FIOR, Antonio Maria
Nacque da Pellegrino, maestro, a Venezia, nell'ultimo quarto del sec. XV.
Per certo si ha notizia che, nei primi anni del '500, il F. frequentò a Bologna le lezioni di S. Dal Ferro, lettore, in quella città, di aritmetica e geometria dal 1496 al 1526. Secondo la testimonianza di G. Cardano, proprio in qualità di discepolo del Dal Ferro, il F. ebbe modo di apprendere da lui, fors'anche in via confidenziale, la formula risolutiva dell'equazione di terzo grado, considerata allora traguardo "impossibile" anche per quella ricerca matematica così avanzata espressa nella Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità (1494) di L. Pacioli. Negli anni a venire la certezza di possedere la chiave di nuove conoscenze dovette per lui farsi consapevolezza tanto che volle confrontarsi con esperti della grande arte algebrica. Il F. prese così a sfidare polemicamente nel 1530 Giovanni de Tonini da Collio e nel 1535 Niccolò Tartaglia (a Venezia dal 1534), invitandoli alla risoluzione di problemi algebrici che, appunto, erano "solvibili" mediante la nuova regola. Ma anche il Tartaglia pervenne alla suddetta regola e, a suo dire, ciò gli era riuscito tra il 12 e il 13 febbr. 1535, cioè appena otto giorni antecedenti la data entro cui i trenta quesiti propostigli dal F., unitamente agli altri trenta quesiti da lui proposti di rimando, venissero depositati a Venezia, presso il notaio I. di Zambelli, per formalizzare la sfida e fissare i tempi concessi per la soluzione dei problemi.
Dalla disputa con il F., il Tartaglia uscì vincitore, ma l'intera faccenda da quell'anno prese a complicarsi per l'intervento di nuovi ed autorevoli esperti.
Il Cardano, con pressioni e lusinghe, in data 25 marzo 1539, riusciva ad ottenere dal Tartaglia l'agognata formula in forma di sonetto, sotto giuramento di non diffonderla ma, presa poi visione, nell'anno 1542, insieme con Ludovico Ferrari, di un libretto del Dal Ferro che ne disquisiva, si sentì affrancato da quell'obbligo, in ogni caso libero di comunicare al mondo con la pubblicazione dell'Ars Magna (1545), tutto quello che lui e il Ferrari, avevano ricavato da quella regola. Da qui, il Tartaglia affidava al libro IX dei suoi Quesiti (1546) il compito di denunciare il tradimento, ribadendo la sua posizione in merito alla storia della scoperta, mentre i Cartelli che il Ferrari prese ad inviargli insieme con quelli di risposta che riceveva dal Tartaglia (1547-1548) costituivano una delle più esemplari testimonianze della conflittualità della medesima.
Già nel primo ventennio del '500 il F. aveva guadagnato a Venezia una notevole fama per meriti direttamente correlati alla sua attività di insegnante in qualità di maestro di "abaco e quaderno". Egli dunque esercitava una professione che, a Venezia, era andata acquistando autonomia e prestigio perché sempre più chiamata ad affrontare e risolvere le necessità di una estesissima ed estremamente complessa attività mercantile. E, infatti, se, come abachista, le competenze del F. riguardano l'insegnamento della "calligrafia" e dell'"abaco", fu soprattutto la sua abilità nell'insegnare il "quaderno", cioè la compilazione delle registrazioni dell'amministrazione economica, che lo pose ai prodromi della formulazione di quella nuova "arte", la ragioneria, di cui ci si apprestava allora ad elaborare la "teorica" sulla organizzazione "pratica" del controllo di fatti riflettenti "trasporti, baratti, compre e vendite di merci a contanti o a credito, per conto proprio, per conto altrui e in partecipazione, lettere di cambio, scritte di banco, assicurazione di navi e di merci", di ciò che comportava, insomma, la gestione di ogni singola azienda mercantile dell'epoca.
La competenza del F., come degli altri, e non pochi abachisti, operanti a Venezia al principio del Cinquecento, era stimata proprio per il fatto che verteva su una innovativa organizzazione dei conti che in "giornale" e in "mastro" erano registrati in una forma a sezioni divise lateralmente anziché in quella a sezioni sovrapposte: il progressivo perfezionamento di questa forma a "partita doppia", diventata così speculare delle scritture che affermavano aumenti e di quelle che affermavano diminuzioni nell'oggetto del conto, mentre le voci "dare" (nella sezione sinistra o superiore del conto) e "avere" (nella sezione destra o inferiore del conto) diventavano via via speculati di una mutazione attiva e di una mutazione passiva dello stato patrimoniale, che poteva essere così di fatto controllato attraverso l'uguaglianza costante, per equivalenza, tra la somma degli addebiti e la somma degli accrediti.
Per essere illuminato su tali argomenti, Matthäus Schwarz, giovane e preparato contabile dei Függer, si recava nel 1514 in Italia e dopo i soggiorni a Milano e a Genova, entrambi per lui deludenti a motivo della constatata mancanza di maestri, a suo giudizio, "sufficienti" nella loro materia, nonché di uomini di commercio disponibili a non tenere per sé soli la pratica della partita doppia, approdava nel 1516 a Venezia che, di contro, si rivelava una tappa preziosa per la sua formazione. Qui, finalmente, egli imparava dal F. il modo di "compor le registrazioni", lo Schwarz non si esimeva però dal rilevare che il suo insegnante, alla fin fine, non era altresì dotato di più che mediocre "cultura". Anche Dominico Manzoni si giovava delle lezioni che il F. gli dava su questo argomento e nel suo esemplare Quaderno doppio..., registrava, in data 31 marzo 1540, nell'articolo di "giornale" n. 128, sui "dinari ... spesi ad imparar qualche virtude", proprio il pagamento di 6 ducati fatto "a maestro Antonio Maria Fior" per avergli insegnato "Abaco et Quaderno".
Dopo questa data non si hanno ulteriori notizie del Fior.
Fonti e Bibl.: A tutt'oggi non si dispone di una bibliografia specifica sul F.: per le informazioni che lo riguardano occorrerà rifarsi in primo luogo alle testimonianze coeve di D. Manzoni (Quaderno doppio col suo giornale novamente composto, et diligentissimamente ordinato secondo il costume di Venetia, Vinegia 1540, rist. in Opere antiche di ragioneria, a cura di G. Massa, Milano 1911, pp. 100, 180), di M. Schwarz (Copia und Abschrift ab und von Matheus Schwartzen aigen Handschrift, was das Buchhalten sey; auch von dreierlay Buchhalten, so er inn seiner Jugent also selbst gestelt und gemacht hat, als im 1516. und 1518..., pubblicato da A. Weitnauer, Venezianischer Handel der Fugger nach der Musterbuchhaltung des Matthäus Schwarz, München-Leipzig 1931, pp. 174-34: specie, pp. 183 s., 236, 253 e, nel preposto saggio del Weitnauer, pp. 5 s. e l'importante bibliografia alle pp. XII-XVI), di G. Cardano (De libriis propriis et artis magnac sive de regulis algebraicis liber unus, in Opera omnia (Lugduni 1663), rist. a cura di A. Buck - F. Frommann (G. Holzboog), Stuttgart-Bad Canstatt 1966, I, pp. 66, 103; IV, pp. 222, 249), di N. Tartaglia (Quesiti et inventioni diverse, Brescia 1959, ff. 102v-103r, 106r-107v, 110r-111v, 113r-116r, 118r-119v, 124v) e di L. Ferrari - N. Tartaglia (Cartelli di sfida matematica, a cura di A. Masotti, Brescia 1974, pp. 27, 188). Sarà altresì utile la consultazione della bibliografia concernente la storia della equazione di terzo grado, reperibile sub voce dei suoi protagonisti principali, tra cui in particolare: M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Matematik, Leipzig 1913, II, pp. 483 s., 486 s., 491, 495, 512 s.; A. Masotti, N. Tartaglia e i suoi quesiti, in Atti del Convegno di storia delle matematiche..., a cura di A. Masotti, Brescia 1962, p. 42; Id., Rarità tartagliane, ibid., p. 150. Ma, soprattutto, è preziosa la consultazione della bibliografla concernente la storia della ragioneria, tra cui: V. Alfieri, La partita doppia applicata alle scritture delle antiche aziende mercantili veneziane, Torino 1891, pp. 40-48; B. Penndorf, Geschichte der Buchhaltung in Deutschiand, Leipzig 1913, p. 48 ss.; F. Besta, La ragioneria, Milano 1922, III, pp. 341-391, 394 s.; ed ancora l'introduzione del trattato De computis et scripturis di L. Pacioli, Abhandlung über die Buchhaltung 1494, Stuttgart 1933, pp. 72 s., 77 ss.