ANTONIO MARIA Zaccaria, santo
Nacque in Cremona alla fine del 1502 o all'inizio dell'anno seguente - il giorno preciso della nascita non è noto - da Lazzaro, patrizio cremonese discendente dalla nobile famiglia genovese degli Zaccaria, e da Antonietta Pescaroli. Morto il padre nel 1504, il fanciullo rimase affidato alle cure della madre che, pur essendo appena diciottenne, rinunciò a seconde nozze per dedicarsi completamente all'educazione del figlio del quale curò particolarmente la formazione religiosa. Quasi nulla sappiamo della sua adolescenza e della sua giovinezza se non che studiò medicina a Padova raggiungendo i gradi dottorali nel 1524: la sua vita di pietà e la sua sensibilità religiosa dovevano essere sviluppate già in questi anni universitari risalendo a questo periodo la sua amicizia con il canonico lateranense Serafino Aceti da Fermo. Ritornato in Cremona non si limitò ad esercitare la sua professione in sollievo dei poveri, ma partecipò attivamente alla vita di una comunità spirituale sorta in quegli anni in Cremona - come accadeva nello stesso periodo in molte città italiane - per l'esigenza, avvertita negli ambienti religiosamente più sensibili, di un ritorno all'approfondimento interiore, alla meditazione ed alla pratica evangelica di fronte alla crisi determinata dal Rinascimento e dalla riforma protestante. Purtroppo nessuna notizia è rimasta di questa comunità che doveva avere come propulsore ed ispiratore il noto domenicano fra Battista da Crema; sappiamo solo che A. M. ancora in abito secolare radunava nei giorni festivi molti cittadini nella chiesa di S. Vitale e spiegando la Scrittura li intratteneva in spirituali conversazioni.
Desideroso di una vita di maggior perfezione, dopo un tirocinio di preparazione teologica nel 1528 si fece ordinare sacerdote per consiglio, pare, di fra' Battista e di padre Marcello, pure domenicano. Posto in contatto, per mezzo di fra' Battista da Crema, con il cenacolo spirituale milanese che si veniva formando intorno alla contessa Ludovica Torelli, da poco convertita dallo stesso fra' Battista, sulla fine del 1530 A. M. si recò a Milano per invito della stessa contessa che lo prese come suo cappellano. Qui entrò a far parte della confraternita dell'Eterna Sapienza, fondata qualche anno prima probabilmente da mons. Giannantonio Bellotti. In essa strinse particolari legami con il patrizio milanese Giacomo Antonio Morigia e con il notaio Bartolomeo Ferrari: insieme con questi egli decise di abbracciare una vita religiosa più perfetta formando una nuova congregazione di sacerdoti basata sulla vita in comune e sui tradizionali voti di castità, povertà e obbedienza, ma non vincolata dalle impaccianti strutture degli antichi Ordini per una maggior aderenza ai bisogni del tempo. Anche in questa decisione fra' Battista da Crema fu con ogni probabilità l'ispiratore di A. M. che, essendo dei tre l'unico sacerdote, dovette assumere le principali funzioni nella nuova comunità. Questa si stabilì in una casa nelle vicinanze di S. Ambrogio ceduta, con un'attigua chiesetta, dalla contessa Torelli. Nel 1532 si unirono ai tre fondatori due altri giovani, Giangiacomo de Caseis e Francesco di Lecco, ed il Ferrari fu ordinato sacerdote: nel 1534 altri quattro nobili milanesi entrarono a far parte della comunità.
Il cronista Burigozzo annotava nello stesso anno che andavano in giro per Milano preti dimessi e stracciati, conducenti vita comune, "tutti giovani": non v'è alcun dubbio che si tratti dello Zaccaria e dei suoi confratelli, i quali non si limitavano all'esercizio degli uffici sacerdotali nella loro dimora e nelle chiese della città ma percorrevano le vie e le piazze predicando ovunque e compiendo pubbliche penitenze. È comprensibile come quest'attività di pubblica condanna dei costumi morali dell'epoca destasse malumori e opposizioni fra i cittadini: vi fu anche un processo dinnanzi al Senato milanese che si concluse nell'ottobre 1534 con un non luogo a procedere. Le difficoltà non fecero che provare la robustezza della giovane istituzione, che ottenne dal pontefice Clemente VII una prima approvazione con un breve indirizzato al Ferrari ed allo Zaccaria in data 18 febbr. 1533, breve ottenuto per mezzo di un fratello del Ferrari, a nome Basilio, prelato di curia. La comunità prese il nome di Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo Decollato (comunemente barnabiti). Nuova e più solenne approvazione fu ottenuta per bolla di Paolo III il 24 luglio 1535: in essa si concedeva alla Congregazione anche l'esenzione per un quinquennio dalla giurisdizione episcopale e i privilegi propri ai canonici lateranensi. Nello stesso 1535 veniva approvata da Paolo III la comunità religiosa femminile (di S. Paolo Converso, ma subito chiamata delle angeliche), formata dalle dame che aveva raccolto intorno a sé la contessa Ludovica Torelli: anche in questa fondazione ebbe parte determinante lo Zaccaria che dalla morte di fra Battista da Crema, avvenuta nel gennaio 1534, era divenuto direttore spirituale della Torelli. Un'ultima difficoltà fu rappresentata da un'accusa d'eresia mossa da avversari impauriti dalla novità della loro vita religiosa, ma il nuovo processo si concluse a Roma nell'agosto 1537 con la piena assoluzione.
Dal 1536 lo Zaccaria non fu più a capo della Congregazione essendo a lui succeduto in quell'anno nell'ufficio di preposito il padre Morigia, ma mantenne in essa un posto preminente nei pochi anni che lo separarono ancora dalla morte precoce. Si dedicò con particolare fervore alla restaurazione della pietà popolare ed alla predicazione. Specialmente importante è la sua attività per la diffusione della devozione delle Quarant'ore come adorazione perpetua solenne dell'Eucarestia con turni continui di chiesa in chiesa: anche se nessuno può essere detto istitutore di questa devozione e se la polemica a questo proposito può dirsi oggi superata, si riconosce comunemente che lo Zaccaria ebbe un peso determinante nella sua affermazione. Istituì egli in Milano anche una società "dei coniugati" per i laici, uomini e donne, che nello stato matrimoniale miravano ad una maggior perfezione: questa preoccupazione per l'approfondimento della vita religiosa dei laici è uno degli aspetti dello Zaccaria che più lo fanno apparire acuto interprete delle esigenze del suo tempo. Ma il suo raggio d'azione si allargò in questi ultimi suoi anni anche al di fuori di Milano: nel 1537 si recò a Vicenza a predicare una missione per invito del vescovo Nicolò Ridolfi; nel 1538 fu inviato dalla contessa Torelli a Guastalla con la delicata missione di placare gli animi dei Guastallesi irritati per la vendita della contea stessa di Guastalla fatta dalla Torelli a Ferrante Gonzaga.
Nella primavera del 1539 tornò a Guastalla come paciere tra fazioni di cittadini in lotta: qui si ammalò, indebolito dalle penitenze e dagli strapazzi. Aggravandosi il male si fece trasportare alla fine di giugno nella città natale di Cremona ove dopo pochi giorni morì, assistito dalla madre e dai confratelli, Battista da Soresina e Serafino da Fermo, il 5 luglio 1539.
Fin dal giorno della sua morte gli fu prestato come a beato culto pubblico ecclesiastico sino al noto decreto di Urbano VIII del 1634 vietante ogni dimostrazione di culto pubblico a chiunque non ne fosse stato oggetto da più di un secolo: mancando cinque anni al compimento del centenario richiesto, il culto ad A. M. Zaccaria beato fu allora soppresso. L'introduzione del processo apostolico ebbe luogo solo nel 1806 e la causa non si concluse che il 3 genn. 1890, con la reintegrazione del culto ed il conferimento del titolo di beato da parte di Leone XIII: qualche anno più tardi, il 21 maggio 1897, lo stesso pontefice procedeva alla solenne canonizzazione elevando A. M. Zaccaria all'onore degli altari. Le sue reliquie, identificate ufficialmente nel 1891 nella chiesa di S. Paolo in Milano, furono poi collocate nella cripta della chiesa di S. Barnaba, nella stessa città, ove tuttora sono venerate. Nel 1909 una statua del santo scolpita dallo scultore C. Aureli è stata posta in S. Pietro a Roma fra quelle dei fondatori d'ordini.
Opere. Nulla ha composto A. M. Zaccaria per le stampe ed i suoi scritti a noi pervenuti, quasi tutti stesi per le necessità pratiche dell'apostolato, non sono che una piccola testimonianza della sua continua attività di predicazione e di direzione spirituale: non fu teoreta ma uomo d'azione e la scarsezza dei suoi scritti conferma come egli fosse totalmente preso dai problemi e dagli uomini che lo circondavano.
Le Lettere, undici soltanto a noi pervenute, sono state edite all'inizio di questo secolo per la prima volta nella loro,integrità (O. Premoli, Le lettere e lo spirito religioso di S. A.M. Z., Roma 1909), dopo che erano già state diffuse in traduzione francese a cura di I. Pica (Ecrits choisis, lettres, avis, maximes du b. Antoine Marie Z., Bar-Le-Duc 1894). Sono state riedite, nel 1952, con accurata collazione sugli originali e sulle più antiche copie, a Bologna a cura dei confratelli del Collegio S. Luigi nella collana "Spiritualità Barnabitica". Una nuova traduzione francese fu pubblicata da A. Desbuquoit (Lettres et autres écrits de s. Antoine Marie Z., Wervicq 1948).
I Sermoni sono stati editi integralmente solo nel 1933 da S. De Ruggiero in appendice alla biografia di G. Chastel da lui tradotta (S. A. M. Z., Brescia 1933). Rivelandosi questa edizione condotta su una copia molto imperfetta, ne è stata curata una nuova criticamente basata sugli originali autografi da G. M. Cagni e F. M. Ghilardotti, fornita di un'ottima introduzione (I Sermoni di S. A. M. Z., in Arch. ital. per la storia della pietà, II[1959], pp. 231-284). Gli stessi curatori ne avevano preparato la pubblicazione in un volumetto a parte con scopi divulgativi nella collana "Spiritualità Barnabitica" (Bologna 1952). Si tratta di sei sermoni, cinque sui primi cinque precetti del decalogo ed uno De una causa della negligenza e tiepidezza nella via di Dio, tenuti, secondo una tradizione concorde, dal giovane A. M. nella chiesa di S. Vitale in Cremona negli anni immediatamente seguenti alla sua ordinazione sacerdotale: per elementi interni essi sembrano rivolti non alpopolo ma ai membri di un oratorio di riforma. Purtroppo dell'intensa attività oratoria di A. M. non sono rimasti che questi pochi discorsi ed anch'essi risalenti alla sua prima esperienza sacerdotale. All'inizio del sec. XVII esistevano ancora sue omelie sui Vangeli oggi perdute insieme con altri suoi scritti.
Le Costituzioni dei figlioli di S. Paolo, composte dal santo in lingua volgare ma con numerose forme dialettali lombarde, giacciono nel manoscritto originale nell'Archivio generalizio della Congregazione in S. Carlo ai Catinari a Roma e mancano ancora di un'adeguata edizione critica. Sono state pubblicate per la prima volta da O. Premoli che le inserì nella sua Storia dei Barnabiti nel Cinquecento (Roma 1913), pp. 422-455; sono state recentemente riedite in un volumetto della collana "Spiritualità Barnabitica" (Bologna 1954, a cura dei confratelli del Collegio S. Luigi). Esse devono essere considerate più un abbozzo che non regole ufficialmente stabilite, ma rivestono grande importanza per la storia dell'Ordine essendo esse state inserite e quasi rifuse nelle Costituzioni definitive del 1579. È discusso il rapporto tra le Costituzioni di s. A. M. e le Regole che guidarono i primi passi della Congregazione, composte da fra' Battista da Crema, delle quali è certa l'esistenza ma che non ci sono pervenute. Le Costituzioni sono state divise in diciannove capitoli che toccano tutti i principali problemi della vita organizzativa e spirituale della comunità religiosa.
Discussa è l'attribuzione allo Zaccaria dell'opera più anticamente conosciuta e diffusa sotto il suo nome, già edita a meno di un cinquantennio dalla sua morte: Detti notabili raccolti da diversi Authori, Per il Rever. Padre Antonio Maria Zaccharia da Cremona. Opera devotissima, et molto utile a chi desidera far profitto nelle cose del spirito, et governar l'anima sua secondo il voler Divino, in Venetia 1583. Dopo questa prima edizione, curata da Giovan Paolo Folperto, ne sono state stampate altre undici in lingua italiana, latina, francese, sino all'ultima curata da G. Boffito, da questo inserita nella sua Biblioteca barnabitica, IV, Firenze 1937, pp. 468-504, e pubblicata contemporaneamente in un volumetto a parte: l'elenco particolareggiato delle varie edizioni è dato dallo stesso Boffito (vol. cit., pp. 250-254). Nessun manoscritto dell'opera è arrivato sino a noi e l'attribuzione allo Zaccaria è basata sull'affermazione del Folperto, contenuta nelle lettere dedicatorie al cardinale G. Paleotti premesse alla prima ed alla seconda edizione (Parigi 1600), precisando egli nella seconda di aver ricevuto il manoscritto dall'angelica Paola Antonia Negri. Sin dall'inizio del sec. XVII si cominciò a porre in discussione questa attribuzione e studi più recenti sembrano confermare i dubbi, mentre viene avanzata l'ipotesi che i Detti notabili non siano che la raccolta di Sentenze spirituali che sappiamo essere stata composta da fra' Battista da Crema ma di cui s'è perso ogni traccia. In mancanza del manoscritto e di documentazione esterna, nell'impossibilità di procedere per elementi interni concettuali a causa della particolare affinità di pensiero tra lo Zaccaria ed il suo maestro di spirito fra Battista, i dubbi sull'attribuzione dei Detti notabili sono destinati a rimanere insoluti sino a che non sia scoperta nuova documentazione: fuori discussione è che essi - vere e proprio trattato, sia pur frammentario, di ascetica e mistica - rappresentano una fonte di prim'ordine per la conoscenza della spiritualità di s. A. M. Zaccaria e dei suoi compagni agli albori della nuova congregazione.
Spiritualità. Nella crisi morale e spirituale in cui versava la società italiana all'inizio del Cinquecento nasceva negli ambienti religiosamente più sensibili la tendenza ad abbandonare le speculazioni filosofiche e teologiche per il ritorno ad una concreta vita di pietà e di devozione fondata sulla meditazione e sull'applicazione del Vangelo: è il movimento spirituale - non organizzato né unificabile posteriormente, date le molteplici manifestazioni - dell'evangelismo. Salvo eccezioni esso non acquista in Italia il carattere rivoluzionario del moto protestante d'oltr'Alpe, pur presentando spesso notevoli affinità con questo: non si vuole la riforma delle istituzioni ecclesiastiche ed il sovvertimento dei dogmi, ma una riforma dell'uomo interiore e della società ecclesiastica nei costumi e nella disciplina. Si cerca il contatto dell'anima con Dio tramite la figura umano-divina del Cristo - sulla linea dell'"Imitazione" - con la meditazione della Scrittura e particolarmente di s. Paolo, trascurando l'aspetto organizzativo e legale della vita ecclesiastica: ma la diffidenza verso le forme tradizionali di vita religiosa non porta ad una rottura violenta con il passato, bensì allo sviluppo dì nuove forme di vita religiosa più aderenti agli ideali evangelici. Nascono i nuovi Ordini, le nuove Congregazioni, confraternite, le energie più vive della riforma cattolica.
È in questa linea di sviluppo che si inserisce la nascita della Congregazione barnabitica e la personalità spirituale del suo fondatore. Negli scritti di s. A. M. lo scopo è unico, pratico, di direzione spirituale e predicazione per una conversione quasi violenta delle anime: qualsiasi dibattito teoretico, teologico o filosofico, è evitato. Volontà decisa ed ardore spirituale sono alla base di tutto il suo pensiero come di tutta la sua attività: "Corriamo come matti non solo a Dio ma ancora verso il prossimo..." (Lettera II). Egli vede infatti la causa della crisi religiosa dei suoi tempi non in problemi dottrinali ma nell'apatia spirituale, nell'indifferenza, nella tiepidezza farisaica contro la quale nessuna legislazione ecclesiastica, nessuna pressione esteriore ha potere, ma solo la riforma interiore dell'uomo: "...per distruggere questa pestifera e maggior nemica di Cristo Crocifisso, la quale si grande regna ai tempi moderni: madonna, dico, la tepidità" (Lettera V). Tutto è centrato sulla figura concreta e dolente del Cristo crocifisso, che appare sempre il vero personaggio di ogni lettera e di ogni discorso, il vero interlocutore: vorrei, scrive ad un suo figlio spirituale (Lettera III) che "dei dubbi e difficoltà e maxime delle ardue dubitazioni, ne ragionaste con Cristo, proponendogli gli argomenti da ogni banda...". Segno esteriore di questa unione quasi fisica al Cristo è l'invocazione al Crocifisso posta prima di ogni scritto e l'istituzione da lui voluta del suono delle campane alle tre pomeridiane del venerdì in commemorazione della morte in croce. Il profondo culto eucaristico - si è accennato all'importanza della sua attività per la diffusione dell'orazione delle Quarant'ore - nasce da questo suo bisogno di mettere l'uomo ed il Cristo faccia a faccia in forma sensibile togliendo l'Eucarestia dal nascondimento e dando forma commovente all'azione liturgica. Per s. A. M. questo è il cammino per arrivare al vertice della vita spirituale, all'orazione mistica, all'esperienza diretta di Dio da parte dell'anima trasfigurantesi. Egli non può essere detto un dottore della mistica, la quale fu solo più tardi sottoposta ad analisi ed a sistemazione teoretica, ma si inserisce come anello importante in quello sviluppo della mistica medievale che portò alla rifioritura mistica della seconda metà del Cinquecento. Lo Zaccaria, responsabile della vita di una comunità religiosa, insiste maggiormente e più dettagliatamente sul cammino ascetico necessario e preliminare ad ogni elevazione dell'animo. Distruggere l'uomo vecchio ed edificare l'uomo nuovo: da Saulo a Paolo. È una spiritualità tipicamente paolina: prima di essere invocato come protettore delle nuove Congregazioni dei barnabiti e delle angeliche, s. Paolo è il maestro di spirito dello Zaccaria: in tutti gli scritti di s. A. M. sono frequenti le citazioni dalla Sacra Scrittura, ma continuo è il riferimento alle lettere ed all'esempio di Paolo.
Nelle Costituzioni lo spirito di ardore e di perfezione evangelica si fonde con il suo carattere pratico, con il suo buon senso, con il suo amore per la semplicità. Nessun vincolo comportante pena di peccato mortale o anche veniale è previsto per i confratelli se non in caso di infrazione ai tre voti ed ai precetti di Dio, della Chiesa e della legge naturale validi per tutti gli uomini: il segno principale di decadenza di una religione è il moltiplicarsi dei precetti e delle "serrature" (cap. XVII). Nel passare in rassegna le doti naturali e spirituali che un riformatore deve avere (cap. XVII), prudenza e discrezione, grandezza d'animo, perseveranza, umiltà, frequenza nell'orazione e nella meditazione, retta intenzione, tensione continua verso una maggiore perfezione, fiducia nell'aiuto divino lo Zaccaria scrive, quasi concludendo involontariamente il proprio ritratto spirituale, che il riformatore dovrà avere soprattutto esperienza di Dio, essere "divino e santo".
Bibl.: Esauriente dal punto di vista bibliografico ed iconografico è il lungo saggio pubblicato da G. Boffito nella sua Biblioteca barnabitica, IV, Firenze 1937, pp. 209-264: ad esso rimandiamo limitandoci ad indicare solo le più diffuse fra le opere ivi citate e ad aggiornarlo sino ad oggi. A. Siccus, De clericorum reg. S. Pauli congregatione..., Mediolani 1682; L. Barelli, Memorie dell'origine ...della congr. dei chierici reg. di S. Paolo, Bologna 1703; L. M. Ungarelli, Bibl. Scriptorum e congr. clericorum reg. S. Pauli, Romae 1836; G. A. Gabutius, Historia congr. clericorum reg. S. Pauli, Romae 1852; A. Dubois, Le b. A. M. Z. fondateur des barnabites, Tournai 1895 (trad. ital. 1897); A. Teppa, Vita di s. A. M. Z., 6 ediz., Milano 1897 (trad. tedesca, Fulda 1900); O. Premoli, Le lettere e lo spirito religioso di s. A. M.Z., Roma 1909; Id., Storia dei Barnabiti, I, Roma 1913; G. Chastel, Le fondateur des barnabites, s. A. M.Z., Paris 1930 (trad. ital. Brescia 1933); E. Caspani, in Dict. de Spiritualité, I, coll. 720-723.
Delle edizioni recenti delle opere si è già parlato; dal punto di vista storico-biografico non vi sono stati dal 1937 ad oggi grandi passi avanti: sono state edite opere soprattutto divulgative: S. De Ruggierio, La catechesi cristologica in s. A. M.Z., Milano 1939; F. M. Sala, Il fondatore dei barnabiti (s. A. M. Z), Torino 1943 (trad. portoghese Rio de Janeiro 1957); Meditazioni per l'ottava della festa di s. A. M. Z., Carpi 1943; M. Favero, Il mio Santo, Galliano-Eupilio 1950; G. M. Semeria, Triduo e Panegirico, Napoli 1954.
Bibliografia circa le feste per il centenario della morte del santo a cura di V. M. Colciago in Eco dei barnabiti, giugno 1942, pp. 156-161.
Sul problema dell'importanza di s. A. M. Z. nella diffusione delle Quarant'ore: T. M. Abbiati, La diffusione delle Quarant'ore e i barnabiti, in Eco dei barnabiti, giugno 1939, pp. 25-29.
Sull'attribuzione dei Detti notabili: V.M. Colciago, I Detti notabili opera di s. A. M. Z. o di fra Battista da Crema?, in Eco dei barnabiti, maggio 1938, pp. 47-55; T. M. Abbiati, Ancora dei "Detti notabili" attribuiti a s. A. M. Z., in Eco dei barnabiti, giugno 1942, pp. 64-66.