LOLLI, Antonio
Nacque a Bergamo in una data collocabile tra il 1723 e il 1724. Allo stato attuale delle ricerche, poco è noto sui primi anni di apprendistato di questo violinista e compositore. Membro di una famiglia dedita alla musica - il fratello Gaetano fu anch'egli violinista, mentre la sorella Brigida fu apprezzata cantante di opera buffa - ebbe rapporti di parentela con i violoncellisti Luigi e Giuseppe Bichi Lolli; è invece da escludere una relazione familiare con il cantante Giuseppe Lolli. È possibile, tuttavia, che la presenza a Bergamo di apprezzati maestri, soprattutto nel campo degli strumenti ad arco, possa avere avuto qualche influenza sulla sua formazione, mentre sono da ritenere improbabili contatti, anche indiretti, con il virtuoso P.A. Locatelli, che a quei tempi aveva già lasciato Bergamo definitivamente.
Nel 1758, forse anche su interessamento di padre G.B. Martini e per intercessione di N. Jommelli, che lo stimava sia professionalmente sia umanamente (Mell, p. 471), dopo aver trascorso qualche tempo come violinista di fila, divenne violino di spalla dell'orchestra di corte di Stoccarda come successore di Pasquale Bini. È verosimile, però, che durante la collaborazione con l'orchestra, egli avesse già avuto modo di farsi apprezzare più volte in veste di solista in varie circostanze, come dimostrano le prime cronache a disposizione, nelle quali si rileva lo strabiliante virtuosismo del giovane talento. Durante i primi sette anni di servizio a Stoccarda, il suo compenso salì vertiginosamente sino a toccare i 2000 fiorini - la stessa gratifica destinata al collega e rivale P. Nardini - dai circa 700 di partenza. Nel 1762 il L. sposò la ballerina Nanette Sauveur, sorellastra di J.-G. Noverre, il coreografo e ballerino a quel tempo attivo alla corte di Stoccarda. In quegli stessi anni si fece raggiungere dal fratello Gaetano e dalla sorella Brigida, che si stabilirono a Stoccarda tra il 1766 e il 1772.
Ben presto il L. intraprese numerose tournées che lo portarono in diverse parti d'Europa. La sua prima apparizione a Vienna ebbe luogo in data imprecisata tra il 1760 e il 1762. Quivi, comunque, ebbe occasione di farsi ascoltare più volte in quegli anni, come si può evincere dai numerosi reportages dell'epoca. Secondo K. von Dittersdorf, il L. esercitò grande influenza sul panorama musicale viennese, cosa che, con tutta probabilità, gli procurò sufficiente popolarità per partire finalmente alla volta di Parigi, dove si esibì più volte presso il Concert spirituel tra l'aprile e il giugno 1764, acclamato con entusiasmo dalla stampa locale. Ai successi nella capitale francese seguì la pubblicazione della sua prima raccolta di concerti per violino e orchestra, cui, nell'arco di dieci anni, fecero seguito almeno altre quattro sillogi, tutte edite a Parigi, che non incontrarono particolare favore presso il pubblico.
Probabilmente per ragioni di carattere politico e per le difficoltà economiche in cui versava la corte di Stoccarda in seguito alla guerra dei Sette anni (1756-63), sembra che fino al 1767 il L. non abbia intrapreso tournées significative. Egli si adoperò affinché Noverre, sollevato dall'incarico nel 1767, potesse fare ritorno a corte, ma senza successo. La situazione di crisi viene confermata anche dal definitivo scioglimento del contratto con Jommelli. Ai problemi di ordine generale si aggiunsero anche quelli personali, dal momento che il L. contrasse ingenti debiti, nonostante il ricco emolumento garantitogli annualmente dalla corte.
Nel 1769 il L. si riaffacciò alla carriera solistica tenendo concerti in altri centri importanti come Francoforte e Utrecht, mentre nel 1771 si recò in Italia dove, a Rovereto, ebbe modo di incontrare W.A. e L. Mozart (cfr. lettera di L. Mozart alla moglie, Bolzano, 18 ag. 1771, in Mozart. Briefe…, I, p. 429) - che peraltro avevano già avuto modo di apprezzarlo come "gran violinisto" [sic] a Vienna (lettera di W.A. Mozart alla sorella Marie Anne Nannerl, Verona, 7 genn. 1770, ibid., p. 301), anch'essi in viaggio nella Penisola. In realtà, la stima dei Mozart si affievolì con l'andare del tempo (lettera di Leopold Mozart a Wolfgang, Salisburgo, 29 genn. 1778, ibid., II, p. 244), come si nota anche in una laconica annotazione di Nannerl che, nel 1775, criticava aspramente il L. in occasione di un concerto a Salisburgo (M.A. Mozart, p. 4).
Poco è noto sul lungo itinerario seguito dal L. in Italia, che lasciò rapidamente per recarsi in Germania e in Austria; si è, invece, a conoscenza del fatto che egli fosse solito viaggiare con una carrozza privata trainata da quattro cavalli e con il proprio assistente al fianco (cfr. Allgemeine Musikalische Zeitung, 26 giugno 1799, col. 609). Nonostante il successo riscosso, la moglie e il figlio Filippo (nato nel 1772 circa) furono segregati a Stoccarda come garanzia per il rientro dai debiti accumulati. Nel 1774 fu sciolto definitivamente il contratto che lo legava alla corte del Württemberg, e gli fu dunque possibile prendere servizio presso la zarina di Russia Caterina la Grande, che gli elargì un emolumento di 4000 rubli annui. Nonostante il legame con la corte di San Pietroburgo, il L. proseguì la sua attività di virtuoso in quegli anni anche nei Paesi scandinavi, per recarsi poi nuovamente in Francia, dove si esibì ancora al Concert spirituel (1779). Se si sta alla testimonianza di Dittersdorf, sembrerebbe che egli non volesse fare ritorno in Russia, dove era atteso, per pretese ragioni di salute.
I suoi lunghi viaggi non piacquero alla corte russa, che nel 1783 rescisse il contratto con il L., cui succedette l'allievo I.M. Jarnović (G.M. Giornovichi). Tra il 1784 e il 1785 tenne concerti in Scandinavia, terminando la tournée a Londra, dove diede numerosi concerti, tra cui uno a suo beneficio diretto personalmente da J.P. Salomon. Anche per questo soggiorno si parlò di problemi organizzativi, di concerti annullati e rinviati che lasciarono impressioni contrastanti nella critica contemporanea e nel pubblico. Fino al 1791 non si hanno ulteriori informazioni, ma è probabile che, prima di fare nuovamente ritorno nella capitale inglese (1791), dove conobbe personalmente F.J. Haydn, il L. sia stato nuovamente a Parigi, a Madrid e nuovamente in Italia, dove si esibì in diverse città. Sebbene la tradizione gli attribuisca un incarico presso la corte di Napoli, non sono noti documenti che attestino tale impiego stabilmente: lo stesso dicasi per un contratto con la corte polacca, di cui non si hanno testimonianze dirette, se non un'annotazione di carattere cronachistico (ibid., 29 genn. 1806, col. 286). Quasi avvolti nel mistero gli ultimi mesi di vita trascorsi dal L. a Palermo, città nella quale si stabilì per ragioni ancora ignote e dove morì il 10 ag. 1802 "nach einer schmerzhaften Krankheit" (ibid., 27 ott. 1806, col. 86).
Le cronache dell'epoca descrivono il L. come uomo particolarmente elegante, raffinato, ironico, lunatico, appassionato d'arte e talvolta provocatore, tanto da trovarsi più volte in difficoltà per l'esuberanza del suo carattere. Senza dubbio le grandi doti virtuosistiche, se gli fecero ottenere il rispetto dei regnanti, al tempo stesso alimentarono non poche invidie da parte dei colleghi (ibid., 29 genn. 1806, col. 287); d'altra parte non mancò chi, proprio per il carattere forte, poetico e definito delle sue esecuzioni lo definì "Vielleicht der Shakespear [sic] unter den Geigern" (Schubart, p. 60).
Sebbene avesse studiato a Bologna sotto la guida di padre Martini, il suo stile rifuggiva dall'uso del contrappunto severo, prediligendo semmai una scrittura marcatamente virtuosistica, ricca di urti armonici nei tempi lenti e sovraccarica di passi di bravura nei movimenti più veloci. Come compositore, raccolse successo soprattutto nella sonata da camera. Quasi tutte le sillogi di sonate furono infatti ristampate diverse volte. Meno apprezzati e conosciuti, invece, i concerti, schiacciati probabilmente dal suo grande talento, non sempre testimoniato dalle raccolte a stampa pervenuteci. E proprio il suo virtuosismo esasperato e bizzarro fu oggetto di numerose discussioni da parte dei colleghi e della critica contemporanea, che mal sopportava i suoi eccessi. Al centro di numerosi pamphlets, di profili critici e di saggi di estetica, l'arte del L. venne addirittura demolita sulle colonne della Allgemeine Musikalische Zeitung di Lipsia. Celebri, in tal senso, alcune osservazioni di A. Salieri, che mise sotto accusa sia lo stile compositivo sia la prassi esecutiva del L. che, a suo dire, aveva avuto anche il torto di aver lanciato "una maniera effeminata e ridicola che gli italiani chiamano: maniera smorfiosa, e che viene formata dall'abuso di strisciare suonando un dito sopra una o l'altra corda di detto istromento. […] Questa ridicola maniera di suonar il violino tira la sua origine da uno scherzo del famoso violinista Lolli. Egli, meno capace nell'età sua avanzata di più cattivarsi a lungo l'approvazione del pubblico colla sua primiera sorprendente amabile energica, per richiamare però gente alle accademie che dava viaggiando, cercava sempre di far ridere gli ascoltanti, imitando col suo istromento nell'ultimo allegro de' suoi concerti, ora il pap[p]agallo, ora il cane, ora il gatto etc. Il concerto del gatto, come lo denominava lui stesso era il più favorito del pubblico, e per conseguente il più spesso dal Lolli suonato, e generalmente applaudito" (lettera, 20 marzo 1811, ibid., ora in A. Salieri. Dokumente…). In base a simili considerazioni, Salieri interdì con un editto addirittura i palcoscenici viennesi a virtuosi propensi a imitare il negativo esempio del Lolli.
Sempre secondo la Allgemeine Musikalische Zeitung la straordinaria tecnica del L., che ben si attagliava ai movimenti veloci dei concerti, non era sorretta da sufficiente musicalità, limitandone profondamente l'espressività nei tempi centrali (Allgemeine Musikalische Zeitung, 12 giugno 1799, coll. 578-584). Lo stesso giudizio veniva ripreso e rafforzato in una rassegna dedicata ai virtuosi del violino nella quale egli era tacciato di essere stato un meccanico incapace di elaborare una concezione globale della musica. Un fatto, questo, che per la critica minava la sua intera produzione strumentale, dal momento che - a dire di molti - egli aveva lasciato ad altri il compito di terminare le parti d'orchestra dei suoi concerti (ibid., 7 nov. 1814, col. 297).
Più problematica ancora una valutazione circa il suo apporto al mondo della pedagogia musicale. Sebbene il L. si sia dedicato con continuità e sistematicità alla didattica del violino, non sono noti allievi, se si escludono Giornovichi, M. Woldemar e il figlio Filippo, che tuttavia si dedicò principalmente al violoncello. Non è chiaro altresì se - come supposto da E. Hanslick - N. Paganini abbia conosciuto e frequentato l'opera del L., facendosi influenzare in qualche modo.
Catalogo delle opere: concerti per violino e orchestra: 2 concerti op. 2 (Parigi 1764); 2 concerti op. 4 (ibid. 1766); 2 concerti op. 5 (ibid. 1768); concerto n. 7 (ibid. 1775) e concerto n. 8 (ibid. 1776). Musica da camera; per violino e basso continuo: sei sonate op. 1 (Amsterdam, dopo il 1761; Londra, circa 1776); sei sonate op. 2 (Amsterdam 1769; Parigi 1770); sei sonate op. 2 (Parigi, 1767-68); Cinq sonates & un divertissement, op. 3 (Berlin 1776; Paris dopo il 1787); per due violini: sei sonate [op. 9] (Parigi, circa 1785) e uno scherzo (s.l. né d.; dubbia l'attribuzione); altre composizioni: 36 capricci per violino solo, ms. (Milano, Biblioteca del conservatorio G. Verdi, Fondo Noseda, H.12.20). Opere di carattere didattico: L'école du violon en quatuor (Berlino e Amsterdam, circa 1784; Londra, circa 1785, op. 8; Mannheim circa 1794, op. 11; Parigi dopo il 1803).
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