MARINARI, Antonio
MARINARI (Marinario, Marinaro), Antonio. – Nato tra la fine del secolo XV e l’inizio del secolo XVI probabilmente a Grottaglie, il M. entrò a far parte dell’Ordine dei frati carmelitani nella sua città, nella diocesi di Taranto, nel convento annesso alla chiesa del Carmine. Dopo aver condotto studi in filosofia e teologia in Puglia, insegnò a Venezia, Roma e Napoli, dove si trovava nel 1539, come egli stesso riporta nella sua Expositio in epistolam Pauli ad Romanos (Paris, Bibliothèque nationale, Fonds lat., 705).
Nel corso della sua carriera ecclesiastica il M. rivestì cariche prestigiose nell’Ordine carmelitano: durante il capitolo generale di Vicenza (1539), a cui partecipò come definitore, fu ordinato priore provinciale della Puglia. Fu visitatore generale della Sicilia ed eletto procuratore generale della provincia di Puglia nel capitolo veneto del 1548, carica che gli fu confermata nel capitolo generale a Roma nel 1564. Il M. si distinse anche per l’erudizione e per la conoscenza dei testi sacri, che gli valsero tra il 1548 e il 1549 l’affidamento della cattedra di teologia presso lo Studio romano. Tra il 1545 e il 1546, grazie alle sue qualità oratorie e intellettuali, fu inviato come teologo al concilio di Trento, dove tenne due omelie durante la messa domenicale dei padri conciliari, secondo l’abitudine della cappella papale di affidare ai procuratori generali degli Ordini mendicanti le predicazioni di avvento e quaresima: la prima orazione fu pronunciata il 20 dic. 1545, la seconda il 4 apr. 1546.
Nella prima predica, edita con il titolo Oratio ad patres in concilio Tridentino il 7 maggio del 1546 presso la tipografia romana dei Cartolari e ristampata da A. Arrivabene a Venezia nel 1547, il M., seguendo uno schema teologico tipicamente paolino, sostenne apertamente il ruolo unico e salvifico della grazia divina e l’impossibilità di ottenere salvezza mediante le opere. Gli stessi argomenti furono ripresi nella predica di quaresima, in cui egli dissertò sulla fede in Cristo come unica via di salvezza e sulla libertà del cristiano. Gli argomenti affrontati dal M. furono visti con sospetto dal domenicano Domingo de Soto, in particolare il tema dell’antropologia agostiniana, e poi luterana, della corruzione che permane dopo il battesimo e quello delle opere, interpretate esclusivamente come frutti e segni della grazia divina. Nella sua predicazione il M. sottolineò anche la necessità di una riforma della Chiesa, la cui malattia poteva essere guarita non solo con le norme dettate dal concilio, ma soprattutto attraverso la diffusione e la predicazione del Vangelo al popolo.
Su tali questioni egli si espresse anche nel corso delle discussioni avvenute durante il concilio, in particolare nelle sessioni dedicate alle Sacre Scritture (IV), al peccato originale (V), alla giustificazione (VI) e ai sacramenti (VII). A causa delle sue posizioni, secondo quanto affermato da Paolo Sarpi nella sua Historia del concilio Tridentino, egli «entrò in sospetto di alcuni che non fosse affatto alieno dalla dotrina de’ protestanti» (p. 173). La veridicità di tali affermazioni fu quasi subito messa in dubbio nella Istoria del concilio di Trento di Pietro Sforza Pallavicino, in cui si confutava il racconto sarpiano circa lo svolgimento del dibattito su tradizione e Sacre Scritture, svoltosi nel corso della prima congregazione dei teologi il 20 febbr. 1546, di cui mancano i verbali o altre fonti documentarie.
Alla ripresa dei lavori del concilio a Trento, nel 1551, il M. fu nuovamente presente, come inviato del generale dell’Ordine e dissertò il 23 dicembre circa l’articolo primo della messa. In questa occasione si soffermò sul ripetersi del sacrificio di Cristo durante il rito dell’eucarestia e sul valore espiatorio del sacramento.
La figura del M. fu tratteggiata dai biografi dell’Ordine e dai compilatori di cataloghi come quella di uno strenuo difensore della fede cattolica. La sua partecipazione al concilio rimase famosa per la citazione a memoria e la confutazione di cinquanta proposizioni eretiche partendo dall’ultima, secondo il racconto dei suoi confratelli Lorenzo Loreto, vescovo di Adria, e Niccolò Bonfigli. D’altro canto la sua particolare attenzione rivolta ai testi sacri, alla teologia paolina e agostiniana, suscitò i sospetti dei più severi difensori dell’ortodossia.
Le sue opere di carattere esegetico confermano questi interessi: la citata Expositio in epistolam Pauli ad Romanos e la Consonantia Iesu, et prophetarum edita a Palermo nel 1537 da A. Mayda e ristampata nel 1540 da F. Bindoni il Vecchio a Venezia. Nei tre libri della Consonantia il M. volle presentare uno studio organico delle profezie veterotestamentarie, nelle quali era prefigurata la venuta del Cristo. Riprendendo il tema della concordia fra l’Antico e il Nuovo Testamento, il frate condusse un’attenta esegesi di numerosi brani biblici alla ricerca dei punti di contatto fra le antiche Scritture e i Vangeli.
Il M. morì il 20 marzo 1574 e fu sepolto a Grottaglie, nella chiesa dei carmelitani.
Fonti e Bibl.: J. Le Plat, Monumentorum ad historiam concilii Tridentini, I, Louanii 1781, pp. 23-32, 134-143 (in cui sono riportate le prediche tenute al concilio di Trento); Concilium Tridentinum. Diariorum, actorum, epistolarum tractatuum nova collectio, I, Friburgi Brisgoviae 1901, pp. 8, 356, 532, 535; II, ibid. 1911, p. 160; IV, ibid. 1904, p. 563; V, ibid. 1911, pp. 11, 67, 274; VII, 1, ibid. 1961, pp. 428 s., 500, 541; Acta capitulorum generalium Ordinis fratrum B.V. Mariae de Monte Carmelo, a cura di G. Wessels - B. Zimmerman, I, Romae 1912, pp. 401, 403, 415 s., 419, 437, 446, 450, 482; P. van Licht, Carmelitana bibliotheca, Florentiae 1593; P. Sarpi, Historia del concilio Tridentino, In Londra 1619, pp. 147 s., 173, 189 s., 193, 200, 203; P. Sforza Pallavicino, Istoria del concilio di Trento, Roma 1636-37, libro VI, cap. 14, p. 630; Daniel a Virgine Maria, Speculum carmelitarum, II, Antverpiae 1680, p. 1067; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis… ad annum usque 1646 floruerunt, I, Neapoli 1780, pp. 65 s.; F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studi di Roma, II, Roma 1804, p. 99; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 201; C. Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani 1904, pp. 572 s.; C. de Saint-Étienne de Villiers, Bibliotheca Carmelitana, Romae 1927, cc. 176-180; N. Spanò, L’Università di Roma, Roma 1935, p. 344; A. Grammatico, I carmelitani e il concilio di Trento, in Il Monte Carmelo, XXIX (1943), pp. 100-103; Gabriel a Virgine Carmeli, Die Karmeliten auf dem Konzil von Trient, in Ephemerides Carmeliticae, IV (1950), 2, pp. 312 s., 355-359; F. Barberi, Annali della tipografia di Baldassarre jr e Girolamo Cartolari (1540-1559), in La Bibliofilia, LIII (1951), 1, pp. 69-120; H. Jedin, Storia del concilio di Trento, II, Brescia 1962, pp. 77 s., 113, 524 s., 527-529, 533, 597; III, ibid. 1973, pp. 357, 486, 490 s.; J. Smet, I carmelitani. Storia dell’Ordine del Carmelo, I, Dal 1200 circa fino al concilio di Trento, Roma 1989, p. 278.