PIGAFETTA, Antonio Francesco
– Nacque a Vicenza intorno al 1535, primogenito di Giovan Battista, medico e chirurgo, e Morosina Loschi.
Il ramo della famiglia, una delle più antiche e illustri di Vicenza, al quale apparteneva faceva capo ad Alessandro (m. 1450/62). Franz Babinger (1958, p. 91) sostiene che nel 1552-53 Antonio Francesco fosse immatricolato all’Università di Basilea, ma su questo punto la storiografia non è concorde ed è verosimile che tale soggiorno debba essere posticipato di circa un ventennio e messo in relazione con la sua migrazione religionis causa (Il n'est rose sans espine, 2006, p. 166). Di certo, come il padre si specializzò in anatomia a Padova, dove fu con ogni probabilità allievo del modenese Gabriele Falloppia. Qui si addottorò il 14 novembre 1561, avendo tra i «promotori» il filosofo e medico dalle inclinazioni erasmiane Bernardino Tomitano. Successivamente, con il fratello Celso fu tra i fondatori del Collegio medico vicentino, che si adunò per la prima volta nel 1562.
Già nel 1568, comunque, lasciò l’Italia a causa della sua adesione alle dottrine riformate, condivise da diversi membri della famiglia. Fu infatti tra le mura domestiche che Pigafetta assorbì i primi succhi di una religiosità eterodossa. La villa paterna era inserita nel circuito ereticale che coinvolgeva altre note casate cittadine quali i Thiene e i Trissino; Giovan Battista era in contatto con il medico eretico Girolamo Donzellini, dal quale riceveva libri proibiti, e, come lo stesso Antonio Francesco, con Basilio Amerbach; a sua volta, Celso Pigafetta fu arrestato per sospetto luteranesimo in una data anteriore al 1572. Probabilmente, Pigafetta consolidò la propria sensibilità ereticale negli anni degli studi patavini, forse anche per influenza del filoprotestante Falloppia.
Quando sul finire degli anni Sessanta la sua famiglia suscitò il sospetto dell’Inquisizione, egli fuggì da Vicenza con la moglie, di cui si ignora il nome. Nel 1568 era a Chiavenna, ospite di Alessandro Trissino; nel 1572 si trasferì a Basilea e nel 1573, su invito di Odoardo da Thiene, giunse a Heidelberg, «rifugio dei seguaci del nuovo vangelo di Calvino a Vicenza» (Olivieri, 1992, p. 329). Qui si stabilì per qualche tempo ed è verosimile che il Teodoro Pigafetta battezzato a Heidelberg il 23 agosto 1573 fosse suo figlio.
L’eterodossia e l’esilio di Pigafetta costituiscono la principale ragione della sua notorietà. La sua carriera medica non fu infatti coronata da successi: Babinger (1958) lo cita addirittura come «il medico che curò così male Thomas Rehdiger» (p. 89, n. 2) da condurre quest’ultimo alla morte; mentre, in una lettera a Johannes Crato von Krafftheim del 1576, Peter Monaw ricorda una fallimentare dissezione condotta da Pigafetta a Heidelberg nel 1574. In quell’occasione, egli tentò di sostenere l’esistenza di «alcune venuzze che circondavano la punta del cuore [...], ma avendo promesso di darne la dimostrazione anche nel cadavere in esame, invano cercò ciò che non esisteva affatto» (Ongaro, 1971, pp. 36 s.).
Da questo episodio si traggono alcune informazioni sull’orientamento del nostro nel dibattito medico del tempo: per quanto spiegasse il proprio errore facendo riferimento ai rischi insiti in ogni deviazione dal sapere degli antichi, Pigafetta aggiunse che «fino a che egli stesso non avesse avuto esperienza di qualcosa di più certo, preferiva seguire l’opinione di un certo Spagnuolo» (ibid., p. 37) sostenitore della circolazione del sangue, nel quale si può identificare Miguel Servet. Pigafetta rivendicava dunque il valore metodologico dell’esperienza ed era aggiornato sulle scoperte in campo anatomico; la sua esperienza ereticale conferma inoltre che, come Servet stesso e molti medici italiani della sua generazione, egli avesse intrecciato l’interesse per l’indagine fisiologico-anatomica con la curiosità per il dibattito teologico.
Condannato in patria, professionalmente poco stimato in esilio, Pigafetta fu anche fatto oggetto di accuse per il comportamento che assunse a Heidelberg. Qui cercò di inserirsi nell’ambiente medico cittadino avvalendosi dell’appoggio del conte Thiene e di quello del medico Thomas Erastus, che lo aveva accolto in città; la sua carriera, tuttavia, non si sviluppò nel modo sperato. Sebbene ambisse a una posizione accademica, fu assunto presso l’ospedale cittadino, e solo sporadicamente fu impegnato nelle dissezioni che si svolgevano all’Università. Fu comunque presto licenziato, poiché non padroneggiava la lingua tedesca. Erastus si mosse allora affinché l’esule ottenesse una cattedra universitaria, ma, anche in questo caso, Pigafetta non ebbe fortuna, a causa della scarsità di fondi e di posti vacanti. Frustrato da questi insuccessi, incolpò Erastus dei propri fallimenti professionali e si vendicò accusandolo di arianesimo.
È possibile che egli si muovesse in accordo con parte della più rigida fazione calvinista attiva in città; sicuramente, inoltre, il risentimento nei confronti di Erastus scaturiva anche da una vicenda risalente al tardo 1573, quando Pigafetta aveva inoltrato formale protesta alle autorità accademiche per essere stato definito, in una pubblicazione di Erastus, «chirurgus» anziché «medicinae doctor» (Universitätsarchiv Heidelberg, Mss., A-160/10, c. 47r, citato in Gunnoe, 2011, p. 243). Scottato da questo episodio, per il quale non aveva ricevuto le scuse richieste, a un anno di distanza Pigafetta tornò all’attacco, accusando Erastus di essere un empio e un ipocrita e di agire come leader di una rete sovversiva che includeva tra gli altri Simon Grynaeus e Wilhelm Xylander. Lo accusò inoltre di intrattenere rapporti con personaggi sospetti quali il tipografo di tendenze radicali Pietro Perna e il medico in odore di antitrinitarismo Simone Simoni, che aveva lasciato Heidelberg l’anno precedente per prendere servizio presso Augusto di Sassonia e che dovette difendere la propria ortodossia allorché il principe fu messo al corrente delle accuse mosse da Pigafetta.
L’intervento contro Erastus si rivelò fallimentare: il 25 febbraio 1575 il medico tedesco sostenne la propria difesa e venne prosciolto da ogni imputazione. Pigafetta, invece, ritenuto un ignobile diffamatore e incolpato di pratiche immorali, per le quali era già incorso in un processo (pare che la ragione dello scandalo fosse la convivenza con la sorella della padrona di casa), fu incarcerato per almeno un anno e poi bandito dalla città.
Poco è noto della sua vita successiva. In seguito al bando, entro l'autunno del 1556 si trasferì a Francoforte per ottenere un posto come medico cittadino, raccomandato dal principe Federico III del Palatinato e da «Odoardus comes Cyconiae», nel quale è da identificare il suo antico protettore Odoardo da Thiene (Babinger, 1958, p. 96).
Da questo momento si perdono le sue tracce e sono ignoti il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: Heidelberg, Universitätsarchiv, A-160/10, cc. 47r, 149v-155r, 167v; Vicenza, Biblioteca civica, Mss., 3210: B. Bressan, Notizie sulla famiglia Pigafetta, [sec. XIX], cc. 21v, 36r; J.F. Hautz, Geschichte der Universität Heidelberg, II, Mannheim 1864, pp. 84 s.; F. Babinger, Marcantonio Pigafetta, in Miscellanea in onore di Roberto Cessi, II, Roma 1958, pp. 89-91, 96; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia nel XVI secolo, Padova 1969, p. 195; G. Ongaro, La scoperta della circolazione polmonare e la diffusione della "Christianismi restitutio" di Michele Serveto nel XVI secolo in Italia e nel Veneto, in Episteme, V (1971), pp. 36-38; A. Olivieri, Riforma ed eresia a Vicenza nel Cinquecento, Roma 1992, ad ind.; E. Dalla Francesca - E. Veronese, Acta graduum academicorum gymnasii patavini ab anno 1551 ad annum 1565, Padova 2001, p. 23; A. Picariello Foralosso, I Pigafetta cittadini di Padova e Vicenza (secc. XV-XVI). Nuove ricerche negli archivi padovani, in Archivio veneto, CXXXVI (2005), p. 68; Il n'est rose sans espine: studi sulla nobile famiglia Pigafetta, a cura di A. Morello - M. Petrizzelli, Vicenza 2006, pp. 164-168; M.A. Pigafetta, Itinerario da Vienna a Costantinopoli, a cura di D. Perocco, Padova 2008, pp. 10-16; C. Gunnoe, Thomas Erastus and the Palatinate. A Renaissance physician in the Second Reformation, Leiden 2011, pp. 242-246.