Labriola, Antonio
Filosofo e uomo politico italiano (Cassino 1843 - Roma 1904). Si formò a Napoli presso la scuola hegeliana che lì fiorì intorno alla metà del 19° sec.: suoi maestri furono De Sanctis, Tari, Vera e soprattutto B. Spaventa. Già negli anni napoletani pubblicò alcuni saggi di notevole pregio, fra cui è da ricordare una monografia su Socrate (1869). Dal 1873 fu prof. di filosofia morale e di pedagogia nell’univ. di Roma. In questo periodo fu politicamente vicino alla Destra, ma ben presto (1875-76) se ne venne distaccando, per iniziare una critica penetrante del mondo culturale italiano, che lo avvicinava ai gruppi di opposizione radicali e socialisti. Nel 1890, entrato in corrispondenza con Engels (Lettere ad Engels, pubblicate la prima volta tra il 1924 e il 1929), iniziò lo studio sistematico dei testi di Marx e di Engels. Si staccò allora decisamente dai gruppi radicali, per dedicarsi alla formazione di un partito dei lavoratori; per quanto poi, quando il partito sorse (1892), egli ne restò formalmente fuori per seri dissensi con F. Turati e con gli altri esponenti del socialismo italiano. L. s’impegnò in un’opera di divulgazione del marxismo, opera che risultò in realtà una elaborazione originale (In memoria del Manifesto dei comunisti, 1895; La concezione materialistica della storia: dilucidazione preliminare, 1896; Discorrendo di socialismo e di filosofia, 1897), che lo pose come il primo e certamente uno tra i maggiori studiosi del marxismo in Italia. La sua polemica si svolse su due fronti: contro le revisioni e le volgarizzazioni deterministiche e positivistiche del marxismo, ne affermò il significato integralmente storicistico e antimetafisico; contro i fautori della ‘crisi’ e del ‘superamento’ del marxismo in nome delle nuove teorie volontaristiche, pragmatistiche e idealistiche, egli attribuì al materialismo storico carattere non di semplice «canone per la interpretazione della storia», ma di integrale concezione del mondo. L’originalità dell’interpretazione del marxismo data da L. va ricercata soprattutto in due direzioni. In primo luogo egli raccomandò uno studio assai minuto e approfondito della struttura economica di una data società, per evitare il pericolo di estendere determinati processi economici propri di una certa area e di una certa nazione in un dato periodo, a tutte le aree e a tutte le nazioni dello stesso periodo. In secondo luogo L. sottolineò che, essendo sempre la struttura economica di una società qualcosa di complessamente articolato, essa non doveva essere vista come un meccanismo semplice dal quale venissero fuori, in modo automatico, istituzioni, leggi, ideologie, sentimenti, ecc. La sovrastruttura aveva quindi per L. una relativa autonomia, e doveva essere studiata e indagata senza la pretesa di ricondurla immediatamente alla struttura. L’insegnamento di L. segnò una traccia profonda nella cultura italiana anche per l’influenza esercitata, con diversi esiti, su Croce e su Gramsci.