, f. 85; Ibid., Soprintendenza speciale per il Polo museale, Centro di documentazione, Arch. storico delle Gallerie fiorentine, 1859, filza 83, 1, f. 60; Consiglio dei monumenti d’arte dei Rr. palazzi e ville, filza XVII, 1859-1860, f. 3; Carteggi di Cesare Guasti, a cura di F. De Feo, Firenze 1985, pp. 191 s.; M. Missirini, Breve cenno delle pitture che adornano il nuovo teatro di Prato, Prato 1830, p. 8; P. Seri, La primaziale pisana nuovamente descritta…, Pisa 1830, pp. 221 s.; F. Baldanzi, Delle pitture di fra Filippo Lippi nel coro della cattedrale di Prato, Prato 1835, p. 10; N. Tommaseo, Della Bellezza educatrice, Venezia 1839, p. 296; Giorn. del commercio, 27 sett. 1843, n. 39; P. Selvatico, Dell’arte moderna a Firenze, Milano 1843, p. 16; C. Guasti, Della chiesa cattedrale di Prato, descrizione, Prato 1846, pp. 2 s.; Id., Al professore A. M., Prato 1847, p. 3; H. Delaborde, Fra Angelico da Fiesole, ses nouveaux biographes et ses disciples en Toscane, in Revue des deux mondes, s. 2, XXIII (1853), 4, p. 1231; C. Guasti, A. M. pittore (1862), in L’opera di A. M. pittore 1788-1861 (catal., Prato), a cura di M. Bellandi - C. Paoletti, Firenze 1961, pp. 11 s., 14, 17-21, 23-40; L. Passerini - G. Milanesi, Del ritratto di Dante Alighieri che si vuole dipinto nella cappella del Podestà di Firenze, Firenze 1865, p. 21; C. Guasti, Opere, II, Biografie, Prato 1895, p. 84; A. Badiani, L’arte pratese del Settecento e dell’Ottocento, in Arch. storico pratese, XIII (1935), 3-4, p. 25; Id., I restauri del duomo di Prato, ibid., XIV (1936), p. 1; Id., I restauri del duomo di Prato…, ibid., XVIII (1940), p. 6; G. Marchini, Il tesoro del duomo di Prato, Milano 1963, p. 86; Gli scritti d’arte dell’Antologia di G.P. Vieusseux 1821-1833, a cura di P. Barocchi, III, Firenze 1975, p. 527; G. Incerpi, Storia e tecniche del restauro dei dipinti nell’Ottocento, tesi di laurea, Università degli studi di Firenze, a.a. 1975-76, pp. 335 s.; S. Maria delle Carceri a Prato, a cura di S. Baldazzi - E. Castellani - F. Guerrieri, Prato 1978, p. 310; E. Colle, Artisti e incisori tra Settecento e Ottocento, in Ex libris. Tipografia e cultura a Prato nell’800 (catal.), a cura di S. Cavaciocchi, Firenze 1985, p. 495; M. Bellandi, A. M. pittore, in Prato, storia e arte, XXIX (1988), 72, p. 88; Il Museo civico di Prato, a cura di M.P. Mannini, Firenze 1990, p. 86; C. Morandi, Pittura della Restaurazione a Firenze: gli affreschi della Meridiana a palazzo Pitti, in Prospettiva, 1994, nn. 73-74, pp. 182, 186 s.; F. Bongioanni, I restauri di A. M. in Prato, in Arch. storico pratese, LXXI (1995), 1-2, pp. 157-172; Il duomo di Pisa, a cura di A. Peroni, Modena 1995, III, p. 129; C. Giannini, Sotto lo scialbo, in Boll. della Accademia degli Euteleti della città di San Miniato, 1996, n. 63, p. 222; E. Spalletti, L’Antologia di Vieusseux, le tecniche artistiche, il restauro (e uno scritto poco noto su A. M.), in Ricerche di storia dell’arte, 1997, n. 62, pp. 8 s.; M.V. Thau, Ulisse Forni, restauratore di Galleria, in U. Forni, Manuale del pittore restauratore, a cura di G. Bonsanti - M. Ciatti, Firenze 2004, p. 264; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 105.