LANDI, Antonio
Nacque a Firenze il 25 maggio 1506 da Vittorio e Bartolomea di Ridolfo da Sommaia.
Non si hanno notizie sulla sua prima formazione. Dalla Storia fiorentina di B. Varchi si ricava che nel 1529 fu tra coloro che si allontanarono dalla città senza parteggiare né per la Repubblica né per Clemente VII. Insieme con G.B. Strozzi il Vecchio, nipote di Filippo, futuro capo dei fuorusciti antimedicei dopo il 1530, il L. si recò a Padova, dove attese agli studi letterari per "più anni". Rientrato in patria, tra il 1540 e il 1567 ricoprì per ben undici volte uffici pubblici, tra i quali, per due volte a distanza di otto anni, quello di maestro della Zecca. Dato che anche il padre Vittorio aveva ricoperto incarichi in questo stesso campo, si deve ritenere che il commercio di preziosi e di oreficerie fosse un'attività tradizionale della famiglia. Pare confermarlo la testimonianza di B. Cellini nella Vita (II, 60), dove si racconta come il L. si fosse immischiato nell'acquisto di un diamante "grande, di più di trentacinque carati di peso", che era stato portato da Venezia da "Bernardone Baldini, sensale di gioie di Sua Eccellenza" per Cosimo I de' Medici. Il duca, che pur amando molto i gioielli non era certo un esperto, decise di comprare il diamante pagandolo più di 25.000 scudi: una cifra folle, secondo Cellini, per una pietra smussata e soprattutto dalla luce poco limpida ("d'un'acqua […] torbidiccia"). Il Medici, comunque, si guardò bene dal versare subito la somma, a giudicare dalla lettera datata 15 ott. 1549 in cui il L. sollecita il pagamento, ricordando al duca "esser passato il termine da luglio in qua".
Accolto nell'Accademia Fiorentina nel gennaio 1541, il L. venne eletto censore nel febbraio 1545, sotto il consolato di B. Varchi, e console nel secondo semestre del 1546. Fu amico di Varchi (con cui scambiò versi) e del gruppo originario degli Umidi, emarginati dall'avvento di letterati più fedeli alle direttive medicee. Fu in buoni rapporti anche con A.F. Doni, a Firenze dalla seconda metà del 1545, divenuto segretario dell'Accademia nel febbraio 1546. Del L., Doni dà un ritratto lusinghiero nella Prima libraria (Venezia 1550), ricordando "molte dotte lezioni [lette] nell'Accademia Fiorentina", di cui però non si ha traccia. La vicinanza ai Medici è provata, oltre che dall'episodio sopra riportato, dalle numerose lettere scritte a Cosimo I tra il 1549 e il 1567 e conservate inedite nell'Archivio di Stato di Firenze. Le due inviate nell'aprile e nel maggio 1551 testimoniano un suo soggiorno a Venezia, durante il quale informava sugli spostamenti della flotta turca; l'ultima, del 25 apr. 1567, in cui il L. si dice a casa, malato, è diretta al principe Francesco.
Il L. morì a Firenze nell'aprile 1569.
Il L. è autore della commedia Il Commodo, rappresentata il 9 luglio 1539 in occasione del matrimonio di Cosimo I con Eleonora de Toledo, e stampata il mese successivo da B. Giunti all'interno di un volume che contiene la descrizione dell'intero apparato dei festeggiamenti: Apparato et feste nelle noze [sic] dello illustrissimo signor duca di Firenze, et della duchessa sua consorte, con le sue stanze, madriali, comedia, et intermedii, in quelle recitati. Il testo consiste in una lunga lettera, in data 12 ag. 1539, di Pier Francesco Giambullari all'oratore fiorentino presso Carlo V Giovanni Bandini, che era stato l'artefice del matrimonio tra Cosimo e la figlia del viceré di Napoli Pietro de Toledo, concluso nel novembre 1538. Giambullari descrive minuziosamente il tragitto compiuto dalla sposa verso Firenze con le varie tappe, l'itinerario in città costellato di archi di trionfo e di architetture effimere erette per l'occasione, le divinità mitologiche, i motti latini, i quadri con le gesta di eroi e di personaggi celebri di casa Medici che li decorano, tra cui spiccano Lorenzo il Magnifico, Leone X, Clemente VII e naturalmente Giovanni dalle Bande Nere. Le musiche che accompagnarono i festeggiamenti, dato che a Firenze non esisteva una tipografia musicale, furono stampate a Venezia, per A. Gardano nello stesso 1539: Musiche fatte nelle nozze dello illustrissimo duca di Firenze il signor Cosimo de' Medici et della illustrissima consorte sua mad. Leonora da Tolleto.
Giambullari descrive anche gli apparati allestiti nel cortile di palazzo Medici, in cui venne recitata la commedia e dove alcune sere prima aveva avuto luogo il banchetto nuziale. Dopo di questo furono rappresentati diversi quadri simboleggianti la devozione alla coppia ducale, con figure mitologiche classiche e allegoriche - muse e divinità dell'Olimpo, fiumi e città della Toscana - e su stanze e madrigali composti da G.B. Gelli. A proposito della scenografia, Giambullari si limita a scrivere: "La prospettiva della commedia non voglio altrimenti descrivere, per non torle la sua belleza co 'l male accomodato dir mio: sendo non ch'altro impossibile immaginarsela à quei proprii che l'hanno veduta" (p. 30). Ma la scena, ideata da Bastiano da Sangallo, detto Aristotile, si può ricostruire attraverso la preziosa testimonianza di Giorgio Vasari, che negli anni 1536-39 fu assistente del famoso architetto, e si è concretizzata in un modellino ligneo, esposto la prima volta nella mostra Il luogo teatrale a Firenze, a palazzo Medici Riccardi, nel 1975. Organizzata secondo una rigorosa prospettiva, raffigurava sullo sfondo i monumenti, la cattedrale e la torre di Pisa, città dove si svolge l'azione, ed era completata da un sofisticato meccanismo ideato dallo scenografo per sottolineare il trascorrere del tempo: un sole, realizzato con una sfera di vetro illuminata, che sorvolava la scena. L. Zorzi ha sottolineato come tale scenografia sia diventata addirittura un prototipo di scena all'italiana, imitato nelle rappresentazioni successive. Accompagnarono la commedia gli intermezzi su testi di G.B. Strozzi, che curò anche i costumi e la regia.
Il Prologo, che funge anche da Argomento, introduce il consueto intreccio amoroso contemplante incroci di coppie, travestimenti, l'azione di un servo scaltro, l'agnizione finale che, svelando ignote parentele tra i protagonisti, mette le cose a posto, sciogliendo la vicenda con una catena di matrimoni, nella soddisfazione generale. L'impianto classico, anche se non sono identificabili riprese puntuali, è svolto dal L. senza particolare originalità, così come poco approfonditi risultano i caratteri e sorvegliata la comicità del linguaggio. Emerge l'intenzione moralistica, cui il L. dà spazio nel prologo, in esplicita polemica con un monumento del teatro comico fiorentino: "Resta solamente a dirvi che il compositore si scusa con tutti, che se ben talhora sarete incitati a ridere, non s'è egli però in questo tanto affaticato che habbia voluto mancare del decoro. Né gli è parso per fare smascellare qualcuno delle risa, mostrarvi un parassito sì dishonesto, che à molti altri possa arrecare fastidio. […] Né certe altre cose (che voi sapete bene quel ch'io vo dire) troppo lontane dal vero. Non vedrete adunque, di questi simil casi, o persone in questa Comedia; ma ben cognoscerete qual sia ne i più la natura de' vecchi, et de' giovani, de' padroni, et de' servi, delle donne maritate, et delle donzelle: le quali nature potrete tutto giorno insieme nelle case vostre riscontrare" (p. 71).
L'allusione al "parassito disonesto" e il sintagma "smascellare dalle risa", che ricalca l'identica espressione nel prologo della Mandragola di Machiavelli, evidenziano una secca presa di distanza dalla commedia del segretario fiorentino, risalente a ben ventuno anni prima, e da quanto essa rappresentava: un passato repubblicano, che il nuovo potere principesco era intenzionato a oscurare, e un modello di teatro comico da ripudiare in nome di più imperiose esigenze di decoro e della tendenza a trasformare la commedia in opera morale, specchio dei costumi.
Una seconda edizione della sola commedia fu eseguita da Giunti nel 1566 a seguito del rinnovato interesse dovuto al matrimonio del principe Francesco con Giovanna d'Austria nel dicembre 1565 (nell'occasione fu rappresentata la Cofanaria di F. D'Ambra).
Il Commodo è stato pubblicato, in traduzione inglese, all'interno della descrizione di Giambullari e insieme con le musiche degli intermezzi in A Renaissance entertainment: festivities for the marriage of Cosimo I, duke of Florence, in 1539, a cura di A.C. Minor - B. Mitchell, Columbia, MO, 1968.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, pezzo 2915 (albero genealogico della famiglia Landi); Arte dei medici e speziali, Libro dei morti, pezzo 252; Mediceo del principato, filze 394A, c. 1044; 396, c. 67; 402, c. 473; 402A, c. 815; 448, c. 228; 528, c. 320; B. Varchi, Opere, Trieste 1859, I, p. 215; II, pp. 874, 933, 995; G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1906, pp. 88 s., 441-445; B. Cellini, Opere, a cura di B. Maier, Milano 1968, pp. 507-510, 517; A.F. Doni, La Libraria, a cura di V. Bramanti, Milano 1972, p. 79; S. Salvini, Fasti consolari, Firenze 1717, pp. 64-66; G. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, pp. 61 s.; I. Sanesi, La commedia, I, Milano 1954, p. 339; A. Mango, La commedia in lingua nel Cinquecento. Bibliografia critica, Firenze 1966, pp. 114 s., 156; M. Plaisance, Une première affirmation de la politique culturelle de Côme Ier: la transformation de l'Académie des "Humidi" en Académie Florentine (1540-1542), in Les écrivains et le pouvoir en Italie à l'époque de la Renaissance, a cura di A. Rochon, Paris 1973, I, pp. 406, 407 n., 436; Id., Culture et politique à Florence de 1542 à 1551: Lasca et les "Humidi" aux prises avec l'Académie Florentine, ibid., III, pp. 164, 173 n. 186, 190, 234; L. Zorzi, Introduzione, in Il luogo teatrale a Firenze (catal.), Milano 1975, pp. 26 s.; I Giunti tipografi editori di Firenze 1497-1570, a cura di D. Decia - R. Delfiol - L.S. Camerini, Firenze 1978, p. 143; Il potere e lo spazio. La scena del principe (catal.), Firenze 1980, pp. 81 s.