IVE, Antonio
Nacque a Rovigno, in Istria, il 13 ag. 1851 da Pietro ed Eufemia Ruffini, in una famiglia originaria di Spalato (il cognome Ive è la forma croata corrispondente all'italiano "Giovanni"). A Rovigno compì privatamente gli studi elementari e medi e, con un contributo del Municipio, poté recarsi a studiare (dal 1865) presso il liceo di Capodistria. Conseguito il diploma liceale, nel 1869 si iscrisse alla facoltà di lettere dell'Università di Vienna, dove ebbe come maestro il filologo e glottologo dalmata A. Mussafia.
Ottenuta la licenza all'insegnamento dell'italiano e delle lingue classiche (1875), per un anno insegnò al liceo di Capodistria, ma alla fine del 1876 ebbe una borsa di studio per perfezionarsi in filologia e linguistica neolatina. Così, tra il 1877 e il 1878, visitò diverse università italiane (Milano, Torino, Pisa e Roma), ed ebbe contatti con alcuni tra i maggiori linguisti e filologi del tempo (G.I. Ascoli, G. Flechia, A. D'Ancona, D. Comparetti ed E. Monaci); nel 1878-79 soggiornò a Parigi, perfezionandosi in filologia romanza con P. Meyer e G. Paris.
Durante tale soggiorno, tra i fondi italiani della Bibliothèque nationale scoprì una versione napoletana trecentesca del romanzo di Fioravante e un'importante silloge di poesie napoletane del Quattrocento.
Circa la paternità di quest'ultima scoperta ebbe una polemica con M. Mandalari (cfr., dell'I., la lettera nel periodico napoletano Il Giambattista Basile, I [1883], p. 10; nonché l'articolo Poesie popolari tratte da un ms. della Biblioteca nazionale di Parigi, in Giorn. stor. della letteratura italiana, I [1883], 2, pp. 149 ss.), ma il dissidio fu presto sanato dall'edizione dei Rimatori napoletani del Quattrocento (Caserta 1885), con prefazione e note dello stesso Mandalari, e il conciliante sottotitolo Dal cod. 1035 della Biblioteca nazionale di Parigi, per cura dei dottori G. Mazzatinti e A. Ive.
Di questa attenzione, insieme storico-letteraria e linguistica, da parte dell'I. verso documenti non toscani dei primi secoli della letteratura italiana si ha un'ulteriore, importante prova nell'ampia raccolta di testi religiosi e morali pubblicata con il titolo Prose genovesi della fine del secolo XIV e del principio del XV nella rivista di Ascoli Archivio glottologico italiano (VIII [1882-85], pp. 1-97), postillata accuratamente da G. Flechia (Annotazioni sistematiche alle "Antiche rime genovesi" e alle "Prose genovesi", ibid., pp. 317-406) e recensita con favore da P. Meyer (in Romania, XVII [1888], p. 150).
Da Ascoli, però, l'I. aveva soprattutto ricevuto l'impulso decisivo a proseguire in un settore di studi nel quale aveva già dato alcune prove e che ben presto sarebbe divenuto quello più cospicuo e caratteristico della sua operosità scientifica: la raccolta e lo studio (dapprima con prevalenti interessi folkloristici, poi con metodologia e finalità più specificamente dialettologiche) del patrimonio linguistico e delle tradizioni popolari della nativa Istria.
Così, se uno dei suoi primi scritti era stato una versione in dialetto rovignese della nona novella della prima giornata del Decameron (nel volume a cura di G. Papanti, I parlari italiani in Certaldo, Livorno 1875, pp. 617-620), a Milano nel 1877 pubblicò l'opuscolo (per le nozze Dalla Zonca-Fabris) Canti popolari di Dignano d'Istria e la Memoria sulla nobile famiglia Dalla Zonca, aggiuntivi alcuni saggi della parlata di Dignano in Istria, cui seguirono le due brevi sillogi annotate di Novelline e Fiabe popolari rovignesi (Vienna 1877 e 1878).
Il contributo più impegnativo e rilevante fu l'ampia raccolta (circa 600 testi) di Canti popolari istriani raccolti a Rovigno, uscita (Torino 1877) come quinto volume della collana "Canti e racconti del popolo italiano" diretta da D. Comparetti e A. D'Ancona, e ancor oggi "base di partenza" e "punto di riferimento" essenziale (Radole, 1965, p. XIII) per quanti intendono occuparsi del folklore istriano.
I canti raccolti dall'I. (perlopiù villotte, ma anche stornelli, canzoni e romanze, indovinelli, canti religiosi, preghiere e leggende) provengono da Rovigno, ma successive ricerche hanno dimostrato che non sono esclusivi di quella località. Inoltre, lo stesso I. nell'ampia introduzione (in cui compare anche un rapido profilo del dialetto rovignese) e nel ricco apparato illustrativo che accompagna i testi da lui pubblicati cercò di evidenziare i frequenti contatti che tali testi presentano con canti di altre regioni o nazioni neolatine (un po' trascurato risulta, invece, l'elemento musicale: solo di tredici su seicento testi è data una trascrizione melodica, oltretutto spesso non accurata).
Pur avendo ottenuto nel 1881 la libera docenza in filologia romanza, la carriera dell'I. si svolse nelle scuole medie (dapprima nei ginnasi di Rovereto e Trento, poi in quello di Innsbruck), fino al 1894, quando, istituita una cattedra di lingua e letteratura italiana presso l'Università di Graz, l'I. vi fu chiamato, per interessamento di H. Schuchardt, come straordinario, divenendone poi ordinario (1902).
In questo ventennio (anche se non mancano lavori di carattere storico quali l'opuscolo Dei banchi feneratizi e capitali degli ebrei di Pirano e dei Monti di pietà in Istria, Rovigno 1881, o episodi come la trascrizione, su richiesta di D'Ancona, di alcuni testi manoscritti di G. Casanova conservati nella biblioteca del castello di Dux [od. Duchcov] in Boemia: cfr. Leeflang), gli interessi scientifici dell'I. furono prevalentemente assorbiti da ricerche dialettologiche. A cominciare da quelle sul dalmatico o veglioto (l'antica lingua neolatina parlata in Dalmazia), che sopravviveva ai tempi dell'I. nel parlato dell'isola di Veglia e verso cui l'I. era stato indirizzato dapprima da Mussafia e poi da Ascoli. Frutto di tali ricerche è innanzitutto la monografia L'antico dialetto di Veglia (in Archivio glottologico italiano, IX [1886], pp. 115-187), in cui l'I., che muoveva dalle indagini di Ascoli sullo stesso argomento (ibid., I [1873], pp. 435-446), si proponeva di "portare […] qualche ulteriore conferma alle resultanze" già ottenute dal suo predecessore "col sussidio di materiali nuovamente raccolti" (p. 115).
Gran parte dell'articolo è infatti costituita da un ricco indice lessicale (pp. 165-185) e, soprattutto, da una raccolta di vocaboli e testi in veglioto, derivati da raccolte di studiosi precedenti (pp. 117-134) o raccolti direttamente dall'I. (pp. 134-148), soprattutto in numerosi colloqui con l'ultimo dei parlanti il veglioto (il vecchio Antonio Udìna, detto Burbur); mentre ben più sommaria risulta la descrizione fonomorfologica (pp. 149-164). E proprio per questi suoi caratteri, il lavoro dell'I., nonostante le imprecisioni (specie nella trascrizione di diversi fonemi) e gli errori di valutazione (puntualmente stigmatizzati nel successivo [1906] e ben più penetrante studio di M.G. Bartoli, pp. 40-48), resta una fonte documentaria imprescindibile per la conoscenza di una lingua estintasi con il suo ultimo parlante. Alla documentazione qui raccolta lo stesso I. aggiunse in seguito diversi testi di novelle, fiabe e canti popolari in veglioto (nell'Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, fondato da G. Pitrè, XIX [1900], pp. 193-202; XX [1901], pp. 289-299; XXI [1902], pp. 111-128, 307-314, 501-514).
Con gli stessi intendimenti sono concepiti i Saggi di dialetto rovignese, pubblicati dapprima come appendice alla Storia documentata di Rovigno, di B. Benussi (Trieste 1888, poi a sé, ibid. 1888) e consistenti in nutrite raccolte di canti, proverbi e novelle popolari. Mentre un primo tentativo di descrizione (prevalentemente fonomorfologica, secondo i dettami della linguistica storica) del complesso dei dialetti istriani, ancora essenzialmente centrata, tuttavia, sul dialetto rovignese, ma con materiali di comparazione da altri dialetti, è nel profilo Die istrianische Mundarten, in Xenia Austria. Festschrift…, Wien 1893, pp. 179-222 (stampato anche a sé, ibid. 1893). La stessa impostazione si ritrova sostanzialmente nella monografia I dialetti ladino-veneti dell'Istria (Strasburgo 1900), che aspirava a essere una sintesi degli studi non solo dell'I. sull'argomento, ma che risulta, invece, ancora essenzialmente impostata sulla trattazione del dialetto rovignese (pp. 1-70), velocemente comparato con alcuni dei dialetti istriani (pp. 71-173), e su una raccolta di "testi vivi" trascritti (pp. 174-207). Accolta con severità forse eccessiva (cfr., per es., L. Biadene, in Rassegna bibliogr. della letteratura italiana, XXX [1901], pp. 5-10), anche per l'infelice intitolazione, la ricerca dell'I., al di là delle inesattezze, conserva tuttavia ancora oggi una certa utilità per la quantità e la qualità dei materiali raccolti.
Dall'inizio del Novecento l'attività dell'I. come linguista venne progressivamente rarefacendosi, mentre prevalevano i suoi interessi etnologico-folkloristici, che tra il 1902 e il 1907 lo portarono molto lontano dalle sue regioni d'origine a ripetuti soggiorni nella Campagna romana. Frutto di queste ricerche (durante le quali ebbe modo di rinsaldare i rapporti con E. Monaci e di stringerne di nuovi con C. Pascarella e C. Nigra), fu l'ampia raccolta di Canti popolari velletrani (Roma 1907), realizzata con un contributo del ministero dell'Istruzione austriaco, con il quale dal 1908 avrebbe collaborato anche per una nuova raccolta di canti popolari istriani, avviata ma non terminata.
Nel volume sono raccolti 852 stornelli velletrani, accompagnati da un copioso corredo di note di rinvio a testi simili di altre aree etnolinguistiche, secondo la tesi, ampiamente illustrata nell'Introduzione, che le somiglianze (tematiche e linguistiche) riscontrabili tra testi di poesia popolare di tempi e aree dialettali diversi non derivavano, per monogenesi, da una matrice comune (indicata da alcuni, come D'Ancona, nella penetrazione della lirica siciliana in tutti i contesti dialettali d'Italia), ma dovevano essere poligeneticamente considerate esiti simili determinati da eguaglianza di situazioni. Certo, i riscontri (spesso sovrabbondanti) forniti dall'I. nelle note più che illustrare, attraverso un giudizio storico-comparativo, il trattamento diverso, nei diversi testi, di un medesimo tema risultano spesso "fredda e nuda statistica […] nudo elenco di nomi e di numeri" (Sanesi, p. 52). Tuttavia, come già per altri suoi lavori, è proprio tale ricchezza di documentazione a risultare ancor oggi utile.
Dopo il 1907, quando fu anche involontariamente coinvolto nelle rivendicazioni degli studenti italiani contro il governo austriaco, l'attività scientifica dell'I. rallentò ulteriormente; mentre proseguiva, sempre più appartato, la sua attività di docente, fino al pensionamento (nel 1921). Tale isolamento si accentuò nell'ultimo quindicennio della sua vita, contribuendo "a creare intorno a lui un vuoto oblioso" (Vidossi, 1937, p. 101).
L'I. morì a Graz il 9 genn. 1937.
Con un gesto che rivela il suo intimo legame con la patria, aveva disposto che le sue spoglie fossero trasportate e tumulate nella natia Rovigno.
Fonti e Bibl.: Le carte e i libri (circa 3000 volumi) dell'I., da lui legati alla sua città natale, sono custoditi nella biblioteca annessa al Museo civico di Rovigno; un elenco degli inediti (manoscritti e appunti) è dato da G. Radossi nel saggio introduttivo all'edizione delle Memorie inutili. Ricordi di un docente, autobiografia conclusa dall'I. nel 1903-04 e pubblicata postuma a cura dello stesso Radossi in Quarto concorso d'arte e di cultura Istria nobilissima. Antologia delle opere, Trieste 1971, pp. 21-47 (il testo dell'I. è alle pp. 49-121). Tra gli inediti si segnalano il manoscritto di un Dizionario istrioto-italiano conservato presso la Biblioteca dell'Università di Zagabria e una Novellaja istriana, già depositata con le altre carte dell'I. nel Museo civico di Rovigno, ma attualmente irreperibile (cfr. A. Ive, Fiabe istriane, a cura di L. Oretti, Gorizia 2003, p. 27 n. 7). A cura di G. Radossi sono state pubblicate Sette lettere di A. I. a G. Pitrè, in Atti del Centro di ricerche storiche di Rovigno, VI (1975-76), pp. 173-199. Vivente l'I., un suo profilo (probabilmente redatto da lui stesso) apparve nel Dizionario biografico degli scrittori contemporanei di A. De Gubernatis, II, Firenze 1880, p. 569. Tra i necrologi, v. quello di G. Vidossi in Archivio glottologico italiano, XXIX (1937), pp. 100 s. Profili biobibliografici dell'I. sono stati tracciati da M. Doria (nel repertorio Istria e Dalmazia. Uomini e tempi, I, Istria e Fiume, a cura di F. Semi, Udine 1991, pp. 337 s.) e da L. Oretti (nella citata ed. delle Fiabe istriane, pp. 13-18). Sull'I. e i manoscritti di G. Casanova, v. M. Leeflang, L'histoire de l'héritage manuscrit casanovien de Dux, nell'opuscolo Le dossier de Dux, a cura di M. Leeflang, Utrecht 1998, pp. 23-28. Sull'opera dell'I. come folklorista, oltre alla recensione dell'ed. dei Canti popolari velletrani per opera di I. Sanesi, in La Critica, VII (1909), pp. 51-63, cfr. V. Santoli, Canto, in Enc. Italiana, VIII, Roma 1930, p. 803; inoltre: Canti popolari istriani, a cura G. Radole, Firenze 1965, pp. XIII s., e, sempre a cura dello stesso Radole, la Seconda raccolta di Canti popolari istriani, ibid. 1968, p. 243; infine: A. Dorsi, Il contributo di A. I. allo studio della letteratura popolare, tesi di laurea, Università di Trieste, a.a. 1990-91; e il citato volume A. Ive, Fiabe istriane, a cura di L. Oretti (in cui alla ristampa di numerose delle raccolte di testi istriani pubblicate dall'I. si affiancano un ampio studio introduttivo, pp. 11-13, 18-26, e una ricca bibliografia finale, pp. 215-220). Sull'I. linguista e dialettologo: M.G. Bartoli, Il dalmatico (1906), ed. ital. a cura di A. Duro, Roma 2000, pp. 40-48 e ad ind.; G. Vidossi, Alle porte orientali d'Italia: dialetti e lingue della Venezia Giulia, Torino 1945, ad ind.; A. Colombis, Grammatici e glottologi istriani, in Pagine istriane, s. 3, I (1950), 4, p. 77; P. Tekavčić, Il dignanese di I. e il dignanese di oggi, in Revue roumaine de linguistique, XVI (1971), pp. 215-240; C. Tagliavini, Le origini delle lingue neolatine, Bologna 1982, pp. 75, 375, 452, 460; F. Ursini, Istroromanzo, (a) Storia linguistica interna, in Lexikon der romanistischen Linguistik, III, a cura di G. Holtus - M. Metzeltin - Ch. Schmitt, Tübingen 1989, pp. 538 s., 542, 545 s.; F. Crevatin, Istroromanzo, (b) Storia linguistica esterna, ibid., pp. 553 s.