GRECO, Antonio
Nacque a Catanzaro il 3 sett. 1816 da Salvatore, proprietario terriero, e Barbara Gregoraci. Avviato in giovane età agli studi teologici, subì il richiamo del nascente patriottismo e, anche per l'influsso di L. Settembrini, docente in quegli anni nel liceo di Catanzaro, aderì alla setta dei Figlioli della Giovane Italia, creata nel 1832 da B. Musolino. Ordinato sacerdote, fu nominato canonico della cattedrale del Carmine di Catanzaro e poi rettore del locale seminario.
Legatosi alla Società evangelica, fondata nel 1846 dall'arciprete calabrese D. Angherà con una mescolanza di carbonarismo, comunismo primitivo, massoneria e cristianesimo, "vagheggiò una patria grande e libera dal dispotismo e dal servaggio, senza oppressi ed oppressori, tutti liberi ad una perfezione suprema secondo i dettami del Vangelo" (Una pagina di storia, p. VII). Proprio l'amicizia con Angherà e con alcuni rivoluzionari calabresi lo portò a partecipare al moto scoppiato a Reggio Calabria nel settembre 1847, conclusosi con varie condanne. Il G., invece, evitò il carcere per il grande credito che godeva la sua famiglia (il padre in quegli anni esercitava l'ufficio di presidente della gran corte civile della Calabria) ma continuò a occuparsi di politica e il 2 febbr. 1848 fu tra quanti celebrarono la concessione della costituzione, restando comunque avverso alla monarchia borbonica e divenendo l'ispiratore del Comitato di salute pubblica costituitosi a Catanzaro dopo la repressione del 15 maggio.
Successivamente il G. fu oggetto di persecuzioni, ma scampò alla massima pena rifugiandosi prima nell'isola di Corfù e poi a Malta, dove trovò alcuni suoi corregionali da cui ebbe l'incarico di mettersi in contatto con gli esuli residenti a Marsiglia per concordare un tentativo insurrezionale nel Napoletano: passò allora in Francia, da dove fu espulso dopo il colpo di Stato di Luigi Napoleone. Costretto a riparare nel settembre 1852 in Piemonte, vi restò poco per le pressioni del governo francese e di quello napoletano e, dopo essere passato in Svizzera e a Londra, finalmente approdò a Parigi, dove visse nascosto per qualche tempo; scoperto dalla polizia dopo l'attentato di F. Orsini, dovette spostarsi di nuovo in Inghilterra e poi a Genova.
Durante il soggiorno francese, il G. aveva maturato una scelta, che sarebbe stata decisiva per la sua stessa vita, aprendosi a suggestioni genericamente protestanti, che, allo stato della documentazione, non si sa se definire evangeliche. Successivamente, unitosi con una donna che sposò civilmente nel novembre 1869 a Firenze, ebbe tre figli, i quali abbracciarono con certezza la fede valdese. Vero è che nei giorni in cui G. Garibaldi si trovava in Calabria, il G. invitava il cappellano dei Mille A. Gavazzi, fondatore a Firenze della Chiesa cristiana libera, a predicare il Vangelo.
Alla vigilia della spedizione dei Mille e nonostante il parere contrario di qualche patriota, era stato inviato in Calabria per promuovervi un vero e proprio movimento rivoluzionario. Fermatosi a Napoli, dopo la concessione in extremis della costituzione da parte di Francesco II di Borbone (25 giugno 1859) il G. entrò in rapporto con il Comitato dell'ordine, presieduto da G. Lazzaro, collaborando a far prevalere la linea unitaria. Quindi rientrò a Catanzaro dove raggruppò alcune bande, si autoproclamò prodittatore e assunse la guida di un moto liberale che stentava ad affermarsi in una provincia, come quella di Calabria Ultra Seconda, che non aveva mostrato fino a quel momento grande entusiasmo per l'insurrezione.
Grazie alla sua opera, capace di superare sia i personalismi locali, sia l'opposizione dei moderati e dei notabili che, contrari a che "nella città vi fosse agitazione di sorta" (Una pagina…, p. 10), subordinavano il tutto all'effettivo passaggio di Garibaldi, furono trovati i mezzi per l'armamento della guardia nazionale, fu provveduto al nutrimento dei soldati borbonici sbandati e pronti a darsi al saccheggio, e furono armati i volontari.
Il 24 ag. 1860, pochi giorni dopo la conquista di Reggio Calabria a opera dei garibaldini, il G. invitò con un proclama i Calabresi a insorgere contro la dinastia borbonica e a proclamare Vittorio Emanuele II re d'Italia. Il proclama, d'intonazione nettamente radicale, destò enorme preoccupazione nei moderati e riacutizzò i contrasti, che rimasero tali anche dopo che, il 26 dello stesso mese, il G. e il moderato Vincenzo Stocco furono nominati prodittatori in nome di Vittorio Emanuele e ai diretti ordini di Garibaldi.
Ma la loro designazione, frutto di un evidente compromesso, rivelò ben presto una frattura insanabile, risolta dallo stesso Garibaldi il 4 settembre, con la nomina a governatore del generale F. Stocco; quest'ultimo, dovendo seguire Garibaldi verso Napoli, investì della carica il nipote Vincenzo, dando così alla rivoluzione catanzarese uno sbocco moderato.
Chiusasi così la fase dell'annessione, la lotta politica tra le due correnti, cavouriana e garibaldina, riprese alla vigilia delle elezioni politiche del 1861. Prevalendo sul marchese I. De Riso e sul barone C. Poerio, personaggio assai noto tra i patrioti e indicato espressamente dal comitato di Napoli, il G. fu eletto nel collegio di Catanzaro dopo ballottaggio e grazie alla convergenza sul suo nome di gran parte dell'elettorato del Poerio. Nelle successive elezioni del 1865 (come pure nel 1866 e nel 1867) non fu confermato: sconfitto per l'intransigente posizione che occupava "tra gli uomini di estrema Sinistra e l'esservi rimasto poi per quattro anni tranne il brevissimo periodo in cui si trattò di appoggiare l'avvento del ministero Rattazzi, che aveva dato promessa di un nuovo e più arduo indirizzo politico al Paese" (Marincola, Cronaca…, p. 227) e, in qualche misura, anche per la generale disapprovazione che aveva incontrato la sua conversione religiosa, si rifece a Minervino Murge, un collegio dove la sinistra garibaldina aveva come punti di riferimento il gruppo della sinistra giovane da una parte, e quella storica, legata di più al Crispi e al Cairoli, dall'altra.
A Minervino, candidatosi, dopo l'opzione di G. Ricciardi per il collegio di Foggia, il G., nel 1865 e nel 1867, superò, al primo turno, il moderato S. Scocchera, proprietario terriero e uno dei primi a occuparsi della censuazione del Tavoliere delle Puglie, già eletto nel 1861, mentre nella consultazione del 1870 prevalse sul liberale pugliese G. Pisanelli, già ministro di Grazia e Giustizia prima con Garibaldi e poi con L.C. Farini e M. Minghetti.
Nel corso delle varie legislature il G. portò la propria attenzione sui problemi che più aveva avuto a cuore prima del compimento dell'Unità. Nella seduta del 17 marzo 1861, in alternativa agli ordini del giorno, uno presentato da C. Bon Compagni, votato dalla maggioranza, e l'altro da G. Ricciardi, ne presentò un terzo, nel quale, oltre a proclamare Roma capitale d'Italia, chiedeva anche lo sgombero delle truppe francesi, in conformità del principio del non intervento; contrario, da sempre, all'alleanza del 1859 e favorevole, viceversa, a legami più stretti con l'Inghilterra, il problema dei rapporti con la Francia era un tema che ritornava spesso nel suo programma. Nell'aprile dello stesso anno intervenne nel dibattito sulle regioni meridionali; avverso al potere temporale del Papato, durante la discussione della legge delle guarentigie (1871) sottoscrisse l'o.d.g. Cairoli che mirava a sostituire le garanzie della libertà a quelle del privilegio e ad assicurare, nello stesso tempo, la perfetta eguaglianza di tutte le confessioni religiose. Sul piano locale difese gli interessi di Catanzaro e si adoperò affinché non fosse tolta la corte d'appello; nel novembre 1864 si fece latore di un'istanza al Parlamento relativa al brigantaggio che infestava la Calabria chiedendo che fossero adottati al più presto energici provvedimenti; intervenne inoltre in diversi disegni di legge riguardanti la costruzione di strade e ferrovie per la regione. Quanto all'azione politica da lui svolta, suo fine precipuo fu quello di rilanciare la Sinistra nel Mezzogiorno attraverso la creazione di comitati e associazioni.
Nel 1874, per la malferma salute, il G. rinunziò alla candidatura e, lasciato il collegio al conterraneo e sodale F. De Luca, si ritirò a vita privata, accettando un incarico pubblico per vivere. Morì il 10 luglio 1881 a Napoli, dove si era trasferito e dove, dopo i funerali di Stato voluti dal ministro G. Zanardelli, fu sepolto nel cimitero di Poggioreale.
Scritti: Panegirici…, Napoli 1839; Elogio funebre del canonico Pasquale Vecchione, Catanzaro 1846; Lode sacerdotale al novello sacerdote d. Ambrogio Spadafora, Cosenza 1847; Memorie e documenti da servire per la storia della guerra dell'indipendenza italiana del 1859, Genova 1859; Dei diritti della città di Catanzaro a conservare ciò che possiede. Memorandum al Parlamento ed al governo del Regno d'Italia, Torino 1861; Una pagina di storia del 1860. Memoria di Antonio Greco pubblicata a cura del figlio Garibaldi, ibid. 1915.
Fonti e Bibl.: Catanzaro, Biblioteca comunale, Mss.: T. Marincola, Cronaca di Catanzaro; Roma, Museo centrale del Risorgimento, bb. 96, 182, 234, 505, 618, 871 (contengono 29 lettere del G.); Decollatura, Arch. privato famiglia Stocco (una lettera del G. a V. Stocco); A. Serravalle, Il passaggio dei garibaldini per Catanzaro nel 1860, in Id., Scritti d'occasione, Cosenza 1873, p. 290; G. Rossi, Discorsi letti nella villa Margherita in occasione della inaugurazione dei busti degli egregi patrioti Eugenio De Riso ed A. G., Catanzaro 1887; R. De Cesare, Una famiglia di patrioti. Ricordi di due rivoluzioni in Calabria, Roma 1889, pp. CXCV, CXCVIII; O. Dito, La rivoluzione calabrese del 1848, Cosenza 1895, pp. 68, 83; G. Aromolo, L'ultimo re di Napoli, Napoli 1942, pp. 32 s., 37-80; D. De Giorgio, Benedetto Musolino e il Risorgimento in Calabria, Reggio Calabria 1953, p. 73; L.L. Barberis, Dal moto di Milano del febbraio 1853 all'impresa di Sapri, in L'emigrazione politica in Genova ed in Liguria dal 1848 al 1857, III, Modena 1957, pp. 493, 618; Atti del secondo Congr. stor. calabrese, Napoli 1961, pp. 186, 189 s., 196, 200, 711, 719; A. Berselli, La Destra storica dopo l'Unità. L'idea liberale e la Chiesa cattolica, Bologna 1963, p. 255; M. Caristo, La provincia di Catanzaro nel primo decennio dell'Unità d'Italia, Roma 1965, pp. 11, 14-37, 56-63, 150-153, 158-165; G. Cingari, Problemi del Risorgimento meridionale, Messina-Firenze 1965, pp. 177, 181 ss., 184 ss., 192-195, 211 s., 214, 236, 238 s.; A. Basile, Due letteredel liberale calabrese Rocco Susanna ad A. G., in Nuovi Quaderni del Meridione, V (1967), pp. 323-338; A. Scirocco, I democratici italiani da Sapri a Porta Pia, Napoli 1969, ad indicem; A. Capone, L'opposizione meridionale nell'età della Destra, Roma 1970, ad indicem; F. Cordova, Momenti di storia contemporanea calabrese ed altri saggi, Chiaravalle Centrale 1971, pp. 22, 35; D. De Giorgio, Figure e momenti del Risorgimento in Calabria, Messina 1971, p. 29; A. Scirocco, Democrazia e socialismo dopo l'Unità (1860-1878), Napoli 1973, pp. 55, 95, 142; A. Carvello, La società catanzarese nella crisi dell'unificazione: il plebiscito del 1860, in Civiltà di Calabria. Studi in memoria di Filippo De Nobili, a cura di A. Placanica, Chiaravalle Centrale 1976, pp. 59 s., 77; A. Scirocco, Il Mezzogiorno nella crisi dell'unificazione (1860-1861), Napoli 1981, ad indicem; G. Cingari, Storia della Calabria dall'Unità ad oggi, Roma-Bari 1982, pp. 16, 404; C. Mulé, Una storia di Catanzaro, Chiaravalle Centrale 1984, pp. 119 s.; P.E. Commodaro, Domenico Angherà (1803-1881). Un prete calabrese nel Risorgimento, Soverato 1986, pp. 6, 16, 27, 53, 66; E. Scorza, Diario di un valdese. La comunità di Catanzaro e Vincolise (1904-1979), Cosenza 1987, p. 23; R. Cambareri, La massoneria in Calabria dall'Unità al fascismo, Cosenza 1998, pp. 347 s. Cfr., inoltre: T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, pp. 535 s.; V. Visalli, I Calabresi nel Risorgimento italiano, II, Torino 1891-93, pp. 14 ss.; Storia dei collegi elettorali 1848-1897, Roma 1898, pp. 175, 383; J. Giugni Lattari, I parlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, pp. 105, 297 s.; Storia del Parlamento italiano, V, Dalla proclamazione del Regno alla convenzione di settembre, a cura di G. Sardo, Palermo 1968, pp. 41 s., 50, 144, 196.