GIGLI, Antonio
Sono scarse le notizie biografiche su questo argentiere, attivo a Roma nella prima metà del Settecento. Il G. è documentato come lavorante nel Collegio degli orefici di Roma a partire dal 1724 (Bulgari Calissoni; Bulgari, pp. 534 s.).
Tra il 1735 e il 1756 circa, il G. realizzò le decorazioni in argento di una coperta di messale, proveniente dalla collezione Albani (Fornari, tav. n.n.). Ma il nome del G. è legato soprattutto alla realizzazione di alcuni degli arredi sacri destinati alla cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona. Tra il 1744 e il 1749 fu, infatti, tra i numerosi argentieri e orafi romani impegnati in questa importante impresa.
La cappella, voluta da Giovanni V di Portogallo, costituisce uno dei complessi artistici più interessanti di Lisbona e fu realizzata da artisti e artigiani italiani tra i più apprezzati e ricercati del momento, incaricati dall'ambasciatore del Portogallo a Roma M. Pereira de Sampajo. La cappella fu così dotata di un insieme eccezionale di arredi sacri, solo in parte integri, a causa delle spoliazioni napoleoniche, che possono essere considerati tra i più alti esempi dell'argenteria romana del Settecento per eleganza e raffinatezza. Il G. eseguì alcuni degli arredi liturgici necessari al servizio della messa, oggi conservati nel Museo d'arte sacra di Lisbona. Questi sono tra loro molto simili per stile, fattura e dettagli decorativi; presentano infatti lo stesso tipo di ornato e il motivo decorativo delle piccole teste d'angelo. Si tratta di uno spegnitoio, una grande pisside, un purificatoio con il suo vassoio, un calice decorato con i simboli della Passione, due ampolline con vassoio e una piccola campanella da messa. Le raffigurazioni degli ultimi tre oggetti si trovano nel cosiddetto Weale Album, copia ottocentesca del Libro degli abbozzi…, con i disegni e una breve descrizione di tutti gli oggetti commissionati per la cappella di S. Giovanni Battista e spedito dal Sampajo da Roma a Lisbona nel 1745 (Mandroux França). I tre disegni, tranne per qualche piccolo dettaglio ornamentale, corrispondono agli argenti realizzati. Ma le opere più note realizzate dal G. per questa cappella sono un turibolo e una navicella portaincenso, commissionati all'argentiere con una lettera datata 9 marzo 1744 e molto ammirati da Benedetto XIV nel 1749 in occasione della benedizione degli arredi liturgici in partenza per Lisbona (Montagu, 1995, pp. 395-397). L'ambasciatore Sampajo ne fece quindi dono al pontefice che li destinò alla cattedrale di Bologna, sua città natale, dove questi sono tuttora conservati. Il turibolo e la navicella, realizzati in argento dorato, mostrano una ricchissima ornamentazione rocaille; il primo si presenta come un tempietto con tre coppie di colonne coperto da fregi e da una fitta decorazione che ricorda le nuvole dell'incenso. Questo tipo di ornato, secondo Lipinsky (1971) il G. lo desunse dal celebre argentiere forlivese Giovanni Giardini (Bentini, pp. 128 s.). La navicella portaincenso è decorata con motivi di flutti e onde attraversate da delfini. Sul coperchio si trova un rilievo con il sacerdote Esdra che compie un sacrificio (ibid., p. 129; Madeira Rodrigues, p. 158) mentre a poppa siede la personificazione della Fede o della Religione, come scrive in un documento dell'Archivio segreto Vaticano l'argentiere Leandro Gagliardi (1729-1804), incaricato di eseguire le copie della navicella e del turibolo da inviare a Lisbona (Lisbona, Museo d'arte sacra: Montagu, 1995, p. 395). Il disegno preparatorio per la navicella è contenuto nel Weale Album e mostra la consueta decorazione con piccole teste d'angelo e un cherubino sulla "poppa" al posto della Fede, a testimonianza dei cambiamenti occorsi evidentemente in corso d'opera (ibid.). Tutti questi arredi sacri recano il punzone con il leone rampante utilizzato dal G, nonostante l'argentiere, risultando lavorante e non maestro, non avesse diritto al proprio bollo. L'ipotesi più probabile è quindi che un maestro lo abbia garantito con la propria patente, come propone Bulgari Calissoni, che ipotizza si tratti del bollo degli argentieri romani Modesti con cui il G. doveva essere imparentato: infatti, Caterina Gigli, probabilmente sua sorella, era sposata con Giovanni Modesti.
Il G. con le sue opere si rivelò tra i più raffinati e fantasiosi artisti convocati da Giovanni V di Portogallo; e significativo dovette essere il suo ruolo fra gli argentieri romani del Settecento.
Non si conosce la data di morte del G.: non è infatti certa la sua identificazione con l'omonimo stampatore, marito di Teresa Salvioni, nato a Roma nel 1703, che il 3 apr. 1761 morì nella sua casa di fronte al vicolo Savelli e fu sepolto nella chiesa di S. Tommaso in Parione (ma vedi Bulgari Calissoni).
Fonti e Bibl.: C.G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, I, Roma 1958, pp. 534 s.; B. Trebbi, L'artigianato nelle chiese bolognesi, Bologna 1958, tav. 31; A. Lipinsky, Il tesoro di S. Giovanni a Lisbona, in Fede e arte, IX (1961), pp. 60 s., 64 s., 67-69, 78-82, 86; Id., Gli arredi sacri di Benedetto XIV per S. Pietro di Bologna, ibid., XI (1963), pp. 197 s., 202 s.; S. Fornari, Gli argenti romani, Roma 1968, pp. 95, 97-100; A. Lipinsky, Arte orafa a Roma: Giovanni Giardini da Forlì, in Arte illustrata, IV (1971), 45-46, p. 19; L'arredo sacro e profano a Bologna e nelle Legazioni pontificie, a cura di J. Bentini, Bologna 1979, pp. 128 s., tav. 173; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, p. 256; A. Bulgari Calissoni, Maestri argentieri, gemmari e orafi di Roma, Roma 1987, p. 231; M.J. Madeira Rodrigues, A capela de S. João Baptista e as suas colecções na igreja de S. Roque em Lisboa, Lisboa 1988, pp. 152-160, 244 s., 247; M.T. Mandroux França, Weale's Quarterly … Libro degli abbozzi de disegni delle commissione che si fanno in Roma per ordine della corte, in Giovanni V di Portogallo (1707-1750) e la cultura romana del suo tempo (catal.), a cura di S. Vasco Rocca - G. Borghini, Roma 1995, pp. 133-135; J. Montagu, ibid., pp. 395-397; Id., Gold, silver and bronze: metal sculpture of the Roman baroque, Princeton 1996, pp. 164 s., 245; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 13.