GROSSICH, Antonio
Nacque a Draguccio (Draguch, odierna Draguć), in Istria, il 7 giugno 1849 da Giovanni Matteo e Angela Francovich di Cormons. Trascorse l'infanzia nel paese natale dove frequentò le prime tre classi delle elementari trasferendosi, quindi, a Pirano presso lo zio sacerdote Angelo Grossich. Gli anni del ginnasio e del liceo lo videro studente a Pisino e a Capodistria. Frequentava il secondo ginnasio quando nel 1862 la scomparsa del padre determinò la rovina delle attività familiari legate alla produzione e filatura della seta e all'amministrazione del vasto "cortivo" di Logovizza. Pur tra notevoli ristrettezze riuscì a proseguire gli studi e a laurearsi in medicina presso l'Università di Vienna.
A partire dal 1876 fu medico condotto a Castua (odierna Kastav) per tre anni, al termine dei quali si trasferì a Fiume dove rimase per breve tempo prima di fare ritorno a Vienna per ottenere il "diploma di fisicato" e conseguire la specializzazione in ginecologia e chirurgia. Nei due anni trascorsi nella capitale asburgica riuscì a guadagnarsi la stima dei suoi docenti, che avrebbero voluto avviarlo alla carriera universitaria, ma il G. preferì partecipare al concorso per il posto di primario chirurgo bandito dall'ospedale di Fiume, risultando vincitore. Non fu certo estraneo alla sua decisione il desiderio di compiacere la moglie Edvige Maylender, di illustre famiglia fiumana.
A quegli anni risale il suo primo lavoro Trattatello di igiene (Fiume 1882), una denuncia della grave situazione in cui versava la sanità austriaca bisognosa di una radicale riforma.
Nel campo della medicina il nome del G. rimane legato alla diffusione dell'uso della tintura di iodio nella disinfezione del campo operatorio, atta a prevenire le frequenti infezioni postoperatorie.
Egli stesso ricorda, nella prefazione al suo studio Meine Präparationsmethode des Operationsfeldes mittels Jodtinktur (Berlin 1911), come avesse iniziato i suoi esperimenti dapprima applicando pennellature di iodio in soluzione alcolica su lesioni accidentali e poi, a partire dal 1907, estendendo l'antisepsi cutanea alle piccole operazioni fino a renderla obbligatoria come prevenzione in tutti gli interventi chirurgici eseguiti nel suo reparto. Sebbene il metodo fosse confortato dagli esiti positivi ottenuti durante la sperimentazione su centinaia di casi, la sua diffusione incontrò inizialmente non poche ostilità. Solo il 31 ott. 1908 il G. vide pubblicato un suo articolo sul Zentralblatt für Chirurgie e l'anno seguente ebbe modo di illustrare personalmente i risultati ottenuti al congresso medico internazionale di Budapest. L'applicazione su larga scala con successo del metodo nel corso della guerra di Libia gli guadagnò il conferimento della commenda della Corona d'Italia nel 1913.
Gli inizi dell'attività medica avevano coinciso con le prime decise prese di posizione del G. sulle colonne dei giornali istriani a difesa dell'identità italiana in Istria, messa in pericolo dalla politica di germanizzazione di Vienna decisa ad aprire scuole tedesche in aperta concorrenza con quelle italiane. Dopo il trasferimento a Fiume aveva preso a partecipare attivamente alla vita culturale e politica della città d'adozione.
Nel 1893 fu tra i fondatori del Circolo letterario che si proponeva di diffondere la letteratura italiana tra i giovani. Inoltre lo stesso G. fu autore di un dramma in quattro atti La donna fatale (Milano 1893), cui sarebbe seguito tre anni dopo Viaggio di una principessa in Terra Santa (ibid.), dedicato a Stefania del Belgio vedova del principe ereditario Rodolfo d'Asburgo.
Sul finire del secolo veniva meno l'equilibrio politico esistente fin dal 1870 tra Budapest e Fiume e, nel 1896, il Partito liberale ungherese, forte della maggioranza in Parlamento, diede corpo a una politica accentratrice e magiarizzatrice introducendo leggi che limitavano fortemente l'autonomia della città e ne mettevano in pericolo l'italianità. Costituitosi nel 1897 il Partito autonomista fiumano di M. Maylender, cognato del G., questi vi aderì e l'anno seguente fu eletto nel Consiglio comunale di cui divenne uno dei membri più attivi, particolarmente nella difesa dello statuto cittadino.
La difesa dell'autonomia coincideva ormai con la difesa dell'italianità e il G. prese ripetutamente posizione sia nelle riunioni della rappresentanza municipale sia in pubblici dibattiti: protestò contro l'adozione della traduzione in lingua magiara di termini tecnici marinari italiani nella scuola nautica cittadina; si oppose all'utilizzo a Fiume della polizia statale di confine in sostituzione delle guardie municipali; intervenne in polemica con le autorità governative che avevano costretto il fiumano I. Bacci (Baccich) ad abbandonare definitivamente la città. Condannò duramente anche le aggressioni croate ai danni di alcuni membri della comunità italiana residenti nel contiguo sobborgo di Sussak (odierna Sušak), primi segnali di un aspro conflitto che avrebbe in seguito segnato le sorti della città.
Eletto nel 1914 secondo vicepresidente del Consiglio comunale, dopo l'entrata in guerra dell'Italia fu costretto a lasciare Fiume e trasferirsi a Vienna dove rimase fino all'estate del 1918. Quando, il 29 ott. 1918, in seguito alla disfatta militare e alla conseguente dissoluzione dell'Impero asburgico, si costituì il Comitato nazionale italiano, poi Consiglio nazionale italiano di Fiume, il G. fu chiamato a presiederlo. In tale veste egli rivendicò per il capoluogo del Quarnero "corpo separato costituente un comune nazionale italiano […] il diritto di autodecisione delle genti" e ne proclamò l'annessione all'Italia. Contemporaneamente anche a Zagabria si chiedeva formalmente di aggregare la città alla nuova entità statale serbo-croata-slovena che stava sorgendo e reparti croati occupavano gli edifici pubblici determinando una situazione di doppio governo cui pose fine solo l'arrivo di contingenti militari interalleati.
Con l'inizio delle trattative di Parigi, il G. operò attivamente per ottenere che la Conferenza della pace si pronunciasse a favore dell'assegnazione di Fiume all'Italia, nonostante l'ostilità dichiarata del presidente statunitense W. Wilson e dei governi di Londra e Parigi. Gli eventi del luglio 1919, che videro coinvolti fiumani, italiani e reparti francesi, e che furono seguiti da una riduzione del contingente italiano nel centro liburnico, suscitarono la preoccupazione per un possibile cedimento del governo Nitti con la conseguente assegnazione di Fiume al Regno dei Serbi Croati e Sloveni. Si cominciò a pensare a un atto di forza che si concretizzò il 12 sett. 1919 quando G. D'Annunzio, alla testa di un migliaio di volontari, entrò in città ponendo fine all'occupazione interalleata. Il G. salutò il comandante-poeta come un liberatore e a nome del Consiglio gli conferì i pieni poteri militari e civili. Aveva così inizio uno stretto ma anche difficile rapporto tra i due, contrassegnato dai contrasti presto sorti tra D'Annunzio, sempre più insofferente dei limiti posti alla sua azione, e le forze politiche locali, ormai inclini a un compromesso.
Un primo momento di grave tensione si ebbe quando, dopo le elezioni dell'ottobre 1919 per il rinnovo del Consiglio comunale e del Consiglio nazionale, D'Annunzio annullò il plebiscito che avrebbe dovuto decidere su soluzioni moderate concordate con Roma. Il 27 maggio 1920 poi, mentre a Pallanza erano in corso le trattative per risolvere la questione fiumana tra i governi di Roma e Belgrado, una delegazione del Consiglio nazionale guidata dal G. volle incontrare F.S. Nitti per chiedere l'annessione della città fino al corso del fiume Eneo, confine storico del Corpus separatum (compresi porto Baross e la ferrovia), nel pieno rispetto della volontà espressa dai Fiumani il 30 ott. 1918. Il G. non ottenne alcun impegno riguardo all'assetto politico-territoriale; unico risultato positivo fu un prestito di 120 milioni di lire che avrebbe consentito l'inserimento della città nell'orbita italiana almeno sul piano finanziario grazie all'introduzione della lira al posto della svalutata moneta ungherese. D'Annunzio condannò duramente il G., che aveva accettato di incontrare il governo nonostante l'arresto di alcuni delegati fiumani seguito al sanguinoso intervento delle forze di polizia durante una manifestazione indetta per ricordare l'entrata in guerra dell'Italia.
La rottura definitiva tra il Consiglio nazionale e D'Annunzio arrivò però di lì a qualche mese quando questi, alla fine dell'estate 1920, proclamò la Reggenza italiana del Carnaro ed emanò la Carta del Carnaro in una prospettiva dall'evidente contenuto indipendentista. L'8 sett. 1920 il G. e l'intero Consiglio nazionale rassegnarono le dimissioni. Dopo gli accordi di Rapallo, che prevedevano la costituzione di uno Stato libero fiumano, e la fine della Reggenza, dissolta a colpi di cannone nel "Natale di sangue", il G. fu nuovamente chiamato a presiedere un governo provvisorio che guidò i Fiumani alle elezioni politiche del 24 apr. 1921. Dallo scontro tra il Blocco nazionale, espressione degli "annessionisti" filoitaliani, e il partito degli "autonomisti" di R. Zanella, disposti ad accettare le decisioni di Rapallo in nome della "autonomia" storica della città, uscì vincitrice la coalizione "autonomista". I gravi disordini che seguirono portarono alle dimissioni del G. e alla presidenza Zanella (5 ott. 1921), che non riuscì a far tornare alla normalità la vita cittadina e fu presto sopraffatta (3 marzo 1922) da una rivolta armata organizzata dai fautori di un'immediata annessione all'Italia.
In seguito alla decisione, da parte dei consiglieri della maggioranza "autonomista", di abbandonare la città in segno di protesta, il G. e gli altri consiglieri della minoranza "nazionale" affidarono ad A. Depoli l'incarico di esercitare il potere politico e amministrativo. Gli accordi italo-jugoslavi di Roma del 27 genn. 1924 chiudevano la questione fiumana assegnando Fiume, privata di porto Baross, all'Italia.
Il G. che era stato nominato senatore del Regno il 19 apr. 1923, fu tra coloro che accolsero il 16 marzo 1924 Vittorio Emanuele III giunto nella città liburnica per proclamarne l'avvenuta unione all'Italia.
Il G. si spense a Fiume il 1° ott. 1926.
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