RUFFO, Antonio Maria.
– Nacque a Bagnara (Calabra) l’11 giugno 1687 da Francesco, principe di Motta San Giovanni e quarto duca di Bagnara, e da Giovanna Lanza e Moncada, dei baroni di Misilmeri.
Oltre a lui, i genitori ebbero altri cinque figli, tre maschi e due femmine. Dei fratelli di Antonio Maria, il primogenito Carlo ereditò i titoli paterni di principe di Motta San Giovanni e duca di Bagnara, mentre i cadetti Domenico e Giuseppe entrarono nelle file ecclesiastiche, divenendo il primo monaco dell’ordine dei benedettini e conseguendo il secondo la nomina episcopale esercitata dapprima a Lecce e poi a Capua. Una delle due sorelle, Costanza, si sposò con Nicolò Caracciolo, principe di Santo Bono, e l’altra, Imara, dedicatasi alla vita religiosa, fu monaca in un monastero di Messina.
Di corporatura gracile e soggetto a frequenti infermità, Antonio Maria compì i primi studi nella natia Bagnara sotto la guida dei padri cappuccini e domenicani dei locali conventi, dimostrando ben presto di possedere una vivace intelligenza e una spiccata capacità di apprendimento delle diverse discipline che gli venivano insegnate.
Destinato dalla famiglia alla carriera ecclesiastica, fu mandato a Roma presso lo zio paterno Tommaso Ruffo, allora prefetto della Camera apostolica e poi nominato cardinale. Antonio Maria, che nella città eterna dimorò in un lussuoso palazzo di proprietà dello zio, ebbe come precettori due insigni religiosi e, confermate le doti intellettuali già dimostrate a Bagnara, nel 1701, grazie all’interessamento del cardinale Tommaso, fu accolto nel collegio Clementino, gestito dai padri somaschi, dove dimostrò speciale propensione per le discipline giuridiche.
Completati gli studi con il massimo dei voti, ebbe l’incarico di vicereferendario e nel 1716 intraprese la carriera prelatizia. Clemente XI lo nominò vicelegato pontificio e lo mandò ad amministrare la provincia di Ravenna, che governò da solo a causa dell’assenza del titolare. La moderazione e l’equilibrio mostrati nell’esercizio delle sue funzioni gli valsero la stima e il consenso della popolazione ravennate. Dopo aver conseguito presso il ginnasio di Ferrara il dottorato in utroque iure, a coronamento degli studi giuridici cui continuò ad attendere, nel 1720 venne richiamato a Roma dal pontefice che gli affidò l’incarico di inquisitore di Malta. Nell’isola proseguì l’opera di mediazione già avviata dallo zio cardinale Tommaso nella controversia in corso tra il locale Ordine gerosolimitano e la Repubblica di Genova.
Compiuta con successo la sua missione diplomatica, il nuovo pontefice Benedetto XIII nel 1729 lo richiamò a Roma e lo nominò chierico di Camera incaricato alla presidenza della Grascia, ufficio preposto alla compravendita, importazione ed esportazione delle derrate alimentari dello Stato della Chiesa. Dieci anni dopo, anche in virtù della notevole competenza acquisita nelle materie giuridiche, il pontefice lo promosse alla carica di uditore generale della Camera, posto già ricoperto da Prospero Colonna e resosi vacante per il conferimento a quest’ultimo della porpora cardinalizia.
Nel corso del concistoro del 9 settembre 1743, Benedetto XIV nominò Ruffo cardinale prete con il titolo dei Ss. Stefano e Silvestro in Capite – già detenuto dal cardinale Vincenzo Bichi – e lo ascrisse alle congregazioni di Propaganda e dei Riti. Il 2 dicembre dell’anno seguente, poiché non era stato ancora consacrato prete, lo stesso papa Benedetto XIV gli conferì l’ordine sacerdotale. A causa delle precarie condizioni di salute, afflitto com’era dalla podagra – malattia peraltro tipica della famiglia d’origine – e da altre fastidiose infermità, dopo la nomina al cardinalato non ricevette dal papa incarichi fissi ma solo saltuari. Si dedicò quindi a opere di carità trascorrendo le sue giornate sia nella residenza cardinalizia di S. Silvestro in Capite sia nel palazzo gentilizio dei Ruffo, ubicato nel rione Trevi, di fronte al palazzo dei Colonna, dove ebbe inoltre la possibilità di continuare a coltivare la sua passione per gli studi giuridici.
Aggravatesi le condizioni di salute, su suggerimento dei medici curanti lasciò Roma e fece ritorno nella natia Bagnara per trascorrervi l’ultimo periodo di vita. Del resto non aveva mai dimenticato il luogo di origine, nella cui chiesa di S. Nicola nel 1710 aveva fondato la Congregazione delle sacre stimmate di s. Francesco, dotandola di preziosi arredi. Poiché i malanni che lo tormentavano non gli consentivano di affrontare un viaggio via terra, su richiesta della S. Sede l’Ordine di Malta gli mise a disposizione una galera da guerra appartenente a una squadra navale che incrociava nel Mediterraneo. La nave, salpata da Anzio, approdò il 21 luglio 1752 a Punta Pezzo, sulla sponda calabra dello stretto di Messina, dove il nipote Francesco Ruffo, duca di Bagnara, andò a riceverlo e il giorno seguente, in sua compagnia, entrò in città accolto calorosamente dalla popolazione locale. Nei mesi seguenti, il cardinale Antonio Maria fu più volte ospite del convento dei cappuccini, dove aveva compiuto i primi studi e del quale era protettore lo zio cardinale Tommaso.
Munito dei conforti religiosi, morì a Bagnara il 3 febbraio 1753 e su sua stessa disposizione venne sepolto nella chiesa dei cappuccini, nella cappella intitolata alla Madonna della Ss. Concezione, di cui la sua famiglia aveva il diritto di patronato.
Fonti e Bibl.: Per notizie sui Ruffo di Calabria, Napoli, Biblioteca nazionale, XV.D.4.
L. Cardella, Memorie storiche dei Cardinali della Santa Romana Chiesa, IX, Roma 1792, pp. 16 s.; O.M. Paltrinieri, Elogio del nobile e pontificio Collegio Clementino di Roma, Roma 1795, pp. 19 s.; R. Cardone, Notizie storiche di Bagnara Calabra, Napoli 1873, pp. 132 s.; A. De Lorenzo, Un terzo manipolo di monografie e memorie reggine e calabresi, Siena 1899, p. 338; V. Mezzatesta, Biografie di uomini illustri di Calabria, Roma 1993, pp. 173 s.; T. Puntillo - E. Barilà, Civiltà dello Stretto. Politica, economia, società dello Stretto di Messina dalle origini al XVIII secolo, I, Il caso di Bagnara (1085-1783), Cosenza 1993, pp. 115 s.; G. Caridi, La spada, la seta, la croce. I Ruffo di Calabria dal XIII al XIX secolo, Torino 1995, pp. 161, 172 s.; D. Gioffrè, La Gran Casa dei Ruffo di Bagnara, Reggio Calabria 2010, pp. 107-113.