SELVI, Antonio Francesco
– Nacque a Firenze il 19 febbraio 1684 da Virgilio e da Settimia Angiola Fantechi presso la parrocchia di S. Salvatore, soppressa alla fine del XVIII secolo. Fu portato a battesimo lo stesso giorno da Giuseppe Pieri, forse parente del medaglista fiorentino Giovan Francesco, e da Maria Maddalena Rossi, moglie di Mattia Francini (Firenze, Archivio delle fedi di battesimo di S. Giovanni, registri battesimali, n. 64, c. 107r).
Prima del ritrovamento di questa registrazione battesimale, varie sono state le ipotesi e le discordanze in bibliografia sull’anno e sul luogo di nascita di Selvi. Rifacendosi alla notizia documentaria (errata) di un’età di 74 anni, raggiunta dal medaglista al momento della morte nel 1753 (Lankheit, 1962, p. 289), la critica è apparsa concorde (fin dalle ricerche per la mostra Gli ultimi Medici, 1974, p. 96) nel far coincidere l’anno di nascita con il 1679, nonostante vi fosse un’incongruenza con quanto indicato da Niccolò Gabburri – peraltro erroneamente – nelle Vite, dove in un passo segnalava l’artista come attivo a Firenze nel 1740 all’età di 42 anni (Firenze, Biblioteca Nazionale, Pal. E.B.9.5, vol. I, c. 184v): incongruenza superata negli studi identificando il 1698 come l’anno di arrivo di Selvi a Firenze dalla sua presunta città natale, Venezia (Ballico, 1984, p. 45), secondo l’ipotesi di un’origine lagunare del medaglista riportata per la prima volta da Leonard Forrer, senza basi documentarie (1912, p. 472) e in contrasto con Gabburri, che nelle Vite lo definì «fiorentino». Un ulteriore appunto dello stesso Gabburri (Firenze, Biblioteca nazionale, Zibaldone gabburriano, Pal. 1198, striscia 1361, ins. VII, n. 15), che vede il Selvi quarantenne il 23 gennaio del 1736, propone una cronologia ancora diversa, più vicina al recente e dirimente ritrovamento archivistico.
Selvi si formò a Firenze nella bottega del medaglista e scultore Massimiliano Soldani Benzi, dove apprese la tecnica della fusione e affinò l’occhio per la ritrattistica.
Nella produzione medaglistica Soldani spesso si occupava solo dell’ideazione e della rifinitura dei singoli esemplari, lasciando agli allievi le fasi principali dell’esecuzione. Questa prassi si fece anche più frequente a partire dal 1720, quando l’artista era impegnato in altre commissioni, rendendo di fatto difficile oggi distinguere, in assenza di firma, la paternità degli oggetti realizzati nell’ambito della sua bottega. I suoi modelli, inoltre, continuarono a essere impiegati dai suoi allievi (e da Selvi in particolare) anche dopo la morte del maestro, spesso con varianti al rovescio.
Selvi risulta menzionato anche tra i collaboratori che aiutarono Soldani nella realizzazione del monumento sepolcrale del gran maestro dell’ordine di Malta Antonio Manoel de Vilhena, commissionato nel 1729 da Niccolò Baldini per la concattedrale di S. Giovanni alla Valletta (Lankheit, 1962, pp. 196, 313). Il monumento maltese, in bronzo e marmi colorati, venne ideato ed eseguito dalla bottega di Soldani nella scia stilistica e compositiva del deposito, realizzato dallo stesso pochi anni prima, per il gran maestro Marcantonio Zondadori (1725), anch’esso in S. Giovanni (pp. 153-160). Non sono noti altri lavori monumentali di Selvi.
Con i suoi quarant’anni di attività Selvi può essere considerato il più prolifico autore di medaglie della prima metà del XVIII secolo. Il primo esemplare noto riportante la sua firma è datato 1711. L’ultimo è del 1753 (Lankheit, 1962, p. 122; Vannel - Toderi, 1987, p. 140). A oggi gli sono attribuite, variamente su base documentaria, stilistica o in quanto firmate, più di duecento medaglie diverse, tutte realizzate in bronzo, ormai non sempre di facile lettura a causa dell’aspetto ‘lanato’ o per problemi di conservazione. È stato affermato che nella sua produzione la quantità abbia inficiato la qualità (Vannel - Toderi, 1987, p. 139). Le sue capacità tanto scultoree quanto di resa dei dettagli sono state però riabilitate dal ritrovamento, in proprietà privata, di diversi modelli originali in cera rosata su ardesia (Vannel - Toderi, 1993), di particolare raffinatezza e minuziosa tecnica descrittiva, che segnano una decisiva distanza rispetto alla maniera più sintetica di Soldani ed evidenziano in Selvi un’interpretazione in chiave più pittorica della medaglia.
L’apprendistato presso Soldani, che proprio alla fine del diciassettesimo secolo era stato nominato maestro della Zecca di Firenze, permise a Selvi di entrare facilmente nelle grazie della corte granducale.
L’opera medaglistica più significativa per la quale viene ricordato Selvi è la Serie medicea, della quale esistono due versioni cronologicamente distanti. Un primo progetto, ritraente i membri principali della famiglia Medici, prevedeva la fusione di esemplari unilaterali, ovvero caratterizzati dalla mancanza di raffigurazioni al rovescio, e fu avviato nel 1723 (Vannel - Toderi, 1987, pp. 184-190). Oggi, di questa versione, sono note quindici medaglie. A partire dal 1737 Selvi si dedicò alla seconda serie, ambiziosamente più cospicua perché finalizzata alla restituzione dell’effigie di tutti i componenti della famiglia (con relativi rovesci), dalle origini fino all’ultima erede, l’elettrice palatina Anna Maria Luisa (pp. 191-232). Il nucleo iniziale della Serie medicea, composto da settantasei medaglie, fu presentato il 1° aprile 1740 nel primo volume delle Novelle letterarie e messo in vendita per quattro paoli e mezzo al pezzo, secondo la nuova monetazione lorenese. Successivamente la serie fu ampliata, tanto che oggi se ne conservano centoundici esemplari diversi. Al progetto collaborò anche l’abate e medaglista Bartolomeo Vaggelli, per quanto probabilmente solo come formatore di gesso (Firenze, Biblioteca Nazionale, Pal. E.B.9.5, vol. I, c. 184v).
Intorno al 1750 la Manifattura di Doccia riprodusse settantatre ritratti della seconda Serie medicea all’interno del Tempietto Ginori, una grande macchina di porcellana, realizzata dal capo modellatore Gaspero Bruschi come dono per l’Accademia etrusca di Cortona (Digiugno, 2011, pp. 111 s.; La fabbrica della bellezza, 2017), dove ancora oggi è conservata. Selvi aveva già lavorato con i Ginori qualche anno prima. Nel 1747 i registri di pagamenti della Manifattura riportano il suo nome come autore di modelli in cera per cammei e altri oggetti di piccole dimensioni, tra i quali non si può escludere vi potessero essere anche sculture a tutto tondo (Melegati, 1999, p. 133; Digiugno, 2011, p. 129).
Al contrario di quanto ipotizzato da parte della critica (Hawkins, 1885, p. 739), la presenza nel corpus di Selvi di alcune medaglie realizzate per committenti inglesi non è prova sufficiente di un suo viaggio a Londra. Tutti i lord ritratti nelle sue medaglie ebbero modo di soggiornare a Firenze: John Molesworth fu ambasciatore britannico presso il Granducato di Toscana a partire dal 1710 (Molesworth, 2005), Thomas Dereham si trasferì a Firenze in giovane età e restò in Italia tutta la sua vita fino alla morte, avvenuta a Roma nel 1739, e l’archeologo Andrew Fountaine visitò la Penisola più volte ed ebbe un legame di amicizia con Cosimo III (Avery, 1993). Neanche la medaglia commissionata da Basil Hamilton per l’irlandese Francesco Hutcheson giustifica la possibilità di un viaggio oltremanica da parte di Selvi, dal momento che le fonti ricordano chiaramente come essa fosse stata eseguita su un modello in cera approntato dallo scultore inglese Isaac Gosset (Hawkins, 1885, p. 620 s.).
È lecito pensare che Selvi fosse vicino agli ambienti eruditi della Società Colombaria fiorentina e che avesse contatti anche con l’Accademia etrusca di Cortona, considerando le diverse medaglie fuse, nella fase matura della sua carriera, per personaggi legati alle due istituzioni, quali Antonio Cocchi (1745), Giovanni Lami (1747), Anton Francesco Gori (1751) o Carlo Goldoni (1753; Bruni, 2008, pp. 41-45). Lo stesso Lami gli dedicò una menzione nelle Novelle Letterarie nell’anno della sua morte, avvenuta a Firenze il 30 settembre 1753 presso la parrocchia di S. Simone (Archivio di Stato di Firenze, Grascia, Morti, 17, Quartiere di S. Croce, S. Simone, libro dei morti, c. 118): «siccome egli ha onorato la memoria di tanti letterati e personaggi illustri formandone i ritratti e accennandone i pregi ne’ suoi metalli, così merita che in questi fogli si celebri il suo nome e si trasmetta alla posterità» (Novelle letterarie, 1753).
Nulla è noto in merito alla sua vicenda famigliare e alla sua discendenza. Quanto resta dell’apprezzamento da parte dei contemporanei sfumò nei primi decenni dell’Ottocento, quando il medaglista divenne oggetto delle critiche di Leopoldo Cicognara, che, riferendosi alla medaglia effigiante Alessandro I, parte della Serie medicea, commentò: «il Selvi è un mediocre coniatore […] riprodusse questa medaglia come fece di molte altre non da lui inventate» (1816, p. 410).
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio delle fedi di battesimo di S. Giovanni, registri battesimali, n. 64, c. 107r.
Firenze, Biblioteca nazionale, Zibaldone gabburriano, Pal. 1198, striscia 1361, ins. VII, n. 15; Vite de’ pittori di Francesco Maria Niccolò Gabburri, Pal. E.B.9.5, vol. I, c. 184v, vol. IV c. 28r; Novelle letterarie, I (1740), pp. 209-212; Novelle letterarie, XIV (1753), p. 673; L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al secolo di Napoleone, per servire di continuazione alle opere di Winckelmann e di d’Agincourt, II, Venezia 1816, p. 410; E. Hawkins, Medallic illustrations of the history of Great Britain and Ireland to the death of George II, II, Londra 1885, pp. 620 s., 739; L. Forrer, Bibliographical Dictionary of Medallists, V, Londra 1912, pp. 472-474; K. Lankheit, Florentinische Barockplastik: die Kunst am Hofe der letzten Medici (1670-1743), Monaco 1962, pp. 153-160, 122, 196, 289, 313; Gli ultimi Medici: il tardo barocco a Firenze, 1670-1743 (catal.), a cura di S. Rossen, Firenze 1974, p. 96; IV Triennale italiana della medaglia d’arte e mostra della medaglia barocca (catal.), a cura di E. Terenzani, Udine 1976, pp. 201, 245-247; B. Ballico, Rapporti tra Massimiliano Soldani e Antonio Selvi, in Medaglia, XII, 1984, 19, pp. 45-65; Medaglie del Settecento, a cura di M.R. Casarosa Guadagni, Firenze 1986, pp. 6-8, 17-25, nn. 1, 3-4; F. Vannel - G. Todari, La medaglia barocca in Toscana, Firenze 1987, pp. 139 s., 184-232; C. Avery, Medals and bronzes for milords: Soldani, Selvi and the English, in Pittura toscana e pittura europea nel Secolo dei Lumi, Atti del Convegno, Pisa… 1990, a cura di R.P. Ciardi - A. Pinelli - C.M. Sicca, Firenze 1993, pp. 90-98; G. Toderi - F. Vannel Toderi, Ritratti medicei in cera: modelli di medaglie di Antonio Selvi, MDCCXXXIX, Firenze 1993; Repertorio della scultura fiorentina del Seicento e Settecento, a cura di G. Pratesi, I, Torino 1993, pp. 59, 96-100; C. Avery, Who was Antonio Selvi?: new documentary data on medal production in Soldani’s workshop, in The Medal, XXV, 1995, pp. 27-41; F. Vannel - G. Toderi, Medaglie e placchette del Museo Bardini di Firenze, Firenze 1998, pp. 104-108; L. Melegati, Alcune figure in porcellana dalla manifattura di Doccia, in Nuovi Studi, 1999, IV, 7, pp. 133-138; Splendore dei Medici: Firenze e l’Europa (catal.), a cura di C. Acidini Luchinat - M. Scalini, Firenze 1999, pp. 197-209; I Lorena: monete, medaglie e curiosità della collezione granducale, a cura di G. Toderi - F. Vannel, Firenze 2001, pp. 16 s., 20 s., 82-84, 89 s., nn. 146, 150; W. Molesworth, Two Shaftesburian commissions in Florence: Antonio Selvi’s portrait medals of John and Richard Molesworth, in Irish architectural and decorative studies, VIII, 2005, pp. 221-257; F. Vannel - G. Toderi, Medaglie italiane del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, III, Firenze 2006, pp. 41-76, nn. 260-479; S. Bruni, Anton Francesco Gori, Carlo Goldoni e “La Famiglia dell’antiquario”: una precisazione, in Symbolae antiquariae, I, 2008, pp. 10-69; E. Digiugno, La raccolta Ginori di impronte in zolfo di cammei e intagli, in Rivista dell’Osservatorio per le arti decorative in Italia, 2011, n. 4, pp. 89-130; La fabbrica della bellezza. La manifattura Ginori e il suo popolo di statue (catal.), a cura di T. Montanari - D. Zikos, Firenze 2017, p. 118.