CERIANI, Antonio Maria
Nacque ad Uboldo (Varese) da Giuseppe e da Marta Maria Gianetti il 2 maggio 1828. Studiò nel seminario diocesano di S. Pietro Martire di Monza ed in quello di Milano. Dopo la chiusura di quest'ultimo, continuò come autodidatta. Avviatosi alla carriera ecclesiastica, venne ordinato sacerdote il 5 giugno 1852 e si ascrisse alla Congregazione degli oblati dei SS. Ambrogio e Carlo. Dal 1852 al 1855 insegnò presso il collegio di Merate e l'11 marzo 1855 ottenne l'abilitazione all'insegnamento dell'aritmetica, delle lingue italiana, latina e greca nelle classi inferiori dei ginnasi.
Fu, per lo studio delle lingue orientali, com'egli stesso afferma nella Praefatio al primo volume dei Monumenta sacra et profana (p. XIa), sicuramente autodidatta e la circostanza che orientò definitivamente i suoi interessi fu la nomina, il 28 ag. 1855, a custode del catalogo della Biblioteca Ambrosiana, ricca, fin dal suo primo formarsi, di parecchi ed importanti mss. orientali, copti, armeni e, soprattutto, siriaci tra i quali uno della Pešiṭta (B 21 inf.) e uno della cosiddetta "siro-esaplare" (C 313 inf.), provenienti ambedue da Deir es-Sūriāni, famoso monastero (oggi copto) del Basso Egitto.
Soprattutto il secondo, in quanto documentante una traduzione condotta su un testo greco preorigeniano (cioè sulla quinta colonna dell'Esapla, ma con asterischi ed obeli), è di importanza capitale per la filologia biblica ed era stato utilizzato già nel XVII sec. da Antonio Giggei. Nel 1788 Gaetano Bugati da quel manoscritto aveva pubblicato il libro di Daniele e la sua edizione, dei Salmi era stata pubblicata postuma nel 1820.
Riallacciandosi a questa tradizione ambrosiana, il C. si dette allo studio delle lingue orientali, segnatamente del siriaco, e dal 1855 fu nominato professore di lingue orientali nel seminario teologico di Milano ove, fino al 1870, tenne anche l'insegnamento del greco. Il 15 maggio 1857 entrò a far parte del Collegio dei dottori della Biblioteca Ambrosiana. Non aveva ancora pubblicato nulla, essendo la sua prima opera a stampa una breve recensione (in Il Conciliatore, foglio religioso del 18 febbr. 1860, pp. 69-70) a C. Vercellone, Variae lectiones Vulgatae..., I, Romae 1860. Era, comunque, già noto se, in quell'anno stesso, l'Istituto lombardo, di scienze e lettere lo elesse suo socio corrispondente. Aveva, infatti, già accumulato parecchio lavoro ed aveva precisi progetti per il futuro, dei quali mise a parte i dotti inglesi e francesi durante un viaggio in Inghilterra e in Francia compiuto in quell'anno. L'anno seguente uscì a Milano il primo fascicolo del primo volume dei Monumenta sacra et profana che avrebbero dovuto ospitare essenzialmente mss. inediti dell'Ambrosiana ad opera del Collegio dei dottori della Biblioteca, ma che saranno poi solo opera sua.
Importante è la Praefatio ove il C. traccia un ampio programma di lavoro che, pur realizzato soltanto in parte, lo occuperà per tutto il resto della vita. Vi è evidente anche una spiccata attenzione ai manoscritti palinsesti per l'impegno tecnico della lettura, sì che l'attività futura del C., di paleografo e di filologo biblico, vi appare già tutta lucidamente annunziata.
Insieme a frammenti della Vetus latina da un famoso manoscritto palinsesto bobbiense (C 73 inf.) descritto dal Peyron (Ciceronis orationum ... fragmenta, Stuttgardiae et Tubingae 1824, pp. 131-134), il C. vi pubblicò il testo latino di due pseudepigrafi: frammenti della cosiddetta Piccola Genesi o Libro dei Giubilei, di cui si conosceva la sola versione etiopica, (pp. 9-54) e della Assunzione di Mosè (pp. 55-64), opera di cui è conservata la sola versione latina e che, a parte un piccolissimo frammento pubblicato dal Peyron, era allora un testo del tutto sconosciuto. Chiude il fascicolo l'inizio (non continuato) dei prolegomeni all'edizione del manoscritto C 313 inf. Come avverte il C. stesso nel prospetto complessivo dell'opera (nella copertina posteriore del primo fascicolo del III volume), questi prolegomeni avrebbero dovuto occupare tutto il quarto fascicolo del primo volume, ma la promessa non sarà mai mantenuta. Nella seconda parte (a paginazione regressiva) il C. iniziò la pubblicazione del ms. C 313 inf., scegliendo parti del codice rimaste (a parte le Lamentazioni) inedite: Baruch (pp. 1-15); Lamentationes Ieremiae (pp. 16-62) ed Epistola Ieremiae (pp. 63-77).
L'anno successivo (1863) venne pubblicato il primo fascicolo del secondo volume dei Monumenta che si comporrà, complessivamente, di quattro fascicoli di cui gli altri tre compariranno rispettivamente nel 1866, nel 1867 e nel 1868. Dal titolo complessivo di Pentateuchi Syro-Exaplaris quae supersunt cum notis. Accedunt nonnulla alia fragmenta syriaca, contiene, nella prima parte, la pubblicazione di un frammento siriaco del Libro dei Giubilei: Nomina uxorum patriarcharum priorum iuxta librum hebraicum Iobelia nuncupatum (pp. IX-X) dal manoscritto siriaco Add. 12.154 del British Museum. (f. 180), allora l'unica testimonianza di una versione siriaca di questo testo (ma vedi ora Revue biblique, XXX[1921], pp. 55-86 e 206-232) e due frammenti della Genesi nella recensione di Giacomo di Edessa (pp. X-XII) dal manoscritto Suppl. 17 della Bibliothèque nationale di Parigi, nonché l'inizio dell'introduzione (pp. XVIII-XXIV) alla pubblicazione dei testi siro-esaplari contenuti nella seconda parte. Anche questa introduzione fu interrotta e non sarà mai continuata. La seconda parte del fascicolo e gli altri tre che compongono il volume (a paginazione regressiva) contengono la Genesi (pp. 1-106) e Esodo I, 1-XXXIII,2 (pp. 113-344) della versione siro-esaplare documentata nei manoscritti Add. 14.442 e 12.134 del British Museum descritti dal Wright nel suo catalogo (pp. 28b-31a) e provenienti anch'essi da Deir es-Sūriāni. Il resto verrà edito dal Lagarde a Gottinga nel 1880.
Nel 1864 fu pubblicato il primo fascicolo del terzo volume dei Monumenta: Pentateuchi et Iosue quae ex prima scriptura supersunt in codice Ambrosiano graeco saeculi fere V. L'intero volume (di cui gli altri tre fascicoli saranno pubblicati rispettivamente nel 1866, nel 1868 e nel 1871) contiene la pubblicazione diplomatica in lettere minuscole del Codex Ambrosianus dei LXX (A 145 inf., oggi 818), indicato come VII dallo Holmes e come F dallo Swete. Il C. era stato convinto dell'opportunità dell'edizione dalla constatata insufficienza della collazione fattane dallo Holmes (p. VII) ed aveva progettato di dedicare l'intero quarto volume dei Monumenta alla descrizione e all'analisi di questo manoscritto.
Come lamenterà lo Swete (An Introduction, p. 136) anche questa promessa non sarà mantenuta. La Praefatio (pp. VII-XXIII) contiene già una descrizione del codice e dà al tempo stesso, anche alcune importanti indicazioni sul programma di lavoro del Ceriani. In prospettiva egli pensava ad una vera e propria edizione del testo dei LXX, della quale lo studio e l'edizione dei frammenti siro-esaplari rappresentava la premessa indispensabile dovendosi mirare alla ricostruzione del testo preorigeniano, laddove lo Holmes e il Parsons, il Tischendorf - come, d'altra parte farà lo stesso Swete di lì a pochi anni - non avevano fatto altro che riprodurre quello dell'edizione sistina del 1587, quindi del Vaticanus, con un corredo più o meno ricco di varianti tratte dagli onciali e da pochi minuscoli.D'altra parte, a provare le sue eccezionali doti di editore sarebbe già sufficiente la breve, ma importantissima memoria (in Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, X[1865], di 7 pp. con numerazione autonoma) Sul Das Vierte Ezrabuch del dott. Enrico Ewald a proposito di due scritti con i quali quest'ultimo aveva tentato la ricostruzione del testo dello pseudoepigrafo fondandosi, oltre che sulla versione latina e su quella etiopica, anche su una versione araba e su un compendio, pure arabo, di cui aveva dato l'edizione. Il C. gli osservò il mancato uso della versione armena e di quella siriaca presente in un solo manoscritto della Pešiṭtā, appunto il B 21 inf. dell'Ambrosiana. E, di questo testo, nel secondo fascicolo del primo volume dei Monumenta, edito nello stesso anno, dette una traduzione latina insieme con quella dell'Apocalissisiriaca diBaruch, testo del quale era nota la sola seconda parte (pubblicata nel 1645 da Gabriele Sionita nella Polyglotta parigina) essendo la prima parte presente nel solo B 21 inf. dell'Ambrosiana (Apocalypsis Baruch, pp. 73-98; Liber Esdrae quartus, pp. 99-124).
Chiude il fascicolo l'edizione di vari testi minori: un testo agiografico da due fogli pergamenacei del X sec., Passio Sancti Vincentiili vitae et martyris (pp. 125-126); quattro frammenti degli Atti degli Apostoli da un lezionario probabilmente bobbiense del X-XI sec. con un testo della Vetus latina molto vicino a quello del Codex Gigas (e siglati, perciò, Lg2, Fragmenta Actuum Apostolorumvetustae versionis latinae (pp. 127-128) e, dall'Ambrosianus 534 (M 88 sup.), di un frammento dell'inedito terzo libro della raccolta degli atti del concilio di Nicea di Gelasio di Cizico: Γελασίου τοῦ κυζικηνοῦ λόγος τῆς ἐκκλησιαστικῆς ἱστορίας τρίτος (pp. 130-176).
Nel 1868 comparvero il primo ed il secondo fascicolo del quinto volume dei Monumenta. Il primo contiene l'edizione di due pseudepigrafi: Paralipomena Ieremiae Prophetae quae in aethiopica versione dicuntur reliquia verborum Baruchi da un manoscritto braidense (AF IX 31), testo già edito in un Menaeum stampato a Venezia nel 1609, e Apocalypsis Moysi in medio mutila dal codice ambrosiano C 237 inf., già edito, due anni innanzi, dal Tischendorf. Il secondo (a paginazione regressiva) contiene testi siriaci: due serie di frammenti diIsaia, Esaiae fragmenta syriacae versionis anonimae et recentionis Iacobi edesseni (pp. 1-40); la prima, dal manoscritto del British Museum Add. 17.106, fogli 74 e 87, è attribuita dal C. alla versione di Policarpo detta "filosseniana" (inizio VI sec.); la seconda, dal manoscritto Add. 14.441, sempre del British Museum, della recensione eclettica di Giacomo di Edessa (morto nel 708). Segue il testo siriaco del IV libro di Ezra (pp. 41-108) e dell'Apocalissi di Baruch (pp. 113-180) di cui il C. aveva già dato la traduzione e l'edizione (incompiuta: fino al foglio 322r, 1ª col. del ms.) della traduzione siriaca del sesto libro del Bellum Iudaicum di Giuseppe che, nella Pešiṭta, compare col titolo di V libro dei Maccabei: Iosephi de Bello Iudaico liber sextus syriace versus (pp. 181-192), dal manoscritto B 21 inf.
Con la pubblicazione del secondo fascicolo del quinto volume dei Monumenta si chiude la fase dell'attività del C. caratterizzata dalla pubblicazione di testi miscellanei: ormai egli pensa all'edizione critica dei due grandi manoscritti siriaci ambrosiani, ma innumerevoli erano le difficoltà che un'impresa di tal genere avrebbe comportato, sia di natura finanziaria, sia per quanto concerne specificatamente il lavoro di collazionatura con gli altri manoscritti per la determinazione delle varianti. E, proprio al fine di porre le premesse di questo lavoro, nel 1869, il C. redasse una lunga memoria su Le edizioni e i manoscritti delle versioni siriache del Vecchio Testamento (in Memorie, s. 3, II [1869], di 28 pp. di numerazione autonoma: vedi Rendiconti, s. 2, II [1869], pp. 12-14; 267-268 e 291-293, ove la memoria è sunteggiata).
Importante, sotto vari riguardi, la memoria discute, tra l'altro, l'edizione dei deuterocanonici fatta dal Lagarde nel 1861 con fondate osservazioni alle riserve da questo avanzate in merito alla vocalizzazione dei testi siriaci; dà importanti indicazioni sui manoscritti siriaci di Deir es-Sūriāni acquistati dal British Museum tra il 1839 ed il 1851(di cui il Wright redigeva allora il catalogo) e fornisce interessanti indicazioni sul suo soggiorno inglese nel 1866, durante il quale aveva fatto la conoscenza di A. Panizzi.
Eletto socio corrispondente dell'Accademia prussiana delle scienze nel 1869, il 25 febbraio dell'anno successivo, alla morte di Bernardo Gatti, divenne prefetto dell'Ambrosiana. Nel 1872 ricevette l'incarico dell'insegnamento della paleografia greca e latina presso la Regia Accademia scientifico-letteraria di Milano, incarico che terrà fino al 1905.
Il progetto dell'edizione dei due manoscritti fu realizzato solo parzialmente con la riproduzione fotolitografica di essi compiuta con la collaborazione del fotografo Angelo Della Croce (vedi Praefatio all'edizione del manoscritto C 313 inf., p. lc e la nota aggiunta a Le edizioni e i manoscritti, p. 28). Il Collegio dei conservatori dell'Ambrosiana (il conservatore perpetuo era, per diritto di famiglia, il conte Vitaliano Borromeo Arese) si convinse dell'opportunità dell'impresa e un concreto aiuto inviò dall'Inghilterra Frederick Field. Il manoscritto C 313 inf. comparve nel 1874 come settimo volume, dei Monumenta: Codex syro-exaplaris Ambrosianus photolitographice editus curante etadnotante A. M. C. ..., Mediolani 1874, che consta di 144 pp. di prefazione e note e di 389 tavole fotolitografiche.
Le "notae" registrano essenzialmente varianti da altri mss., ma il codice contiene anche altro materiale esaplarico e una vera e propria "catena" di autori greci; in particolare, ai Salmi è premessa una lista di nomi propri del Salterio con la relativa spiegazione il cui originale greco è perduto: come si augurava Eb. Nestle, un ampio commentario sarebbe stato essenziale, ma esso non sarà mai realizzato.
Con lo stesso sistema tra il 1876 e il 1883 in due volumi composti di quattro fascicoli verrà pubblicato il manoscritto B 21 inf.: Translatio syra Peshitto Veteris Testamenti ex codice Ambrosiano saec. fere VI photolitographice edita curante et adnotante... A. M. C. ..., Mediolani 1876, 1877, 1881 e 1883. Il C. non aggiunse note, ma per tutto il resto della vita continuò ad annotare a mano il proprio esemplare (ora B 21 ter inf.) e queste annotazioni sono oggi messe a frutto dagli studiosi che lavorano all'edizione della Pešiṭta presso il Peshitta Institute di Leida.
Dei molti contributi ai Rendiconti dell'Istituto lombardo di scienze e lettere durante questi anni si ricorda l'illustrazione di un papiro greco del II sec. a. C.: Un papiro greco del 162 a.C. e un portolano arabo del XIII sec. (in Rendiconti, s. 2, IX [1876], pp. 582-585); Le recensioni dei LXX e la versione latina detta Itala (in Rendiconti, s. 2, XIX [1886], pp. 206-216)e, soprattutto, la recensione al primo volume dell'edizione dei LXX di H. B. Swete (in Rendiconti, s. 2, XXI [1888], pp. 540-549) ove ribadì, contro l'ipotesi del Cornill, che il Vaticanus non poteva in nessun caso documentare un testo preorigeniano.
Il fatto che il C. non abbia portato a compimento nessuno dei suoi progetti dipende, oltre che dalle intrinseche difficoltà della loro realizzazione, anche dalla circostanza che, dall'inizio degli anni Ottanta, egli fu occupato dall'assorbente lavoro di revisione del messale ambrosiano, la cui ultima edizione, compiuta su imziativa del cardinale Pozzobonelli, risaliva al 1751.
La vicenda lumeggia molto bene la personalità del C. per il quale le esigenze della filologia restarono sempre primarie. Decisa dall'arcivescovo - il cardinal Ferrari - e dalla Congregazione diocesana del Sacro Rito, la revisione fu affidata al Collegio dei dottori dell'Ambrosiana ed assunta in prima persona dal loro prefetto, per il quale, però, un'impresa di tal genere equivaleva - anche, se queste non erano le reali intenzioni dei promotori - a darne l'edizione critica sulla base dei manoscritti più antichi conservati nelle biblioteche milanesi. Il problema era poi reso più complesso dal fatto che i più recenti studi di liturgia (soprattutto del Duchesne e del Lejay) avevano riconosciuto l'origine non romana, ma gallicana (e, quindi, orientale) del rituale ambrosiano ed è, appunto, allo scopo di ribattere contro questo orientamento che il C., in occasione del XIII congresso eucaristico, tenutosi a Milano nel 1895, dette alle stampe un opuscolo, Notitia Liturgiae Ambrosianae ante saec. X medium et eius concordia cum doctrina et canonibus oecumenici concilii Tridentini de S. S. Eucharistiae sacramento et de officio missae (Mediolani 1895; 2 ediz., ibid. 1912; ristampato in appendice al Missale Ambrosianum duplex, pp. 413-439) ove le preoccupazioni dogmatiche appaiono abbastanza allo scoperto.
L'edizione del messale ambrosiano, fondata su numerosi manoscritti dei secoli IX-XII, comparve nel 1902: Missale Ambrosianum ex decreto Pii IX P.M. restitutum iussu S.S.D.N. Leonis P.P. XIII recognitum Andreae Caroli cardinalis Ferrari archiepiscopi auctoritate editum. Editio typica, Mediolani 1902. Durante questo periodo, il C. pubblicò diversi saggi di argomento liturgico tra cui, soprattutto, l'illustrazione del manoscritto I 2 sup. dell'Ambrosiana, del IX sec., di origine bobbiense, contenente, il Liber Diurnus Romanorum Pontificum in una redazione in vari punti diversa rispetto al Vaticanus lat. 9114: Notizia di un antico manoscritto ambrosiano del Liber Diurnus Romanorum Pontificum (in Rendiconti, s. 2, XXII [1889], pp. 367-371).
Nonostante ciò, il suo lavoro sul testo esaplare dei LXX non rimase del tutto intermesso. Il suo ultimo contributo a tal riguardo fu la descrizione diplomatica del Vaticanus graecus 2125, il famoso Codex Marchalianus (XII Holmes; Q Swete), del quale Giuseppe Cozza-Luzi aveva dato una edizione fotolitografica nel 1890. Il C. scrisse il volume introduttivo: De codice Marchaliano seu Vaticano graeco 2125 Prophetarum phototypica arte repraesentato. Commentatio (Romae 1890) "which will take its place among the classical works of Biblical palaeography", come scrisse lo Swete (The Old Test. in Greek, III, p. VIII).
Il 26 genn. 1903 il C. venne chiamato a far parte della Pontificia Commissione De Re Biblica, istituita nell'agosto del 1901 e, ufficialmente, con la lettera apostolica Vigilantiae del 30 ott. 1902, per l'indubbia autorevolezza di cui godeva che già, il 4 genn. 1898, gli aveva procurato la nomina a protonotario apostolico ad instar. Tale circostanza rende ragione del fatto che, durante gli ultimi anni della sua vita, egli sia venuto pubblicando su La Scuola cattolica, la rivista di scienze religiose edita dalla pontificia facoltà teologica del seminario milanese di Venegono Inferiore, taluni scritti contro le nuove tendenze esegetiche, sia in studiosi che restavano totalmente nell'ambito della Chiesa, sia in studiosi che mostravano una inequivocabile indipendenza di giudizio: così, accanto a Osservazioni all'interpretazione di Fr. de Hummelauer di Giosuè XXIV, 25, 26e di I dei Re X, 25 (in La Scuola catt., s. 4, IV [1903], pp. 289-296), tra il 1904 e il 1905, in una serie di ben ventitré articoli continuati, venne confutando Le quatrième évangile di A. Loisy, argomento certo non indipendente dal responso De auctore et veritate historica quarti Evangelii, che sarà pubblicato dalla Commissione il 29 maggio 1907. Lo scritto non va interpretato come una gretta difesa della tradizione poiché, se il Loisy riprendeva in pieno la tematica della critica tedesca, culturalmente parlando, il C. dipendeva essenzialmente dall'Inghilterra, ove un rigore filologico estremo si accompagnava ad un marcato conservatorismo esegetico.
L'ultimo suo scritto, Critica biblica (in La Scuola catt., s. 4, X[1906], pp. 638-640), datato 20 dic. 1906, è un attacco alla primaparte dell'articolo su La fede nella divinità del Cristo durante l'età apostolica che il lazarista francese Guillaume Pouget avevapubblicato con lo pseudonimo di G. Gutopenella Rivista storico-crit. delle sc. teol. (II [1906], pp. 813-31).
Il C. morì a Milano il 2 marzo 1907.
Nel 1913 A. Ratti e M. Magistretti pubblicarono come quarto volume dei Monumenta l'edizione critica del messale ambrosiano col relativo apparato insieme all'edizione del 1751 su colonne parallele: Missale Ambrosianum duplex (proprium de tempore) editt. Puteobonellianae et typicae (1751-1902) cum critico commentario continuo ex manuscriptis schedis Ant. Maria Ceriani, Mediolani 1913. L'anno successivo (ma s. d.) comparve il terzo fascicolo del primo volume dei Monumenta: Liber secundus Machabaeorum et liber Tobiae cum aliorum fragmentis secundum veteram latinam versionem ex codice ambrosiano iterum editi, contenente l'edizione di una parte del manoscritto ambrosiano E 26 [già 76] inf. proveniente da Bobbio con vari testi biblici in latino tra cui, soprattutto (pp. 180-209), il II Macc. in un testo molto differente rispetto alla Vulgata già edito dal Peyron (Ciceronis ... fragmenta, pp. 73-117) il quale, insoddisfatto del proprio lavoro, aveva invitato il C. a darne una nuova edizione. Questa, ancora manoscritta, fu utilizzata da Donatien De Bruyne nel 1907 per la sua edizione delle antiche traduzioni latine dei Maccabei che vedrà la luce solo nel 1923.
Oltre che come paleografo e diplomatista, il C. è ricordato essenzialmente come orientalista e, più specificatamente, siriacista. Ciò è indubbiamente esatto anche se un giudizio di questo genere rischia di falsarne la fisionomia di studioso non rendendo adeguatamente conto proprio dell'aspetto più importante del suo lavoro. Fin dall'inizio, infatti, e tale è sempre rimasto, il punto focale delle sue ricerche è stata la ricostituzione del testo preorigeniano dei LXX perdutosi a seguito della caduta degli asterischi e degli obeli nelle successive copiature dell'edizione di Eusebio e Panfilio della quinta colonna delle esaple originiane. Gran parte del suo lavoro di siriacista trova una spiegazione adeguata in questa prospettiva. Più che al Field, dunque, del quale fu amico ed al quale pur tanti comuni interessi lo legavano, lo studioso al quale può più legittimamente essere accostato è Paul de Lagarde. Ma, a differenza di questo, la cui opera fu continuata da Alfred Rahlfs, il C. non lasciò discepoli. In Italia mancava una vera e propria tradizione di studi in questo campo, ma c'è anche da osservare che, tenendosi prevalentemente fermo ad un tipo di analisi sostanzialmente diplomatica del singolo manoscritto, il C. restò abbastanza estraneo a quel rinnovamento della critica testuale dei LXX avvenuta proprio per merito del Lagarde nel corso degli anni Ottanta e che si concretizzerà nell'edizione gottinghese di quel testo, oggi non ancora completata. Resta comunque il fatto che, nonostante ciò, fin dagli anni Sessanta egli aveva colto perfettamente la sostanziale inadeguatezza dell'impostazione di fondo delle varie edizioni del testo dei LXX e non aveva mancato di avanzare ampie riserve anche a quella dello Swete.
Il contributo più concreto resta. pertanto, legato allo studio dei problemi della siro-esaplare. D'altro canto, una cospicua parte del suo lavoro di siriacista, le inedite note all'edizione del ms. B 21 inf. della Pešiṭta, non è, forse, interamente perduta dal momento che, come si è accennato, gli editori leidensi mostrano oggi di non trascurare questo prezioso materiale.
Fonti e Bibl.: Una bibl. del C. (parziale ed incompleta nei dati) è in Miscell. Ceriani. Raccoltadi scritti originali per onorare la memoria di Mr A. M. C. ..., Milano 1910, pp. XIII-XVI. Presso la Bibl. Ambrosiana sono conservate non ancora catalogate (e, quindi inaccessibili) numerose lettere al C. specie di corrispondenti inglesi. Sul C. in particolare si veda: G. Mercati, A. C., in Riv. bibl. ital., I(1896), pp. 91-94,poi in Opere minori, I, Roma 1937, pp. 399-403; C. Pellegrini, Inmem. di mons. A. M. C., in La Scuola catt., s. 4, XI (1907), pp. 325-337; E. Martini, A. M. C., in Rendiconti … dell'Accademia di scienze moralie politiche, Società Reale di Napoli, n. s., XXI (1907), pp. 239-249; In mem. di mons. A. M. C. ... nel primo anniversario della sua morte, Milano 1908; F. Novati, Commemorazione di A. M. C., in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, LXII (1911), pp. 40-57; G. Galbiati-C. O. Zuretti-G. Furlani, A. M. C. commemorato nel primo centenario della nascita, con un discorso di A. Ratti (Pio XI), Milano 1929; C.Castiglioni, I prefetti dell'Ambrosiana, Milano 1951, pp. 421-422; G.Rinaldi, A. M. C. e gli studi semitici, in Aevum, XXXI (1957), pp. 298-315; G. Galbiati, A. M. C. prefetto dell'Ambrosiana, in Almanacco dei bibliotecari ital., II (1957), pp. 44-50; G. Galbiati, A. M. C., in Diocesi di Milano, I (1960), pp. 57-62. Sul lavoro scientifico: J. Mohl, in Journal asiatique, s. 6,VI (1865), pp. 54-55 (su Monum., II, 1 e III, 1); A. Geiger, in Zeitschr. der Deutsch. Morgenländ. Gesellsch., s. 2, XIX (1865), pp. 666-673 (su Monum.,II, 1); E. Renan, in Journal asiat., s. 6,XII (1868), pp. 96-97 (su Monum., I, 2); Ad. Hilgenfeld, Messias Iudaeorum..., Lipsiae 1869, pp. XXXVI-XXXVIII (sull'ediz.del IV Ezra); Catal. of Syriac manuscripts in the British Museum,a c. di W. Wright, London 1870, I, pp. 28b-31a (su Monum., II eV, 2); F. Field, Origenis Hexaplorum quae supersunt, I-II [Oxonii 1875], ad Ind.; E. Nestle, in Theol. Literaturzeit., I (1876), coll. 177-179(sull'ediz. del ms. C. 313 inf). 328-331; III (1878),coll. 228-230; VI (1881), col. 4; IX (1884), coll. 27-28 (sull'ediz. del ms. B 21 inf); E. Renan, in Journal des Savants, 1977, pp. 222-231 (su Monum., I,2 e V, 2); J Gwynn, in Dict. of Chr. Biogr., IV (1887), pp. 269b-270a (sull'ed. del ms. C 313 inf.); The Old Testament in Greek according to the Septuagint, a cura di H. B. Swete, I, Cambridge 1887, pp. IX, XXIII, XXVII-XXVIII; II, ibid. 1891, p. XIV; III, ibid. 1894, pp. VI-IX, XIII; H. B. Swete, An Introduction to the Old Testament in Greek, Cambridge 1902, pp. 40, 80, 108, 113, 496-497; A. Rahlfs, Beiträge zur Textkritik der Peschita, in Zeitschr. f. d. alttestament. Wissensch., IX(1889), pp. 161-201 passim; W.Baars, New Syro-hexaplaric Texts edited, commented upon and compared with the Septuagint, Leiden 1968, pp. 5, 7, 9 ss., 14 ss., 19, 37, 86; S. Jellicoe, The Septuagint and modern Study, Oxford 1968, ad Indicem; Dict. de la Bible, Suppl., VI, coll. 854-884 passim. Sull'edizione del messale ambrosiano, si veda: M. Magistretti. La nuova ediz. tipica del Messale ambrosiano, in La Scuola catt., XXX (1902), pp. 356-75, 453-71, 505-21.