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GIONIMA, Antonio

di Stefano Pierguidi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 55 (2001)
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GIONIMA, Antonio

Stefano Pierguidi

Figlio del pittore Simone e di Francesca Maria Bandiera, nacque a Venezia il 4 marzo 1697 (Crespi, p. 234).

Simone, nato a Venezia nel 1655, fu allievo a Bologna di Cesare Gennari; in seguito si trasferì a Vienna dove lavorò come pittore di corte per gli imperatori Giuseppe I e Carlo VI d'Asburgo e forse entrò in contatto con Ferdinando Galli Bibiena. Intorno alla fine del primo decennio del Settecento lavorò nell'abbazia cistercense di Ždár nad Sázavou in Moravia: per il coro della chiesa eseguì due pale d'altare raffiguranti la Fondazione dell'abbazia; per la sala delle cerimonie del convento, affreschi con i Santi dell'Ordinecistercense e Episodi del Vecchio e Nuovo Testamento; per un ambiente di passaggio, scene della Vita di s. Bernardo. Sempre in Moravia, lavorò, intorno al 1730, nella chiesa di S. Margherita all'interno del castello di Jaromerice nad Rokytnou, dove raffigurò nella cupola Cristo in gloria e alle pareti Scene del Vecchioe Nuovo Testamento (Prokop). Non si conoscono il luogo e la data di morte dell'artista. Anche il padre di Simone, Francesco, originario di Padova, fu pittore. L'unica opera ricordata dalle fonti è l'affresco con S. Filippo Benizzi in una lunetta del portico di S. Maria dei Servi a Bologna (Crespi; Zanotti, in Malvasia, p. 297).

Fonte principale per la conoscenza del G. è la biografia a lui dedicata da Luigi Crespi che lo aveva conosciuto di persona e ne era stato un fervente ammiratore. Il G. fu dapprima allievo del bolognese Aureliano Milani, il cui stile neocarraccesco lasciò tracce profonde nel suo linguaggio pittorico. Probabilmente intorno alla fine del secondo decennio del Settecento - e non alla fine del primo come riferito da Crespi - il G. ottenne, grazie all'appoggio del maestro, la commissione per eseguire cinque grandi tempere con Episodi della vita di s. Domenico per il refettorio della chiesa della Mascarella a Bologna, distrutta durante il secondo conflitto mondiale e quindi ricostruita. Le tele, note in parte grazie ad alcune fotografie (Roli, 1960, pp. 300 s. tav. 92a), rivelano subito, nella stesura pittorica lieve e briosa, il temperamento originale e innovativo del pittore, in parte ancora imbrigliato nelle formule accademiche di Milani. Sempre per lo stesso edificio il G. eseguì alcuni affreschi, perduti, raffiguranti I primi dodici parroci della chiesa (Crespi, p. 235).

Allo scadere del secondo decennio del secolo, dopo il trasferimento a Roma di Milani, il G. entrò nella bottega di G.M. Crespi. Quest'ultimo intuì ben presto le capacità artistiche dell'allievo procurandogli, poco dopo, l'incarico di dipingere, per il cardinale Ulisse Gozzadini, la tela con Il cardinale che riceve a Imola Giacomo III Stuart (Roma, Museo nazionale di Castel Sant'Angelo). Allo stesso periodo risalgono anche i sette stendardi con i Misteri dolorosi della Vergine realizzati dal G. nel 1719 per il convento dei serviti a Bologna (ora Bologna, Collezione della Cassa di risparmio in Bologna).

In quest'opera sono presenti ancora notevoli somiglianze con la pittura di Milani - in particolare con la tela raffigurante il Mercato nel Museo civico di Pesaro - specie nell'impostazione magniloquente di alcune figure quinta; tuttavia, emerge un talento coloristico nuovo, unico nella arte bolognese del tempo, che trova un corrispondente significativo solo nei pittori veneti contemporanei. È possibile, a tal proposito, che l'artista avesse avuto modo di aggiornarsi sulle novità elaborate, tra il 1717 e il 1721, nel cantiere veneziano di S. Stae, dominato dalle figure di G.B. Piazzetta e di G.B. Tiepolo (Riccomini, 1979, p. 13); dal punto di vista compositivo il G. sembra essere, però, più vicino all'opera di F. Bencovich, e, per il tipo di tavolozza impiegato, caratterizzato da colori squillanti e accesi, a quella di F. Monti (Roli, 1960, pp. 302 s.).

Sempre entro il secondo decennio si collocano, con ogni probabilità, i due oli, di piccolo formato, concepiti in pendant, con Apollo e Marsia e Piramo e Tisbe conservati nella Pinacoteca nazionale di Bologna. Si tratta di due opere paradigmatiche dello stile dell'artista che dimostra di aver assimilato le metodologie compositive di Crespi e, al contempo, utilizza tonalità coloristiche lievi, preziose, tese a stemperare i toni drammatici degli eventi raffigurati; poche figure messe in luce emergono da uno sfondo luminoso, secondo un procedimento tipicamente crespiano, fortemente criticato dal classicista G.P. Zanotti (1739), che infatti riservò al G. solo alcune righe in margine alla biografia di Crespi.

Poco dopo il 1725 - e non entro il 1719 come affermato da Crespi (p. 236) - si collocano gli otto ovali raffiguranti S. Filippo Benizzi e i santi fondatori dei serviti realizzati per la chiesa di S. Lorenzo a Budrio (Roli, 1977, p. 109); in questo anno infatti Benedetto XIII aveva confermato il culto dei santi fondatori dell'Ordine.

Nelle tele, concepite per essere collocate molto in alto, le figure di dimensioni monumentali, sono rese con notevole scioltezza pittorica. La rapidità esecutiva del G., che in questo suo dipingere "alla prima" sembra superare anche Crespi (Roli, 1960, p. 302), deve probabilmente essere messa in relazione con le sue ascendenze venete. Il talento coloristico distingue infatti le sue opere da quelle più controllate e plasticamente costruite di Crespi.

Vicine agli ovali di Budrio sono forse le due tele, in pendant, con Davide fanciullo che discolpa Susanna e la Cattura di Sansone della Pinacoteca nazionale di Bologna.

Del secondo quadro rimane un disegno preparatorio (Milano, Pinacoteca di Brera, Gabinetto dei disegni) che mostra notevoli differenze rispetto al dipinto; la grande figura maschile a destra, presente sia nel disegno sia nel dipinto, è sintomo del persistere nel linguaggio dell'artista di una componente stilistica ancora legata alla cultura di Milani (Roli - Sestieri, p. 53); mentre il carattere monumentale può essere messo in relazione con i modi accademici di V.M. Bigari (Roli, 1977, pp. 109 s.).

Al 1725, come indica l'iscrizione posta sotto i dipinti, si possono riferire probabilmente anche i due ovali a fresco con S. Antonio e S. Francesco nell'oratorio di S. Pellegrino a Bologna (Patrizi, p. 416 n. 12), sebbene le fonti più antiche (Crespi, p. 234; Zanotti, in Malvasia, p. 144) li assegnino ai suoi anni giovanili.

Successivi alla metà del terzo decennio sembrano essere alcuni dipinti in cui il G. acquista un fare pittorico particolarmente brioso, a volte quasi approssimativo. Tra questi, il Cristo e l'adultera, pendant del Miracolo dell'indemoniato (Bologna, collezione privata: Riccomini, 1979, p. 30 fig. 43), vicino a G. Bazzani per la stesura rapida, il Viaggio di Giacobbe (Bologna, collezione privata: Roli, 1977, fig. 241c), e la tela con Regolo che ritorna a Cartagine (Christie's, New York, 18 genn. 1983, n. 34), esempi di un "barocchetto" decisamente precoce nella Bologna degli anni Venti.

Tali dipinti, di piccolo formato e destinati a committenti privati, sono caratterizzati da un'impaginazione pittorica originale, sorprendente, che ha fatto parlare di assonanze con il neomanierismo settecentesco di marca mitteleuropea (Riccomini, 1971). Si tratta delle opere più rappresentative dello stile del G., caratterizzato da quell'"inventar spiritoso, e contraposto" e da quell'"idear difficile" lodato da Crespi e fortemente criticato da Zanotti che nei suoi appunti manoscritti definiva il G. "pittor mostruoso, e le sue pitture fantasmi, e chimere […] la peste della pittura" (Id., 1979, p. 13).

Agli ultimi anni dell'attività dell'artista è riferibile il Martirio di s. Floriano, proveniente dalla chiesa di S. Agata a Bologna (Bologna, collezione privata: Patrizi, p. 411 fig. 318; Roli, 1960, p. 304), i cui toni melodrammatici tradiscono un ritorno a formule squisitamente secentesche; nella figura del carnefice è inoltre presente un chiaro riferimento al gruppo marmoreo di A. Algardi raffigurante la Decollazione di s. Paolo nell'omonima chiesa bolognese. Lo stesso G. in una lettera datata 23 maggio 1731 - utilizzata in seguito dall'artista come foglio per uno schizzo con una Sacra Famiglia (Providence, Rhode Island School of design, Museum of art) - affermava l'importanza degli studi dal vero, chiaro sintomo di un attaccamento alla lezione carraccesca mai venuto meno nel suo operato (Johnston, 1973, p. 102).

Crespi apprezzava anche i disegni del G., alcuni dei quali sono in grado di restituire, attraverso una tecnica assai elaborata, alcune delle caratteristiche dei dipinti perduti. Tra questi si ricordano: Labano ordina a Giacobbe di sposare Lea al posto di Rachele (Sotheby's, Londra, 6 luglio 1992, n. 11), la Fuga di Lot (Christie's, Londra, 1° apr. 1987, n. 70) e il Festino di Baldassarre (New York, Metropolitan Museum of art). Quest'ultimo, oltre a rivelare come gli altri la predilezione per i soggetti veterotestamentari, è interessante per le analogie stilistiche con un altro disegno del G., conservato a Brera, raffigurante il Banchetto di Antonio e Cleopatra (Roli - Sestieri, p. 52; Johnston 1971, p. 91; Bean - Griswold, p. 89). Entrambi i fogli sono accostabili al Banchetto di Ester nelle collezioni reali di Windsor Castle (Kurz, p. 111), studio preparatorio per una tela perduta che Crespi (p. 237) ricordava come uno dei capolavori del pittore; inoltre, sono noti altri due disegni con lo stesso soggetto (Firenze, Museo Horne e Bologna, Pinacoteca nazionale), già attribuiti a Sebastiano Ricci (Longhi - Zucchini, p. 118). Del 1725 è un disegno con il Martirio di s. Isaia (Venezia, collezione Cini), relativo a una pala d'altare perduta (Roli, 1960, p. 304) nominata anche in un inventario (1722) della collezione Gabburri di Firenze (Campori).

Il G. morì a Bologna il 17 giugno 1732, e venne sepolto nella parrocchia di S. Tommaso del Mercato (Crespi, p. 237).

Tra le opere perdute del G. si ricordano gli affreschi nella cappella di S. Placido nella chiesa dei celestini (Crespi; Zanotti) e un ovale con il Ritrovamento di Mosè nell'oratorio di S. Maria del Piombo. Di quest'ultimo rimane forse il modelletto in una tela di collezione privata (Roli, 1960, p. 307 n. 21), e ne esiste una copia di mano di Marco Riverditi, un pittore che probabilmente fu, se non un allievo, un imitatore dell'artista (Roli, 1977, p. 136 n. 80). Crespi, oltre ad alcune tele di soggetto non precisato eseguite per committenti privati, menziona ancora la pala d'altare per l'arte dei macellai, i ritratti ad affresco dei Frati serviti nella foresteria del convento di Bologna, e un ciclo a fresco nella cappella di una residenza di campagna di L.F. Marsili, colui che aveva introdotto Milani a Roma. Secondo il Crespi la morte impedì al G. di eseguire la portella per l'antica immagine della Madonna della Mercede nella chiesa della Mascarella.

Fonti e Bibl.: C.C. Malvasia, Le pitture di Bologna, con introduzione e aggiunte di G.P. Zanotti, Bologna 1732, pp. 71, 144, 212, 293, 297, 336; G.P. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, II, Bologna 1739, pp. 71, 254; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Roma 1769, pp. 234-237; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia (1809), a cura di M. Capucci, III, Firenze 1974, pp. 127, 177; N. Pietrucci, Biografia degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 136 s.; G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti, Modena 1879, p. 535; A. Prokop, Die Markgrafschaft Mähren in kunstgeschichtlicher Beziehung, IV, Wien 1904, pp. 968, 1030, 1067, 1087, 1192, 1232, 1295 (per Simone); H. Voss, Quellensforschung und Stilkritik. Eine praktische Methodik mit Beispielen aus der spätitalianischen Malerei, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, II (1933), pp. 202-206; G. Zucchini, Quadri di G. Gambarini e A. G., in Il Comune di Bologna, XXI (1934), 11, pp. 41-46; Mostra del Settecento bolognese, a cura di R. Longhi - G. Zucchini, Bologna 1935, pp. 27-29, 118; Mostra di disegni veneziani del Sei e Settecento, a cura di M. Muraro, Firenze 1953, p. 25; O. Kurz, Bolognese drawings of the XVII and XVIII centuries in the collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, London 1955, pp. 110 s.; K.T. Parker, Catalogue of the collection of drawings in the Ashmolean Museum, II, Italian schools, Oxford 1956, pp. 504 s.; I. Patrizi, Il martirio di s. Floriano del G., in Critica d'arte, VI (1959), pp. 409-416; R. Roli, Per A. G., in Arte antica e moderna, III (1960), pp. 300-307; C. Johnston, Il Seicento e il Settecento a Bologna, Milano 1971, pp. 87, 91; E. Riccomini, in Nuove acquisizioni per i musei dello Stato 1966-1971 (catal.), Bologna 1971, p. 107; Le collezioni d'arte della Cassa di risparmio in Bologna. I dipinti, a cura di A. Emiliani - F. Varignana, Bologna 1972, pp. 371-374; Mostra di disegni bolognesi dal XVI al XVIII secolo (catal.), a cura di C. Johnston, Firenze 1973, pp. 101 s.; Pittura italiana del Settecento (Leningrado, Mosca, Varsavia) (catal.), a cura di E. Riccomini, Bologna 1974, p. 25; R. Roli, Pittura bolognese (1650-1800). Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, pp. 108-110, 136, 269; Disegni del Settecento bolognese (catal.), a cura di C. Bersani - C. Bonavia, Bologna 1979, p. 60; E. Riccomini, La pittura di G.M. Crespi e i suoi esiti a Bologna, in L'arte del Settecento emiliano. La pittura. L'Accademia Clementina (catal.), Bologna 1979, pp. 13, 28-32; H. Macandrew, Catalogue of the collection of drawings in the Ashmolean Museum, III, Italian schools: supplement, Oxford 1980, pp. 165 s.; R. Roli - G. Sestieri, I disegni italiani del Settecento, Treviso 1981, pp. XXXVI s., 52 s.; D. Miller, Three drawings by A. G. identified, in The Burlington Magazine, CXXVII (1985), pp. 776-779; R. Roli, Traccia per il disegno bolognese del Settecento, in Arte documento, II (1988), pp. 158 s.; G. Sestieri, La pittura del Settecento, Torino 1988, pp. 264 s., 268; R. Roli, La pittura in Emilia Romagna nella prima metà del Settecento, in La pittura in Italia. Il Settecento, Milano 1989, I, pp. 256 s.; ibid., II, pp. 736 s.; J. Bean - W. Griswold, 18th century Italian drawings in the Metropolitan Museum of art, New York 1990, pp. 89-91; N. Cabassi, Disegni inediti dei Gandolfi in una raccolta privata bolognese, in Strenna storica bolognese, XLV (1995), p. 138; V. Birke - J. Kertész, Die italianischen Zeichnungen der Albertina, III, Wien-Köln-Weimar 1995, p. 1436; IV, ibid. 1997, p. 2228; R. Shoolman Slatkin, A new subject for a Boucher drawing, in Master Drawings, XXXIV (1996), 1, pp. 72-78; S. Pierguidi, Aman, Mardocheo e Carbonà: note sulla tradizione iconografica della storia di Ester, in Schifanoia, XIX (1999), pp. 85 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 73-75 (per Simone); The Dictionary of art, XII, p. 658.

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